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L'ulivo nell'arte cristiana: presenza e interpretazione iconografica nelle immagini della vita di Gesù e di Maria Premio Filo della Torre

con il Patrocinio del BTA - Bollettino Telematico dell'Arte
Raffaella Buccieri
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 17 Aprile 2017, n. 837
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La storia simbolica dell'ulivo sembra esser nata con la storia della cultura e della religiosità umana, cristiana in particolare.
è difatti, così immediato, poter materializzare con il pensiero quella colomba, leggera e delicata creatura, che plana sull'arca del diluvio, recando con sé la buona novella, rappresentata dal ramoscello d'ulivo nel becco. Questo animale, anch'esso simbolo cristiano per eccellenza, poiché trasposizione della Spirito Santo, annuncia in questo modo a Noè il ritirarsi delle acque che avevano invaso la terra ferma e la fine della punizione divina. «Trascorsi quaranta giorni, Noè aprì la finestra che aveva fatto nell'arca e fece uscire un corvo per vedere se le acque si fossero ritirate. Esso uscì andando e tornando finché si prosciugarono le acque sulla terra. Noè poi fece uscire una colomba, per vedere se le acque si fossero ritirate dal suolo; ma la colomba, non trovando dove posare la pianta del piede, tornò a lui nell'arca, perché c'era ancora l'acqua su tutta la terra. Egli stese la mano, la prese e la fece rientrare presso di sé nell'arca. Attese altri sette giorni e di nuovo fece uscire la colomba dall'arca e la colomba tornò a lui sul far della sera; ecco, essa aveva nel becco un ramoscello di ulivo. Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla terra. Aspettò altri sette giorni, poi lasciò andare la colomba; essa non tornò più da lui. » (Gn 8, 6-12) [1].

L'olio, come concetto in sé, è citato nella Bibbia circa duecento volte, sia per quel che concerne gli usi quotidiani, che per quelli più strettamente sacri.
Anche se l'olio poteva essere ricavato da differenti fonti, sia animali che vegetali, quello derivato dall'albero di ulivo era di certo il più utilizzato. Esso rappresentava un elemento naturale fondamentale per la vita umana, alla stregua del vino e del grano, e connesso alla benedizione di Dio, qualora l'uomo avesse ubbidito ai suoi comandamenti, così come scritto nel Deuteronomio (Dt 11, 13-17). Inoltre era simbolo di festa (Sal 104, 15), e aveva funzioni terapeutiche [2].
Il gesto di ungere, a quel tempo, era legato anche a situazioni e personaggi di riguardo come i sacerdoti, i profeti, i re o ospiti importanti, conferendo così sacralità e autorità alla persona che veniva unta. Nell'Antico Testamento, dunque, con il termine “unto” o “consacrato” si indicava una persona (nello specifico figure regali) prescelta per assolvere ad un determinato compito. Ecco la diretta connessione del termine greco Christòs alla figura di Gesù (Gv 1, 41; 4, 25; At 4, 24-27) [3].
Pensiamo inoltre all'uso che il Cristianesimo ne fa nei Sacramenti del Battesimo, della Confermazione e dell'Estrema Unzione, alle gestualità che lo prevede nelle ordinazioni sacerdotali e vescovili, in cui si ungono le mani e il capo, al Crisma e all'olio dei Catecumeni. Tradizione vuole, inoltre, che la Croce sulla quale morì il Signore, fosse fatta d'ulivo. Quest'ultimo, dunque, è parte integrante dell'iconografia religiosa in seno al Cristianesimo ed è fortemente legato alle sue figure più importanti: Cristo, appunto, e sua Madre, Maria.

Esistono diverse opere in cui gli artisti si sono cimentati ponendo l'ulivo in evidenza e moltissime sono sovente sotto ai nostri occhi, sancendo simbologie connesse ad alcuni dei dogmi cristiani più importanti, come ad esempio, l'Immacolata Concezione.
La Chiesa definisce quest'importante dogma proprio l'8 dicembre del 1854, sotto papa Pio IX.
Nelle iconografie mariane che raffigurano la purezza di Maria, esistono diversi elementi, espressione degli epiteti a Lei dedicati più noti e a stralci delle scritture che ne descrivono le virtù: il sole (electa ut sol), la luna (pulchra ut luna), la porta d'accesso di una città (porta coeli), le rose o il roseto (plantatio rosae), un giardino con la siepe a ricordare l'hortus conclusus. Ancora la stella, poiché Maria è “stella matutina” il giglio, emblema della sua purezza (sicut lilium inter spinas), lo specchio, Maria è speculum sine macula, il ramo d'ulivo (oliva speciosa) [4], simbolo di quella pace che la Vergine è destinata per volere del Padre a portare sulla Terra, ella che tutto può e che sempre intercede misericordiosa a favore dei suoi figli.
E poi si registra la presenza gloriosa dell'Eterno Padre, accompagnato della colomba dello Spirito Santo e il capo di Maria incorniciato dalla corona dalle dodici stelle, segno tangibile del popolo di Dio in riferimento alle 12 Tribù d'Israele e ai 12 Apostoli, ma anche simbolo di Giustizia [5].

Tra gli innumerevoli dipinti che affrontano questa tematica iconografica, ricordiamo quello di Luca Giordano (fig. 1), conservato presso il Museo Diocesano della città di Cosenza, in cui ritroviamo diversi dei simboli sopracitati e, ovviamente, il ramoscello d'ulivo in mano ad un puttino, dalle delicate alette bianche. Esso lo regge forte tra le manine e lo direziona verso la Vergine Maria, che, sulla destra del dipinto, appare in tutta la sua santa e sfolgorante bellezza di perfetta femminilità. Capo chino e mani giunte la calano in una fortissima atmosfera di misticismo e raccoglimento. Dio Padre la benedice dall'alto. Gli elementi iconografici di quest'opera delineano la tipica raffigurazione barocca della Vergine, che sostituisce il drago dell'Apocalisse, al serpente a cui fa riferimento la Bibbia (Gn 3, 15) [6]. Così riporta, infatti, l'Antico Testamento: «Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle [...]. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra.» (Ap 12, 1-4).

Nell'Annunciazione di Simone Martini e del cognato Lippo Memmi (1333 circa, Galleria degli Uffizi di Firenze), è possibile ammirare, invece, una Maria che indietreggiando, quasi spaventata, per l'arrivo improvviso dell'Arcangelo Gabriele, riceve da quest'ultimo un rigoglioso ramo d'ulivo, simbolo sovente presente, assieme al giglio, nelle iconografie di questo genere.
Di grande interesse è il dipinto dedicato, nel 1888, dal pittore genovese Niccolò Barabino, alla figura di Maria, dal titolo Madonna dell'olivo. Ella è raffigurata in una solennità resa intima dagli occhi semichiusi. Il capo è delicatamente nimbato, il candido mantello si chiude sotto il mento in un soave drappeggio. Maria stringe forte a sé, incrociando le mani sul petto, il Bambino, in un tenerissimo e protettivo abbraccio di madre; il Bambino medesimo stringe nel pugno chiuso un ramoscello d'ulivo. L'ambiente circostante si risolve in uno spazio assai ristretto, a guisa di una sacra conversazione. Qui, il profondo senso teologico, in assenza della tradizionale presenza di Santi, Profeti, Dottori della Chiesa, si estrinseca eccezionalmente tra le due figure e si concentra nell'ulivo stesso, in un'aura di naturalezza e santità assoluta. L'ulivo si mostra, in questa pittura, come unico elemento ornamentale ad incorniciare la scena in un grande senso di bucolica tranquillità, lasciando immaginare ciò che vi può essere al di là della cornice, un luogo ameno, ricolmo di santità a bellezza spirituale. L'artista ha voluto rendere ben visibili anche i frutti della pianta e forse richiamare nel tono del colore dello sfondo quello del tronco dell'albero, come in un abbraccio globale della scena.

In antichità, non v'è stato artista che non si sia cimentato nella rappresentazione di una delle scene più importanti per il Cristianesimo, ossia la Natività di Nostro Signore.
Sandro Botticelli, tra i più noti e prolifici artisti del Rinascimento, nella sua Natività Mistica del 1501 (fig. 2), ha pensato di inserire un elemento naturale importantissimo, ad arricchire le già forti simbologie che compongono questa scena. Sulla capanna che protegge la Sacra Famiglia, segno della Chiesa che nasce sulle rovine del paganesimo, pone un nugolo di angeli festanti in un vorticoso girotondo. I loro abiti volteggiano nell'aria, conferendoci un forte senso di movimento e di grande giubilo. Sembra quasi di udirne il canto melodioso. Nelle loro mani ramoscelli d'ulivo ne vivificano e impregnano di grande significato la presenza, a ricordare la nascita del Salvator Mundi e della pace che esso recherà in terra con la sua Parola. L'ulivo è ovunque: tra le figure angeliche, che lo usano come una sorta di elemento di congiunzione, tra una mano e l'atra, ma anche negli abbracci simbolici delle altre figure in basso e, intorno alla capanna, è elemento vegetativo e ornamentale predominante.

L'immagine di Cristo nel suo stesso epiteto è legata al concetto di unzione e olio. La presenza dell'ulivo è assai importante nella vita di Gesù, nei diversi momenti della sua vita narrata nei Vangeli. La domenica che precede la Pasqua, Gesù entra in Gerusalemme e viene accolto dai suoi abitanti sventolanti le famose “palme”. Queste ultime, simbolo pagano di vittoria e immortalità, furono per il popolo ebraico un elemento assai importante. Gli Israeliti, le associavano alle oasi nel deserto; la stessa Gerico era nota come “Città delle Palme” e la palma stessa era simbolo di fertilità, abbondanza, poiché non solo forniva ombra, ma anche datteri squisiti ed un succo dolcificante usato anche per farne vino [7]. Inoltre, per questi motivi fu assurto a simbolo di benedizione e divenne elemento decorativo nei templi e simbolico durante i riti religiosi [8]. Fu emblema utilizzato dai primi cristiani per indicare la vittoria del bene sul male nell'accostamento alle figure dei martiri. A tutt'oggi, nei dipinti, ne è elemento iconografico distintivo. Nel corso dei secoli, alla palma, però, si sostituisce l'ulivo che viene raffigurato in numerose immagini cristologiche.
Un esempio è l'Entrata di Cristo in Gerusalemme di Giotto, nella Cappella degli Scrovegni a Padova (fig. 3). La scena è composta da un amabile realismo, evidentissimo nella figura dell'asinello, posto in primo piano, e nell'atmosfera che l'immagine stessa, così come l'artista l'ha concepita, genera nei fruitori. Cristo, vero uomo e vero Dio, incede verso la folla benedicendo “alla greca”, tipico gesto legato alla sua figura e antico attributo del Pantocratore post efesino, segno della sua doppia natura e della Trinità, riconosciuti nel concilio del 431 d.C. La folla lo attende orante e adorante e gli apostoli sono al suo seguito. Due sono gli elementi paesaggistici evidenziati dal pittore toscano: la porta della città e gli alberi d'ulivo che adornano il paesaggio. Dettagli assai significativi e di grande dinamismo, sono le figure dei due giovani nell'atto di arrampicarsi sui suddetti alberi: uno, frettolosamente, nel tentativo di strappare un ramo per salutare il Cristo e l'altro in cerca di una posizione privilegiata per osservare meglio. Così recita il Vangelo: «Il giorno seguente, la gran folla che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme, prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele!». Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto: «Non temere, figlia di Sion! Ecco, il tuo re viene, seduto sopra un puledro d'asina.» (Gv 12, 12-15).

Altro episodio legato alla vita di Cristo è quello del Getsemani, che in lingua aramaica vuol dire proprio “frantoio”. Gesù vi si ritirò subito dopo l'Ultima Cena, attendendo il compiersi del tradimento dell'Iscariota. è, dunque, evidente, come l'ulivo e la cultura dell'olio, fossero fondamentali in quei luoghi e consolidati nelle abitudini quotidiane.
Numerose volte nell'arte, questa scena è stata magistralmente narrata. Nel dipinto l'Orazione nell'orto di Andrea Mantegna, datato alla seconda metà del XV secolo (1455 ca.), e conservato alla National Gallery di Londra, l'ulivo è posto in primo piano. Sui suoi rami spogli si è posato un avvoltoio, classico presagio di morte che si ritrova sovente nei dipinti col medesimo significato; talvolta é possibile trovare anche un corvo, come nella Madonna del Prato di Giovanni Bellini. Il Cristo, raccolto in preghiera è inginocchiato in una prospettiva laterale, di fronte a lui degli angeli con alcuni simboli dell'Arma Christi, ossia della sua Passione: la croce, la lancia con cui fu trafitto nel costato da Longino, l'asta con la spugna imbevuta di aceto, la colonna della flagellazione); in lontananza, è ben visibile il corteo di soldati romani condotti da Giuda per arrestare Gesù. In basso, Giovanni, Giacomo e Pietro dormono profondamente, non accorgendosi di ciò che sta per accadere. Poco distanti da loro un pellicano, simbolo cristologico per eccellenza legato alla sua Passione e un airone, emblema di Cristo che trionfa sul male; infatti, come tutti i trampolieri, l'airone è solito uccidere alcuni animaletti legati a concetti di negatività e al senso della corruttibilità umana e del peccato [9]. Sullo sfondo campeggia alta una palma, con i significati di cui si è discusso in precedenza.

Da quanto esposto si può, dunque, evincere l'assoluta importanza dell'ulivo come simbolo culturale e artistico insieme, sviluppatosi con risvolti sempre più ricchi nel corso dei secoli. Accostare un segno così forte ad altri significati espressi in altri simboli, dà l'opportunità di una lettura iconografica e iconologica assai complessa e permeata di messaggi profondissimi. Tutto ciò è strettamente connesso alla nascita e sviluppo della nostra cristianità, da cui scaturiscono e si rafforzano le radici spirituali e culturali d'Italia e d'Europa.



NOTE

[1] Tutte le citazioni del testo biblico che seguono sono tratte dall'edizione CEI consultata sul sito http://www.vatican.va, dunque non sarà specificato di volta in volta.

[2] Leland Ryken, James C. Wilhoit, Tremper Longman III (a cura di), Le Immagini Bibliche. Simboli, figure retoriche e temi letterari della Bibbia, Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 2006, pp. 978-979.

[3] Ivi, pp.1541-1542.

[4] Giuseppe Maria Toscano, La vita e la missione della Madonna nell'arte, Parma, Carlo Pellerzi Editore, 1989, in part. il capitolo La Madonna “in mente Dei”, p. 82.

[5] Heinrich e Margarethe Schmidt, Il Linguaggio delle immagini. Iconografia cristiana, Roma, Città Nuova Editrice, 1988, p. 222.

[6] Ibidem.

[7] Leland Ryken, James C. Wilhoit, Tremper Longman III (a cura di), Le Immagini Bibliche ..., op. cit., p. 1023.

[8] Ibidem.

[9] Louis Charbonneau-Lassy, Il Bestiario di Cristo: la misteriosa emblematica di Gesù Cristo, vol. 2, Roma, Edizioni Arkeios, 1995, p. 153.


BIBLIOGRAFIA


CHARBONNEAU-LASSY 1995

Louis Charbonneau-Lassy, Il Bestiario di Cristo: la misteriosa emblematica di Gesù Cristo, vol. 2, Roma, Edizioni Arkeios, 1995.


RYKEN, WILHOIT, LONGMAN 2006

Leland Ryken, James C. Wilhoit, Tremper Longman III (a cura di), Le Immagini Bibliche. Simboli, figure retoriche e temi letterari della Bibbia, Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 2006.


TOSCANO 1989

Giuseppe Maria Toscano, La vita e la missione della Madonna nell'arte, Parma, Carlo Pellerzi Editore, 1989.


SCHMIDT 1988

Heinrich e Margarethe Schmidt, Il Linguaggio delle immagini. Iconografia cristiana, Roma, Città Nuova Editrice, 1988.

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Fig. 1
Luca Giordano, Immacolata Concezione, 1665,
olio su tela,
300x200 cm,
Cosenza, Museo Diocesano.

Fig. 2
Sandro Botticelli, Natività Mistica,
1501,
olio su tela,
108,5x75 cm,
Londra, National Gallery.

Fig. 3
Giotto,
Entrata di Cristo a Gerusalemme,
1303-05,
affresco, 200x185 cm,
Padova, Cappella degli Scrovegni.

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