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Gorgoneia  
Cecilia Canziani
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 10 marzo 2001, n. 253
http://www.bta.it/txt/a0/02/bta00253.html
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Non sono io.
Sì. Sono io.

Ingeborg Bachmann.

(Lettura parziale ed arbitraria di un oggetto fotografico x -che manifesti la caratteristica di presentarsi come close-up di un volto posto frontalmente rispetto allo spettatore- in relazione alle categorie io/altro, al fine di polverizzare le dette categorie.)

Uno. Coppa fittile sec. IV. Avvicino alle labbra la coppa, mi specchio nel liquido contenuto. Ultimi sorsi. La coppa inclinata. Appare au fond della tazza, frontale rispetto al mio viso, occhi fissi nei miei occhi, il volto della Gorgone. Questo volto in cui mi specchio è mio o Altro ? Il mio volto folle mi spia dal fondo della storia. Il Gorgoneion come doppio perturbante, di fronte al quale ci si contempla come davanti ad uno specchio che "rimanda del viso umano solo quanto in esso vi è di mostruoso e di alienato".

Due. Specula seducunt imagines suas (Seneca). Lacan, fase dello specchio: la presa di coscienza dell'identità passa per una separazione inevitabile, che porta alla formazione del sé. Frammentato, creo simboli che mi riportino all'originaria completezza, mi duplico per resistere alla morte: specchio/ fotografia. Ma se la fotografia è uno specchio, come il vetro, taglia e ferisce. Seduce anche, mi porta al di fuori di me. Davanti allo specchio mi percepisco in quanto alterità (prima), per ri-conoscermi come "stesso" (dopo). Lo sguardo di Medusa mi pietrifica, mi sottrae al corso del tempo, consegna al futuro il mio (essere-come-sono) stato nell'istante in cui il suo occhio ha incrociato il mio sguardo. Lo sguardo dell'obiettivo, occhio meccanico, mi sottrae al corso del tempo, consegna al futuro il mio simulacro. Dialogo muto, dialogo di sguardi, tra Medusa/il fotografo e il soggetto/oggetto dell'immagine. Dialogo del simulacro fotografico e dello spettatore che fissa i suoi occhi negli occhi del volto fotografato (Separati, io cado in tuo dominio, tu/ nel mio. Lo/ stesso/ ci ha perduti, lo/ stesso ci ha dimenticati/ lo stesso ci ha. P.Celan).
Infine: Medusa allo specchio è uccisa dal suo stesso sguardo fatale. Gli specchi non si lasciano fotografare.

Tre. Tu sei/dove è il tuo occhio, tu sei/Sopra, sei/Sotto, io trovo/Come uscire. (P.Celan) Fusione di due sguardi che si incrociano, crollo delle categorie oppositive sussunte dall'opposizione originaria io-altro. Abject : « Colui per il quale l'abietto esiste .. si interroga sul suo posto: 'dove sono ?' »1 L'abietto è « ciò che sollecita il soggetto e lo polverizza »2: le infinite morti che Roland Barthes prova ogni volta che è fotografato. Lo spazio dell'abietto è « pieghevole, divisibile » e « mai uno né omogeneo né totalizzabile »:3 la fotografia che si piega a usi diversi tra loro e a significati diversi e a diverse indagini e che rifiuta un proprio spazio specifico4, che non riesce ad avere. « E come nel godimento in cui il cosiddetto oggetto a del desiderio esplode con lo specchio infranto in cui l'io cede la propria immagine per mirarsi nell'Altro, l'abietto ... è semplicemente una frontiera, un repellente dono che l'Altro divenuto alter ego lascia cadere perché "io" non scompaia in lui ma trovi in questa sublime alienazione un'esistenza scaduta ... »5 nel momento dello scatto possiamo dire di provare la « immemorabile violenza con cui un corpo si separa dall'altro per essere », duplicati, nasciamo di nuovo come immagine, « la vita/la morte: il paradigma si riduce a un semplice scatto: quello che separa la posa iniziale dal rettangolo di carta finale »6.

Oh, questo migrante, vacuo,/ospitale centro. Separàti,/io cado in tuo dominio, tu nel mio, l'un all'altro/sfuggiti, guardiamo di là:
Quattro. Cindy Sherman, Untitled #272. I miei occhi sono fissi nelle orbite di un teschio, che ha smeraldi al posto dell'iride. Il suo sguardo verde affonda nei miei occhi (con l'arte si intreccia un dialogo muto, una corrispondenza d'amorosi sensi, una storia d'amore), mi specchio nell'immagine che guardo (amanti: tu sei me, io sono te), ora je suis un autre (A. Rimbaud). Il cortocircuito degli sguardi che si incrociano provoca l'indistinzione dell'identico e del diverso, del fuori e del dentro, dell'io e dell'altro. Teschio emblema di morte, come la fotografia dallo sguardo di Medusa. Immagine della mia morte fotografica. Morte per essere (simulacro: rettangolo di carta in cui, morto, rivivo).

Guardo Untitled # e mi pongo davanti ad esso come davanti ad uno specchio, metto in atto la magia del gorgoneion, e mi vedo come altro, e guardo e sono guardato. Abietto, perché perso nell'abbraccio della felice indistinzione tra io e altro, io spettatore mi identifico anche nel fotografo, condivido il posto che occupa Sherman-artefice-dell'immagine, e barthesianamente, metto a morte il soggetto, e perciò lo rendo simulacro: « l'abiezione è una resurrezione che passa attraverso la morte (dell'io) Un'alchimia che trasforma la pulsione di morte in sussulto di vita, di nuova significanza » 7.

Questo scatto realizza in immagine l'abiezione, il cadavere, la morte, il sangue, la vita. L'abiezione ci riporta ad un'esistenza in cui noi esistiamo come intero, non più soggetto, né oggetto. La vita/la morte. La fotografia - simulacro della morte- capace di riportare alla "coscienza amorosa e spaventata la lettera stessa del Tempo" 8 ci dà conto di una resurrezione nel simulacro. Rinascere come immagine significa farsi possedere dallo sguardo, mimetizzarsi nello spazio piatto della fotografia, costruirsi un corpo simulacrale, schizofrenico, sottoporsi ad uno sguardo pulsante di desiderio, ritrovare, al di là di una morte dialettica, una morte che non si oppone alla vita: "Al di là di tutti gli specchi, o nei loro sparsi frammenti [..] bisogna cercare di vedere l'indeterminatezza radicale della vita e della morte [..] La morte è una sfumatura della vita"9.

Untitled #272 è uno specchio fotografico, come tale se -duce e riporta a sé. Come tale uccide e porta a nuova vita. Come tale ci riporta alle soglie della coscienza, ad una esistenza abietta in cui la soglia tra io e altro è sempre valicabile, membrana molle, pellicola fotografica dalle due facce opposte ed identiche, comunque comunicanti.
Io di fronte al teschio fiorito. La vita/la morte.

Lo
Stesso
ci ha
perduti, lo
Stesso
Ci ha dimenticati, lo
Stesso
ci ha-

P.Celan



NOTE

1 J. Kristeva, Poteri dell'orrore. Saggio sull'abiezione, Milano, Spirali edizioni, 1981, p. 10.

2 J. Kristeva op. cit. p. 11.

3 J. Kristeva op. cit. p. 10.

4 R. Krauss, Teoria e storia della fotografia, Milano, Bruno Mondadori, 1996, p. 4.

5 J. Kristeva, op. cit., p. 11.

6 R. Barthes, La Camera Chiara, Torino, Einaudi, 1980, p. 80.

7 Julia Kristeva, op. cit., p. 11.

8 R. Barthes, op. cit., p. 119.

9 J. Baudrillard, op. cit., p. 175-176.




 

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