bta.it Frontespizio Indice Rapido Cerca nel sito www.bta.it Ufficio Stampa Sali di un livello english
Alla scoperta di Escher, Roma, Chiostro del Bramante: una recensione  

Giorgia Duò
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 30 Settembre 2014, n. 730
http://www.bta.it/txt/a0/07/bta00730.html
Precedente
Successivo
Tutti
Area Mostre

A 42 anni dalla sua scomparsa, Roma dedica all’artista olandese una mostra interessante e insolitamente divertente; con oltre 150 opere l’esposizione, curata da Marco Bussagli, è in grado di coinvolgere in maniera molto particolare lo spettatore a cui, attraverso espedienti giocosi e pratici, sono proposte sperimentazioni dirette e curiose 1 . Alcuni accorgimenti interattivi mettono il fruitore in condizione di capire, osservare, verificare il punto di vista di quest’artista, squisitamente intellettuale, che amava ed esplorava continuamente il mondo della matematica, restituendo, attraverso il proprio lavoro, una personale interpretazione di piano, spazio e prospettiva.

L’allestimento, estremamente attuale, invita i visitatori a divertirsi e a mettersi in gioco, rendendoli partecipi della mostra 2 ; lungo il percorso, inoltre, si incontrano postazioni, inviti a fotografarsi e a condividere sui social network le immagini scattate, con elementi significanti e riconducibili senza alcuna riflessione al maestro nordico, facile pubblicità per gli organizzatori, ma anche un modo per rendere accessibile un artista raffinato come l’incisore olandese.

L’esposizione, introdotta e illustrata da pannelli esplicativi 3 , ci guida alla scoperta di questo talentuoso grafico introverso e riservato, forse incapace di comunicare tradizionalmente la sua particolare visione del mondo, il suo diverso punto di vista, ma in grado di esprimersi magnificamente attraverso le tecniche artistiche della xilografia e della litografia.

A dispetto di ciò che si crede comunemente il corpus delle opere dell’artista non è composto dalle sole, stupefacenti ed ingannevoli illusioni del periodo maturo, ma comprende immagini concepite durante il piacevole periodo trascorso in Italia: accurati ed arditi paesaggi, riflessioni personali di fenomeni naturali 4 .

Con questa mostra il curatore ha voluto demolire quei cliché che, dagli anni ’60 del secolo scorso, hanno reso famoso il maestro olandese. Bussagli ha saputo ideare e costruire un percorso che conduce oltre la conoscenza apparente che il pubblico medio vanta su Escher, geniale incisore noto ai più solo per le “stranezze grafiche prive di significati allegorici”. L’esposizione, infatti, ha il merito di andare oltre l’estetica, i luoghi comuni, l’apparente e superficiale conoscenza, uscito dal Chiostro del Bramante il visitatore potrà certamente affermare: ”conosco Escher e il suo mondo!”.

Il percorso si apre con la presentazione della prima attività dell’incisore: Escher e l’Italia. Dalla natura alla geometria. A Dimostrazione del fatto che temi centrali della ricerca matura del genio siano già presenti in età giovanile, sono esposte circa 40 opere che raccontano le riflessioni ed i pensieri che hanno accompagnato l’olandese nel suo soggiorno italiano. Una sub-sezione (Escher a Siena) ci documenta come alle origini del futuro concetto di tassellatura 5 vi potrebbero essere suggestioni senesi: il tappeto marmoreo della pavimentazione del Duomo 6 o la decorazione della Biblioteca Piccolomini.

Il viaggio dell’incisore nella città toscana è ampiamente documentato da epistole 7 , taccuini con disegni e interviste, tutto ciò avvalora il fatto che il “secondo Escher” non sia il frutto di una “folgorazione sulla via dell’Alhambra”, bensì una meditazione che inizia sin dagli anni Venti del ‘900.

Sulla scorta anche di affermazioni del maestro, che liquida il corpus grafico degli anni 1922-1935 come “stampe di poco valore (…) più che altro esercizi grafici” 8 , e per il fatto che dopo il raggiungimento della cosiddetta maturità Escher non concede più spazio alla forma espressiva precedente, in taluni casi negandole il valore spettante 9 , per anni si è parlato, troppo semplicisticamente, della sua attività artistica riferendosi a “ante 1936” e “post 1936”. A lungo si è considerato il secondo soggiorno a Granata e lo studio meticoloso della sua decorazione palaziale un momento di svolta o di cesura nella vita del maestro, in realtà, non si ravvisa quella soluzione di continuità proclamata dalla critica, poiché il nuovo linguaggio del “post ’36” altro non è che lo sviluppo delle meditazioni e delle ricerche iniziate precedentemente 10 . L’incontro con l’arte andalusa, dunque, si porrebbe come momento definitivo di una riflessione avviata in età giovanile. Senza quei momenti “di poco valore”, infatti, probabilmente il linguaggio maturo del fine incisore non sarebbe stato lo stesso 11 .

Bussagli con questa prima sezione riesce a far comprendere al pubblico che non c’è un dopo senza il prima e che le suggestioni incontrate nella nostra penisola sono alla base dei futuri esiti espressivi. Si noti la stampa esposta raffigurante il paese di Vitorchiano (xilografia, 1926, Collezione Federico Giudiceandrea), quantunque sia evidente che l’interesse del maestro sia per il paesaggio, una potenza naturale impressionante, il modo in cui rende il piccolo massiccio, sebbene strumentale alla resa della volumetria e della plasticità della collina, ha in nuce quel concetto di tassellatura sviluppato, dal punto di vista teorico, solo dopo il 1936. Anche la piccola xilografia intitolata Madonna (1921, Collezione Federico Giudiceandrea), già propone atteggiamenti futuri di divisione ritmica del piano.

Avvisaglie delle conquiste della maturità si hanno anche nell’ex libris (fig. 1), ideato, nel 1922, per il fratellastro Berend George; apparentemente semplice stilizzazione del Vesuvio, in linea con la grafica italiana del ventennio, è in realtà una sofisticata rappresentazione di uno spazio pensato in modo complesso. Il piccolo cartellino, dunque, contiene archetipi che attendono gli sviluppi successivi: partendo dall’osservazione dell’oggetto nel mondo reale, Escher, su uno sfondo periodicamente diviso, delinea il vulcano e il fungo di lava come figure contrapposte, ma complementari, l’una il negativo dell’altra. L’incisore medita su spazio e misura e giunge a concepire un palindromo grafico: la montagna, infatti, si riflette perfettamente nella nube lavica, come se si specchiasse in se stessa.

All’interno di questa prima parte della mostra incontriamo un interessante ed esemplificativo pannello indicante, tappa per tappa, il Grand Tour intellettuale compiuto dal nostro che ha trovato nel “bel paese” una dimora nonché una forte ispirazione. Per quattordici anni il maestro risiede in Italia, vi incontra la sua futura moglie, Jetta Umiler, con la quale vive prima a Frascati e poi a Roma 12 , e vi nascono i suoi primi due figli, Arthur e George. In Italia si trova bene, è affascinato dal sole, dal mare, dai paesaggi montuosi, dai piccoli paesini arroccati, tutto per lui, attento osservatore, è stimolante e riempie i suoi diari di notazioni positive riguardo al suo lungo soggiorno italiano 13 . Tra queste prime 40 incisioni consiglio di soffermarsi qualche istante in più su uno dei capolavori che ha reso famoso il maestro: Mano con sfera riflettente (fig. 2, litografia, 1935, M. C. Escher Foundation) il tema della superficie convessa che riflette il mondo esterno è riconducibile sia alla pittura fiamminga del XV secolo (J. Van Eyck, Ritratto dei coniugi Arnolfini, 1434, National Gallery, Londra) che al Parmigianino (Autoritratto allo specchio, 1524, Kunsthistorische Museum, Vienna). L’artista probabilmente conosce entrambe le opere e potrebbe aver voluto omaggiare le sue due patrie, quella di nascita e quella di adozione. Se così fosse si sfaterebbe il diffuso cliché secondo il quale l’attività artistica del maestro sia meramente puro esercizio formale e/o matematico, attenta, esclusiva e meticolosa ricerca del ritmo, della forma, del colore, superamento della realtà oggettiva e resa di costruzioni impossibili; un gioco estetico, cioè, privo di qualsiasi tipo di rimando a significati allegorici.

D’altra parte l’innata ironia dell’artista e alcune sue dichiarazioni (Escher è morto solo nel 1972), aiuterebbero questa riflessione. A tal proposito Bussagli scrive: ”pensare che Escher usi figure, come il drago che si morde la coda, senza conoscerne le implicazioni simboliche, o senza considerare i rimandi di significato sarebbe un insulto alla sua intelligenza” 14 , inoltre, una lettera autografa del maestro corrobora questa posizione: ”Penso di non aver mai fatto nessun lavoro con lo scopo di simboleggiare qualcosa di specifico (…)” 15 , la doppia negazione indica chiaramente che l’artista è ben conscio del fatto che le sue opere simboleggiano qualcosa di preciso e che producono riverberi e riflessioni che vanno oltre la pura godibilità estetica.

La litografia Mano con sfera introduce ad uno degli espedienti ideati per coinvolgere il visitatore: una parete di sfere metalliche riflettenti, concave e convesse 16 , consente al pubblico di intuire quell’intrigante effetto distorsivo della legge fisica della riflessione che ha condotto l’olandese alla realizzazione di questo indimenticabile capolavoro.

La seconda sezione (Dall’Art Nouveau alla Tassellatura) ci racconta, con circa 34 opere, il passaggio compiuto dal maestro da un modus operandi ancora figurativo ai primi esempi di tassellatura: il foglio è completamente e meticolosamente ricoperto da forme giustapposte (geometriche o naturali stilizzate), ottenendo un tipico effetto di horror vacui. L’originalità della nuova forma espressiva ha indotto frettolosamente la critica a parlare di unicum; si è creduto erroneamente che il suo lavoro fosse “un caso isolato”, decontestualizzato dal tessuto artistico della sua epoca o delle epoche precedenti, in realtà il curatore dimostra efficacemente come Escher, sebbene non inquadrabile in nessuna corrente artistica, sia ben inserito nel operare contemporaneo. Egli si forma presso il maestro modernista Samuel Jessum de Mezquita (1868-1944), l’educazione artistica ricevuta è certamente all’origine della riflessione sulla tassellatura del giovane Maurits. La stilizzazione di elementi naturali, la divisione regolare e simmetrica di un piano e l’accostamento di motivi semplificati sul foglio fanno certamente parte del bagaglio culturale fornito da un apprendistato di tipo liberty. Il contatto con l’Art Nouveau, dunque, è da considerarsi imprescindibili ai fini dello sviluppo del suo modus operandi maturo. A sostegno di questa forte assonanza con la cultura dello Jugendstil sono esposte opere del de Mezquita e di Koloman Moser (1868-1918) 17 . Quest’ultimo è da considerarsi un autorevole precedente dell’opera dell’incisore nordico, nelle sue stampe, infatti, si anticipa il criterio della tassellatura come viene successivamente teorizzato ed applicato dall’olandese. Esistono tra i due consonanze sorprendenti e spiegabili, senza parlare di influenze dirette 18 , con la koinè culturale del decorativismo tipico del Liberty, di cui Kolo è un rappresentante di primo piano ed Escher un nostalgico attardato. Ma l’olandese trova ispirazione anche nelle avanguardie: suggestioni simboliste, divisioniste, futuriste sono, infatti, chiaramente individuabili nel suo lavoro. Infine, è bene sottolineare che nell’opera di Maurits si ritrovano anche elementi mutuati dalla storia dell’arte del passato: Brughel, Bosch, Dürer, l’arte medievale italiana ... Dunque, Escher a differenza di quanto si creda non rappresenta un caso isolato nel panorama della storia dell’arte, piuttosto un artista non catalogabile, ma ben aggiornato sulle vicende passate e presenti.

La terza sezione, “L’occhio di Escher. Dalla percezione visiva alla geometria dei cristalli”, ci informa, attraverso 22 opere, dell’attività di Escher alla luce della cosiddetta Gestalttheorie, «teoria della forma», ossia le modalità con cui cervello e occhio umani interagiscono fra loro per organizzare una visione coerente del mondo. Le opere dell’artista che hanno a fondamento queste norme di conoscenza visiva sono esposte e spiegate secondo le leggi che ne spiegano la comprensione: legge della prossimità, legge della buona forma, legge dei pieni e dei vuoti (il triangolo di Kanizsa), legge della continuità, legge del concavo e del convesso.

Nel percorso della mostra, si incontrano diversi giochi, di tipo ottico, utili al pubblico per inquadrare i “trucchi visivi” impiegati dal maestro nel suo lavoro.

L’esposizione evidenzia anche l’interesse dell’incisore per la cristallografia 19 , alcune delle sue opere, infatti, rivelano distintamente legami con i suoi principi. Si sottolinea, inoltre, che ancor oggi alcune applicazioni grafiche dell’olandese sono utilizzate da scienziati e geologi per rendere più accessibili e comprensibili le norme che regolano questa disciplina. In questa sezione si incontra anche l’entusiasmante “sala degli specchi”: il pubblico è letteralmente immerso in un’esperienza tridimensionale illusoria, dal soffitto pendono numerose sagome identiche di pesci, che, assieme al visitatore, sono riflesse infinite volte negli specchi presenti sulle 4 parete; si vive così in maniera diretta la suggestione infinita che ha condotto l’artista a concepire una stampa come Profondità (fig. 3, 1955, xilografia, Collezione Federico Giudiceandrea). Lo spazio, dilatato all’infinito verso un punto di stazionamento o nadir, è riempito da un numero illimitato di peschi volanti costruiti lungo tre assi che si intersecano ad angolo retto 20 . Per suggerire la profondità l’artista ha dovuto riprodurre le forme in modo molto preciso e in maniera sempre più piccola, ha saputo, quindi, servirsi della “prospettiva aerea” ai fini di una suggestione spaziale sempre più complessa 21 .

Nella sala accanto alla mirror room è esposto “l’opera più ammirata” 22 , una stupefacente illusione, Metamorphosi II (1940, xilografia, Collezione Federico Giudiceandrea), un fregio di circa 4 metri che è un racconto di trasformazioni. Si parte dalla parola metamorfosi e si conclude con lo stesso lemma, in mezzo una serie di mutazioni coerenti e convincenti: la parola si evolve in tessere musive quadrate bianche e nere, queste in rettili, le lucertole diventano esagoni, che assimilate a cellette di un favo, sviluppano progressivamente prima larve, quindi di api, queste gradualmente diventano ombre che fanno da sfondo a peschi bianchi, inizialmente poco definiti, che si muovono in senso inverso, quindi le sagome nere delle api evolvono in uccelli mentre le silhouette dei pesci degradano a fondale che presto lascia il suo posto ad altri uccelli di colore rosso e bianco che si muovono secondo il verso contrario, i profili colorati dei volatili subitamente diventano le tre facce visibili dei cubi che evolvono precocemente in un paesaggio di case, la tipica cittadina del mezzogiorno con la torre di guardia, che intuitivamente è associata ai pezzi degli scacchi posti su una scacchiera 3D, che torna ad essere un piano bidimensionale di tessere musive che trasmutano nel vocabolo metamorfosi.

Segue la sezione dedicata alle stravaganze inattuabili (“I paradossi di Escher: matematica dell’impossibile”), una ventina di opere testimoniano lo step successivo della ricerca del maestro che non si ferma alla divisione regolare del piano e allo studio delle leggi della percezione visiva, ma evolve verso la rappresentazione dei cosiddetti “oggetti impossibili”: costruzioni, apparentemente verosimili, ma irrealizzabili nella realtà materiale. Si assiste al superamento delle regole prospettico-scientifiche, che dall’età dell’Umanesimo governano la resa dello spazio, quei principi, cioè, che l’incisore, esposto in mostra, Gian Battista Piranesi (1721-1778) 23 , nelle sue ardite Invenzioni e Prospettive, spinge all’estremo, senza, però, metterne in discussione la validità. Evidentemente Escher riflette a lungo sulla produzione piranesiana, traendo quelle sollecitazioni che lo conducono alla visione di un nuovo spazio illusorio, non più scientificamente dimostrabile, ma caratterizzato da aberrazioni inattuabili 24 . Contro ogni legge matematica introduce la simultaneità dei punti di vista e la mutazione temporale delle immagini che risultano ad un occhio scientifico arbitrarie ed incoerenti. A questa sezione appartiene il famoso capolavoro: Relatività (fig.5, litografia, 1953, Collezione Federico Giudiceandrea). L’opera è popolata da 16 figure appartenenti a tre mondi distinti. Riconosciamo l’agire contemporaneo di tre forze di gravità 25 perpendicolari e discordi, che portano i 16 personaggi a vivere lo spazio in maniera autonoma: seppur vicini si ignorano, perché appartenenti a dimensioni, coesistenti convincentemente sul piano, ma non comunicanti. Le tre realtà spaziali, sebbene autonome ed incomunicabili, sono, però, popolate dai medesimi oggetti, per i quali cambia solo il punto di vista. Ciò che è il pavimento per uno, per un altro rappresenta la parete o il soffitto, ma per lo spettatore è il medesimo muro sul foglio. È impossibile assumere un punto di vista neutrale, di volta in volta, si è partecipi dell’uno o dell’altra dimensione 26 .

Un’altra stampa, particolarmente affascinante, è la litografia, del 1947, intitolata: Su e giù o Un altro mondo II (fig.6 , Collezione Federico Giudiceandrea). Le incisioni degli anni Venti, rappresentanti ardite prospettive di borghi italiani già introducono quella particolare sensibilità spaziale e quell’idea di volume scorciato che qui raggiungono la piena maturità. Escher, all’interno di una struttura cubica, con finestre ad arco che si aprono su tre paesaggi differenti, introduce tre punti di vista tra loro sconnessi: dalle due finestre superiori si vede il mondo sottostante, da quelle centrali si vede l’orizzonte, da quelle inferiori si vedono le stelle. Così facendo l’artista combina assurdamente le linee dell’orizzonte, dello zenit e del nadir in un’unica costruzione con apparente logicità 27 . Qui il salto di qualità nella resa dello spazio è evidente, esso è delineato assurdamente, ma con estrema coerenza, grazie all’introduzione di una prospettiva curvilinea, in luogo di quella rettilinea: ne deriva che soffitto e pavimento di un medesimo ambiente possano essere osservati allo stesso tempo. Le scene convivono illogicamente sul foglio, ma prese singolarmente hanno validità scientifica 28 .

In questo lavoro, a mio avviso summa della sua arte, Escher mostra di aver rielaborato suggestioni diverse alla luce della propria attitudine e visione dello spazio, non nasconde la propria predilezione per le prospettive estreme di matrice piranesiana, ed allo stesso tempo si nota simpatia per un artista nordico come Mantegna 29 , e si ravvisa una certa empatia con il clima culturale del futurismo, che incita ad un mondo moderno, in movimento, con spazi arditi e avanzati.

Lungo la visita di questa parte della mostra incontriamo la terza sperimentazione, forse la meno significativa ed accattivante, che si realizza nell’osservazione di una parete optical: il riguardante, preso da un senso di profondità e movimento illusori, dato dalle strisce giustapposte di bianco e nero secondo schemi e andamenti diversi, non riesce a mettere a fuoco se stesso se fotografato.

Infine, affrontiamo la sezione dedicata all’influenza esercitata dall’autore sulla società contemporanea: L’Eco di Escher. L’arte del maestro ha prodotto una eco nel tessuto artistico-sociale dell’epoca e delle età successive documentata in un’intera parte dell’esposizione. A partire dagli anni ’60 del secolo scorso si è diffuso un vero e proprio «fenomeno Escher» che appassiona individui di ogni estrazione sociale. L’esposizione testimonia con manufatti di vario genere come il suo mondo sia uscito dall’atelier lavorativo andando a decorare scatole da regalo, francobolli, biglietti d’auguri, schede telefoniche, magliette, piastrelle per pavimenti, edifici pubblici 30 , vignette dei fumetti, copertine dei 33 giri di importanti pop band 31 , riviste scientifiche internazionali e perfino grandi opere letterarie 32 . Ma la sua influenza non si limita alla cosiddetta «Escher-mania», pur non potendo parlare di scuola stricto sensu, in campo artistico si è registrato una tendenza volta a citare il nostro, parliamo allora di epigoni come Victor Vasarely (1906/1997) 33 , Oscar Reutersvärd (1915/2002), e di una lunga schiera d’imitatori, che in qualche modo hanno “imparato” il “metodo-Escher” (David Hop, pubblicitario e grafico statunitense; Dominique Ribault, scultore che ha impiegato la tassellatura; Hans Kuiper, grafico che ha trasformato Donald Duck in un pattern escheriano ).

Un’esposizione completa che ci fa conoscere veramente un artista noto a tutti.




Il catalogo


A cura di Marco Bussagli e pubblicato da Skira, il catalogo in brossura esibisce una cura editoriale pregevole.

Trattandosi di un’impresa espositiva prevalentemente “a capitale privato” manca la tradizionale parte introduttiva di ringraziamenti delle istituzioni. Ricca, interessante e significativa la parte saggistica che si svolge nelle prime 90 pagine. Sei testi scientifici a firma di studiosi ed esperti dell’incisore (Marco Bussagli storico dell’arte e curatore della mostra; Federica Pirani, responsabile mostre della sovrintendenza capitolina; Federico Giudiceandrea collezionista e studioso di Escher; Luigi Grasselli professore ordinario di geometria all’Università di Modena e Antonio F. Costa professore di geometria e topologia all’Università di Madrid). Il primo saggio del Bussagli (Escher: paradossi grafici e memoria dell’arte) ha natura introduttiva, piacevole a leggersi ci parla del perché della mostra in relazione alla diffusa conoscenza dell’incisore. Segue lo scritto della Pirani (Un olandese a Roma. Studi, incontri, visioni di Escher tra il 1923 e il 1935) di natura biografica, quindi, il divertente e curioso testo del Giudiceandrea (Dai matematici agli hippies, lo strano percorso dell’opera di Maurits Cornelis Escher) che ci notizia di fatti personali che vanno al di là delle nozioni puramente biografiche. Molto più tecnici e specialistici i tre saggi finali: Le forme della simmetria: dai mosaici dell’Alhambra ai mondi di Escher (di Luigi Grasselli e Antonio Costa), la Gestalttheorie e le leggi dell’ottica e i cristalli di Escher (entrambi del Bussagli).

Segue, per le successive 100 pagine, secondo il criterio espositivo, il catalogo delle opere esposte: bellissime fotografie a tutta pagina ritraggono le opere nella loro interezza, e, in alcuni casi, con particolari ingranditi. Le schede delle stampe, volutamente ed efficacemente separate dalle immagini che possono così essere godute senza distrazioni, sono a cura del Bussagli, di Maria Catalano, di Federica Pirani e di Francesca Rinaldi. La loro impostazione è abbastanza tipica (titolo, datazione, supporto/tecnica, dimensioni, provenienza, analisi critica), ma al posto della classica bibliografia, avverte il curatore, è riportato il numero del catalogo ragionato sull’autore del 1981 di F. H. Bool.

Le ultime pagine del volume riportano i cosiddetti apparati, utili strumenti per studiosi e studenti di arte: una dettagliata biografia-cronologia dell’incisore in relazione agli eventi storici contemporanei, una selezionata bibliografia completata dagli scritti di Escher e dai suoi libri illustrati.

I crediti fotografici, come ormai di consueto, si trovano nelle prime pagine del catalogo.







NOTE

1 Nelle intenzioni di curatore, comitato scientifico ed allestitori, il pubblico viene integralmente proiettato nella mente dell’intellettuale; tre tipi di sperimentazioni percettive, assolutamente uniche nel loro genere, guidano il visitatore attraverso l’opera, esperienza di vita, dell’artista: una parete di sfere metalliche riflettenti, concave e convesse; un’entusiasmante “sala degli specchi”; e una parete optical.

2 Escher stesso parlando di tassellatura, e della legge dei pieni e dei vuoti, definisce il suo lavoro come un gioco, ma un gioco molto serio (cfr. B. Ernst, Lo Specchio magico di Escher, Colonia, 1997, p. 40).

3 Ogni sezione e sub-sezione è accompagnata da pannelli introduttivi ed esplicativi del momento storico o delle leggi matematico-scientifiche che fanno da fondamento alla rappresentazione grafica illusoria (le leggi della prossimità, della buona forma, dei pieni e dei vuoti (il triangolo di Kanizsa), della continuità, del concavo e del convesso, …).

4 Il taccuino dell’artista relativo ai suoi viaggi in Italia è stato completamente scansionato ed è consultabile in mostra attraverso un touch screen. Confrontare gli appunti grafici presi dall’olandese con le opere litografiche è un’esperienza istruttiva.

5 La tassellatura o divisione regolare del piano (il piano è completamente ricoperto da un motivo geometrico o naturalistico, normalmente stilizzato, che accostato sapientemente a mo’ di incastro, o in alternanza di pieni e vuoti, negativi e positivi, crea un effetto di horror vacui), presente con costanza e sistematicità nel “secondo Escher”, è fatta risalire dalla critica unicamente alla visione della decorazione del Palazzo dell’Alhambra (Granada), durante il secondo soggiorno andaluso avvenuto nel 1936.

6 Nei meandri della decorazione dei riquadri attorno alle grandi scene con gli episodi biblici del pavimento si possono, infatti, trovare motivi incredibilmente vicini alle forme impossibili che Escher concepisce nella sua maturità (cfr. Escher, M. Bussagli(acd), cat. della mostra, Milano, 2014, p.16).

7 Epistole autografe, del dicembre del 1922, testimoniano la felicità provata nel visitare quei luoghi:” (…) il mio cuore non potrebbe assorbire con maggior gratitudine, né il mio animo con maggior sensibilità, l’atmosfera assolutamente nuova nella quale mi trovo a vivere, gli incontri sorprendenti ed inattesi (…) che mi offrono ogni giorno in questo posto benedetto (…)” oppure “La mattina sono andato a visitare la Piazza del Campo, il Duomo, una cripta sotto il Duomo, poi la libreria e l’opera del Duomo dove si trovano alcuni primitivi (…)” (cfr. Bussagli, op. cit., p. 17).

8 M. C. Escher, Grafica e Disegni, Colonia 1992 p. 5.

9 Nell’ottobre del 1964, Escher si reca in Canada per motivi personali e coglie l’occasione per organizzare negli Stati Uniti un ciclo di conferenze, mai avvenute per motivi di salute, di cui abbiamo i testi di preparazione; gli scritti dell’incisore mostrano la poca considerazione che il maestro ha della sua opera precedente il 1936, e anche quando accenna a qualche incisione degli anni precedenti, il suo interesse è per la legge matematica e non per l’opera in sé (cfr. M. C. Escher, Esplorando l’infinito, Milano, 1991, pp. 29-89).

10 In considerazione delle inclinazioni dell’artista l’Alhambra e la sua particolare decorazione sicuramente rappresentano un incontro significativo, come del resto, è significativo il viaggio in Italia che gli ha dato modo di riflettere su certi “temi”, che divengono centrali nella sua maturità. Senza le esperienze giovanili probabilmente la sua attività grafica matura non avrebbe avuto certi esiti.

11 Il modus operandi dell’artista maturo, dunque, si basa in primis su proprie inclinazioni ed attitudini a vedere il mondo, quindi sull’esperienza maturata in Italia ed infine sul profetico incontro con il palazzo andaluso. Si delinea un vero e proprio iter di maturazione di un linguaggio espressivo, in senso grafico, che, già latente, aspetta determinati stimoli per la sua definitiva fioritura.

12 Nella casa romana di Via Poerio, ancora esistente, Escher vive al terzo e quarto piano; le mattonelle della pavimentazione del soggiorno sono realizzate su disegno del nostro. In mostra è presente un esempio di mattonella originale.

13 Le suggestioni paesaggistiche del bel paese, una volta lasciato, saranno ancora fisse nella sua mente. In una lettere scrive di non aver più visto paesaggi imponenti come quelli italiani (cfr. Bussagli, op. cit., 2014, passim)

14 Bussagli, op. cit, p. 30.

15 Bussagli, op. cit, p. 30.

16 Il visitatore è riflesso in modo dritto nel convesso e al contrario nel concavo.

17 Anima della Secessione Viennese, per la quale organizza tutte le mostre dal 1898 al 1905, partecipa con proprie opere. In occasione della IV mostra secessionista (1899) Kolo espone per la prima volta “Flachen Muster”, presente al chiostro, rappresentante una donna-pesce su una superfice completamente tappezzata da pesci stilizzati (cfr. Bussagli, op. cit., p. 19).

18 Sembra, infatti, che Escher conosca l’opera del grafico viennese solo in tarda età (cfr. Bussagli, op. cit., p. 19).

19 La conoscenza del mondo scientifico-cristallografico gli deriva, probabilmente, dal padre ingegnere e il fratellastro geologo (cfr. Bussagli, op. cit., p. 21).

20 Escher, op. cit, p. 63.

21 Ernst, op. cit., p. 42

22 Tra il 1938 e il 1960 l’artista vende circa 250 copie della stampa (cfr. Ernst, op. cit.,, p. 38).

23 L’olandese ha certamente modo di studiare Piranesi negli anni del soggiorno romano.

24 Si confrontino l’opera di Piranesi, esposta in mostra, Capriccio di scale, arcate e capriate. Carceri d’invenzione (1781, acquaforte e bulino, Collezione Federico Giudiceandrea) con la litografia di Escher Belvedere (fig. 4, 1958, Collezione Federico Giudiceandrea).

25 Escher considera la forza di gravità un tiranno, la sua è una provocazione contro uno spazio tradizionale dominato dalla forza di gravità (cfr. M. C. Escher, Le Magiche visioni, Colonia, 2003, p. 117).

26 Escher, op. cit, 1991, p. 85).

27 Escher, op. cit, 1991, pp. 80-81.

28 Bussagli, op. cit., 2014, p. 214.

29 L’opera, meditazione spaziale-matematica, a mio avviso mostra una riflessione su un artista italiano: Mantegna. Non ci sono ancora studi sul “rapporto” che potrebbe esserci stato tra il Mantegna ed Escher, ma opere giovanili (paesaggi eroici alla Mantegna) e quest’incisione rivelano che il maestro possa aver subito una suggestione da parte dell’artista italiano.

30 Ufficio Postale di Den Haag (L’Aja), e il palazzo a C. Conde de Romanones 14 (Madrid).

31 Rimane memorabile il rifiuto a Mike Jagger (Cfr. Bussagli, op. cit, 2014, p. 49).

32 Ricordiamo le Cosmicomiche di Italo Calvino.

33 Principale esponente, assieme a Bridget Louise Riley (1931) della Optical Art.







BIBLIOGRAFIA

  • Escher, (a cura di) Marco Bussagli, catalogo della mostra, Milano, 2014.

  • M. C. Escher, Le magiche visioni, Colonia 2003

  • B. Ernst, Lo specchio magico, Colonia, 1996 (rist. dell’ed. 1978).

  • M. C. Escher, Grafica e Disegni, Colonia 1992.

  • M. C. Escher, Esplorando l’infinito, Milano 1991.

  • F. H. Bool, J. K. Kist, J. L. Locher, F. Wierda, Levon en werk von M. C. Escher, Meulenhoff, Amsterdam, 1981.










LA MOSTRA

Dove: Chiostro del Bramante, Roma

Quando: 20 settembre 2014- 22 febbraio 2015











Fig. 1
MAURITS CORNELIS ESCHER, Ex libris B. G. Escher, (1922)
Xilografia, 50 x 50 mm.
Collezione Federico Giudiceandrea


Fig. 2
MAURITS CORNELIS ESCHER, Mano con sfera riflettente, 1935,
litografia, 31 x 21,3 cm.
M.C. Escher Foundation


Fig. 3
MAURITS CORNELIS ESCHER, Profondità, 1955,
Xilografia, 320 x 230 mm.
Collezione Federico Giudiceandrea


Fig. 4
MAURITS CORNELIS ESCHER, Belvedere, 1958
Litografia, 462 x 295 mm.
Collezione Federico Giudiceandrea


Fig. 5
MAURITS CORNELIS ESCHER, Casa di scale (Relatività), 1951,
litografia, 47,2 x 32,6 cm.
Collezione Federico Giudiceandrea


Fig. 6
MAURITS CORNELIS ESCHER Altro mondo II, 1947,
litografia, 31,8 x 26,1 cm.
Collezione privata







	
Foto cortesia Ufficio Stampa della Mostra

Contributo valutato da due referees anonimi nel rispetto delle finalità scientifiche, informative, creative e culturali storico-artistiche della rivista

Risali



BTA copyright MECENATI Mail to www@bta.it