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Paolo Gioli
Fotografie - Dipinti - Grafica - Film
Roma, Palazzo delle Esposizioni
17 gennaio -
28 febbraio 1996
Tiziana Litteri
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 11 luglio 2000, n. 125 (29 gennaio 1996)
http://www.bta.it/txt/a0/01/bta00125.html
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Area Mostre

Percorso - indagine della mostra

Addentrare e Rientrare attraverso la luce.

L'inizo del percorso si apre con una tela serigrafica di grandi dimensioni dal titolo significativo di Travasi (in quanto vengono a coincidere più arti, quali la serigrafia, propria della pittura, e la fotografia) realizzata da Gioli mediante la tecnica del fotofinish ottenuto mediante una rielaborazione della meccanica della macchina fotografica al cui interno aveva inserito un obbiettivo inciso da lui stesso. Si tratta di un' opera che fornisce il presupposto conoscitivo dell' operato tecnico di Gioli: la base della sua metodologia consiste nel rieleborare, reinterpretare i mezzi tecnologici industriali, quale appunto la macchina fotografica, manomettendoli, scomponendoli, dando un' alternativa di esecuzione all' artista e alla materia che si viene così a realizzare.

E' inevitabile notare le rispondenze e gli influssi della Pop Art minimalista che Gioli fa propri in seguito al suo soggiorno negli Stati Uniti tra l' autunno del '67 e l'atunno del '68, in cui studia a New York con Leoncastelli. E' un periodo in cui viene a contatto con l'opera di Warhol (tra l'altro abitava in un loft accanto al suo) e con quella di Rauschemberg, per non parlare poi del New American Cinema che gli farà abbandonare definitivamente la pittura per dedicarsi alla fotografia.

Lungo la parete dello scalone di accesso sono sistemate otto grandi stampe (ingrandimenti di microimmagini) su Cibachrome da Polaroid (la macchina usata è la Sx 70) realizzate attraverso il foro di una conchiglia "Architettonica" trovata dall'artista (si pensa che sia stato lo stesso Gioli a forarla !). Da qui il nome della serie di ingrandimenti, "Conchiglia dissoluta", realizzati tra il 1990 e il 1995. Raffigurano parti del corpo femminile, uno dei temi che Gioli ha maggiormente indagato ispirandosi al movimento americano della Body Art. Si notano i bordi delle immagini spesso smerlati, quasi contorniati da una "centinatura" che deriva dal foro della conchiglia e che si avvicina a quelle dei polittici rinascimentali. Gioli nasce in un paesino del polesine, Sarzano di Rovigo, nel 1942; poverissimo, dopo aver conosciuto a Rovigo lo scultore Virgilio Milani, frequenta dal 1960 al 1963 la Scuola Libera del Nudo all'Accademia di Belle Arti di Venezia, iniziando a formarsi artisticamente attraverso le riproduzioni della collana di fascicoli dei Fratelli Fabbri, i Maestri del Colore. Ecco che l'opera d'arte moderna e contemporanea si fa strada in lui attraverso le riproduzioni a colori che egli aspettava con ansia in edicola ogni settimana.

Poco distante vi è il libro che raccoglie le immagini Polaroid e la conchiglia stessa.

Nell' atrio ci si trova dinanzi ad un ambiente che simboleggia l' interno di una camera oscura che Gioli ha forato su un lato. Questa camera oscura nasce proprio perchè Gioli, pur avvalendosi di mezzi tecnici per le sue sperimentazioni, paradossalmente nega tutto ciò che riguarda l' uso delle tecnologie industriali. Maxicamera stenopeica (la parola "stenopeico" deriva dal greco stenos=piccolo, op=guardare): si tratta di un cubo di legno costruito da Gioli in cui un lato è forato al centro da un microforo. Nel lato corrispondente viene introdotto un foglio di Cibachrome di grande formato come sono le tre opere esposte. La luce naturale passando attraverso il foro colpisce il Cibachrome durante un' esposizione di un'ora e mezza. In questo modo Gioli si rifà a procedimenti della protofotografia (se si pensa che il tempo di esposizione della prima fotografia della storia realizzata nell'Ottocento da Niepce fu di dieci ore!). In un secondo momento Gioli pone sull' immagine ottenuta delle "gelatine" di diversi colori coprendo la parte centrale dell'immagine e lasciando i bordi scoperti; sottopone per qualche istante il materiale alla luce notando come l'immagine cambi il colore di fondo originario e come i bordi non coperti risultino con delle parti di colore molto vivido quasi da cancellare l' immagine di partenza. Le immagini raffigurate sono Paesaggio polesano stenopeico e Vedute maledette realizzate nel 1981 e nel 1986.

Si contrappone alla maxicamera stenopeica, all'imbocco del primo corridoio, una microcamera stenopeica ottenuta attraverso il foro di un bottone automatico, con la quale Gioli realizza tra il 1972-77 una serie di riprese dal titolo Spiracolografie. da una di esse Gioli ha tratto un'opera successiva in Polaroid formato 25x25 e una serie di tele serigrafiche, Nudo illuminato e lasciato solo, del 1975, che si trova nel primo corridoio: l'accostamento fra tecniche fotografiche diverse e tecniche della serigrafia vuole dare una prima informazione sulla caratteristica di interdisciplina- rietà dell' opera di Gioli. In particolare si tratta di tele serigrafiche che hanno sempre come base di partenza un'immagine fotografica microstenopeica o un'immagine derivata dal fotofinish oppure ancora da un fotogramma tratto da un film dell'autore proiettato su uno schermo in cui vi è un'altra immagine in movimento ("Senza titolo", tele serigrafiche daTraumatografo 1975). Gioli intuisce che muovendo la macchina fotografica in senso contrario rispetto al movimento dell'immagine proiettata, essa si allarga o si rimpicciolisce ottenendo così, effetti espressivi notevolmente differenti tra loro.

Sul corridoio che si apre a destra del percorso, la mostra presenta una nutrita serie di fotografie realizzate con la tecnica del fotofinish, realizzate incidendo sull'obiettivo anche più tagli (arriva a sei), dal 1973 ad oggi.

Dalle prime opere della metà degli anni '70 (Braccio solitario con due mani, Volto con archipendolo, Figura solitaria e ingegnosa) a opere recentissime realizzate in occasione di questa mostra (Volto dell'impronta, Volto cervello, Volto delle note), Gioli ha individuato come punto di passaggio della luce nella fotocamera fotofinish prima un'essenziale linea, poi linee curve, angoli e poi via via più complessi, come la firma di una persona, la traccia della tela di un ragno, un ramoscello, un'impronta digitale, alcune note musicali e alcuni innumerevoli segni. Le immagini fotofinish si caratterizzano per la gran plasticità e la forte drammatizzazione a cui le figure vengono sottoposte.

Nella nicchia della stessa parete il libro fotografico Dadathustra, 1976.

In fondo al corridoio centrale vi è uno spazio riservato alle opere litografiche a colori che Gioli ha realizzato a metà anni Settanta, Ispezione e tracciamento sul rettangolo e Immagini disturbate da un intenso parassita. Le immagini di partenza sono tratte dal video e questo conferma come sovente la potenzialità espressiva di Gioli si attui proprio nel porre in collegamento e nel contaminare fra loro tecniche dell' immagine diverse.

A destra del corridoio si apre la Sala della pittura che comprende dipinti, disegni, alcune litografie in bianco e nero e alcune tele serigrafiche, opere datate dal 1965 al 1975. Si ritorna quindi agli esordi dell' artista in cui egli propone delle tele frutto delle sue rielaborazioni della Storia dell' Arte contemporanea influenzato dallo stile di Boccioni. A questo si aggiunga il fatto che negli anni in cui era studente a Venezia arrivano alla casa di Peggy Gughenaim gli artisti della Pop Art che influenzeranno moltissimo Gioli nelle stesure piatte di colore (siamo intorno al 1964).

Di notevole importanza in questa sala sono due trittici ad angolo di grandi dimensioni= Grande proiezione orizzontale del 1969 e Cono di luce del 1972: il primo mette in scena il fascio dei raggi di luce emessi da un proiettore e tutte le infinite figure presenti nel pulviscolo atmosferico che esso evidenzia; il secondo presenta anche inserti di stampe fotografiche tratte da fotogrammi di film dell'autore ed è una sorta di "scatola" prospettica proiettata in trompe-l'oeil. Nella sala sono presenti anche due grandi disegni su carta, Utensile scomponibile, del 1967 e The Big Lens, del 1968, dinamici oggetti dalla geometria surreale.

Lo stesso meccanismo di costruzione di geometrie impossibili è rintracciabile in alcune litografie in bianco e nero realizzate da Gioli nel 1967, Oggetti improbabili.

Di fronte alla Sala della pittura si apre la Rotonda della Fotografia che presenta la produzione fotografica di Gioli, realizzata essenzialmente in Polaroid di formati diversi dagli anni 1977-78 ad oggi. Il lavoro di Gioli ruota intorno ai classici temi del corpo femminile, del corpo maschile, del volto, della natura: senza perdere di vista il problema della raffigurazione Gioli attraverso l'invenzione di tecniche diverse ha lavorato a lungo operando stratificazioni materiche, invasioni gestuali che vanno a disturbare l'integrità delle figure.

Molte delle riprese sono realizzate con macchine con foro stenopeico, come alcuni Autoritratti iniziali, la serie dei Nudi telati, le prime serie di trasferti Polaroid su carta da disegno dedicati a Hyppolite Bayard e alcune composizioni formate da più Polaroid come Corpo a cuspide, Dentro il triangolo, Corpo recto-verso, Nudo spostato verso l'alto, del 1980-81.

Una parte di opere, invece, è realizzata con la camera ottica di grandi dimensioni che la Polaroid mette a disposizione degli artisti: la serie di Autoanatomie del 1986, le Maschere del 1988, le Lastre del 1992, la recente serie dei Torsi di Sebastiano, del 1992-'93, ispirata alla pittura rinascimentale veneziana di Giovanni Bellini, e Calchi del 1994.

Un settore della rotonda è dedicato ad un serie di omaggi a protofotografi (Omaggio a Niepce del 1983 e 1989, Cameron Obscura del 1981, Eakins Marey-L'uomo scomposto, 1982-83) o a pittori come Piero della Francesca, Mantegna, Signorelli, Durer, Van Gogh, una sorta di personale museo che Gioli aveva in progetto di organizzare, con il quale rivive alcune immagini della Storia dell'Arte.

Infine la Rotonda offre uno "Spazio-Luna" con riprese della luna attraverso un lungo tubo di cartone, detto Tubo Stenopeico (fra queste la Grande Luna Stenopeica, del 1991-'95, immagine Polaroid stampata su Cibachrome, e alcune seguenze Polaroid in bianco e nero, del 1985), e immagini a contatto realizzate alla luce lunare (Contatto lunare, del 1994-'95).



	
 

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