bta.it Frontespizio Indice Rapido Cerca nel sito www.bta.it Ufficio Stampa Sali di un livello english
La fine del moto inerziale  
Alessandro Tempi
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 13 gennaio 2001, n. 245
http://www.bta.it/txt/a0/02/bta00245.html
Precedente
Successivo
Tutti
Area Artisti

Come alla fine di un moto inerziale, le opere di Fabrizio Gerbino pervengono alla quiete statica del loro apparire, disseminando lo spazio con la loro residualità incompleta, uno stato finale che pare esausto e pur tuttavia destinato ancora a deperire - sol che si abbia la pazienza ed il tempo di seguirlo - davanti ai nostri occhi.

Ma la quiete, questa quiete almeno, non è pura terminalità, giacché vi si allude come a qualcosa di enormemente più attivo, come una disposizione a proseguire quell'originario processo formativo che dialogando con la fisicità della materia, la restituisce agli occhi come forma. In dinamica parleremmo di corpi materiali che giungono alla quiete per via di resistenze ed attriti. Qui, essi diventano i "Corpi Materiali".

Che nei lavori di Fabrizio Gerbino alberghi lo spirito dei fondamenti fisici lo dice il modo in cui il processo formativo ne determina ogni loro singola esistenza. Non altrimenti che nella fisica del moto, i "Corpi Materiali" di Gerbino sono determinati dalle forze che vi si applicano e caratterizzati dal sistema entro cui esistono. L'artista non è la sola nè la principale forza che vi interviene, ma tutto avviene entro un quadro complesso in cui interagiscono fattori differenti: il desiderio fabrile dell'artista, la realtà ineliminabile della materia (e le resistenze che essa pone all'azione plastica), i linguaggi e le tecniche codificate di quell'azione, lo stesso destino materiale delle opere. La scelta del ferro - materiale virtualmente possente, ma suscettibile di irreversibile deperimento - riconferma in questo senso la deliberata assimilazione del processo formativo a quello fisico-naturale: il primo si inscrive nel secondo in una sorta di abbandono, di consapevole distacco dalla paternità artistica e dai suoi privilegi. Una volta costruiti, i "Corpi Materiali" di Gerbino sono consegnati ad un altro ciclo - quello stato finale attivo di cui si parlava all'inizio - su cui l'artista nulla più può o vuole fare. Ed una volta restituiti all'inesorabilità della natura, scopriamo che quel loro moto inerziale non era terminato, ma forse solo interrotto, sospeso - e che solo l'illusione idealistica dell'opera tutta compiuta in sè ce lo rendeva tale. Gerbino al contrario ammette che, nel suo caso, la natura è più forte dell'arte e che, re-inscrivendosi in essa, l'opera prosegue la sua vita materiale di forma che continua a formarsi ben lungi dall'intervento dell'artista. Se questa sia un'indicazione sul fine e/o sul destino dell'arte di oggi, questo forse neanche Gerbino lo sa. Di fatto, anche in un'opera sorprendentemente avanzata come "Soglia", che più di ogni altra disegna le potenzialità di sviluppo concettuale del discorso di questo artista, non si rinuncia all'estremizzazione di quell' istinto di consunzione che caratterizza il resto degli altri suoi lavori. È evidente infatti che, anche in questo caso, la scelta dell'acqua non risponde tanto ad un' esigenza linguistica di spaesare l' opera entro un contesto anomalo, quanto ad una perversa continuità extraumana del processo formativo stesso. Il contatto con l' acqua infatti non può che accelerare il decadimento fisico della materia, ma è esattamente in questa fase degenerativa che l'opera è resa ad un destino autonomo, che risponde solo alle leggi della natura e del caso. In questa fase l'artista è eclissato da altre forze.

Se con l'apparente miracolo di Soglia (quattro lastre di ferro che galleggiano sull'acqua) prosegue il discorso dell'opera che non è destinata a durare (ma che di fatto dura nella propria trasformazione organica), in essa come in tutte le altre si manifesta il tema di una formatività ininterrotta - o inerziale - che incorpora aspetti diversi ma correlati dell'identità formale dell'opera. Ecco quindi spiegato l'assetto modulare dei lavori, una sorta di ars combinatoria che costruisce le forme con quella gratuità che al tempo stesso ne sancisce la loro stessa decostruzione. Ecco spiegate, ancora, le dimensioni stesse dei lavori, che rimettono in campo le ragioni di una scultura fattuale, in cui l' opera si accampa nello spazio violandone con ironia l'ordine precostituito. Nel giardino, specchio di una ragione armonizzatrice (e che da questa sua facoltà trae godimento estetico), le opere di Gerbino si attestano per ciò che esse vi compiono. E questo potrebbe essere: sovvertimento. I "Corpi Materiali" vengono ad interrompere il sogno di una quiete predestinata. Ma, come nella fine del moto inerziale, anche questo potrebbe celare un nuovo principio.




Fabrizio Gerbino, Corpi Materiali
fig. 1
Corpi Materiali

Fabrizio Gerbino, Corpi Materiali
fig. 2
Corpi Materiali

Fabrizio Gerbino, Corpi Materiali
fig. 3
Corpi Materiali

Fabrizio Gerbino, Corpi Materiali
fig. 4
Corpi Materiali

Fabrizio Gerbino, Soglia
fig. 5
Soglia

 

Risali





BTA copyright MECENATI Mail to www@bta.it