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Nel IV centenario della sua morte Caravaggio chiama Bacon nella Galleria Borghese  
Giorgia Duò
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 27 Ottobre 2009, n. 541
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Area Mostre

Non si era mai vista arte contemporanea esposta nella Galleria Borghese. Con la mostra che si è appena aperta, per la prima volta e fino al prossimo 24 gennaio, si potrà ammirare Francis Bacon, pittore inglese del ‘900 [1] che con la sua opera nega violentemente le forme ideali regalmente esibite all’interno del cosiddetto Parnaso dell’arte antica, affianco ad uno dei mostri sacri della pittura secentesca: Michelangelo Merisi da Caravaggio.

 
Un’esposizione innovativa e difficile, dove i due artisti, a distanza di quattro secoli, si confrontano, si scontrano ed entrambi si misurano con l’arte del passato lato sensu, permanentemente esposta nelle sale della celeberrima pinacoteca. Bacon, con le sue grida isteriche e blasfeme, le forme contorte e i colori violenti, si eleva ad alter ego artistico; la sua pittura, segnata da un’ansia tipica del XX secolo, sfida l’immutata certezza comunicata dall’arte precedente (fig. 1).  La mostra, dunque, mette in scena, in un’ambientazione sublimata dalla storia, l’incontro di due personalità sconvolgenti e il conseguente dualismo tra le convinzioni del passato e l’inquietudine del nostro tempo.

 
Due caratteri forti ed estremi, lontani cronologicamente quattrocento anni, che nella loro diversità hanno saputo ergersi a protagonisti tormentati di due epoche distanti. L’interessante accostamento è presto spiegato: i due hanno saputo interpretare in maniera eccezionale e rivoluzionaria, per i loro tempi, nonché assolutamente indipendente tra loro, la figura umana. Le loro visioni dell’esistenza dell'uomo sono radicali e drammaticamente intense, entrambi hanno creato soluzioni iconografiche inedite e sconcertanti in cui i personaggi raffigurati sono percepiti più che per le forme esteriori, per le emozioni interiori, immediate e carnali che sanno trasmettere. Affini nella capacità unica di tradurre i tormenti dell’anima, Caravaggio esprime la preoccupazione di salvezza spirituale dell’uomo, mentre Bacon il terrore verso l’ignoto che alberga dentro l’individuo: entrambi si sono calati nelle profondità psichiche che rendono sconosciute e misteriose le condizioni dell’esistere. Per queste attinenze profonde, basate, però, su abissali differenze, nell’immaginario collettivo, è stato loro attribuito il cliché di “artista maudit”.

 
Accomunati da un certo travaglio e da un realismo ricercato, che in Bacon diventa esasperato e psicologico [2] , i due pittori sono stati scelti per celebrare, con una mostra curata da Anna Coliva, direttrice della Galleria, e Michael Peppiatt, biografo e amico intimo di Bacon, insieme l’inizio dell’anno caravaggesco [3] e i cento anni dalla nascita dell’inglese [4] .

 
L’occasionale, ma straordinaria vicinanza è spiegata dalla Coliva: “I due condividono uno stesso respiro o meglio un affanno”, è come se si incontrino su affinità profonde ed intime.

L’uomo, dai due artisti, è posto al centro dell’ispirazione: nelle opere di Caravaggio, con straordinario verismo, sguardi e gesti emergono dal buio, il disagio esistenziale del maestro si rivela nell’abbandono della bellezza classica e dell’idealizzazione neoplatonica del Rinascimento per l’adozione di forme assolutamente realistiche volte ad affermare la disperazione dello spirito sofferente (fig. 4), in Bacon, invece, le sagome sono stravolte e deformate al fine di rendere manifesto il disagio interiore provato [5] . Entrambi, dunque, operano, in maniera assolutamente autonoma, per affermare un sentimento di realismo profondo, nell’aspetto il primo, nell’animo il secondo. Sono due personalità lontane, eppure affini; “Se c’è un artista del nostro tempo” afferma il Professor Maurizio Calvesi, autorevole storico dell’arte e presidente del Comitato Nazionale per il IV centenario dalla morte di Michelangelo Merisi, “che possa essere equiparato a Caravaggio è proprio Francis Bacon” [6] .

 
Una mostra difficile da comprendere, ma una volta intuito il meccanismo l’esperienza che ne deriva appaga di tutto il disagio iniziale. Non ci si trova, infatti, di fronte ad un tentativo di ricostruzione storico-filologica, ma piuttosto ad una proposta di esperienza tutta estetica ed essenzialmente individuale, basata sulla predisposizione personale. Un percorso insolito ed unico, non guidato dalle teorie dei curatori, ma aperto alle sensibilità più intime e private dei visitatori, ognuno dei quali percepisce in maniera del tutto autonoma ed indipendente l’esposizione. Si tratta di un caso tutto particolare nell’ambito dell’offerta culturale a cui siamo abituati: è l’opportunità assolutamente unica, e forse irripetibile, di visitare una mostra senza alcun tipo di guida storica, semplicemente perché ciò che conta è il rapporto specifico che nasca tra l’osservatore e le opere d’arte. Il piano di lettura, dunque, non è quello di ricercare eventuali influenze formali e stilistiche esercitate da Caravaggio su Bacon [7] , ma piuttosto fruire liberamente l’estetica dei quadri e sentirne i contenuti che scaturiscano dall’incontro di se stessi con il sentimento affidato alla pittura dagli autori. Il significato della mostra è, quindi, completamente demandato alle suggestioni profonde di chi guarda. Pertanto occasionali corrispondenze si pongono all’attenzione e alla sensibilità del pubblico che, in questo modo, diventa il vero protagonista. Lo spettatore è al centro della scenografia, vive e respira in rapporto alle opere proposte e il museo, che conosciamo tradizionalmente come luogo deputato alla funzione di comprensione storica,  diviene lo spazio per la contemplazione estetica.

La condizione che non sia la storia al centro dell’attenzione ma il visitatore che, nella sua  disposizione, viva emozioni alla presenza di questi due giganti dell’arte rende l’evento una mostra  raffinatissima e preziosa sebbene complessa nell’esperienza da provare.

 
Trenta i capolavori esposti: 14 opere di Caravaggio [8] (di cui 6 appartenenti alla Galleria e 8 provenienti da Firenze, Messina, New York e Napoli) e 16 di Bacon (conservate a Londra e in collezioni private). Le opere del Merisi sono accompagnate da schede didattiche di approfondimento redatte con cura filologica e storica, mentre i quadri di Bacon, che sono esposti, come ha sempre voluto l’artista, dietro grossi vetri dove si rifletta non solo lo spettatore, che entra così in intima simbiosi con l’opera, ma anche l’ambiente della galleria, sono corredati da frasi di commento scritte e pensate da Bacon stesso [9] . La scelta del vetro riflettente è certamente un modo felice per entrare in comunicazione con le pitture  che si animano e si vivificano non solo della figura riflessa del visitatore, ma anche delle opere d’arte che si trovano all’interno dello stesso ambiente.

 
Nel salone superiore si fronteggiano magnificamente le due pale di altare realizzate dal Merisi tra il 1604 e il 1606: la Madonna dei Pellegrini (Chiesa di S. Agostino, Cappella Cavalletti, 1604-05 ) e a Madonna dei Palafrenieri (Galleria Borghese, 1605-06, fig. 6), è un incontro straordinario e assolutamente unico, che merita da solo una visita alla mostra. Al piano inferiore è esposta la giovanile Maddalena Penitente (Galleria Doria Pamphilj, 1595-97 ca). Il commuovente particolare del silenzioso ed intimo pianto della ragazza, abbigliata con abiti secenteschi, e illuminata da una luce laterale, è da leggersi come il momento della penitenza e della chiarezza spirituale.

 
Le opere dell’inglese sono a loro modo tutte “figurative”. L’evidente “decostruzione” fisica delle sembianze del soggetto riprodotto sulla tela rappresenta lo strumento che consenta a chi guarda di andare al di là dell’aspetto estetico e di percepire l’atteggiamento morale e psicologico del raffigurato. L’attenzione di Bacon allo stato d’animo in atto lo conduce spesso a misurarsi con ritratti e teste, sono i moti interiori a caratterizzare realmente persone e personalità, come si evince dalla frase del maestro, inserita anche a spiegazione delle sue pitture dai curatori della mostra: “La maggior parte delle persone va dai pittori più accademici quando vogliono farsi un ritratto. Perché per qualche motivo preferiscono una specie di fotografia a colori di se stessi, invece, di pensare di vedersi catturate ed intrappolati in un’immagine. Il modello è una persona in carne ed ossa e quello che devi cogliere è la sua emanazione” (FB). L’espressione illustra in maniera assolutamente completa e allo stesso tempo essenziale tutta la sua opera, che non ha bisogno di altro per essere fruita pienamente.


IL CATALOGO

Il catalogo, stampato da 24 Ore Motta Cultura, con marchio Federico Motta Editore, dal titolo “Caravaggio Bacon”, è a cura di Anna Coliva e Michael Pepiatt ed è realizzato in italiano e inglese.

Tipograficamente pregevole, esibisce una apprezzabile e attenta cura editoriale. Agile la consultazione. Dopo una corposa e densa parte iniziale, le prime 110 pagine circa, costituita da introduzioni, doverosi ringraziamenti e considerevoli, nonché fondamentali, scritti di approfondimento di natura critico-saggistica sui due pittori, si svolgono i due cataloghi delle opere in mostra: 30 schede di approfondimento corredate da bellissime immagini [10] .

I saggi sono ad opera dei massimi studiosi dei due pittori: storici e critici dell’arte di fama internazionale. In ordine alfabetico incontriamo: Maurizio Calvesi (prof. emerito dell’Università “La Sapienza”, accademico dei Lincei e esperto caravaggista) Anna Coliva (direttrice della Galleria Borghese), Luigi Ficacci (soprintendente per il patrimonio storico artistico di Bologna e esperto di Bacon), Michael Peppiat (biografo e amico intimo di Bacon), Chris Stephen (studioso ed esperto di Bacon) e Claudio Strinati (già soprintendente per il patrimonio storico artistico di Roma).

Dal punto di vista scientifico articoli e schede rappresentano lavori preziosi e vitali alla comprensione delle dinamiche storico-culturali che coinvolgono i due artisti.

Indichiamo di seguito, in ordine di comparsa, i saggi:

  •   Caravaggio chiama Bacon: la bellezza del dolore di Anna Coliva, curatrice della mostra, colei che ha pensato di affiancare in un’esposizione dal concetto assolutamente nuovo, un artista contemporaneo ad uno dei pittori che da sempre rappresenta un elemento di attrattiva della Galleria. Lo scritto della Coliva ci spiega il perché di questa rassegna e la maniera più idonea per comprenderla e, quindi, fruirla.
  • Il sacro e il profano di Michael Peppiatt, anch’egli curatore della mostra. Con questo saggio l’autore vuole mettere meglio in luce la figura di Bacon, non solo dal punto di vista storico-biografico, ma, soprattutto, dal punto di vista interiore. La sua opera non può essere intesa se non si chiariscono gli aspetti mentali che hanno indotto il maestro a creare i suoi lavori e, con questo articolo, Peppiatt tenta di condurre il lettore sulla via della comprensione.
  • Bacon e Caravaggio: un’occasione di incontro di Claudio Strinati. Lo  scritto indugia sul rapporto che esiste tra i due maestri: non si tratta di una contrapposizione, spiega Strinati, bensì di una sintonia vera e profonda.
  • Caravaggio: l’arte eccelsa di un pittore calunniato di Maurizio Calvesi. L’intervento rappresenta un ulteriore occasione per parlare del Merisi, Calvesi, forse il più importante caravaggista esistente, non perde l’opportunità per puntualizzare alcuni elementi di natura storico-biografica relativi al maestro secentesco.
  • “Come un’ombra”: oscurità, vita e morte nell’arte di Fancis Bacon di Chris Stephen. L’autore si interroga sull’elemento tenebroso ed oscuro che comunica gran parte dell’opera dell’inglese e cerca di dare una spiegazione all’onnipresenza del tema della morte nella arte-ombra di Bacon. Vicende di natura sentimentale-personale sono forse alla base di questa  disposizione, ma lineamenti caratteriali predispongono il maestro alla suddetta propensione.
  • Caravaggio Bacon: lo spazio e la realtà di Luigi Ficacci. Nella prima parte il sovrintendente porta avanti un’analisi piuttosto accurata e iconologicamente interessante delle opere del maestro inglese.  Successivamente approfondisce il discorso legato all’ipotetico rapporto che esista tra i due artisti: l’autore è si conscio del fatto che le corrispondenze individuabili siano aleatorie, frutto del lavoro di storici e non effettivamente dimostrabili, ma ritiene anche che vi siano realmente, forse accidentali, ma lampanti.

 

L’impostazione delle cartelle del catalogo è quella classica: autore, titolo, datazione, tecnica, supporto, dimensioni, luogo di conservazione, analisi storico-attributiva dell’opera ed esame iconografico. Circa cento pagine illustrano, in ordine cronologico, ma senza alcun riferimento all’allestimento della mostra, i quadri esposti.

A conclusione del catalogo un’esaurente doppia bibliografia e la fondamentale  indicazione sulle referenze fotografiche.





LA MOSTRA

Galleria Borghese, Roma
Dal 2 ottobre 2009 al 24 gennaio 2010





NOTE

[1] Francis Bacon è di origine irlandese, nasce a Dublino nel 1909, ma artisticamente può dirsi inglese, muove i suoi primi passi nell’ambito della cosiddetta Scuola londinese e si afferma sulla scena internazionale come artista di adozione inglese.

[2] La visione angosciosa del reale di Bacon, infatti, passando attraverso l’inconscio riemerge in forme  raccapriccianti violente e deformi; emerge un contenuto di disperazione senza possibilità di salvezza  nel destino umano, e, non essendoci occasione di fede, le fisionomie si disgregano e si contorcono in maniera assoluta e devastante al punto da rendere la sua opera insopportabile (fig. 2). In Caravaggio, invece, non c’è angoscia, sentimento tipico dell’età contemporanea, ma piuttosto ansia e affanno di salvazione intrisa di tormentata religiosità borromaica (fig. 3).

[3] Michelangelo Merisi muore a Porto Ercole il 18 luglio del 1610.

[4] Bacon è nato nel 1909.

[5] Bacon aspira ad una pittura che ghermisca la realtà, che sia in grado di colpire profondamente la sensibilità più intima e spirituale dell’individuo (fig. 5).

[6] Entrambi, artisti tormentati, si interrogano sul mistero della vita, trascorrono le loro giornate a giocare d’azzardo, Caravaggio nelle osterie romane di fine Cinquecento, Bacon nel Casino di Montecarlo, e creano opere incentrate sulla figura umana che diventa un condensato di emozioni palpabili.

[7] Anche perché non sono noti rapporti tra i due riconducibili alle normali tessiture della storia dell’arte, non c’è alcuna discendenza accertata di Bacon da Caravaggio. La pittura dell’inglese non fa mai riferimento al lombardo, se non per l’ipotesi che la figura del Narciso (1599, Galleria Nazionale d’Arte Antica, Palazzo Barberini) sia servita da traccia mnemonica per Triptyc – Studies of the Human Body (1970). Bacon, pur avendo una conoscenza profonda dell’arte antica e moderna, ha sempre rifiutato, intelligentemente, il confronto con gli artisti precedenti. Per il maestro osservare le opere celebri del passato è un’esperienza estetica e questa mostra vuole riproporre al pubblico lo stesso tipo di motivazione.

[8] È stato, infatti, Caravaggio a chiamare Bacon. Il primo è intimamente legato alla storia della Galleria Borghese. A Scipione Borghese, infatti, erano destinati due dipinti che Michelangelo recava con sé al momento della morte, ed è con il Cardinale che egli ha avuto un rapporto intenso e storicamente ricco di conseguenze.

[9] Peppiatt sostiene che il critico migliore delle sue opere sia Bacon stesso; sono frasi semplici che sinteticamente illustrano la sua arte  e l’arte  contemporanea in generale.

[10] Un ricchissimo corredo fotografico, costituito da immagini a colori delle opere e dei relativi particolari, si svolge, nella maggior parte dei casi, a piena pagina.




PDF

Study for Portrait III

Fig. 1
FRANCIS BACON, Study for Portrait III, 1955
Collez. privata

Tryptich August

Fig. 2
FRANCIS BACON, Tryptich August, 1972
Tate Gallery, Londra

Negazione di Pietro

Fig. 3
CARAVAGGIO, Negazione di Pietro, 1609-1610
Metropolitan Museum of Art, New York

Giuditta e Oloferne

Fig. 4
CARAVAGGIO, Giuditta e Oloferne, 1597-1600
Galleria Nazionale d'Arte Antica, Palazzo Barberini, Roma

Head VI

Fig. 5
FRANCIS BACON, Head VI, 1949
Arts Council Collectio, Londra

Head VI

Fig. 6
CARAVAGGIO, Madonna dei Palafranieri, 1605-06
Galleria Borghese, Roma


	

Foto cortesia Ufficio Stampa della Mostra

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