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L'assetto urbanistico di piazza del Popolo nel Seicento  
Elisabetta Caputo
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 21 Settembre 2012, n. 661
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Nel corso del Quattrocento, la città di Roma, iniziò ad avere un rinnovamento sostanziale poco per volta: i palazzi cardinalizi diventarono centri di potere delle ricche corti con centinaia di servitori e decine di sbirri, centri di clientela e beneficenza; territori di un potere assolutamente diverso da quelli dei baroni medievali, ma come quelli fondati sul frazionamento, sulla divisione della città sia topograficamente che per censo e potere.

Anche i papi si affrettavano ad affiancare questo tipo di politica “abitativa” e in certi casi ne dirigevano essi stessi la trasformazione favorendo risoluzioni nelle varie zone della città.

La sistemazione del Corso (denominato tale solo dopo il 1466, quando Paolo II vi trasferì i ludi di Testaccio, tra cui la celebre corsa dei cavalli) [1] fu il primo passo per la definizione del Tridente, il tratto di strada di via Flaminia che da Porta del Popolo congiungeva con le pendici del Campidoglio e suddivisa in due zone dal cosiddetto Arco di Portogallo che fu fatto abbattere da Alessandro VII nel 1662.

Suddetto assetto urbanistico iniziò nella seconda metà del Quattrocento in concomitanza con la costruzione di Palazzo Barbo e la Chiesa di Santa Maria del Popolo che costituivano i due poli entro cui si estende il Tridente.

Parlo di un tracciato importantissimo che si presentava, se così mi è lecito definirlo, con una forma a “zampa d’oca” che, con ogni evidenza, aveva il semplice scopo di progettazione pratica. È facilmente constatabile anche un aspetto edilizio poco monumentale, file di case che comunemente oggi definiremmo quartieri.

Nel 1480 si assistette al decreto di Sisto IV in cui era dichiarata l’eliminazione degli sporti, dei balconi, delle masse informi che intralciavano le vie e la chiusura dei portici. Tale esecuzione fu commissionata ai Magistri viarum, un’antica magistratura capitolina che aveva poteri giurisdizionali su tutte le strade di Roma.

Sotto il pontificato Sistino furono concesse aree fuori dell’abitato, nella zona del mausoleo di Augusto, alle due comunità degli Schiavoni, che vi costruirono l’ospedale di San Giacomo detto “degli Schiavoni” e dei Lombardi, che vi edificarono invece l’ospedale di Sant’Ambrogio.

La direzione è, quindi, nella pianura del Campo Marzio, lungo la via Ripetta che al tempo era la principale tra le vie che partivano da Porta del Popolo: questa conduceva attraverso via di Monte Brianzo, fatta ammattonare dal papa, a ponte Sant’Angelo, lungo la sponda settentrionale dell’ansa.

Paolo II si era occupato della zona a sud del Corso, il suo successore, Sisto IV, s’interessò di quella a nord, in altre parole dell’assetto della piazza del Popolo e avviò la riedificazione della Chiesa di Santa Maria del Popolo. Inoltre lo stesso fece innalzare due torri quadrate ai lati della porta del Popolo che furono in seguito demolite, nel 1879, per aprire le due fornaci laterali e inoltre riconfermò la via del Corso come direttrice di sviluppo della città.

La forma che scorgiamo in questo momento fu definita solo nella prima metà del Cinquecento con l’aggiungersi alla via del Corso i tracciati della via Leonina (Ripetta) e della via Paolina (Babuino) secondo un progetto raffaellesco al quale si congiunse in seguito via Trinitatis (Condotti).

Queste si popolarono solo tra la fine del ‘500 e il ‘700 grazie allo sviluppo edilizio che fu promosso dai pontificati di Gregorio XIII e Sisto V.

La via Leonina (via della Scrofa – via di Ripetta), unico intervento urbanistico di papa Leone X, è un lungo rettifilo di 1200 metri e congiungeva palazzo Madama a Porta del Popolo.

La strada fu tracciata sotto la direzione dei Magistri viarum Bartolomeo della Valle e Raimondo Capodiferro con la soprintendenza di Raffaello e di Antonio da Sangallo il Giovane, che collaborò anche nella fase esecutiva.

Essa fu poi terminata sotto il pontificato di Clemente VII, che da piazza del Popolo iniziava i lavori per aprire via Clementina (Babuino) che lo ambiva alla collina del Pincio e che con i suoi 900 m. di lunghezza arrivava fino all’incrocio con via Capo le case, dove si arrestava.

Il tracciato tra campi e orti fu effettivamente completato dopo la morte del pontefice.

La via, già esistente nel XIV secolo, aveva in realtà due nomi: via dell’Orto di Napoli e via del Cavalletto. Nel 1525, grazie ai lavori fatti eseguire da papa Clemente VII, assunse un nuovo volto ed un nome nuovo: via Clementina, in onore del suo artefice. Divenne poi via Paolina, perché vi mise mano Paolo III nel 1540. Su interessamento di Pio V nel 1571 fu installata una nuova fontana ad uso dei cittadini, e per la sua realizzazione fu collocata la statua del Sileno, divinità classica legata alle sorgenti ed alle fontane. Ben presto, la statua divenne famosa agli abitanti del rione per la sua bruttezza, a tal punto da paragonarne la figura ad una scimmia: nacque così  Er Babuino, che divenne col tempo il nome stesso della strada. [2]

 

Piazza del Popolo e la sua Porta sono un ottimo esempio di "stratificazione" architettonica, un fenomeno usuale nella città eterna, che si è verificato per i continui avvicendamenti di pontefici che imponevano cambiamenti e rielaborazioni dei lavori edilizi e viari.

In principio si ravvisava una piazza caotica che assumerà ben presto un aspetto di spazio Barocco più espressivo.

La Chiesa di Santa Maria del Popolo, a lato della Porta, si può considerare un po’ il simbolo di quest’area. Questa fu eretta (sul luogo dove Nerone fu sepolto) nell'XI secolo da papa Pasquale II, per poi essere ricostruita sotto papa Sisto IV da Baccio Pontelli e Andrea Bregno tra il 1472 e il 1477, che le donarono un aspetto maggiormente rinascimentale. Tra il 1655 e il 1660 papa Alessandro VII decise di far restaurare la Chiesa offrendole un aspetto più brioso; l’incarico fu affidato a Gian Lorenzo Bernini, che restaurò di nuovo la Chiesa, regalandole questa volta una chiara impronta Barocca che si può ammirare tuttora.

La Chiesa ospita dei dipinti di grandissima importanza. Sono presenti capolavori come la Conversione di San Paolo e la Crocefissione di San Pietro, del Caravaggio, e diversi affreschi del Pinturicchio, L'Assunzione di Annibale Carracci, oltre alle architetture di Raffaello e del Bramante e ad alcune sculture di Andrea Bregno e di Gian Lorenzo Bernini, come il magnifico organo sorretto da due angioletti di bronzo.

Veniamo alla risistemazione di piazza del Popolo durante il Seicento. Alla svolta di questo secolo, essa si presentava di forma irregolare, anche se il centro era stato individuato dall’obelisco, alto 24 metri senza considerare il basamento. Si tratta dell’obelisco più antico di Roma dopo quello Lateranense. Questo proviene dal Tempio del Sole della città di Eliopoli ed è databile alla metà del XIV secolo a.c. dalle iscrizioni che menzionano Seti I e Ramesse II. [3]

Possiamo notare su di essa delle bellissime rappresentazioni del Dio Ra con la testa sormontata da disco solare, scene di adorazione del sole da parte dei faraoni e i faraoni in trono con la dicitura “protezione e vita dietro di lui”. [4]

L’obelisco era già presente a Roma, fu Augusto a volerlo in città per collocarlo al Circo Massimo, infatti, possiamo vedere l’iscrizione del suo nome a nord e a sud della base. Sugli altri due lati si legge invece il nome di Sisto V che affidò a Domenico Fontana nel 1589 l’incarico di innalzarlo al centro della piazza.

La fontana che oggi vediamo, fu aggiunta solo nel 1824 seguendo il progetto di Valadier voluto da Papa Leone XII.

L’asse da considerare è quello che va da Porta del Popolo a via del Corso.

Il progetto di risistemazione dell’assetto urbanistico di tale piazza nel ‘600 fu affidato a Carlo Rainaldi e risale esattamente al 1662: l’imbocco di via del Corso e delle due vie adiacenti è regolato ed enfatizzato dalla costruzione delle due chiese con cupola rialzata.

Complessivamente posso dire che la forma della pianta può essere definita un trapezio con la base minore verso il Tridente, fiancheggiata da case a est e a ovest e conserva quella delineazione a imbuto che continua a essere forma della sua funzione di accesso alla città da Roma nord.

Il 23 Dicembre del 1655 Cristina di Svezia, figlia del Re Gustavo Adolfo II, fervido propugnatore del protestantesimo, varcò la soglia della Porta del Popolo come novella convertita al Cattolicesimo, questo trionfo appariva di eccezionale auspicio per il neo eletto papa Alessandro VII. [5]

Il pontefice, ben consapevole della portata dell’evento, ne eternò il ricordo nell’epigrafe commemorativa sulla facciata interna di Porta del Popolo, integrata in uno schema decorativo che incorniciava lo stemma del Papa e che, in rilievo, fra le volute di un frontone spezzato, giungeva con l’apice sopra l’attico, essendo parzialmente visibile anche dall’esterno. Il compito fu affidato a Bernini che vi fece lavorare Felice della Greca.

E’ per tale occasione che si apportarono anche le modifiche di ‘modernizzazione’ alla facciata di Santa Maria del Popolo.

Al suo ingresso Cristina di Svezia trovò davanti a se un tipo di situazione urbanistica in fase di sviluppo, dove il fulcro della piazza era costituito dall’obelisco che fungeva da punto di convergenza di via del Corso, via Ripetta e via del Babuino.

Rainaldi, nel suo progetto per dare slancio prospettico al Tridente, inserì le due Chiese gemelle, Santa Maria dei Miracoli e Santa Maria Regina Coeli in Montesanto, che avrebbero dovuto fungere da snodo e avrebbero inquadrato la piazza con funzione urbanistica rendendo l’ingresso a Roma maestoso.

Le due chiese gemelle furono costruite per volere di Papa Alessandro VII (Chigi), ma i lavori terminarono solo dopo la sua scomparsa (1667), rinnovando profondamente l'aspetto della piazza, e costituendo così i due poli del Tridente. I due edifici furono iniziati da Carlo Rainaldi e completati da Gian Lorenzo Bernini, con la collaborazione di Carlo Fontana.

 

L’inizio della residenza romana di Cristina di Svezia, come già in precedenza detto, coincise nel programma urbanistico di Alessandro VII, con la sistemazione di Piazza del Popolo, cominciando con le due “isole” all’altezza del Tridente.

L’incarico, come ben noto, fu affidato a Carlo Rainaldi che cercò per quanto possibile, di coordinare le fronti non simmetriche dei due terreni.

L’inizio fu rapido. Il 16 novembre 1661 il papa approvò con un chirografo il primo progetto del Rainaldi per due chiese simmetriche destinate a due comunità mariane. Il progetto prevedeva due edifici cruciformi, sormontati da cupole con lanterna, su tamburo ottagonale. Le facciate rettilinee erano inquadrate da colonne binate sostenenti il frontone e l’attico. Due compartimenti laterali convessi, piegati all’indietro, dovevano agevolare la transizione alle strade e contenevano portali laterali in aggiunta a quello centrale. [6]

Le critiche, in un ambiente dove a dominare era il Bernini, non si fecero di certo aspettare, appuntandosi sulla sproporzionata altezza della facciata, determinata dall’intenzione di impiegarvi le colonne del piano inferiore del campanile berniniano per San Pietro. A rimediare vi erano le colonne del piano superiore dello stesso campanile, alte trentasette palmi, che furono comprese nell’immediata riconfigurazione.

Santa Maria Regina Coeli in Montesanto prende il nome da una precedente chiesa dei Carmelitani di Monte Santo in Sicilia.

La sua costruzione fu sospesa alla morte del Papa e ripresa grazie ai finanziamenti donati dal Cardinale Gastaldi da Gian Lorenzo Bernini e Fontana nel 1679.

Il campanile di Francesco Navone è analogo a quello della chiesa gemella e risale al 1761, la cupola è divisa in dodici spicchi dodecagoni e decorata nel 1825 per volere di Papa Leone XII con foglie di lavagna.

La facciata presenta un portico in travertino con quattro colonne, la balaustra invece è decorata da statue di Santi.

Sull’architrave fu posta la scritta “Anno jubilaei MDCLXXV” in ricordo del Giubileo del 1675.

All’interno la Chiesa presenta un profondo presbiterio e ha forma ellittica, inoltre è decorata con stucchi, affreschi di Berrettoni e putti di Pietro Paolo Naldini. [7]

Durante la prima fase dei lavori (ancora sotto Alessandro VII), la facciata arrivò al livello del cornicione. Quando i lavori ripresero nel 1671, grazie alla generosa donazione di Gastaldi, il responsabile, a sorpresa, non fu più Rainaldi ma, Carlo Fontana.

La sua proposta, corredata da uno schizzo planimetrico con spiegazioni, che risale al Generalato di Matteo Orlandi dei Carmelitani, si concentrava essenzialmente sui punti seguenti: ridurre per quanto possibile lo spessore murario del tamburo in corrispondenza dell’asse longitudinale e aumentarlo in direzione trasversale, al fine di avvicinare otticamente la sua forma a una struttura circolare, come si prevedeva per Santa Maria dei Miracoli. [8]

Un inizio così felice per il Fontana prese un corso diverso perché le “misure”, dal 24 gennaio al 12 maggio 1674, parlano di una mutazione del disegno, e le parti già costruite dell’attico furono demolite per essere sostituite dalle attuali balaustre, concepite più basse al fine di creare un contrasto al “frontespizio e timpano” al centro. [9]

Ciò era semplicemente un metodo per distrarre l’occhio dal tamburo, che poi diventerà dodecagonale.

La cerimonia di apertura ebbe luogo il 3 settembre 1678, poco prima che i lavori fossero completamente condotti a termine.

 

Quando i Francescani furono trasferiti in Piazza del Popolo secondo le disposizioni del chirografo di Alessandro VII, furono accomodati in maniera provvisoria nel convento di Sant’Orsola. Dopo il primo tentativo, la ripresa dei lavori poté avvenire con il giubileo del 1675.

S’iniziò a costruire la chiesa di Santa Maria dei Miracoli come da progetto di Rainaldi [10] , su planimetria circolare che fu modificata soltanto nei particolari, come la sostituzione delle colonne con paraste ai fianchi delle cappelle e dell’ingresso del coro.

Il progresso fu notevole: il 2 giugno 1677 si era già arrivati al livello della Tribuna e Tamburo della cupola.

Il completamento dell’edificio passò però poi nelle mani del Fontana. Rimaneva da definire l’articolazione dell’interno sopra il cornicione, dove egli cercò di introdurre una specie di secondo ordine che gli riuscì in maniera alquanto improvvisata per mancanza di spazio. Dove invece c’era la possibilità di ricorrere a tutti i suoi registri, il Fontana seppe sicuramente sfruttare l’occasione. [11]

Si concentrò maggiormente sull’altare maggiore e sull’abside dotata di colonne libere accoppiate, retrocedenti verso il centro per accentuare la venerata immagine della Madonna col Bambino, opera dello scultore Antonio Raggi.

La chiesa fu terminata nel 1679 e fu consacrata solo il 4 agosto del 1681 dal Cardinale Carpegna.

Questa, insieme alla gemella costituisce uno scenario indimenticabile per chi entra a Roma da Porta del Popolo.

 

Le due chiese con la loro posizione di fronte a porta del Popolo portavano a compimento il concetto della piazza come “foro mariano”.

Costituivano una forte presenza in senso urbanistico e questo in realtà è sempre stato l’unico obiettivo cui si è guardato nel corso degli anni della loro realizzazione.

Come abbiamo visto, i momenti sfavorevoli non sono mancati: dopo lo sproporzionato progetto del chirografo solo l’intervento di Bernini poté salvare l’aspetto delle facciate, ispirando il Rainaldi a sviluppare le sue migliori capacità col notevole risultato del progetto della medaglia del 1662.

Bernini, sicuramente in maniera più violenta, è intervenuto nel 1674, opponendosi alla proposta del Fontana che intendeva recuperare la simmetria tramite tamburi e cupole analoghe solo in apparenza.

Bernini introdusse ancora un’altra differenziazione fra il dodecagono di Santa Maria di Monte Santo, più snello e quindi meno appariscente, e l’ottagono di Santa Maria dei Miracoli, che al confronto appare analogo. [12]

Naturalmente la vicenda progettuale delle chiese, ma anche della piazza non finì nel ‘600, questa riprese dopo la metà del ‘700 con la costruzione dei campanili e dei conventi.

La forma della piazza assunse la conformazione attuale solo alla fine del XVIII secolo. Prima era come poco fa detto una modesta piazza di forma trapezoidale, che si allargava verso il Tridente.

Al tempo dell'occupazione napoleonica, il suo aspetto architettonico e urbanistico fu rivisto da Giuseppe Valadier, autore della definitiva trasformazione della piazza.

Grazie al suo intervento, assunse una forma ellittica, nella parte centrale, completata da una duplice esedra, decorata con numerose fontane e statue, che si protendono verso la terrazza del Pincio e verso il fiume Tevere.

Il Valadier continuò la sua opera di rinnovamento sistemando anche la zona delle pendici del Pincio, raccordando Piazza del Popolo e il colle con delle ampie rampe, adornate da alberi e carrozzabili, terminate nel 1834.

La terrazza del Pincio diventerà una delle più celebri passeggiate di Roma, frequentata dal popolo, dalla borghesia, dalla nobiltà, dall'alto clero e dagli stessi pontefici.

 

 


 

Bibliografia essenziale.

 

C. Rendina, Enciclopedia di Roma, Roma, Newton Compton Editori, 2005.

F. Alessio, E. Angeli Berti (a cura di), La Via Lata nel Medioevo, Associazione Sesto Acuto 2001-2007 Roma(I).

F.Titi, Studio di pittura, scultura e architettura nelle chiese di Roma, Roma, 1674.

G. Ciucci, Piazza del Popolo, Roma, 1974.

G. Matthiae, Piazza del Popolo, Roma, 1946.

H. Hager, Piazza del popolo nel seicento (in) Roma Barocca Bernini, Borromini, Pietro da Cortona, Electa Ed..

P. Portoghesi, Roma Barocca, Roma, Laterza, 1995.

P. Romano, Il Rione Campo Marzio, Roma, Tipografia Agostiniana, 1939.

R. Bernabei, Chiese di Roma, Milano, Mondadori Electa S.p.A., 2007.

R. Wittkower, Arte e Architettura in Italia (1600/1750), Torino, Einaudi, 1993.

U. Grimaldi, A Roma: piazza del Popolo, Roma, Rotundo Ed., 1988.

 

 



NOTE

[1] F. Alessio,  E. Angeli Berti (a cura di), La Via Lata nel Medioevo, Associazione Sesto Acuto 2001-200, Roma (I)


[2] C. Rendina, Enciclopedia di Roma, Newton Compton Editori, Roma, 2005

[3] U. Grimaldi, A Roma: piazza del Popolo, Rotundo Ed., Roma, 1988, pag.69

[4] Ibidem.

[5] G. Ciucci, Piazza del Popolo, Roma, 1974. Pp.54,56, 57,157.

[6] Cfr. Helimut Hager, Piazza del popolo nel seicento (in) Roma Barocca Bernini, Borromini, Pietro da Cortona, Electa Ed., pag.249.

[7] Cfr. R. Bernabei, Chiese di Roma, Mondadori Electa S.p.A., Milano, 2007. Pag. 26.

[8] Cfr. Helimut Hager, Piazza del popolo nel seicento (in) Roma Barocca Bernini, Borromini, Pietro da Cortona, cit., pag.250.

[9] Ivi, pag.251.

[10] Cfr. R. Bernabei, Chiese di Roma, cit., pag. 27.

[11] Cfr. Helimut Hager, Piazza del popolo nel seicento (in) Roma Barocca Bernini, Borromini, Pietro da Cortona, cit., pag.252.

[12] Cfr. Helimut Hager, Piazza del popolo nel seicento (in) Roma Barocca Bernini, Borromini, Pietro da Cortona, Electa Ed., pag.253.









 

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