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Due capolavori in mostra a Capodimonte Fino al 6 gennaio 2002
Marco di Mauro
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 15 febbraio 2002, n. 290
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Area Mostre

Da decenni gli studiosi si affannano nella speranza di accrescere il magro catalogo di Antonello da Messina, ma non appena si sfiora la soglia delle 45 opere, ecco che ulteriori indagini fanno saltare alcune attribuzioni. Così il maestro messinese resta uno degli artisti più affascinanti e più enigmatici della storia dell'arte. La piccola mostra inaugurata al Museo di Capodimonte aspira ad una maggiore comprensione della formazione di Antonello a Napoli, nella bottega di Colantonio. A testimoniare questo soggiorno, databile fra il 1445 e il 1456, non rimane che la celebre lettera di Pietro Summonte a Marcantonio Michiel ed alcune opere attribuite: le Annunciate di Como e Venezia, la Crocifissione Thyssen-Bornemisza e le dieci tavolette dei Beati francescani. Queste tavolette, disperse fra varie collezioni europee, sono finalmente tornate a Napoli, anche se per la sola durata di una mostra, ai lati della pala dipinta da Colantonio per la chiesa di San Lorenzo Maggiore. Al centro della pala figurano San Gerolamo nello Studio e San Francesco che dà la Regola, due temi apparentemente sconnessi. In realtà il legame non manca ed è costituito dalla figura di San Bernardino, che considerava il pensiero di S. Gerolamo alla radice della spiritualità francescana.

Da tempo i critici hanno rilevato un aggiornamento in chiave "fouquettiana" nella tavola di San Francesco che dà la Regola e ancor più nelle tavolette dei Beati Francescani. Questo aggiornamento era attribuito all'apertura mentale e alla sensibilità di Antonello da Messina, allora impiegato nella bottega di Colantonio. Tuttavia, le indagini sull'arte napoletana nel trapasso dalla dinastia angioina a quella aragonese hanno aperto nuove prospettive, mostrandoci un Colantonio assai più moderno e internazionale di quanto non sembrasse. È un Colantonio che supera la dimensione provinciale guardando, da un lato, alle opere di Van Eyck e Van der Weiden collezionate da Alfonso d'Aragona, e dall'altro, alle opere eseguite a Napoli da maestri catalani come Jacomart Baco e Guillermo Sagrera, o provenzali come Barthelemy d'Eyck e Jean Fouquet.

Il dato più interessante che viene alla luce è proprio la presenza a Napoli di Jean Fouquet, verso il 1445. Sembra che la sua mano debba riconoscersi nel frontespizio del Codice di Santa Marta, che denuncia il trapasso da una cultura fiamminga ad una rinascimentale. Più precisamente, il foglio riflette la lezione di Beato Angelico nelle figure degli angeli e la lezione di Masolino nel sovrano assiso in trono, che richiama il Priamo e il Publio Valerio della discussa Cronaca Cockerell.

Tutto ciò indica che Colantonio avrebbe iniziato la pala di San Lorenzo Maggiore nel 1444, memore della cultura di re Renato, e che nel corso dell'opera sia stato influenzato da quanto Fouquet andava realizzando in città. Si spiegherebbe così l'accrescimento delle ricerche plastiche e luminose, ovvero l'ampiezza colonnare e le tinte schiarite che osserviamo sia nel San Francesco che dà Regola, sia nei Beati francescani. Anche il divario fra la Bibbia di S. Gerolamo, disegnata con realismo "eyckiano", e la regola di S. Francesco, disegnata in maniera più sbrigativa, si può giustificare con l'influenza della nuova moda provenzale di Jean Fouquet. Un altro apporto determinante nella formazione di Colantonio fu dato dal valenzano Jacomart Baco, pittore di corte di Alfonso il Magnanimo nel 1442-45 e nel 1447. Un confronto tra il S. Francesco che dà la Regola di Colantonio e il S. Benedetto di Jacomart (Valencia, Museo Diocesano de la Catedral) mostra lo stesso fondo dorato, la stessa prospettiva verticale e lo stesso pavimento a riggiole dipinte, di spiccato gusto valenzano.

Più intricata è la disputa sui volti dei Beati, che mostrano delle affinità con i volti degli Uomini Illustri della Cronaca Cockerell. Ilaria Toesca, che attribuiva la Cronaca Cockerell a Jean Fouquet, la riteneva esemplata sulla Cronaca Crespi, miniata da Leonardo da Besozzo alla corte di Alfonso il Magnanimo. Oggi sappiamo che sia la Cronaca Cockerell, sia la Cronaca Crespi derivano da un modello romano: la serie di Uomini Illustri affrescata da Masolino, al ritorno dall'Ungheria, nel palazzo romano del cardinale Giordano Orsini. Alla luce di queste scoperte, anche l'attribuzione a Fouquet della Cronaca Cockerell è saltata, mentre si fa avanti l'attribuzione a Barthelemy d'Eyck, maestro provenzale che fu a Napoli al seguito di Renato d'Angiò, fra il 1438 e il 1442. Dunque i Beati di Colantonio sarebbero derivati dalle miniature di Barthelemy d'Eyck. La stima di Colantonio per il maestro di Aix en Provence non è una novità e ce lo mostra un dettaglio che divenne quasi un "marchio di fabbrica" della pittura napoletana: il drappo annodato che sporge con intenso realismo fra cumuli di libri scompigliati, che deriva da uno scomparto del trittico dell'Annunciazione di Aix en Provence.

Così veniamo all'altro capolavoro in mostra: la celebre tavola di San Gerolamo nello Studio di Antonello da Messina, dipinta a Venezia verso il 1475 e conservata presso la National Gallery di Londra. Rispetto al San Gerolamo di Colantonio, posto significativamente sulla parete di fronte, la tavola di Antonello mostra un'evoluzione stupefacente, che si riflette nell'accurata resa prospettica, nel virtuosismo della composizione "ad incastri", nello scalare delle correnti luminose che provengono da fonti diverse… Tuttavia, quasi a voler rimarcare la continuità con l'esperienza napoletana, Antonello inserisce sugli scaffali dello Studio gli stessi libri scompigliati e lo stesso drappo annodato che troviamo nell'analogo soggetto di Colantonio.

Come si vede, siamo ancora lontani dallo sciogliere i tanti misteri sulla formazione di Antonello da Messina e la cultura napoletana del '400. Forse, se accanto al polittico di Colantonio avessero esposto il Codice di Santa Marta e qualche foglio della Cronaca Cockerell, avremmo potuto indagare meglio sulle relazioni fra Colantonio, Antonello e Fouquet in quel periodo cruciale che fu il quinto decennio del '400.





 
 

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