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Ertè. Fascino e Seduzione Decò

Roma,
Museo del Corso,
25 lug. - 28 ott. 2001

Natascia Moroni
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 28 agosto 2001, n. 279
http://www.bta.it/txt/a0/02/bta00279.html
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Area Mostre

Continua al Museo del Corso il viaggio alla scoperta e all'approfondimento delle grandi personalità che hanno fatto la storia del costume agli inizi del XX secolo. Dopo Gabriele D'Annunzio l'attenzione si sposta su Romain de Tirtoff, russo trapiantato a Parigi, in arte Ertè. Nato nel 1892 a San Pietroburgo e trasferitosi in Francia a soli 19 anni, Ertè fu artista e personaggio straordinario, uno dei massimi rappresentanti di quel movimento "totale" che fu l'Art Decò. Morto nel 1990, pittore, scultore, designer, disegnatore di moda e gioielli, venne alla ribalta come collaboratore di Harper's Bazaar e prodigò il proprio genio creativo come scenografo e costumista per i caleidoscopici e scintillanti musical di Brodway e per le gigantesche e sfarzose produzioni cinematografiche hollywoodiane. Lo stile di Ertè è sottile, eccessivo e fascinoso; il soggetto preferito delle sue opere è la donna, vestita e svestita di gioielli, lunghi fili di perle, paillettes, piume, pellicce e sete trasparenti. Una donna-pantera, esotica e sfacciata, musa irraggiungibile che tiene al guinzaglio colombe, animale da ammirare, affascinante e seduttiva. Le opere di Ertè esposte, quasi tutte gouache su carta e cartoncino unita a pigmenti dorati e argentati per l'effetto-gioiello, combinazione prediletta dall'artista che usava anche tradurre tridimensionalmente i modelli così realizzati in piccole sculture laccate e colorate, si muovono sul filo di un simbolismo estetizzante ed elegante. Non si può non rimanere incantati dinanzi ad opere come Artic sea (1981) o Fire Bird (1987) dove una linea immaginata ed immaginaria costruisce figure di un'eleganza estenuata ed altissima, eccessiva, struggentemente bella ed esteticamente incommensurabile.

Le donne "flapal" degli anni '20, così rappresentate dall'artista russo, che sbattono con arte le lunghe ciglia segnate dal kohl, per far librare oltre messaggi densi di fascino, appaiono nelle sue opere leggiadre e trasparenti, lontane perfino dal regno dei sensi a cui invece dovrebbero così profondamente appartenere. Roma non ha potuto però, purtroppo, almeno fin'ora, conoscere da vicino il Roman de Tirtoff apprezzatissimo disegnatore di gioielli, visto che per un furto avvenuto prima della partenza dagli USA le teche destinate ai preziosi appaiono tristemente vuote.

L'esposizione, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Roma, curata da Franco Maria Messina e coordinata da Audrey Boss, rimarrà aperta sino alla fine del mese di ottobre e consigliabile è una visità alla scoperta di un artista così poco conosciuto dalle grandi masse ma sulle cui opere si basa così larga parte di un certo strato di cultura contemporanea. Se non avete mai visitato l'accogliente e centralissimo museo del Corso non avrete problemi ora a trovarlo sulla via ben nota da cui prende il nome visti i giganteschi pupazzoni a cornice dell'ingresso che ripetono, centuplicandola, una delle raffinatissime sculture dell'artista russo. Lo stesso ricchissimo allestimento interno, curato dallo scenografo americano Watson e dall'architetto Furfaro, realizzato con simpatiche silohuettes che mimano ambienti simil-anni '20, non dovranno distrarvi o farvi perdere di vista l'eleganza estrema delle opere esposte. Assodato quindi che, con molta probabilità, la statunitense e paiellattata aria allestita, un po' cartoon da giostra e un po' schickitsch, si sposerà con forza con le affascinanti donzelle dorate di Monsieur de Tirtoff, andiamo a cuor leggero e mente aperta ad assistere alla cerimonia e soprattutto, viva la sposa !

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