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La Biennale di Venezia 2013: 55.a Esposizione Internazionale d'Arte  
Veronica Caliendo
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 27 Settembre 2013, n. 688
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Area Mostre

Il titolo scelto per la 55.a Esposizione Internazionale dArte che si svolgerà dal 1° giugno al 24 novembre 2013 ai Giardini e allArsenale, nonché in vari luoghi di Venezia, è Il Palazzo Enciclopedico, dal nome del museo immaginario progettato negli anni 50 da  Marino Auriti e posto allingresso dellArsenale.

Il curatore Massimiliano Gioni ha introdotto la scelta del tema evocando lartista auto-didatta italo-americano Marino Auriti che «il 16 novembre 1955 depositava presso lufficio brevetti statunitense i progetti per il suo Palazzo Enciclopedico, un museo immaginario che avrebbe dovuto ospitare tutto il sapere dellumanità, collezionando le più grandi scoperte del genere umano, dalla ruota al satellite. Limpresa di Auriti rimase naturalmente incompiuta, ma il sogno di una conoscenza universale e totalizzante attraversa la storia dellarte e dellumanità». [1]

M. Gioni, prende spunto, dunque, da questo museo immaginario posto allingresso dellArsenale per indagare «le cosmologie personali, i deliri di conoscenza che mettono in scena la sfida costante di conciliare il sé con luniverso, il soggettivo con il collettivo, il particolare con il generale, lindividuo con la cultura del suo tempo. Oggi, alle prese con il diluvio dellinformazione, questi tentativi di strutturare la conoscenza in sistemi omnicomprensivi ci appaiono ancora più necessari e ancor più disperati».  

La 55.a Esposizione Internazionale dArte indaga queste fughe dellimmaginazione in una mostra che come il Palazzo Enciclopedico di Auriti combina opere darte contemporanea, reperti storici e artefatti.

Con opere che spaziano dallinizio del secolo scorso a oggi, e con molte nuove produzioni, la mostra-museo include più di centocinquanta artisti provenienti da trentotto nazioni e si estende dal Padiglione Centrale dei giardini fino a tutto lArsenale. Concepita come un museo temporaneo, lesposizione sviluppa unindagine sui modi in cui le immagini sono utilizzate per organizzare la conoscenza e per dare forma alla nostra esperienza del mondo. Lesposizione adotta un approccio antropologico allo studio delle immagini, concentrandosi in particolare sulle funzioni dellimmaginazione e sul dominio dellimmaginario.

Indubbiamente la MOSTRA MUSEO di Gioni apre lo spazio espositivo a diverse sfumature e spunti riflessivi: il tentativo di salvare il Tempo dalla tirannia di Chronos e il tentativo di unindagine atta a comprendere oggi quale spazio è concesso allImmaginazione, al Sogno, alle Immagini interiori in unepoca assediata dalle immagini esteriori, dalla pioggia di dati. E che senso ha cercare di costruire unimmagine del mondo quando il mondo stesso si è fatto immagine ?

Del resto tutti iniziano il lungo viaggio verso la coscienza e la conoscenza immagazzinando dati e immagini e la mostra Il Palazzo Enciclopedico vorrebbe mostrare come siamo noi stessi media, manifestando di essere conduttori di immagini, di essere persino posseduti dalle immagini.  

E custodi della nostra memoria e delle immagini sono stati fino ad oggi i libri Conservare, salvare, catalogare le Immagini, la Memoria, è un aspetto del Palazzo Enciclopedico e inevitabilmente il pensiero va allopera di A. Kiefer che con la PAPESSA  realizzò larchivio della memoria indistruttibile e logoro al tempo stesso, una libreria di acciaio contenente oltre 200 libri sulle cui pagine di piombo lartista aveva impresso delle immagini già sbiadite, consunte e frammentarie. Esprimendo così’ il contrasto tra la contingenza della storia e laspirazione alleterna conoscenza.

Avere lopera di Kiefer sarebbe stato un buon inizio per la Biennale di Gioni che, invece, a sorpresa,  apre il Padiglione Italia ai Giardini con una presentazione del Libro Rosso di Carl Gustav Jung, un manoscritto illustrato al quale il celebre psicologo lavorò per più di sedici anni. «Raccolta di visioni auto-indotte, il Libro Rosso di Jung presentato per la prima volta in Italia e mai prima dora esposto accanto ad altre opere darte contemporanea - introduce una riflessione sulle immagini interiori e sui sogni che attraversa lintera mostra. Dal Liber Novus di Jung, passando per gli assemblage di Shinro Ohtake fino ai volumi di Xul Solar, la mostra celebra il libro questo oggetto ormai a rischio di estinzione come spazio-rifugio, luogo della conoscenza, strumento di auto-esplorazione e via di fuga nel dominio del fantastico. Yüksel Arslan disegna le tavole enciclopediche di una civiltà immaginaria che assomiglia a una versione non troppo distorta dellumanità. Lambizione di creare un opus magnum unopera che, come il Palazzo di Auriti, contenga e racconti tutto attraversa i disegni di Arslan e le illustrazioni della Genesi di R. Crumb, le cosmogonie di Frédéric Bruly Bouabrée e le leggende descritte da Papa Ibra Tall» [2] . 

Del resto la domanda se sia lArte a vincere il tempo trasformandolo nella propria essenza o sia il tempo a cancellare, distruggere lesistenza dellarte stessa è sempre argomento aperto.

LArsenale e il Padiglione centrale ai Giardini della Biennale scandiscono i passi di un tempo passato, presente e futuro, in uno scontro incessante tra ciò che resiste e ciò che si perde.

«Nei vasti spazi dellArsenale ridisegnati per loccasione - lesposizione è organizzata secondo una progressione dalle forme naturali a quelle artificiali, seguendo lo schema tipico delle WUNDERKAMMER cinquecentesche e seicentesche. In questi musei delle origini non dissimili dal Palazzo sognato da Auriti curiosità e meraviglia si mescolavano per comporre nuove immagini del mondo fondate su affinità elettive e simpatie magiche. Questa scienza combinatoria basata sullorganizzazione di oggetti e immagini eterogenee non è poi dissimile dalla cultura delliperconnettività contemporanea. Cataloghi, collezioni e tassonomie più o meno impazzite sono alla base di molte opere in mostra tra cui le fotografie di J.D. Okhai Ojeikere, le installazioni di Uri Aran, i video di Kan Xuan, i bestiari di Shinichi Sawada e i labirinti di Matt Mullican. Paweł Althamer compone un ritratto corale con una serie di novanta sculture». [3]  

La parola immagine è la parola chiave dellesposizione di Gioni che fa notare come IMAGO contiene nella sua etimologia una prossimità profonda con il corpo e con la morte: «in latino lIMAGO era la maschera di cera che i romani creavano come calco per preservare il volto dei defunti. A fare da contrasto al rumore bianco dellinformazione, uninstallazione di Walter De Maria esalta la purezza silenziosa e algida della geometria. Come tutte le opere di questo artista leggendario figura fondamentale dellarte concettuale, minimalista e della land art questa scultura astratta è il risultato di complessi calcoli numerologici, sintesi estrema delle infinite possibilità dellimmaginazione». [4]  

Del resto lidea che limmagine sia unentità viva, pulsante, dotata di poteri magici e capace di influenzare, trasformare, persino guarire lindividuo e lintero universo oggi ci appare come una concezione datata, offuscata da superstizioni arcaiche.

Eppure limmagine invade i nostri cellulari, i computer e lo scambio continuo di immagini le fa assurgere, in versione moderna, a quellarcaico potere talismanico.

Ma la precarietà, o provvisorietà del nuovo mondo di immagini porta a riconsiderare lArte come Immagine/Memoria, transitoria e permanente In questo senso, si può dire che la memoria non solo non è una lastra passiva, ma è una facoltà creativa, che non solo trasforma il passato in presente ma lo reinventa. Ed ecco: «Lesposizione raccoglie numerosi esempi di opere ed espressioni figurative che illustrano diverse modalità di visualizzare la conoscenza. Nelle sale del Padiglione Centrale i quadri astratti di Hilma af Klint, le interpretazioni simboliche delluniverso di Augustin Lesage, le divinazioni di Aleister Crowley si intrecciano alle opere di artisti contemporanei. La rappresentazione dellinvisibile è uno dei temi centrali della mostra e ritorna nelle cosmografie di Guo Fengyi e in quelle di Emma Kunz, nelle icone religiose e nelle danze macabre di JeanFrédéric Schnyder e nel video di Artur Żmijewski che filma un gruppo di non vedenti che dipingono il mondo a occhi chiusi». [5]

Luniverso tende in modo unidirezionale verso lequilibrio finale, verso una condizione di entropia massima. Ma durante questo viaggio la natura, e dunque luomo, e dunque lArte, creano strutture transitorie alimentate da flussi di energia e materia.

«Un simile senso di stupore cosmico pervade molte opere in mostra, dai film di Melvin Moti alle riflessioni sulla natura di Laurent Montaron, fino alle sublimi vedute di Thierry De Cordier. Le piccole ceramiche di Ron Nagle, le intricate geometrie floreali di Anna Zemánková, le mappe immaginarie di Geta Brătescu e i palinsesti dipinti di Varda Caivano descrivono un mondo interiore dove forme naturali e presenze immaginarie si sovrappongono. Queste corrispondenze segrete tra micro e macrocosmo ritornano nelle figure ieratiche di Marisa Merz e in quelle assai più carnali di Maria Lassnig: entrambe trasformano autoritratti e corpi in cifre delluniverso». [6]

Il TEMPO, la MEMORIA, lIMMAGINE, lo SPAZIO Il Palazzo Enciclopedico è una mostra sulle ossessioni e sul potere trasformativo dellimmaginazione.

Una serie di progetti esterni di John Bock, Ragnar Kjartansson (foto), Marco Paolini, Erik van Lieshout completa il percorso della mostra che si snoda fino alla fine dellArsenale, nel Giardino delle Vergini. Alcune di queste performance e installazioni si ispirano alla tradizione cinquecentesca dei teatri del mondo, rappresentazioni allegoriche del cosmo in cui attori e architetture effimere erano usate per costruire immagini simboliche delluniverso.

«Da queste e molte altre opere in mostra, Il Palazzo Enciclopedico emerge come una costruzione complessa ma fragile, unarchitettura del pensiero tanto fantastica quanto delirante. Dopo tutto, il modello stesso delle esposizioni biennali nasce dal desiderio impossibile di concentrare in un unico luogo gli infiniti mondi dellarte contemporanea: un compito che oggi appare assurdo e inebriante quanto il sogno di Auriti». [7]

Lunico grande rischio di tutte le riflessioni scaturite fino ad ora sul PALAZZO ENCICLOPEDICO di M. Gioni per la 55.a Esposizione Internazionale dArte è che questa bella mostra museo si trasformi agli occhi dello spettatore in una incredibile mostra celebrale , dove la ripetizione sembra quasi divenire lunico custode della memoria. E gli artisti ossequiano questa legge di natura duplicando, ripetendo  un segno, un oggetto, una fotografia in maniera quasi ossessivo-compulsiva. Quasi a dire che attraverso laccumulo dei ricordi la memoria costruisce la persona come insieme di idee. E lidentità si costruisce a poco a poco, in base allesperienza.

Certo è che con Il Palazzo Enciclopedico, Massimiliano Gioni, «assai più che portarci un elenco di artisti contemporanei, vuol riflettere sulle loro spinte creative e sembra portare ancora più avanti il quesito: ma qual è il mondo degli artisti ? » [8]

Il passato, il presente, il futuro In questa mostra sembra voler suggerire che lArte si pone rispetto al diluvio di immagini più come resistenza che semplice rimembranza.

«E’ resistenza come riscoperta e rivalutazione delle radici, riattualizzazione del passato, percepito come depositario del futuro. Il passato diventa presente, rivive non solo come passato, ma con tutte le potenzialità insite nel presente che si prospettano come semi d’avvenire, possibilità aperte sul futuro». [9]

 

 

-                     DallArchivio Biennale:

Massimiliano Gioni (Busto Arsizio, 1973) è curatore e critico di arte contemporanea.

Direttore artistico della Fondazione Nicola Trussardi di Milano, Gioni è Associate Director e Director of Exhibitions del New Museum of Contemporary Art di New York.

Nel 2010 ha diretto la 8. Biennale di Gwangiu essendone il più giovane direttore nonché il primo europeo.

Nel 2003 ha curato la mostra La Zona per la 50. Esposizione Internazionale dArte della Biennale di Venezia;

nel 2004 è stato il co-curatore della biennale di arte contemporanea itinerante Manifesta 5 e nel 2006 ha curato la 4. Biennale di Berlino in collaborazione con lartista Maurizio Cattelan e la curatrice Ali Subotnick.

Con Cattelan e Subotnick ha fondato la rivista Charley e lo spazio no profit The Wrong Gallery, inizialmente allestita nel 2002 a New York e ospitata nel 2005 alla Tate Modern di Londra.

Gioni ha curato innumerevoli mostre collettive tra cui si ricordano Ghosts in the Machine, Ostalgia e After Nature al New Museum e mostre personali di, tra gli altri, Pawel Althamer, Tacita Dean, Urs Fischer, Fischli e Weiss, Paul McCarthy, Pipilotti Rist, Anri Sala, Tino Sehgal, Paola Pivi.

Caporedattore della rivista Flash Art a New York dal 2000 al 2003, Gioni ha collaborato con importanti riviste darte contemporanea tra cui Artforum, Art Press, Frieze, Parkett e pubblicato saggi e cataloghi con Charta, Mondadori, Phaidon, Les Presses du Reel e Rizzoli.

 

 

 


NOTE

[1] M. Gioni, Il Palazzo Enciclopedico, cartella stampa della 55.a Esposizione Internazionale dArte.

[2] ID., Ibidem

[3] ID., Ibidem

[4] ID., Ibidem

[5] ID., Ibidem

[6] ID., Ibidem

[7] ID., Ibidem

[8]  Paolo Baratta, Una mostra-ricerca, cartella stampa della 55.a Esposizione Internazionale dArte

[9]   Franco Ferrarotti, Memoria e Identità, Ed. Sigma Tau, n. 59, ottobre 1994.

 






Fig. 1
(USA) Marino AURITI,
Il Palazzo Enciclopedico,
Venezia, Biennale, Arsenale

Fig. 2
(Svizzera) Pamela ROSENKRANZ,
Because they try to bore holes in my greatest and most beautiful work,
Venezia, Biennale, Arsenale

Fig. 3
(USA) Paul McCARTHY,
Cildren's Anatomical Educational Figure,
Venezia, Biennale, Arsenale

Fig. 4
(Polonia) Pawel ALTHAMER,
Venetians,
Venezia, Biennale, Arsenale

Fig. 5
(Svezia) Linda FREGNI NAGLER,
The Hidden Mother,
Venezia, Biennale, Arsenale

Fig. 6
(Svizzera) Pamela ROSENKRANZ,
Because they try to bore holes in my greatest and most beautiful work,
Venezia, Biennale, Arsenale

Fig. 7
(Romania) Stefan BERTALAN,
Racastie,
Venezia, Biennale, Arsenale

Fig. 8
(USA) Antoni TAPIES,
Senza titolo 1999,
Venezia, Biennale, Museo di Palazzo Fortuny

Fig. 9
(Iceland) Ragnar KIARTANSSON,
S.S. Hangover,
Venezia, Biennale, Giardino delle Vergini

Fig. 10
(Cile) Alfredo JAAR,
Venezia, Biennale, Padiglione del Cile

Fig. 11
(Cile) Alfredo JAAR,
Venezia, Biennale, Padiglione del Cile

Fig. 12
(Archivi Farabola)
Lucio Fontana visita il suo studio a Milano nel 1946 Alfredo JAAR
Venezia, Biennale, Padiglione del Cile

Fig. 13
(Bolivia) Sonia FALCONER,
Campo de Color,
Venezia, Biennale, Padiglione IILA

Fig. 14
(Repubblica Ceca) Josef KOUDELKA,
De Creazione,
Venezia, Biennale, Padiglione Santa Sede

Fig. 15
(Italia) STUDIO AZZURRO,
In Principio,
Venezia, Biennale, Padiglione Santa Sede





	

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