| 
                     
                     
                    
                     
                    
                      Chi
non
                                rischia sta imitando o ripetendo, 
                                chi
                                vuole invadere un campo nuovo deve affrontare
                                l'ignoto. 
                              Sergio
                              Musmeci 
                     
                     
                    L'architettura
italiana
                          ha una lunga storia di evoluzione, caratterizzata dal
                          fiorire di numerose correnti e figure importanti che
                          hanno
                          contribuito allo sviluppo dell'ingegneria italiana.
                          Tra le varie fasi
                          che hanno segnato l'evoluzione dell'architettura
                          italiana, gli anni
                          tra il 1940 e il 1970 sono stati particolarmente
                          significativi grazie
                          alla Scuola Italiana di Ingegneria. Alcune delle
                          figure più
                          importanti che hanno contribuito a questa evoluzione
                          sono state
                          Riccardo Morandi (1902-1989), Pier Luigi Nervi
                          (1891-1979), Silvano
                          Zorzi (1921-1994) e Sergio Musmeci (1926-1981). In
                          particolare,
                          Sergio Musmeci si è distinto come un visionario,
                          caratterizzato da
                          una ricerca formale personale e innovativa. Purtroppo,
                          la sua
                          genialità è stata trascurata dalla Storia
                          dell'Architettura
                          Italiana, forse a causa della sua volontà di inserirsi
                          coerentemente
                          nella modernità. Nonostante ciò, il contributo di
                          Sergio Musmeci
                          alla storia dell'architettura italiana è indubbiamente
                          di grande
                          valore e merita di essere riscoperto e valorizzato.
                          Nel 2003, il
                          Centro Archivi di Architettura del Museo Nazionale
                          delle arti del XXI
                          secolo di Roma ha ricevuto l'archivio di Sergio
                          Musmeci e di sua
                          moglie e collaboratrice Zenaide Zanini. Questo
                          prezioso contributo è
                          stato affiancato dai fondi archivistici di molti altri
                          ingegneri e
                          architetti di rilievo internazionale del Novecento,
                          tra cui Pier
                          Luigi Nervi. Il Museo delle arti del XXI secolo,
                          firmato da Zaha
                          Hadid Architects, si è fatto carico di preservare e
                          promuovere
                          costantemente queste importanti raccolte, consentendo
                          così alla
                          straordinaria eredità di Sergio Musmeci di essere
                          riscoperta e
                          valorizzata. La condivisione di pochi ma importanti
                          soggetti
                          provenienti da diverse realtà, tra cui il fratello di
                          Sergio,
                          Alberto, e accademici di discreta fama nel panorama
                          critico
                          dell'architettura italiana, come Bruno Zevi
                          (1918-2000), Manfredi
                          Nicoletti (1930-2017), Sergio Poretti (1944-2017) e
                          Tullia Iori
                          (1969), ha contribuito a diffonderne la conoscenza e
                          l'apprezzamento
                          del lavoro. L'analisi dell'opera di Sergio Musmeci
                          rappresenta una
                          dimostrazione straordinaria dell'intreccio tra arte e
                          matematica,
                          forma e calcolo strutturale, architettura e
                          ingegneria: discipline
                          umane apparentemente distanti che invece hanno radici
                          comuni. Sergio
                          Musmeci, insieme a poche altre menti illuminanti, ha
                          cercato di
                          conciliare queste discipline, realizzando opere
                          pionieristiche non
                          solo rispetto alle nuove tecnologie portate dai
                          moderni strumenti di
                          calcolo elettronico, non ancora disponibili ai suoi
                          tempi, ma anche
                          per quanto riguarda la ricerca critico-formale in
                          relazione al vivere
                          contemporaneo, in continua evoluzione, poliedrico,
                          fluido, liquido e
                          senza nome. 
  
                     
                                     
 
Fig. 1 - PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA  ARCHIVIO SERGIO MUSMECI E ZENAIDE ZANINI  MAXXI MUSEO NAZIONALE DELLE ARTI DEL XXI SECOLO  ROMA. COLLEZIONE MAXXI ARCHITETTURA  La bozza del progetto rappresenta una visione avveniristica e audace 
di un ponte sospeso che attraversa le acque dello Stretto,  offrendo un collegamento stabile tra le due regioni e un'importante soluzione  ai problemi di trasporto. La struttura è caratterizzata da linee  curve e affusolate, che ne esaltano la bellezza e l'eleganza è stata  fonte di grande ispirazione per gli ingegneri e gli architetti di tutto il mondo  e rappresenta un esempio di genio creativo e di pensiero innovativo  nel campo dell'ingegneria civile.
 
  
                            
  
                    La
sua
                          straordinaria capacità di trovare l'approvazione di
                          pochi ma
                          eccellenti ingegneri e critici dell'architettura è
                          testimoniata
                          dalle singolari realizzazioni del Ponte sul Basento
                          (1971-1976) e
                          dalla progettazione del Ponte sullo Stretto di Messina
                          (1969). Grazie
                          alla sua opera, Sergio Musmeci ha contribuito a
                          gettare le basi per
                          una nuova architettura, in grado di fondere l'estetica
                          e la
                          funzionalità in maniera mai vista prima. 
                     
                     
                    
                      LA
SCUOLA
                            ITALIANA DI INGEGNERIA, CENNI STORICI
                    Nella
storia
                          dell'ingegneria e dell'architettura, la scoperta del
                          cemento
                          armato da parte di François Hennebique nell'Ottocento
                          ha
                          rappresentato una pietra miliare fondamentale. Questa
                          innovativa
                          tecnologia ha permesso la realizzazione di opere
                          straordinarie e il
                          suo impatto è stato notevole anche in Italia. Un
                          esempio di successo
                          è rappresentato dal ponte del Risorgimento a Roma
                          (1909-1911), opera
                          progettata dall'Impresa di Giovanni Antonio Porcheddu,
                          che ha potuto
                          beneficiare della collaborazione di Hennebique. Dopo
                          la Prima Guerra
                          Mondiale (1915-1918), il brevetto del cemento armato è
                          stato
                          sciolto, rendendo questo materiale a disposizione di
                          giovani
                          ingegneri e architetti, soprattutto in Italia, dove
                          l'aspetto
                          artigianale della lavorazione del cemento armato ha
                          trovato
                          particolare favore. 
                          L'invasione dell'Etiopia da parte dell'Italia fascista
                          nel
                          1936 causò numerose sanzioni internazionali da parte
                          della Società
                          delle Nazioni, tra cui il divieto di importare
                          materiali bellici
                          dall'estero, come l'acciaio, il cotone e il ferro. In
                          risposta,
                          il regime fascista decise di promuovere una politica
                          di
                          autosufficienza economica del Paese, sviluppando nel
                          settore edilizio
                          tre linee di costruzione da parte degli ingegneri. Una
                          parte di essi
                          tornò alla costruzione in stile antico romano,
                          un'altra parte
                          cercò sostituti all'acciaio, mentre l'ultima parte
                          iniziò una
                          serie di sperimentazioni volte a ridurre drasticamente
                          l'uso
                          dell'acciaio. Proprio da queste sperimentazioni
                          nacquero,
                          soprattutto nel secondo dopoguerra, le due linee di
                          ricerca che
                          caratterizzano i protagonisti della Scuola di
                          Ingegneria Italiana: la
                          resistenza per forma, preferita da Arturo Danusso
                          (1880-1968) e Pier
                          Luigi Nervi; e la precompressione, utilizzata da
                          Gustavo Colonnetti
                          (1886-1968), Riccardo Morandi e Silvano Zorzi. 
                        
                     
                     
                     
                    Durante
il
                          periodo di sperimentazione ingegneristica del Secondo
                          Dopoguerra,
                          caratterizzato da una scarsità di materiali importati,
                          Pier Luigi
                          Nervi, insieme ad Arturo Danusso, segue la linea della
                          resistenza per
                          forma. L'obiettivo è di creare una struttura
                          resistente non basata
                          sulla massa, quindi non su grandi quantità di cemento
                          e armatura, ma
                          sulla resistenza data da forme sottili sagomate in
                          modo tale da
                          ottenere una grande inerzia. Nervi e Danusso si
                          allontanano dal
                          calcolo tradizionale, ponendo maggiore fiducia nella
                          natura e nel suo
                          modo di operare nell'ambiente. Cominciano quindi ad
                          osservarla e a
                          imitarla, progettando modelli in scala e arrivando,
                          nel caso di
                          Nervi, a inventare un sistema autarchico basato
                          sull'utilizzo del
                          ferrocemento e sulla prefabbricazione strutturale.
                          Grazie a questo
                          approccio innovativo, Nervi diventa forse l'unico
                          architetto italiano
                          del secolo a raggiungere una vera fama internazionale
                        ,
                          riconosciuto per l'applicazione della “correttezza
                          strutturale”
                          in ciascun progetto e realizzazione di opere:
                          costruire in modo
                          corretto e senza sprechi. Pier Luigi Nervi corrisponde
                          alla figura di
                          un artefice umanistico ricoprendo in maniera
                          poliedrica numerosi
                          ruoli: teorico, sperimentatore, inventore, progettista
                          e costruttore.
                          La sua ricerca, focalizzata sull'ottimizzazione e
                          sulla
                          funzionalità architettonica, è fertile grazie alla sua
                          educazione
                          umanistica: è dall'appassionata osservazione delle
                          cattedrali
                          gotiche che nasce nella sua mente scientifica la “nuda
                          statica
                          nerviana”: lo scheletro strutturale non più celato «grida
a
                            pieni polmoni come nelle cattedrali gotiche che lo
                            stesso Nervi
                            amava tanto osservare e in cui ogni elemento si lega
                            inesorabilmente
                            all'altro in un ordine spaziale essenziale chiaro e
                            coerente»
                        .
                          Il grande merito di Nervi è quello di aver trovato un
                          modo di
                          mettere in opera il materiale calcestruzzo con
                          prefabbricazioni
                          strutturali molto sofisticate e raffinate, che hanno
                          avuto come
                          conseguenza formale un'analogia con l'atteggiamento
                          verso il
                          progetto di alcuni maestri del passato, che conferisce
                          alle opere di
                          Nervi un sapore antico che le pone fuori dal tempo, ed
                          è quindi
                          legittimo confrontare per certi versi il Palazzo dello
                          Sport di Roma
                          (1958-1960) non solo con il Pantheon romano (112-124
                          d.C.), ma anche
                          con la gigantesca cupola di Hagia Sophia a
                          Costantinopoli (532 –
                          537 d.C.). 
                        
                     
                     
                     
                    Le
ricerche
                          strutturali dell'Ingegneria Italiana hanno raggiunto
                          il loro
                          apice durante gli anni del Boom Economico, ovvero tra
                          il 1958 e il
                          1963. Questo periodo, dal punto di vista
                          storico-ingegneristico, ha
                          visto la realizzazione delle grandi opere di
                          costruzione
                          dell'Autostrada del Sole (1959-1964) e degli impianti
                          dedicati ai
                          Giochi della XVII Olimpiade (1960), entrambe di enorme
                          portata
                          storica. 
                     
                     
                    In
particolare,
                          Riccardo Morandi ha dedicato la sua ricerca e
                          sperimentazione alla costruzione di ponti e,
                          soprattutto, di
                          coperture a luce libera. Questo lavoro è stato una
                          reazione alla
                          situazione autarchica del periodo, in cui Morandi ha
                          cercato di
                          perseguire una linea di pensiero diversa da quella di
                          Nervi, ovvero
                          di non limitarsi ad osservare la Natura ma di
                          diventare un aiutante
                          di essa. Morandi, insieme ai suoi collaboratori
                          Colonnetti e Zorzi,
                          ha operato direttamente sul materiale, in questo caso
                          il
                          calcestruzzo, cercando di modificarne le
                          caratteristiche intrinseche.
                          In questo modo, Morandi ha insegnato al calcestruzzo «a
                            cambiare, a resistere anche a sollecitazioni in
                            trazione, a
                            comportarsi meglio»
                        .
                          Grazie a queste innovazioni, Morandi è stato in grado
                          di realizzare
                          strutture uniche ed eccezionali: a prescindere dalla
                          recente e
                          tragica sorte, il ponte strallato omogeneizzato di
                          Morandi
                          (1963-1967) è uno dei simboli della Scuola Italiana di
                          Ingegneria,
                          con la sua caratteristica manifestazione del proprio
                          funzionamento
                          statico attraverso figure astratte «in
cui
                            l'aspetto parziale del fenomeno strutturale che
                            viene
                            rappresentato (con teatrale chiarezza) è proprio
                            quello
                            dell'equilibrio statico: la contrapposizione delle
                            forze esterne il
                            gioco di pesi e contrappesi, di spinte e
                            controspinte. Il congegno di
                            aste tra loro collegate si percepisce come un
                            plastico diagramma di
                            forze» .
                          Il pensiero di
                          Morandi si
                          differenzia in particolar modo dai componenti della
                          Scuola per il suo
                          forte scientismo: l'unico sapere valido dell'ingegnere
                          è quello
                          delle scienze fisiche e sperimentali: svalutando
                          quindi ogni altra
                          forma di sapere che non accetti i metodi propri di
                          queste scienze,
                          ogni progetto e realizzazione di Morandi è fermamente
                          permeata di
                          progresso e razionalità. 
                          Le strutture di Morandi sono rappresentative,
                          tradizionali,
                          artigianali, e soprattutto raccontano il successo del
                          Paese al mondo.
                          L'orgoglio di Morandi per il suo lavoro di ingegnere è
                          esemplificato
                          in una pubblicità del pastificio Barilla del 1966 ,
                          che celebra il Made in Italy e che vede protagonisti
                          il regista
                          Federico Fellini, la cantante Mina, Pietro Gherardi
                          come scenografo e
                          regista, e le strutture strallate omogeneizzate degli
                          hangar degli
                          aerei di Fiumicino (1967-1970) progettate da Morandi. 
                     
                     
                    Come
Morandi,
                          anche Silvano Zorzi (1921-1994) è un esperto di
                          cemento
                          armato precompresso con cui ha collaborato per tutta
                          la sua carriera,
                          a partire dal secondo dopoguerra. L'approccio
                          industrializzato di
                          Zorzi cerca di rimanere fedele all'italianità, senza
                          cadere
                          nell'omologazione seriale. Mentre Nervi e Morandi
                          concepiscono le
                          loro strutture come grandi sculture inserite in un
                          contesto
                          territoriale, Zorzi si presenta come designer
                          industriale: progetta
                          prodotti funzionali senza mai compromettere la qualità
                          artigianale,
                          riproducibili in serie ma in quantità limitata. Il suo
                          approccio
                          industriale a conduzione familiare, privata,
                          flessibile e capace di
                          organizzare il ciclo produttivo adattandosi ai nuovi
                          prototipi è
                          stato un esempio di eccellenza nella storia
                          dell'ingegneria italiana.
                        
                        
                     
                    Il
percorso
                          professionale di Silvano Zorzi è caratterizzato da una
                          formazione di alto livello: i suoi studi al
                          Politecnico Federale di
                          Losanna rappresentano un punto di svolta cruciale
                          nella sua carriera.
                          Qui Zorzi viene formato dalle preziose lezioni di
                          Gustavo Colonnetti,
                          che influenzano in modo determinante il suo approccio
                          alla
                          progettazione. Grazie ai suoi studi in Svizzera, Zorzi
                          sviluppa una
                          profonda conoscenza della soluzione strutturale del
                          cemento armato
                          precompresso e del design, che avrà modo di applicare
                          soprattutto
                          durante i lavori per la realizzazione dell'Autostrada
                          del Sole. 
                          Grazie alla sua formazione non convenzionale presso il
                          Politecnico
                          Federale di Losanna, Silvano Zorzi diventa un pioniere
                          nella
                          creazione di nuovi macchinari e metodi di costruzione
                          nell'Italia del
                          dopoguerra. Una delle sue più importanti invenzioni è
                          la cassaforma
                          auto-varante, che applica ad esempio nella
                          realizzazione del Viadotto
                          sul Torrente Fichera (1970-1972). Questo sistema è un
                          cantiere
                          mobile con un abitacolo progettato per avanzare in
                          maniera
                          progressiva, permettendo la posa dell'impalcato senza
                          la necessità
                          di utilizzare ponteggi o opere provvisionali che
                          potrebbero
                          ostacolare il processo di costruzione. Secondo Zorzi «il
progettista
                            non deve seguire la metodologia del momento,
                            piuttosto
                            egli deve anticiparne gli sviluppi diventando
                            protagonista delle
                            innovazioni» ,
                          per questo motivo egli deve aggiungere alla sua
                          professione nuovi
                          campi interdisciplinari come l'imprenditorialità, non
                          solo
                          determinando i procedimenti costruttivi ma conoscere
                          anche le
                          macchine coinvolte e sapere come sfruttarle secondo le
                          esigenze,
                          preventivando infine costi e tempi di realizzazione
                          dell'opera, «la
                            buona impostazione di un progetto deve essere frutto
                            di un travaglio
                            inventivo personale che coinvolge conoscenze e
                            coscienza. L'opera
                            deve essere funzionale e configurarsi allo stesso
                            tempo come un
                            armonico e durevole inserimento nell'ambiente e
                            costituire una
                            visione di per sé appagante».
                          
                        
                     
                     
                     
                    
                      SERGIO
MUSMECI
                            
                    In
seguito
                          a questa breve ma doverosa premessa sul panorama
                          storico,
                          culturale e tecnologico in cui si inseriscono i primi
                          tre Maestri
                          della Scuola Italiana di Ingegneria, è possibile
                          sviluppare un
                          ragionamento più completo sull'ultimo ma non meno
                          importante
                          componente di tale Scuola, Sergio Musmeci (Roma, 1926
                          – Roma,
                          1981). Viene ricordato come il più giovane e il più
                          visionario
                          protagonista della Scuola Italiana di Ingegneria .
                          La musica, l'astronomia, l'aeronautica, la
                          navigazione, la
                          matematica e la filosofia sono le principali passioni
                          che lo hanno
                          ispirato nella formulazione del suo originale
                          pensiero, passato
                          alquanto inosservato rispetto a quello di altri
                          protagonisti del
                          Novecento, ma molto stimato da coloro che hanno avuto
                          la grande
                          fortuna di conoscerlo e anche la mentalità per
                          comprenderlo: primo
                          fra tutti suo fratello Alberto. 
                     
                     
                     
                    La
personale
                          ricerca di Musmeci trova un primo avvio durante i suoi
                          studi di ingegneria civile, che si concludono in sede
                          di laurea
                          presso La Sapienza (1948) 
                          con una tesi sulle strutture resistenti delle volte
                          sottili, che gli
                          procura, tra l'altro, la medaglia d'oro per miglior
                          laureato
                          dell'anno. Lo studio sulle strutture che resistono
                          alle
                          sollecitazioni esterne grazie alla loro forma
                          svilupperà in Musmeci
                          il suo interesse primario per la «creazione
di
                            nuove forme architettoniche fortemente espressive
                            del loro
                            contenuto strutturale»
                        
                          che porterà avanti in progetti e concrete
                          realizzazioni per tutta la
                          sua breve ma intensa carriera. Il profondo interesse
                          di Musmeci verso
                          le volte sottili lo coinvolgerà per tutta la vita
                          tanto da
                          allontanarlo dai suoi maestri e primi collaboratori
                          professionali:
                          Pier Luigi Nervi 
                          e Riccardo Morandi 
                          per i quali, invece, la forma costituiva il dato
                          intuitivo di
                          partenza, così come per la maggior parte dei
                          progettisti del
                          Novecento .
                          Pertanto, Musmeci e Zenaide Zanini, sua collaboratrice
                          e consorte, a
                          partire dalla seconda metà del Novecento cominciano ad
                          elaborare
                          progetti esterni allo studio Nervi, avviando inoltre
                          lo “Studio
                          Sergio Musmeci”, con Mario Desideri .
                        
                     
                     
                     
                    Nel
periodo
                          di docenza presso la Facoltà di architettura di Roma,
                          intraprende in maniera ancora teorica le sue ricerche
                          sulle strutture
                          minime e su «altri
                            temi legati alla
                            ricerca di una forma derivante da soluzioni
                            strutturali atipiche»
                        .
                          Lo ricordano con affetto gli esigui ma appassionati
                          allievi del corso
                          facoltativo da lui presieduto, Ponti
e
                            Grandi Strutture ,
                          e ne rievocano le sue particolari lezioni sullo studio
                          del movimento,
                          per il quale era solito portare ad esempio l'astronave
                          toroidale
                          rotante del film “2001
                            - Odissea
                            nello Spazio” di
                          Stanley Kubrick.
                          Inoltre, ricordano le sue proiezioni di «immagini
di
                            opere o eventi creati in natura […] conchiglie,
                            foglie, alberi,
                            bolle di sapone, liquidi colorati in movimento per
                            vedere le forme
                            generate dalla loro interazione»
                        ,
                          sviluppi diretti del pensiero di Nervi, acquisiti
                          durante la sua
                          esperienza lavorativa presso il suo studio, che vedeva
                        «nei
                            calici di certi fiori, nei gusci di uova, di
                            insetti, di crostacei,
                            in una infinita varietà di conchiglie»
                        
                          mirabili esempi offerti dalla natura. 
                     
                     
                     
                    I
                          principali critici, intellettuali e collaboratori che
                          al tempo hanno
                          conosciuto e compreso l'ingegno di Sergio Musmeci sono
                          Bruno Zevi,
                          Manfredi Nicoletti e Carlo La Torre. Il legame tra
                          Sergio Musmeci e
                          Bruno Zevi, formatosi durante il periodo in cui
                          entrambi insegnavano
                          presso l'Università di Roma, non era solo basato su
                          una forte
                          amicizia, ma anche su una comune visione non
                          convenzionale
                          dell'architettura moderna in Italia, come dimostrato
                          dalle loro
                          corrispondenze. Bruno Zevi, in diverse occasioni, ha
                          espresso il suo
                          apprezzamento per il pensiero di Musmeci, che tuttavia
                          ha faticato a
                          essere riconosciuto nel mondo accademico, come
                          evidenziato in un
                          articolo de "L'Espresso". In questo pezzo, Zevi ha
                          criticato la chiusura della comunità universitaria «barricata
nel
                            conformismo delle competenze e indifferente a
                            qualsiasi scandalo»
                        
                          che respinge Musmeci
                          in un concorso
                          a cattedra, per una «accusa
paradossale:
                            “troppo artista”»
                        .
                        Il giudizio sulla figura di
                          Sergio
                          Musmeci è spesso contraddittorio e suscita opinioni
                          divergenti tra i
                          critici. Da un lato, viene criticato per la sua
                          visione
                          anticonvenzionale che rappresenta una minaccia per gli
                          ingegneri
                          ancorati alle formule di calcolo anacronistiche e per
                          gli architetti
                          evasivi e rifugiati nella post-modernità. D'altro
                          canto, viene
                          apprezzato per aver cercato di unire le figure
                          dell'ingegnere e
                          dell'architetto, due professioni che spesso procedono
                          in modo
                          separato. Bruno Zevi, in particolare, ha sostenuto la
                          memoria di
                          Musmeci in diverse occasioni, ritenendo che il suo
                          lavoro e le sue
                          intenzioni fossero troppo innovativi per essere
                          pienamente compresi e
                          accettati. In questo contesto, Zevi critica aspramente la corporazione universitaria italiana.  
                     
                     
                    Manfredi
Nicoletti,
                          architetto, saggista e accademico, collabora
                          costantemente
                          con Musmeci al quale dedicherà anche un saggio. In
                          esso, descrive
                          l'affascinante personalità di Musmeci: uno «scienziato-artista»
                        
                          dotato di una vasta cultura poliedrica, autore di
                          progetti e opere
                          originali, ideatore di «teorie
                            trasgressive» 
                          tra cui il concetto di limite e la conseguente teoria
                          delle forme
                          limite, che non è mai stata fatta fino a quel momento
                          e che secondo
                          Nicoletti «si
                            avvicina molto a come
                            opera la natura» .
                          Nicoletti viene profondamente affascinato dalla sua
                          originalità,
                          proveniente dalla ricchezza di saperi e di interessi
                          diversi, «la
                            sua forza segreta era in quello che lui chiama
                            “studiare alla
                            Rousseau”, un vagabondare fra libri e argomenti
                            spesso scelti a
                            caso traendone un succo personale senza limiti di
                            tempo e di
                            disciplina» . 
                     
                     
                    Infine,
Carlo
                          La Torre dedica un'importante intervista a Musmeci,
                          registrata e dattiloscritta 
                          che riporta in maniera dettagliata e diretta la vita
                          di Musmeci,
                          dall'infanzia alle ultime collaborazioni con colleghi
                          architetti.
                          Vengono riportati e spiegati puntualmente i progetti e
                          le teorie di
                          Musmeci con intense e profonde digressioni filosofiche
                          sul pensiero
                          contemporaneo e futuro dell'ingegneria e
                          dell'architettura
                          italiana. In essa Musmeci viene descritto come un uomo
                          «profondo
                            in un campo specifico, ma dai molteplici interessi,
                            fondamentali per
                            approfondire il suo campo specifico»
                        ,
                          caratterizzato quindi da una profonda
                          interdisciplinarità negli
                          interessi, che da una base accademica prettamente
                          scientifica si
                          ampliano in campi illimitati e vari. 
                     
                     
                    La
principale
                          elaborazione teorica di Sergio Musmeci si basa sulla
                          ricerca di una forma che esprima il flusso delle forze
                          nello spazio
                          senza confinarle in forme preconcette sorde a quello
                          che era il loro
                          compito, la loro esistenza strutturale. Il
                          ragionamento di Musmeci
                          sulla forma parte dalla consapevolezza che
                          l'applicazione principale
                          della scienza delle costruzioni si basa su un corpus
                          di epoca
                          rinascimentale: «intuiamo
                            la forma
                            della struttura e pensiamo che questa struttura vada
                            bene, poi usiamo
                            la scienza delle costruzioni per verificare se i
                            limiti di
                            sollecitazione ammissibili per il materiale che
                            abbiamo usato si
                            adattano effettivamente o meno a questa forma».
Secondo
                          Musmeci, questo è uno svilimento della scienza delle
                          costruzioni, relegata al ruolo di verifica e non di
                          strumento di
                          invenzione. Con la teoria delle forme limite, Musmeci
                          ribalta le
                          incognite e i termini noti per sviluppare
                          l'espressione formale più
                          essenziale delle forze in gioco nello spazio,
                          attraverso la ricerca
                          di forme minime che assolvono pienamente il loro
                          compito strutturale
                          primario utilizzando la minima quantità di materiale e
                          di spazio. In
                          questo modo, le forze interne che attraversano la
                          struttura sono
                          evidenti nella forma stessa della struttura: non sono
                          nascoste o
                          racchiuse nel volume di una morfologia concepita
                          astrattamente
                          secondo pregiudizi estetici e statici, in cui la
                          maggior parte del
                          materiale e dello spazio utilizzati sono del tutto
                          superflui .
                        
                     
                     
                     
                    Il
processo
                          progettuale teorizzato da Musmeci è assai vicino a
                          come
                          opera semplicemente la natura intorno a noi: «l'impiego
delle
                            risorse è legato a dei minimi assoluti, e molto
                            probabilmente
                            è questa la rara bellezza a cui approdano le forme
                            della natura»
                        .
                          Musmeci, con il suo inedito impegno di strutturista,
                          elabora la
                          teoria del minimo strutturale e la ricerca delle forme
                          minimali, il
                          cui obiettivo principale era quello di trovare delle
                          soluzioni in
                          grado di assolvere il ruolo strutturale, impiegando
                          una ridottissima
                          quantità di spazio e di materia: «esattamente
come
                            avrebbe fatto Dio o, se a lui non vogliamo credere,
                            la Natura,
                            che difatti tende al minimo strutturale e cioè alla
                            efficienza, il
                            minimo di materia, quindi, non è un esercizio di
                            pura eleganza, ma è
                            assumersi la responsabilità di perseguire il disegno
                            del Cosmo. Un
                            imperativo soprattutto etico»
                        .
                        
                     
  
                  
                                   
 
Fig. 2 - STUDIO PER UNA COPERTURA, ANNI CINQUANTA  ARCHIVIO SERGIO MUSMECI E ZENAIDE ZANINI  MAXXI MUSEO NAZIONALE DELLE ARTI DEL XXI SECOLO, ROMA  COLLEZIONE MAXXI ARCHITETTURA  Uno schizzo, rimasto a livello preliminare di una grande copertura,  forse una sala per la musica o uno spazio per il pubblico  che testimonia la sperimentazione più organica e fluida   delle forme che rimandano chiaramente al mondo della natura. 
 
  
                            
  
                  
                  
                  Ma
guardare
                          la natura ha un limite intrinsecamente logico che
                          spinge
                          Musmeci a osservarla, ma non imitarla: «il
problema
                            della crescita impone delle condizioni di forma: le
                            nostre
                            strutture non crescono, ma vengono costruite. Però
                            ci sono dei temi
                            biologici paragonabili alle costruzioni»
                        .
                          Nella sperimentazione più organica e fluida delle
                          forme che
                          rimandano chiaramente al mondo della natura, 
                          trova una testimonianza particolarmente esaustiva uno
                          studio preliminare di uno studio di conchiglia Corculum
                            Cardissa, per
                          progettare «una
                            grande copertura, forse una sala per la musica o uno
                            spazio per il
                            pubblico» .
                        
                    
                     
                     
                    IL
PONTE
                          SUL BASENTO
                    Riportando
la
                          notevole esperienza di Sergio Musmeci nella ricerca
                          della forma
                          ideale e dell'ottimizzazione della materia, il Ponte
                          sul Basento
                          rappresenta una delle sue maggiori realizzazioni
                          strutturali. La
                          forma adottata non può essere catalogata come un
                          classico arco, ma
                          come una volta a compressione uniforme, con una
                          struttura
                          tridimensionale che permette «l'espressione
dell'effettivo
                            fluire delle forze nello spazio tridimensionale,
                            punto per punto, attraverso un continuo comporsi di
                            forze e di
                            tensioni» .
                          La creazione di Musmeci rappresenta quindi una
                          struttura altamente
                          innovativa che si discosta dal tradizionale schema
                          stabilito a priori
                          di elementi piani accostati tra loro. La realizzazione
                          del progetto
                          altamente innovativo del Ponte sul Basento trova le
                          sue radici nella
                          tesi di laurea di Sergio Musmeci, incentrata sullo
                          studio delle volte
                          sottili e sulla valorizzazione della tradizione
                          costruttiva degli
                          antichi romani. Tale studio approfondito ha permesso a
                          Musmeci di
                          sviluppare soluzioni ingegneristiche altamente
                          innovative, che
                          tuttavia non sarebbero state possibili senza una piena
                          consapevolezza
                          della tradizione classica. In questo modo, Musmeci è
                          riuscito a
                          coniugare la sua creatività e la sua inventiva con la
                          conoscenza e
                          il rispetto della storia e della cultura
                          dell'architettura e
                          dell'ingegneria. 
                     
                     
                    Il
Ponte
                          ha come obiettivo progettuale quello di esprimere la
                          teoria del
                          minimo, che mira a realizzare una struttura con la
                          forma ottimale per
                          ridurre al minimo lo spreco di materiale. La forma del
                          ponte è stata
                          derivata dalle condizioni specifiche dell'ambiente in
                          cui si trova,
                          in modo da fondersi perfettamente con il paesaggio
                          circostante e
                          diventare un simbolo iconico della regione.
                          Interessante il lavoro di
                          elaborazione preliminare sui modelli, per cui sono
                          stati utilizzati
                          una serie di strumenti empirici e non tradizionali
                          perché la
                          situazione storica era caratterizzata dall'assenza di
                          tutte quelle
                          strumentazioni di cui oggi possiamo disporre grazie
                          alle capacità di
                          elaborazione dei computer. La fase di elaborazione
                          preliminare dei
                          modelli è stata affrontata con strumenti empirici e
                          non
                          tradizionali, in assenza delle tecnologie informatiche
                          odierne. La
                          complessità della forma richiedeva una teoria
                          matematica avanzata
                          per la fase di calcolo strutturale, che Sergio Musmeci
                          ha sviluppato
                          autonomamente per il progetto. 
                        
                     
                    
                    
                    
                    
  
                                 
 
Fig. 3 - PONTE SUL BASENTO, POTENZA, 1967-1980, MODELLO  ARCHIVIO SERGIO MUSMECI E ZENAIDE ZANINI  MAXXI MUSEO NAZIONALE DELLE ARTI DEL XXI SECOLO  ROMA, COLLEZIONE MAXXI ARCHITETTURA  Lavoro di elaborazione preliminare sui modelli del ponte sul Basento  per cui sono stati utilizzati una serie di strumenti empirici non tradizionali  data l'assenza di tutte quelle strumentazioni di cui oggi possiamo disporre  grazie alle capacità di elaborazione dei computer.  Il primo modello del Ponte sul Basento è costituito da una  membrana di soluzione saponata con un po’ di glicerina  per ridurne l'evaporazione, formata tra un sistema di fili opportunamente  predisposti e messi in tensione dalla membrana stessa.
 
  
                            
  
                    
                                 
  
                 
 
Fig. 4 - PONTE SUL BASENTO, POTENZA, 1967-1980  MODELLO, ARCHIVIO SERGIO MUSMECI E ZENAIDE ZANINI  MAXXI MUSEO NAZIONALE DELLE ARTI DEL XXI SECOLO  ROMA. COLLEZIONE MAXXI ARCHITETTURA  Il secondo modello del Ponte sul Basento è stato ottenuto  tendendo un pezzo di gomma con i bordi rinforzati da cordoni  pure in gomma all’interno di un telaio rigido.
 
  
                            
          
                    
                    
                    
                    I
                          primi modelli sono stati realizzati con una membrana
                          di soluzione
                          saponata e un pezzo di gomma con bordi rinforzati da
                          cordoni, seguiti
                          da un modello in metacrilato in scala 1:100 e un
                          modello in
                          micro-calcestruzzo in scala 1:10, sottoposti a prove
                          statiche presso
                          l'Istituto Sperimentale Modelli e Strutture di
                          Bergamo. 
                     
                    
                    
                                              
  
                 
 
Fig. 5 - PONTE SUL BASENTO, POTENZA, 1967-1980, CANTIERE  ARCHIVIO SERGIO MUSMECI E ZENAIDE ZANINI  MAXXI MUSEO NAZIONALE DELLE ARTI DEL XXI SECOLO  ROMA. COLLEZIONE MAXXI ARCHITETTURA  Testimonianza del massiccio cantiere di legno utilizzato  per la costruzione del Ponte sul Basento.
 
  
                            
  
                    La
costruzione
                          del Ponte ha richiesto tecniche insolite per
                          un'infrastruttura autostradale, molto simili a quelle
                          utilizzate per le
                          imbarcazioni, per generare una forma organica ed
                          espressiva
                          dell'efficienza strutturale. 
                        
                     
                    
                    
                                            
  
                 
 
Fig. 6 - PONTE SUL BASENTO, POTENZA, 1967-1980  ARCHIVIO SERGIO MUSMECI E ZENAIDE ZANINI  MAXXI MUSEO NAZIONALE DELLE ARTI DEL XXI SECOLO  ROMA. COLLEZIONE MAXXI ARCHITETTURA  Particolare fotografico della struttura del ponte sul Basento  che evidenzia la leggerissima sagoma finale della struttura. 
 
  
                            
   
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    La
leggerissima
                          sagoma finale del ponte si pone in una situazione
                          dialettica e antitetica con il massiccio cantiere di
                          legno utilizzato
                          per la sua costruzione che lascia impresse sulla
                          superficie, come una
                          memoria da tramandare, le sagomature dei listelli
                          usati per fare la
                          cassaforma di legno su ponteggio Innocenti, tipico del
                          cantiere
                          italiano degli anni Settanta. 
                     
                  
                  
                  
                  
                  
                                          
  
                 
 
Fig. 7 - PONTE SUL BASENTO, POTENZA, 1967-1980  ARCHIVIO SERGIO MUSMECI E ZENAIDE ZANINI  MAXXI MUSEO NAZIONALE DELLE ARTI DEL XXI SECOLO  ROMA. COLLEZIONE MAXXI ARCHITETTURA  Particolare fotografico della struttura del ponte sul Basento  che ne evidenzia la dicotomia poetica: una ragnatela leggerissima  ma anche un animale estinto in cui entriamo  nella pancia come il ventre di una balena.
 
  
                            
  
                  
                  
                  
                  
                  
                  
                  
                  
                    In
questo
                          modo il ponte presenta una nuova dicotomia: appare da
                          una
                          parte una membrana leggerissima con una superficie
                          sottile,
                          equicompressa, ma è anche la rugosa superficie di un
                          antico
                          cantiere. Una ragnatela leggerissima, ma anche un
                          animale estinto in
                          cui entriamo nella pancia come il ventre di una
                          balena: si può
                          passare all'interno del ponte, viverlo da dentro
                          camminando sotto l'impalcato .
                          La forma ottimale teorizzata da Musmeci risulta anche
                          a livello
                          concreto una forma estremamente organica, che la mente
                          percepisce
                          come qualcosa che si trova nella sfera naturale del
                          mondo animale
                          preistorico. 
                          Una forma caratterizzata da linee ora svettanti ora
                          che scivolano in
                          un'unica linea danzante della struttura. Un guscio
                          organico di forme
                          flessuose, futuristiche pur basate su una tradizione
                          di maestri come
                          Gaudì e Nervi :
                          la conoscenza di un processo ingegneristico
                          tradizionale ha dato modo
                          a Musmeci di invertirlo per creare una forma
                          membranale minimale e
                          polimorfica, senza una denominazione precisa. Una
                          forma che Musmeci
                          stesso, in maniera inconsapevolmente inedita, chiama
                          fluida ,
                          secondo la quale le forze possono convogliarsi in modo
                          naturale su
                          tutta la struttura, una forma che ad oggi i libri di
                          testo non
                          riescono a posizionale in un contesto architettonico
                          preciso, e
                          quindi liquidano a «una
                            parentesi
                            anomala nella storia dell'ingegneria del XX secolo»
                        .
                        
                     
                     
                     
                    La
struttura,
                          attraverso la sua forma e l'iterazione intorno ad
                          essa,
                          fornisce un'informazione completa sulla propria
                          funzione: il
                          fruitore si trova in una situazione di riconoscere
                          l'oggetto in una
                          realtà concreta e in una lettura non solo visuale ma
                          anche
                          percettiva a livello razionale e immaginativo,
                          comunica attraverso un
                          coinvolgimento del corpo e della mente arrivando a
                          muovere emozioni.
                          In questo modo, la struttura diviene anche scultura,
                          in quanto
                          vincolo di una comunicazione fra l'oggetto
                          architettonico e la
                          facoltà intuitiva del fruitore che si trova a
                          muovercisi intorno sia
                          fisicamente che mentalmente arrivando a concepire il
                          flusso
                          dell'informazione «dalla
quale
                            dipende la comprensione dell'oggetto e in ordine
                            alla quale
                            esso assume un significato»
                        .
                        
                     
                     
                     
                    Sergio
Musmeci
                          incarna la sintesi perfetta tra ingegneria,
                          architettura e
                          cultura italiana, in quanto incarna pienamente il
                          matematico
                          visionario che utilizza i materiali come strumenti
                          sofisticati per le
                          sue strutture. È un pensatore teorico con capacità
                          innovative,
                          soprattutto per quanto riguarda la forma. Musmeci
                          assume il ruolo di
                          una figura visionaria che guarda costantemente al
                          futuro e riconosce
                          la necessità di strumenti di calcolo più
                          automatizzati: la sua
                          formazione, la sua ricerca e, soprattutto, il luogo in
                          cui ha
                          vissuto, la terra in cui si è sviluppata la civiltà
                          classica, la
                          più importante cultura di tutti i tempi, sono motivi
                          esaustivi per
                          considerare questo ingegnere, vissuto ai margini dei
                          centri culturali
                          e autore di poche opere, un protagonista della storia
                          dell'architettura italiana del XX secolo. 
                          L'attività di Sergio Musmeci rimane ancora
                          parzialmente in ombra
                          rispetto a quella di altri protagonisti
                          dell'ingegneria del
                          Novecento, sia perché un male incurabile lo porta a
                          scomparire
                          prematuramente all'età di cinquantaquattro anni, sia
                          perché le
                          sue ricerche, i suoi progetti e le sue realizzazioni
                          non furono
                          comprese appieno dai contemporanei. 
                     
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                     
                    
                    NOTE                   
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    
                    BIBLIOGRAFIA
                    
                    
                    
                        Architecture
                                  1978 
                      
                        L'architecture
et
                                  les ingénieurs, deux siècles de construction (Catalogo
Mostra,
                                Parigi, Centre Geroges-Pompidou, dicembre 1978)
                                a cura diSylvie Deswarte e Bertrand Lemoine,
                                Parigi, Le Moniteur, 1980. 
                      
                        BELLUCCI
                                  2017 
                      
                        Giovanni
BELLUCCI,
                                L'oscuro
                                  contributo degli
                                  “inclassificabili” storici-ingegneri civili
                                  italiani allo studiodella storia
                                  dell'ingegneria e dell'architettura
                                  contemporanea,
                                in “Studi e ricerche di storia
                                dell'architettura”, n.1,Palermo, Caracol, 2017. 
                      
                        BRODINI
2013
                                  cominciare 
                      
                        ID.,
                              «A cominciare da
                                  Ictino». Sergio
                                  Musmeci, l'architettura e la storia,
                                in “The Gordian Knot. Studi offerti a Richard
                                Schofield”, Roma,Campisano, 2013. 
                       
                      
                        BRODINI
2013
                                  coperture 
                      
                        Alberto
BRODINI,
                                Le coperture a
                                  grande luce
                                  nell'opera di Sergio Musmeci,
                                in
                                “La concezione strutturale. Ingegneria e
                                architettura in Italianegli anni Cinquanta e
                                Sessanta”, Torino, Allemandi & C., 2013. 
                      
                        DE
FELICE
                                  2016 
                      
                        Sabrina
DE
                                FELICE, Il
                                  calcestruzzo armato e
                                  le strutture resistenti per forma nel pensiero
                                  e nell'opera diSergio Musmeci.
                              Conservazione
                                  e durabilità: problematiche attuali,
                                Scuola di Dottorato di Storia, Disegno e
                                Restauro dell'Architettura,Sapienza Università
                                degli Studi di Roma, 2016. 
                      
                        IORI
                                  2019 
                      
                        Tullia
IORI,
                                Silvano Zorzi
                                  raccontato da
                                  Tullia Iori,
                                in “Wikiradio”
                                podcast, 2019. 
                      
                        IORI,
PORETTI
                                  2011 
                      
                        Tullia
IORI,
                                Sergio PORETTI, An
                                  Exciting
                                  investigation,
                                in “SIXXI” n.1,
                                Roma, Gangemi, 2011. 
                      
                        IORI,
PORETTI
                                  2013 
                      EĂD.,
                          La Scuola italiana di
                              ingegneria,
                            in “Il contributo italiano alla storia del pensiero
                            – Tecnica”,Roma, Treccani, 2013. 
                      
                        Linguaggio
                                  2020 
                      
                        Il
linguaggio
                                  delle strutture: la scuola italiana di
                                  ingegneria,
                                (Atti del seminario, 30 marzo 2021, Piattaforma
                                GoToWebinar, 18dicembre 2020). 
                      
                        MAXXI
                                  2003 
                      
                        MAXXI
Museo
                                nazionale delle arti del XXI secolo, Roma.
                                Collezione MAXXIArchitettura, Archivio Sergio
                                Musmeci e Zenaide Zanini, donazione del
                                2003. 
                      
                        MUSMECI
P.
                                  2003 
                      
                        Paolo
MUSMECI,
                                Una lezione per
                                  i
                                  progettisti,
                                in “Il ponte e la
                                città. Sergio Musmeci a Potenza”, Roma, Gangemi,
                                2003. 
                      
                        MUSMECI
S.
                                  1967 
                      
                        Sergio
Musmeci,
                                Un particolare
                                  invariante
                                  delle strutture,
                                in “L'Ingegnere”,
                                n. 1, Roma, 1967. 
                      
                        MUSMECI
S.
                                  1979 
                       
                      
                        ID.,
L'eredità
                                di Pier Luigi Nervi, “L'industria delle
                                costruzioni”,3, Edilstampa/ANCE Servizi, Roma,
                                1979. 
                      
                        NERI
                                  2014 
                      
                        Gabriele
NERI,
                                Capolavori in
                                  miniatura. Pier
                                  Luigi Nervi e la modellazione strutturale,
                                Mendrisio, Università della Svizzera Italiana,
                                Accademia diarchitettura, 2014. 
                      
                        NICOLETTI
1999
                                  Sergio 
                      
                        ID.,
                              Sergio Musmeci.
                                  Organicità di forme
                                  e forze nello spazio,
                                Torino,
                                Testo&Immagine, 1999. 
                      
                        PEDIO
                                  1976 
                      
                        Renato
PEDIO,
                                Ponte sul
                                  Basento e sulla zona
                                  industriale a Potenza,
                                in
                                “L'Architettura - cronache e storia”, a. XXII,
                                n. 247, n. 1,Roma, Fabbri Editori, 1976. 
                       
                      
                        Ponte
                                    2003 
                      
                        Il
Ponte
                                  e la città
                                (Atti del
                                Convegno, Università degli Studi della
                                Basilicata, facoltà diIngegneria, Potenza, 10
                                maggio 2003), Roma, Gangemi, 2003. 
                      
                        PUGLISI
                                  2018 
                      
                        Luigi
Prestinenza
                                PUGLISI, Architetti
d'Italia.
                                  Sergio Musmeci, il genio gentile,
                                in “Artribune”, 2018. 
                      
                        SANTIAGO
                                    2011 
                      
                        Etien
SANTIAGO,
                                  Minimum
Structure:
                                    Musmeci and the Semiotics of Statics,
                                  in “GSD Platform 4, Harvard Graduate School of
                                  Design”, New York,Actar Publishers, 2011. 
                      
                        VITTORINI
                                  2003 
                      
                        Alessandra
VITTORINI,
                                Una
                                  testimonianza.
                                  Intervista a Zenaide Zanini,
                                in Il
                                  ponte e la città. Sergio Musmeci a Potenza,
                                Roma, Gangemi, 2003. 
                       
                      
                        ZEVI
                                  1978 
                      
                        ID.,
                              Il guscio batte il
                                  trilite,
                                in “Cronache di architettura”, vol. XIX,
                                Frusinate, Bari, 1978. 
                      
                        ZEVI
                                  1981 
                      
                        ID.,
                              Ti boccio, sei
                                  troppo artista,
                                in “L'Espresso”, a. XXVII, n. 13, Roma, GEDI,
                                1981. 
                       
                               
                      
                    
                   |