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Ancora sulla Madonna della Misericordia (1448) di Giovanni da Gaeta  
Gian Gabriele Cau
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 8 Aprile 2011, n. 599
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L'articolo Alcuni appunti su Giovanni da Gaeta apparso su bta del 26 novembre 2010 a firma di Luigi Agus[1] è un invito per dibattere sulla tavola della Madonna della Misericordia (1448) di Giovanni da Gaeta[2] e sulle ragioni della sua committenza, di cui ho recentemente scritto su «Theologica & Historica, Annali della Facoltà di Teologia della Sardegna»[3]. Motivo di questo ulteriore intervento è la rettifica di talune inesattezze, per le quali mi sono attribuite affermazioni mai espresse, ma anche l'occasione per esporre le risultanze di nuove indagini che sostengono l'ipotesi già prospettata di una commissione medicea.

I. Le ragioni della committenza. Una lettura poco attenta del saggio porta l'Agus ad intendere che «L'invio della tavola in Sardegna sarebbe giustificato [...] da un voto fatto da Piero il gottoso», laddove, a seguito di una articolata analisi storico-filologica, concludo: «Il donativo sarebbe - lo si afferma qui per la prima volta - il solo noto di una credibile più ampia strategia in esecuzione di un medesimo progetto, nel quale devozione, amicizia, diplomazia, politica e finanza [medicea] si confondono, mirato alla raccolta dei consistenti proventi dell'imminente Giubileo»[4] del 1450.

Scartato il debito votivo, confermo le stesse ragioni della committenza in precedenza individuate. Quella epigrafica, che formalmente giustifica l'opera, è il ventennale (1448) della seconda apparizione mariana sul Monte Berico, a sud di Vicenza; quella pretestuosa è indicata nel dono di circostanza per il concomitante insediamento di Sissinnio nuovo vescovo di Bisarcio (1449); quella realistica, di cui ho appena detto, è riconosciuta in un disegno strategico di più ampia portata, posto in essere da Piero De' Medici il Gottoso, committente dell'opera, mirato alla raccolta dei consistenti proventi giubilari, già avviato e lungamente coltivato[5] dal padre Cosimo il Vecchio con il patrocinio del Concilio Ecumenico Fiorentino del 1439.

II. La cronologia. E' credibile che Giovanni abbia adottato l'indizione bizantina nel computo cronologico, ed è pacifico che il 1 novembre 1448 indicato nell'epigrafe dedicatoria cada nella xii indizione di uno stesso anno, il 1448, che al 31 agosto marcava l'xi indizione[6]. La proposta dell'Agus di una normalizzazione della cronologia, per la quale quel 1448 dovrebbe leggersi 1449, è irricevibile perché frutto di una doppia lezione errata, che confonde 'l'indizione bizantina' con 'lo stile bizantino' (che peraltro non sembra in uso in quegli anni a Gaeta, dove il tempiese presume sia stata realizzata l'opera[7]) e su questo compie una conversione inversa a quella indicata in tutti i manuali di cronologia e cronografia[8]. Il solo tratto comune è che entrambi decorrono dal 1 settembre ma mentre lo stile bizantino comporta un'anticipazione di quattro mesi del capodanno, l'indizione bizantina, che è uno dei sistemi di numerazione delle indizioni, si abbina allo stile adottato senza alcuno stravolgimento, fermo restando che ogni anno sarà distinto da due indizioni con cambio al 1 settembre.

Non occorre essere «chiaroveggente»[9] per giustificare una 'regalia trasversale', che mira a Sissinnio neoeletto vescovo di Bisarcio per colpire Papa Niccolò v e rinsaldare un'antica amicizia di famiglia, per provate ragioni di opportunità finanziaria[10]. Si ha, infatti, motivo di credere nella persistente attualità del dono della tavola celebrativa del ventennale di Monte Berico (1 novembre 1448[11] ) seppure questa, come pare vero, sia stata confezionata nei primissimi mesi del 1449. La data del 1 novembre non è, infatti, da intendersi come quella dell'esecuzione della tavola ma quella di un ventennale, la cui stretta ricorrenza ricadeva in quel giorno (più esattamente il 2 agosto), ma le cui celebrazioni si sarebbero protratte per un anno intero, decadendo solo il 1 novembre (o il 2 agosto) del 1449, allorchè si sarebbe entrati nel xxi anniversario dell'apparizione mariana.

«Il decreto di nomina di Sissinnio e di Antonio [...] è del 21 ottobre 1448, ma è statisticamente credibile, perché prassi comune, che l'intronizzazione sia avvenuta qualche tempo dopo, nei primi mesi dell'anno seguente, per dare modo al novello pastore di organizzare materialmente la presa di possesso della diocesi. Nel mentre sarebbero giunte a compimento quelle condizioni nelle quali si trova una giustificazione indiretta ma, alla luce della strettissima sequenza degli eventi che verranno [leggi: nomina a cardinale del fratello uterino Filippo Calandrini (20 dicembre 1448) e indizione dell'anno giubilare 1450 (4 gennaio 1449)], più che attendibile di tanta insolita liberalità»[12]. L'apparente discronia era, dunque, stata rilevata e adeguatamente giustificata. Una maggiore attenzione nella lettura, avrebbe evitato tanta perdita di tempo e spreco di inchiostro, con un'ipotesi imbastita su ripetuti errori cronologici.

Il testo dell'epigrafe recante la data appare decentrato se si considera nella sua interezza. L'allineamento sarebbe invece quasi perfetto[13], ove si guardasse solo alla prima parte, indizione esclusa. L'anomalia andrebbe letta non ipotizzando la cancellazione di una presunta firma dell'artefice ad opera di un ipotetico falsario, quanto mettendo in conto che, così come nel Redentore in trono benedicente del duomo di Sezze dello stesso Giovanni da Gaeta[14], il riferimento all'indizione, nelle intenzioni dell'artefice, non vi dovesse essere ma sia stata aggiunto in corso d'opera, disperdendo quella simmetria appena impostata.

III. Gli stemmi. Poco giova invocare l'ausilio di Federico Zeri per attestare che gli stemmi in capo alla tavola siano falsi[15]. Lo studioso di chiara e riconosciuta fama non può rendere alcuna «testimonianza»[16], perché mai ebbe occasione di un'ispezione diretta della Madonna della Misericordia, ma solo per il tramite di una pessima immagine monocromatica di fine Ottocento, dove gli scudi sono raffigurati, la stessa ancora disponibile presso l'Archivio fotografico storico della Soprintendenza ai Beni ambientali paesaggistici e al Patrimonio storico e antropo-demologico di Cagliari, per la quale recepì l'aquila (insegna di Piero il Gottoso) su di un broncone (insegna di Cosimo il Vecchio) come «un giglio»[17]. Gli stemmi - fino a documentata prova contraria - sono da considerarsi autentici.  E ancora, se si sostiene la falsità del blasone, che senso ha, come fa l'Agus, ipotizzare un falso Medici ottocentesco e alludere, senza un filo di coerenza, a un autentico Doria del Quattrocento[18], nel quale, peraltro, l'aquila non stringe tra gli artigli alcun broncone ? Electa una via, non datur recursus ad alteram!

Non si possono applicare le odierne regole dell'araldica, come il tempiese vorrebbe, in un epoca, il Quattrocento, nel quale quelle stesse non erano state ancora codificate o, comunque, non erano considerate inderogabili. Ne è riprova il fatto che «In origine, l'arma della famiglia dei Medici mostrava sei palle rosse in campo oro, ma con una certa licenza espressiva, almeno fino per tutto il xv secolo, vennero realizzate varianti dello scudo che presentano da tre a undici palle, diversamente disposte[19]. L'assunzione di un campo di un tono differente da quello canonico aureo - scrissi allora, e oggi confermo - è dettata dalla necessità di contrastare un blasone che rischiava di perdersi nel fondo oro della tavola. Il verde cupo adottato rimanda all'alloro del broncone [...] ed è uno dei colori delle divise dello stesso casato. La palla azzurra, in un'opera datata 1448, si giustificherebbe con una ripresa del testo pittorico, per un adeguamento a seguito del privilegio concesso dal sovrano» di Francia [20], verosimilmente - ed è anche questa una novità - su commissione dello stesso Sissinnio che nel 1465 sedeva ancora in cattedra a Bisarcio[21]. Per evidente debito di riconoscenza, è lui il solo motivato all'aggiornamento del prestigioso stemma e l'unico ad avere autorità e competenza di intervento sulla pala dell'altare maggiore di S. Maria del Regno di Ardara, il maggiore tempio della antica diocesi dopo il duomo di Bisarcio, con funzioni straordinarie di cattedrale supplente. L'ipotesi è sensata perché trova riscontro ne «La maggiore efficacia della resa volumetrica di questa [azzurra] rispetto alle altre, [che] induce a considerare una ridipintura, ad opera di altra mano (credibilmente un maestro locale), di una preesistente sfera rossa»[22].

IV. Il Committente. Una indagine più accurata - ed è questo un ulteriore, rilevante sostegno in favore dell'ipotesi di una committenza medicea - ha posto in evidenza l'antica frequentazione dei Medici di Gaeta, centro nodale degli interessi di impresa della famiglia, dove nel 1420 aveva sede una delle quattro storiche filiali del Banco De' Medici di Firenze, accanto a quelle di Roma, Napoli e Venezia[23] . Nella città laziale, alla fine del Trecento, «i Medici avevano preso in affitto le dogane e avevano bisogno di un rappresentante permanente che badasse ai loro interessi»[24]. A tale ufficio si dava adempimento per il tramite de «La filiale di Roma [che] aveva sotto controllo le agenzie di Napoli e Gaeta, aperte nel 1400»[25] . «Dal 1426 al 1471 il banco Medici non ebbe filiale a Napoli; era però rappresentato da corrispondenti, che trattavano i suoi affari ricevendo una commissione. Nel 1455 i corrispondenti dei Medici a Napoli erano Filippo Strozzi & C., Benedetto Guasconi e Bartolomeo Buonconti»[26]. Nello stesso anno a Roma, da cui si è detto dipendeva Gaeta, erano corrispondenti Giovanni e Piero De' Medici[27] il proposto committente di questa tavola. Gottoso, ma non totalmente impedito come Agus, forse, l'ha immaginato[28].

E, ancora, perché tacere dei due vescovi ammantati dalla Vergine, nessuno dei quali impugna il solo pastorale raffigurato che, invece, è affidato ad un anonimo diacono ? E' un momento iconografico denso di significato, metafora del passaggio delle consegne che in quel 1448 si compie nella cattedra di Bisarcio, in favore di Sissinnio, destinatario del dono di Piero, che ammicca il riguardante.

V. L'ipotesi alternativa. Ribadite punto su punto le ragioni di questa committenza, sostenuta oggi da nuovi riscontri documentali, al lettore la facoltà di scelta di riconoscere il genuflesso in Piero il Gottoso piuttosto che in Franceschino Saba, per lo scioglimento di un presunto e tortuoso voto espresso nel 1448, adempiuto solo nel 1452 dopo un incontro col re Alfonso a Napoli, dove si sarebbe ricordato della sua Ardara acquistata nel 1442, pensando alla presa di Castel Aragonese del 1448[29].

Un'ultima annotazione, prima del congedo, mi sia concessa: dopo aver impegnato circa metà del suo articolo per spiegare che quel '1448' epigrafico deve essere letto '1449' stile moderno, Luigi Agus 'imprudentemente' trova ragione della committenza nel voto del Saba datato 1448 stile moderno, perdendo di fatto la coincidenza con quel '1449' inutilmente rincorso Se poi, ammesso e non concesso, ci si sforzasse di normalizzare quel '1448' presunto stile bizantino o stile pisano - in realtà a Gaeta è documentato in quegli anni lo stile della natività e lo stile dell'incarnazione fiorentino[30] - si guadagnerebbe, si è spiegato in precedenza, un '1447'[31], cioè un anno in anticipo sul 1448 dell'espugnazione di Castel Aragonese. Tanto basta per dimostrare la fragilità e l'inconsistenza di un'alternativa minata da ripetute incoerenze ed errori oggettivamente riscontrati.

NOTE

[1] L. Agus, Alcuni appunti su Giovanni da Gaeta, ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 26 Novembre 2010, n. 584; http://www.bta.it/txt/a0/05/bta00584.html

[2] Madonna della Misericordia di Giovanni da Gaeta, 1448, tempera e oro su tavola, cm 215 x 137, Cracovia, Castello Reale del Wawel, inv. n. 1436.

[3] G. G. Cau, «Non si può errare essere liberale inverso gli uomini grati». La Madonna della  Misericordia di Giovanni da Gaeta: le ragioni della committenza, in «Theologica & Historica. Annali della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna», n. xix (2010) pp. 239-255; il saggio, note di corredo escluse,  è consultabile al seguente indirizzo:
http://www.bibliotechelogudoro.it/riviste/ArticoloVis.asp?idRivista=14&idArticolo=59

[4] Ivi, p. 250.

[5] A. Mai, Spicilegium romanum. Vite di uomini illustri del xv secolo, Scritte da Vespasiano Fiorentino contemporaneo. Parte  i. Pontefici Re, e Principi Sovrani, Roma 1839, pp. 38, 42.

[6] A. Cappelli, Cronologia, cronografia e calendario perpetuo, Milano 1998, vii ediz., prefazione all'ediz. critica aggiornata, s.n. tavv. 7a (tabella di raffronto degli «stili»), 7b (tabella di raffronto degli «stili». Rapporto tra gli inizi dell'anno e l'indizione), pp. 5-15
http://books.google.it/books?id=949QIVQXCngC&pg=PA5&dq=indizione+calendario+perpetuo&hl=it&ei=v8kuTcnTI9SL4AaPuYGMCw&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CCsQ6AEwAA#v=snippet&q=bizantino%20&f=false

[7] Per lo stile in uso a Gaeta nel Quattrocento vedi nota 30.

[8]   «Lo stile bizantino è in anticipo sullo stile comune o della 'circoncisione' di una unità dal 1° settembre al 31 dicembre [e] vi coincide dal 1° gennaio al 31 agosto», di conseguenza il 1 novembre 1448 del presunto stile bizantino, nello stile moderno (o della circoncisione), sarebbe semmai stata (ma non è il caso) il 1 novembre 1447 e non il 1449 indicato (ivi, prefazione s.n.).
In un secondo intervento pubblicato sulle pagine di un quotidiano sardo appena quattro giorni dopo quello sul BTA, il tempiese ha già rivisto la cronologia, suggerendo l'adozione dello stile pisano in luogo dello stile bizantino indicato nel Bollettino. Conferma, quindi, con un ennesimo errore di calcolo, un comunque improponibile 1449 - lo stile dell'incarnazione pisana, infatti, «coincide con l'anno comune dal 1° gennaio al 24 marzo, [ma] ha un'unità in più rispetto a tale anno dal 24 marzo al 31 dicembre» (ivi, prefazione s.n., tav. 7b); una corretta conversione (ibidem) porterebbe, semmai, al 1447 - e non ci dà più ragione dell'incoerenza di Giovanni nella Incoronazione della Vergine di Gaeta, nel quale il 25 marzo del 1456 coincide con la iv indizione dichiarata su quella tavola (cfr. L. Agus, Lo studio del Cau. Una Madonna, tanti misteri, «L'Unione Sarda», a. cxxii , n. 330, Lettere & Opinioni, Cagliari 1 dicembre 2010, p. 43; http://edicola.unionesarda.it/Articolo.aspx?Data=20101201&Categ=0&Voce=1&IdArticolo=2527479

[9] L. Agus, Alcuni appunti su Giovanni da Gaeta, cit.

[10] A. Mai, Spicilegium romanum,  cit., p. 42.

[11] In realtà la seconda apparizione della Vergine data al 2 agosto 1428. Per un equivoco del committente la data del «1 novembre trova, invece, corrispondenza nel giorno in cui è festa nella chiesa vicentina di Ognissanti, in borgo S. Caterina, nel cui cimitero la [veggente Vincenza] Pasini era stata sepolta», cfr. G. G. Cau, «Non si può errare essere liberale inverso gli uomini grati»,cit., p. 243.

[12] G. G. Cau, "Non si può errare essere liberale inverso gli uomini grati", (cit.), p. 254, cit.

[13] L'allineamento non è perfetto (è, anzi, come in questo caso decentrato a sinistra) anche nell'ultima riga della sovrastante epigrafe sull'alzata del gradino soppedaneo della Vergine.

[14] 'ad mcccclxxii mag[ister] ioannes de caieta me pinxit'.

[15] F. Zeri, Perché Giovanni da Gaeta e non Giovanni Sagitano, «Paragone», n. 129, 1960, p. 53.

[16] L. Agus, Alcuni appunti su Giovanni da Gaeta, cit.

[17] F. Zeri, Perché Giovanni da Gaeta e non Giovanni Sagitano, cit., p. 53.

[18] L. Agus, Alcuni appunti su Giovanni da Gaeta, cit.

Nel citato articolo su L'Unione Sarda, l'Agus, smentendo ancora una volta se stesso, si dice certo che quello stemma con l'aquila sia di una famiglia «pisana, visto il calendario usato per l'epigrafe», cfr. L. Agus, Lo studio del Cau. Una Madonna, tanti misteri, cit. La nuova proposta, tuttavia, non potrebbe comunque essere accolta perché quella pisana ha le zampe libere mentre questa ghermisce il broncone mediceo, secondo una precisa iconografia riscontrabile in quelle del Cortile delle Colonne di Palazzo Medici Riccardi a Firenze.

[19] L'ipotesi più accreditata vuole che lo stemma, che nella forma più antica sarebbe stato un campo d'oro seminato di bisanti vermigli (o, meglio, tondi vermigli, essendo i bisanti per definizione smaltati d'oro o d'argento), sia derivato, mediante inversione degli smalti, dall'insegna dell'Arte del Cambio (di rosso, seminata di bisanti d'oro), alla quale i Medici si erano iscritti dopo essersi stabiliti a Firenze; cfr. F. Cardini , Le insegne laurenziane, in Paola Ventrone (a cura di), 'Le temps revient 'l tempo si rinuova: feste e spettacoli nella Firenze di Lorenzo il Magnifico, Firenze, Palazzo Medici Riccardi, 8 aprile - 30 giugno 1992', catalogo della mostra, Cinisello Balsamo 1992, pp. 58-59.

[20] G. G. Cau, «Non si può errare essere liberale inverso gli uomini grati», cit., p. 245.

[21] Sinninio muore nel 1466; nello stesso anno gli succede il francescano Lodovico de Santa Croce, cfr. F. Amadu, La diocesi medioevale di Bisarcio, Cagliari 1963, p. 131.

[22] G. G. Cau, «Non si può errare essere liberale inverso gli uomini grati», cit., p. 245.

[23] F. Arcelli, Il banchiere del Papa: Antonio della Casa, mercante e banchiere a Roma (1438-1440), Rubbettino, 2001, p. 12.

[24] R. A. De  Roover, Il banco Medici dalle origini al declino (1397-1494), Scandicci 1988, p. 362.

[25] Ivi, p. 63.

[26] Ivi, p. 368.

[27] Ivi, p. 186.

[28] M. Marino, 'Lo studio del Cau. Una Madonna, tanti misteri', «L'Unione Sarda», a. cxxii, n. 330, Lettere & Opinioni, Cagliari 1 dicembre 2010, p. 43;  http://edicola.unionesarda.it/Articolo.aspx?Data=20101201&Categ=0&Voce=1&IdArticolo=2527479

[29] L. Agus, Alcuni appunti su Giovanni da Gaeta, cit.

[30] Per una sintesi del mutevole panorama degli stili in Italia in rapporto al tempo e allo spazio, si rimanda allo studio di Adriano Cappelli che, pur nella sua lacunosità, resta ancor oggi un punto di riferimento per gli studi cronografici nella Penisola (A. Cappelli , Cronologia, etc., cit., pp. 8-11). Per quanto riguarda lo stile adottato a Gaeta, si porta l'esempio di due atti tra i quali si colloca la cronologia della tavola in esame, entrambi stilati a Gaeta tra il 1438 e il 1526, nei quali l'anno dell'era cristiana è espresso secondo lo stile della natività e di un terzo del 1419, redatto anche questo a Gaeta, espresso secondo lo stile dell'incarnazione fiorentina. Il primo riguarda l'atto con il quale Re Alfonso scrive a fra Giuliano de' Maiali, costituendolo suo ambasciatore al Re di Tunisi per conchiudere con lui pace o tregua con quelle condizioni che parranno al detto Fra Giuliano del 1 dicembre 1438 (cfr. Archivio di Stato di Palermo, Diplomatico,Tabulario del monastero di San Martino delle Scale, TSMS 0793),  http://www.archivi-sias.it/scheda_pergamene.asp?FiltraPergamene=990012669, il secondo il Testamento di Lorenzo de Scaquara di Gaeta del 23 novembre 1526, cfr. Archivio di Stato di Palermo, Diplomatico, Pergamene di diversa provenienza (già Pergamene varie 1-178, 243-259), Serie I, PDP 040.40 (PVa 100),  http://www.archivi-sias.it/scheda_pergamene.asp?FiltraPergamene=990015769. Nel terzo Giuliano, abbate del monastero di Fossanova dell'ordine dei Cistercensi, affida a frate Loysio Spina, di Trapani, l'amministrazione della chiesa di S. Maria della Misericordia di Palermo datato 20 settembre 1419 Archivio di Stato di Palermo, Diplomatico, Tabulario del monastero di Santa Maria del Bosco di Calatamauro, TSMB 597  http://www.archivi-sias.it/scheda_pergamene.asp?FiltraPergamene=990014265.
Lo stile della natività "comincia dal 25 dic., anticipando sul moderno, al quale corrisponde dal 1° genn. al 25 dic.", (A. Cappelli , Cronologia, etc., cit., p. 8); lo stile dell'incarnazione fiorentina "comincia dal 25 mar., posticipando sul moderno, al quale corrisponde dal 25 mar. al 31 dic." (ivi, p. 8). Ammesso che Giovanni abbia operato nella sua Gaeta, all'ipotesi di adozione dello stile della natività o dell'incarnazione fiorentino consegue che gli anni dichiarati in tutte le sue tavole nella normalizzazione sono perfettamente allineati allo stile moderno, perché tutte datate tra il 25 marzo e il 25 dicembre.

[31] Ivi,  prefazione all'ediz. critica aggiornata, s.n. tavv. 7a, 7b.








 

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