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La Macchina Museo. Dimensioni didattiche e multimediali  
Loredana Finicelli
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 6 Maggio 2005, n. 397
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Negli ultimi tempi, il museo è al centro di un vivace dibattito interdisciplinare che coinvolge studiosi e osservatori di diversa formazione, a riprova dell'interesse nei confronti dei multeplici ruoli assunti dall'istituzione culturale nella società attuale. Struttura di riferimento di un intero territorio, al quale conferisce identità storica e culturale, il museo è, infatti, il luogo della memoria, nel quale le funzioni di conservazione e di salvaguardia si alternano, armonicamente, con il racconto della storia, individuale e collettiva, attraverso l'esposizione dei materiali che compongono il suo patrimonio, testimonianze parlanti di civiltà più o meno remote.

Una "macchina" complessa, dunque, dalla natura articolata e suggestiva, meravigliosa nella sua capacità di svolgere simultaneamente le attività in contrasto di conservare e di diffondere, di salvaguardare e di trasmettere. Sulla capacità o meno, da parte di ogni museo, di comunicare efficacemente i valori culturali di cui è depositario ed espressione, è in atto una riflessione che investe le funzioni museali, troppo spesso concentrate, a detta di molti osservatori, sulle attività di conservazione dei materiali, ma non altrettanto attente nell'elaborazione di adeguate strategie informative sui contenuti che prevedano servizi didattici ritagliati sulle diverse esigenze dei vari tipi di pubblico.

In questo dibattito intorno alle attività museali, che trascura troppo spesso come la vocazione alla comunicazione fosse già presente nel museo delle origini (i progetti di allestimento di Domenique - Vivant Denon ne costituiscono un esempio) e tralascia superficialmente una riflessione che analizzi tanto il disinteresse del pubblico, quanto la sua incapacità di cogliere le opportunità educative racchiuse nel museo, si inserisce il volume di Claudia Manzone e Aurora Roberto, La macchina Museo. Il volume, infatti, non sfugge, all'attuale opposizione dialettica tra comunicazione e conservazione: «Nel momento in cui i musei cessano di essere esclusivamente depositari di una collezione e iniziano ad essere centri di informazione e di educazione, tutte le forze devono essere concentrate sul destinatario della comunicazione, ovvero il visitatore».

La logica comunicazione vs. conservazione, sottolineata dalle autrici, tanto che nel museo «il ruolo educativo e comunicativo, legato alla trasmissione della cultura, è ancora fondamentalmente disatteso», presuppone un impegno costante e un impiego massiccio di mezzi a favore dell'attività formativa, affinché il museo divenga centro di formazione/informazione e luogo educativo ai valori culturali. In questa opera di propagazione informativa, chi scrive individua nelle nuove tecnologie informatiche il mezzo più efficace attraverso il quale diffondere il messaggio educativo veicolato dal museo, restituendo alle opere «straniate» [sic!] dal contesto originario la capacità di comunicare se stesse e i loro contenuti, ovvero le qualità che le qualificano come beni culturali e museali: «le nuove tecnologie informatiche sembrano costruirsi come strumenti in grado di ristabilire percorsi di senso che favoriscono la comprensione profonda delle opere straniate dai loro contesti originari. I musei che sono privi di tali tecnologie incontrano difficoltà materiali nel fornire le informazioni necessarie per la piena comprensione delle opere esposte a utenti che parlano lingue diverse e possiedono livelli di curiosità e di conoscenza non omogenei».

La riflessione delle autrici sull'efficacia delle tecnologie informatiche nella diffusione dei contenuti artistici e, più ampiamente, museali, poggia sulla famosa teorizzazione di Francesco Antinucci del 1996, nella quale, adoperando gli strumenti della psicologia cognitiva, lo studioso identificava nella percezione senso-motoria consentita dall'interattività, il cardine di una nuova e più efficace modalità di apprendimento, particolarmente appropriata per la fruizione delle arti figurative in virtù di una comune base visiva tra le opere d'arte e le interfacce grafiche degli elaboratori. In questo apprendimento di tipo percettivo motorio, si legge, sono racchiuse le cruciali potenzialità delle nuove tecnologie, che pongono al centro delle attività educative l'esperienza conoscitiva dell'oggetto fondata, mediante l'interazione con l'interfaccia del computer, su un processo di manipolazione e di esplorazione progressiva di esso.

Su questo assunto, allora, vanno ripensate le principali strategie educative relative alla diffusione dei beni culturali, come, ad esempio, la didattica museale, tanto più efficace se articolata in progetti strutturati di comunicazione e formazione che si avvalgono altresì di tecnologie multimediali. A tal proposito le autrici citano le esperienze di didattica multimediale di alcuni musei italiani, come quelle del Museo della Scienza e della Tecnica di Milano, le cui sperimentazioni interattive sono disponibili on-line, grazie alla consultazione del sito web.
La riflessione sul sito web, infatti, costituisce uno degli argomenti portanti di questo volume ed è considerato dalle autrici come una tra le tante forme possibili di museo virtuale, altro argomento in voga tra gli studiosi contemporanei. All' analisi dei siti web del Museo Poldi Pezzoli di Milano, del Museo delle Antichità di Torino e della Fondazione Accorsi, è dedicata una parte rilevante del volume e sono considerate in dettaglio le possibilità offerte dall'applicazione, in particolare, i servizi educativi e la didattica on-line, punti irrinunciabili di questa tipologia di museo virtuale.

Sulla scia dell'equivalenza operata dalle autrici, museo virtuale = sito web museale, è necessario delineare i contorni oggettivi di questa recente creazione tecnologica e chiedersi, allora, cosa sia davvero un museo virtuale. In questa locuzione, infatti, negli ultimi tempi sono rientrate le categorie più disparate di oggetti: gallerie con riproduzioni digitali di opere museali, trattate però come oggetti bidimensionali non provvisti di legami ipertestuali e di tutte quelle interazioni permesse dalla manipolazione dei pixel; mostre temporanee organizzate nel non-luogo del web, che riuniscono in un unico evento opere d'arte conservate in luoghi geografici differenti; vere e proprie ricostruzioni virtuali in 3D di luoghi e siti con relativi tour, oppure in ultima analisi, il semplice sito web ufficiale di un museo.

Sebbene i confini dei questa entità virtuale siano ancora imprecisati, il sito web di un'istituzione museale viene identificato dalla Manzone e dalla Roberto con il museo virtuale, per quanto sembri costituirne più la porta di accesso che non l'oggetto in sé. Di certo, un museo virtuale, come indicano le autrici, è il luogo nel quale i materiali museali, attraverso la loro riproduzione digitale corredata di collegamenti ipertestuali, possono ritrovare le loro radici e ristabilire le loro relazioni originarie, non solo e - aggiungerei - non necessariamente in termini di ricollocazione fisica, bensì in termini di legami culturali che lo presentino al fruitore nella sua complessa integrità culturale. Concepire la riproduzione digitale di un opera d'arte, oppure di un oggetto scientifico, nello spazio flessibile del museo virtuale, infatti, equivale ad organizzarlo secondo una logica ipermediale, farne un nodo dal quale si dipanano approfondimenti, documenti che attestino la sua origine e il suo vissuto, così da operarne una restituzione sia storica, sia critica.

Il museo virtuale, la cui identificazione con il sito web appare limitata, rimane in definitiva un luogo dell'altrove e un oggetto a sè stante, pensato e progettato con criteri innovativi permessi dalla dematerializzazione digitale, un territorio nel quali inoltrarsi per comprendere il senso della vita del bene, al di là di qualsiasi ricostruzione fisica del contesto o riproduzioni tridimensionali di tipo immersivo.

In definitiva, La macchina museo, seppure incorra, in una struttura non sempre lineare, con sviluppi a volte marginali e disorientanti su altri fenomeni della rete, e pur partendo da presupposti spesso non condivisibili alla luce di un'approfondita analisi critica, sottolinea con forza quanto l'impiego delle nuove tecnologie sia indispensabile e proficuo nella diffusione dei contenuti culturali, nella comunicazione effettuata dall'istituzione museale che rimane, imprescindibilmente, il punto fermo di un identità collettiva che deve essere sostenuta e divulgata, in quanto cardine della coesistenza pacifica e civile, basata sulla conoscenza delle propria storia e della propria cultura.





IL LIBRO

CLAUDIA MANZONE, AURORA ROBERTO,
La Macchina Museo. Dimensioni didattiche e multimediali,
con le Prefazioni di ALBERTO COTTINO e ELVIRA D'AMICONE,
Alessandria, Edizioni dall'Orso, 2004 - Pp. 226 [? 16.00].

Dimensioni: 15 X 21 cm.
ISBN 88-7694-746-9




 
 

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