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Domenico Mastroianni: la collezione di fotosculture della Divina Commedia della Fondazione Umberto Mastroianni  

Lisa Della Volpe
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 24 Dicembre 2014, n. 743
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Area Artisti

«Zio Domenico era esigente, pignolo e fantasioso, un illustratore tridimensionale, un vero virtuoso, un grande lavoratore». Era per Umberto Mastroianni l'artista di famiglia 1 .

In queste parole ritroviamo tutta l'ammirazione per il talento e la grande abilità dello zio presso il cui studio, a via Margutta 51a, dal 1923 al 1926, Umberto Mastroianni ebbe le sue origini di artista. Quelle di carne, come amava definirle, erano a Fontana Liri, cittadina in provincia di Frosinone, poco distante da Arpino, che diede i natali a Domenico, «scultore dalla personalità regolare e costante» 2 sul cui ruolo fondamentale nella formazione del giovane Umberto si è spesso sorvolato, se si escludono le notizie riportate dallo stesso Umberto e i rarissimi cenni in studi monografici.

Autodidatta, dotato di una straordinaria maestria e padronanza tecnica unite a una solida cultura figurativa e letteraria, che è ancora in gran parte da indagare, Domenico Mastroianni, scultore, pittore e scultografo, personalità certamente eclettica e vivace, nasce ad Arpino (Frosinone) nel 1876 da Pietro, artigiano, e da Angela Redivivo. Impara a lavorare il legno nella bottega del padre rivelando fin da giovanissimo grandi abilità artistiche. In seguito apprende i primi insegnamenti della lavorazione della terracotta e della ceramica presso i laboratori attivi ad Arpino. Apprezzato dal collezionista Carlo Quadrini, nel 1894 Domenico si trasferisce a Roma in via del Babuino ospitato da Quadrini.

Domenico soggiorna nelle maggiori città europee, a Vienna, Budapest, Berlino, Londra e Bruxelles e soprattutto a Parigi, dove risiede per diversi anni e dove ammira sicuramente le opere degli artisti impressionisti e post-impressionisti, e dove subisce il fascino dell’Art Nouveau e in certa misura anche di A. Rodin e H. Daumier. Della Vienna di G. Klimt e A. M. Mucha, Domenico ricorderà la sensualità e la grazia femminile.

Nel 1903 sposa a Roma Adele Durante dalla quale ha due figli, Adriana (Parigi 1906), e Alberto (Montrouge 1903 - Roma 1974) anche lui pittore, scultore, noto soprattutto come disegnatore di animali, vignettista (famoso lo Zoo di Mastrojanni ospitato sulle pagine de L'Europeo) e illustratore 3 .

Nel primo decennio del XX secolo il mutato clima culturale e politico francese costringe Domenico a tornare in Italia e nel 1913 è a Castello Ladislao di Arpino, dove apre uno studio e ospita la numerosa famiglia del fratello Vincenzo con Umberto nato nel 1910.

A causa del terremoto del 1915, Domenico torna di nuovo a Roma a via Margutta, e dal 1923 al 1926 accoglie suo nipote Umberto, studente ai corsi serali all’Accademia di San Marcello, e proprio da Umberto, il quale rivela di aver «respirato la serena classicità e la splendida solennità dei suoi tesori d'arte» 4 apprendiamo alcuni dettagli sull'attività dello zio e su come era organizzato il suo studio: «Impastavo creta, abbozzavo figurine e statuette di santi, per ceramica. Le prime dedicate a Santa Rita, poi a Don Bosco, Domenico Savio. Arrivai anche a modellare l'elmetto per il monumento ai caduti di Arpino». 5

Le opere di Domenico «si avvicinano ad una eleganza stilistica classicista e di buona marca ottocentesca. Illustratore ed esecutore pressoché scevro da problematiche contenutistiche particolari, porta con sé un bagaglio di esperienze iconografiche capaci di renderlo attuale per tutto il corso degli anni Trenta. Committenze pubbliche ed “auto-promozione” - propagandata spesso attraverso l'illustrazione della propria opera – fanno dello scultore più anziano un capace ricettacolo e diffusore di nozioni preziose e fondamentali per il più giovane Mastroianni» 6 .

Da Umberto apprendiamo anche che lo zio Domenico si dedicava alla pittura, contrariamente a quanto si riteneva in passato, fin dagli anni Venti, in particolare di sera dopo le sette, quando dal suo studio usciva il giovane allievo allontanato con un pretesto dallo zio un'ora prima dell'inizio dei corsi serali ed entrava Margherita, «un modellone ciociaro, barocca», secondo la descrizione di Umberto.

Le opere di Domenico riconducibili a questo periodo sono il Monumento ai caduti di Casalvieri (distrutto) e della Vittoria di Carnello vicino Arpino (bozzetto in gesso presso la Fondazione U. Mastroianni, Arpino). Nel 1934 Domenico restaura il presepe (disperso) dell’Istituto Massimo alle Terme con il Mistero attribuito a G.L. Bernini e, nel 1937, il presepio per la chiesa del Gesù (distrutto) 7 . Nel 1947 Domenico è tra i soci fondatori della fabbrica di ceramiche CASA (Ceramica Artistica Società Aquesiana), ad Acquapendente (VT) dove da qualche anno aveva trovato ospitalità e un ambiente culturale attento, vivace e fertile che apprezza le sue eleganti realizzazioni scultoree e pittoriche.

A Viterbo nel 1960 viene allestita una sua personale e per la chiesa di Santa Maria Nuova di Viterbo nel 1961 Domenico realizza la Via crucis in terracotta e qualche anno prima i bassorilievi in bronzo della Via crucis per la chiesa di Sant'Ippolito a Roma. Negli anni Cinquanta si dedica ai bronzi ispirati ai protagonisti e agli episodi de I promessi sposi (un busto si conserva presso la Fondazione U. Mastroianni e i bozzetti in terracotta presso l'Istituto A. Manzoni di Latina).

La Fondazione Umberto Mastroianni a Castello Ladislao di Arpino custodisce la più grande raccolta pubblica di opere di Domenico Mastroianni. La collezione è composta da alcuni dipinti in prevalenza su carta o cartoncino raffiguranti scene sacre e di battaglie, altri rappresentano cavalli lanciati in corsa, un tema legato alla lezione dei Macchiaioli, che Domenico affronta più volte in particolare negli anni Cinquanta. Nella scelta della tavolozza, i colori di Domenico richiamano le parole di Umberto: «Sono aspri e contrastanti: neri densi, rossi squillanti, blu cupi, ocra, verdi, viola, e gli ori degli altari e tutti gli arcobaleni sui colli dopo le tempeste.» 8 . Sedimentati nella memoria, quei colori provengono dalla terra di origine dove «non c'è transizione tra i colori medievali e quelli barocchi» 9 .

Fanno parte della collezione della Fondazione Umberto Mastroianni anche una scultura in bronzo della serie dedicata a I Promessi sposi e sculture in terracotta, ceramiche e soprattutto fotosculture, che l'artista realizzava spesso per auto-promozione.

Originale forma di produzione artistica, le fotosculture o scultografie sono immagini realizzate attraverso i mezzi della scultura modellando creta o plastilina in bassorilievi successivamente fotografati. L'argilla è riutilizzata per altre scene o più spesso distrutta e le fotografie stampate in cartoline e vendute in eleganti cofanetti di carta. Dei bassorilievi in argilla realizzate da Domenico Mastroianni durante tutta la sua carriera non rimangono altro che le cartoline.

Gli esempi più antichi - le cartoline di auguri per le festività e immagini a soggetto militare - risalgono al 1909. Il fondo comprende inoltre Quo vadis?, Vita di Cristo, allegorie e immagini sacre (1911-20, editore A. Noyer di Parigi); il Vecchio e Nuovo Testamento, le vite di personaggi (Napoleone) e santi (realizzate nel periodo che va dal 1929 al 36 circa) per l’editore A. Traldi di Milano.

Tra le più interessanti fotosculture di Domenico Mastroianni custodite a Castello Ladislao ad Arpino ed esposte interamente nella recente sistemazione, vi è la serie della Divina Commedia dantesca, composta da 42 cartoline a monocromo (18 cartoline per l’Inferno; 14 del Purgatorio e 10 del Paradiso), edite da A. Traldi di Milano, e 12 della serie a colori. Sul retro una elegante decorazione in stile liberty con motivi vegetali separa gli spazî destinati al testo e all'indirizzo. In basso sono riportati i versi del canto dantesco. Le diverse dimensioni delle cartoline a colori lasciano intuire che siano state pubblicate almeno tre versioni.

Le cartoline dantesche costituiscono una piccola parte del fondo di fotosculture, il cui studio è stato avviato da poco più di un anno e in questa sede presentiamo alcuni risultati che hanno consentito di riscoprire la personalità di un artista, ben diversa da quell'immagine bohémien tramandata da certi studi forse troppo affrettati: un artista che ha saputo guidare il giovane irrequieto e per sua stessa ammissione, poco disciplinato Umberto Mastroianni verso la padronanza tecnica del mestiere dello scultore e verso un approccio alla materia vitale e innovativo, convogliando il ribollire energico della sua giovane fantasia. Quella creta recuperata sul greto del fiume Liri, con la sua femminea docilità e sensuale grazia era stata per Umberto come per Domenico il primo materiale, il più amato.

Riteniamo che, alla genesi della serie dantesca di Domenico Mastroianni, possa esserci un legame con la pubblicazione da parte di Vittorio Alinari del primo volume della Divina Commedia avvenuta nel 1902 (e l’anno successivo con i volumi sul Purgatorio e Paradiso), con le opere dei 31 artisti che avevano partecipato al concorso del 1900, tra i quali ricordiamo Alberto Martini, Duilio Cambellotti, Galileo Chini, Adolfo De Carolis, Giovanni Fattori. Queste opere, esposte nel 1901, erano state valutate dalla commissione del concorso anche in base alla resa finale che era affidata alla fotografia. Proprio per la sicurezza della forma particolarmente adatta alla riproduzione fotomeccanica vinse il primo premio Alberto Zardi, illustratore di Pinocchio. A Duilio Cambellotti andò il terzo premio. La pubblicazione Alinari maturò anche in rapporto alle celebrazioni dantesche volute dalla Società Dantesca Italiana già dal 1899 per celebrare il VI centenario dall’elezione di Dante a Priore delle Arti nel governo della Repubblica fiorentina, un interesse per Dante e per la Divina Commedia rinnovato dopo l’oblio del sei-settecento, alla fine del ‘700 e inizio ‘800 grazie ad artisti come Füssli e Flaxmann 10 .

Domenico Mastroianni attinge al repertorio delle incisioni di Gustave Doré. In molti casi sono rintracciabili citazioni e precisi rimandi a più di una incisione, fatto che dimostra attenzione, apprezzamento e sensibilità dell’artista arpinate per le scelte figurative del maestro francese.

In taluni casi Mastroianni si discosta dal suo modello per elaborare una soluzione personale.

Nella rappresentazione dell'incontro di Virgilio e Beatrice, (Inf. II, v. 70), infatti, le differenze con l'incisione di Doré sono totali e dimostrano al contempo una profonda conoscenza del testo letterario. Ed infatti il Virgilio della fotoscultura di Domenico Mastroianni rappresenta quella straordinaria similitudine dantesca del fiore che solleva la corolla verso il sole che lo ha riscaldato e ha sciolto il gelo notturno. Virgilio recupera il suo vigore e rivolge la sua attenzione a Beatrice (vv. 127 e ss), giovane e sensuale donna, a metà tra il cielo e la terra, colta nel momento in cui sta per atterrare avvolta da vesti leggere mosse dal vento. Beatrice è come sospesa nel desiderio di voler tornare e riprendere il suo posto tra le anime beate, ben diversa dalla Beatrice di Doré, donna in carne ed ossa con i piedi ben saldi sulla terra.

In alcune fotosculture, Domenico Mastroianni sembra indugiare su un aspetto, una espressione, un elemento naturalistico o paesaggistico. Sicuramente aggiunge la componente dinamica estranea a Doré, le cui incisioni sono tutte centrate su un unico elemento, quello maggiormente illuminato attorno al quale trovano spazio gli altri elementi figurativi che arricchiscono e completano la composizione. Domenico varia la scala, aumenta le proporzioni e varia i rapporti tra le figure e lo spazio; porta le figure su un piano più ravvicinato; studia gli sfondi con cura meticolosa; aggiunge dinamismo e aggiunge una componente di sensualità che si unisce a una rilettura attenta del testo dantesco, al quale attinge per il suo repertorio descrittivo delle emozioni. Una funzione fondamentale è assegnata alla luce, studiata con grande cura durante la posa fotografica.

Confrontando, ad esempio, le scene del primo canto dell’Inferno appaiono evidenti le differenze delle scelte poetiche dei due artisti e un’attenzione rivolta a diversi stati d’animo: in Doré prevalgono i sentimenti di angoscia e di paura, la consapevolezza della propria condizione che nel volto di Dante si traduce in timore. Mastroianni preferisce affrontare il tema dello smarrimento, dell’incredulità e dello stupore.

Doré, vale la pena ricordarlo, non aveva una approfondita formazione umanista tale da apportare variazioni e integrazioni successive alla sua personale riflessione su un testo letterario di grande complessità e cerca quindi di attenersi al senso letterario anche per il grande rispetto e la profonda ammirazione nei riguardi di Dante. L’artista francese ha quindi scelto i temi principali delle cantiche elaborando una iconografia con l'obiettivo di rendere Dante comprensibile anche al pubblico medio.

Mastroianni sceglie un formato sempre verticale, indugia sulla resa del paesaggio e organizza gli spazî e la profondità in modo tale da rivelare un trattamento della materia, sensuale e poetico, con alcune affinità ad esempio con Rodin, al quale Mastroianni non a torto è stato accostato.





NOTE

1 Questi ed altri brani sono ripresi dai testi autobiografici di U. Mastroianni, Il grido e l'eco, Bologna 1986 e L'ombra lunga, Roma, 1991.

2 A. Masi, La Fondazione Umberto Mastroianni, Roma, 1991.

3 La Fondazione Umberto Mastroianni ha dedicato ad Alberto Mastroianni per i 40 anni dalla sua scomparsa, una mostra ancora in corso presso il Castello Ladislao ad Arpino (fino al 25 gennaio 2015).

4 U. Mastroianni, L'ombra lunga, Roma 1991, p. 23.

5 U. Mastroianni, Il grido e l'eco, Bologna 1986, p. 18.

6A. Masi, La Fondazione Umberto Mastroianni, Roma, 1991.

7 F. Franco, ad vocem Mastroianni Umberto, in Dizionario Biografico degli italiani, 2008, vol. 72 (con bibliografia precedente).

8 U. Mastroianni, L'ombra lunga, Roma 1991, p. 23.

9 Ibidem.

10 La Commedia dipinta: i concorsi Alinari e il simbolismo in Toscana, Firenze, Alinari, 2002.






BIBLIOGRAFIA

U. Mastroianni, Il grido e l'eco, Bologna, 1986.

U. Mastroianni, L'ombra lunga, Roma, 1991.

A. Masi, La Fondazione Umberto Mastroianni, Roma, 1991.

La Commedia dipinta: i concorsi Alinari e il simbolismo in Toscana, Firenze, Alinari, 2002.

F. Franco, ad vocem Mastroianni Umberto, in Dizionario Biografico degli italiani, 2008, vol. 72 (con bibliografia precedente).

S. Papetti, a cura di, La filosofia del bello. Mode e modi di essere nell'Italia della Belle Epoque (cat. mostra, Civitanova Marche Alta, Auditorium Sant'Agostino, dal 16 luglio al 16 novembre 2011), Civitanova Marche, 2011.

L. Della Volpe, a cura di, Domenico Mastroianni (Arpino 1876 – Roma 1962). Cartoline dal viaggio dantesco, (Frosinone, Villa Comunale 25 gennaio – 8 febbraio 2014).










Fig. 1
DOMENICO MASTROIANNI, Buttero,
terracotta,
Arpino, Fondazione Umberto Mastroianni

Fig. 2
DOMENICO MASTROIANNI, Busto di giovane donna con cappellino,
terracotta,
Arpino, Fondazione Umberto Mastroianni

Fig. 3
DOMENICO MASTROIANNI, Io son Beatrice, Inferno c. II,
fotoscultura,
Arpino, Fondazione Umberto Mastroianni

Fig. 4
DOMENICO MASTROIANNI, Nel mezzo del cammin ..., Inferno c. I,
fotoscultura,
Arpino, Fondazione Umberto Mastroianni

Fig. 5
DOMENICO MASTROIANNI, Paolo e Francesca, Inferno c. V,
fotoscultura,
Arpino, Fondazione Umberto Mastroianni

Fig. 6
DOMENICO MASTROIANNI, Il celestial nocchiero, Purgatorio, c. II,
fotoscultura,
Arpino, Fondazione Umberto Mastroianni

Fig. 7
DOMENICO MASTROIANNI, L'oeuvre de Dieu,
fotoscultura,
Arpino, Fondazione Umberto Mastroianni

Fig. 8
Foto di Domenico Mastroianni




Foto cortesia Fondazione Umberto Mastroianni

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