FILM



La decisione di occuparsi di film accadde in un momento di profonda insoddisfazione e forse noia per la pittura. Nel 1964 Warhol dichiarò di lasciare definitivamente la pittura per la cinematografia. In realtà, non ci fu mai una reale astensioine e probabilmente questa dichiarazione aveva lo stesso carattere provocatorio di quella espressa nel 1917 da Duchamp.

La caratteristica più eclatante dei film di Warhol è sicuramente la riduzione al minimo degli elementi. Essa consente di stimare il valore del mezzo filmico, le sue dinamiche e le sue condizioni di produzione. Il trattamento delle immagini è molto simile a quello che Warhol riserva ai suoi quadri, dei quali intensifica il carattere oggettuale. Infatti, tutti i film dal 1963 al 1968 tendono a rendere lo spettatore conscio della presenza dello strumento filmico, grazie all'uso di tropi, ovvero di espedienti tecnici che interrompono l'attenzione dal contenuto della comunicazione per indirizzarla sul mezzo, impedendo, quindi, anche ogni possibile identificazione dello spettatore con i personaggi stessi.

I primi film erano muti e vennero realizzati con una cinepresa Bolex, nel 1963, e con una Auricon a partire dal 1964. La Bolex non consentiva una maneggevolezza agile e quindi la tecnica della cinepresa fissa, al di là del suo valore formale, rappresentava, come ammise lo stesso Warhol, "la cosa più semplice da fare".

I protagonisti di questa prima fase sono gli stessi frequentatori della Factory, lo studio di Warhol, frequentato da curiosi e aspiranti star o artisti, quasi mai, comunque, attori professionisti. Questi "portrait films", in effetti, sono semplici registrazioni prive di un tessuto narrativo.

Un esempio interessante dell'uso della macchina da presa fissa è Horse, per il quale una camera era stata piazzata di fronte l'ingresso dell'ascensore. Mentre visitatori inaspettati invadono inconsapevolmente lo spazio scenico, gran parte dell'azione accade fuori di esso, o ai suoi margini (il telefono era posto accanto all'ingresso dell'ascensore), lasciando lo spettatore in uno stato di confusione e di frustrazione per l'assenza di un riferimento su cui concentrarsi.
Una interessante eccezione alla cinepresa fissa è Space, per il quale Warhol aveva chiesto espressamente al cameraman di muovere continuamente la macchina da presa. Nonostante il cambiamento l'effetto finale è comunque di stasi e di isolamento, creato da diversi personaggi che leggono testi su vari soggetti assolutamente disconnessi tra loro.

In Blow Job (1963) tutta la tensione dello spettatore è rivolta a ciò che accade fuori dall'inquadratura. Lo stesso titolo (fellatio) crea l'aspettativa di un film pornografico ma in realtà ciò che si vede dell'atto erotico omosessuale è solo il volto di un ragazzo, le cui espressioni riflettono ciò che accade fuori campo. L'effetto finale è ancora di una forte frustrazione dello spettatore le cui aspettative sono negate e prolungatamente rinnovate.

Il secondo tropo a cui Warhol ricorre per creare una condizione di spiazzamento dello spettatore è l'inquadratura lunga, che diede vita a film di lunghissima durata come Empire (1964), che consiste nella registrazione di otto ore dell'Empire State Building dalla sera alla mattina del giorno successivo. In Blow Job, lo spettatore si trova in una posizione voyeristica, dalla quale l'Empire State Building appare un simbolo fallico, oltre che ovviamente un simbolo dell'opulenza americana.

L'eroticizzazione della visione è resa particolarmente viva dal rallentamento della velocità di proiezione. Le riprese venivano effettuate con 24 frames al secondo e poi proiettate a 16 frames al secondo, che è la velocità dei vecchi film muti. Il primo esempio di questo tipo è Kiss (1963), che ha per soggetto delle coppie che si baciano. Altri esempi sono i ritratti, che Warhol preparava prendendo delle fotografie di possibili performers.

Sempre nel 1963 Warhol realizza due film che ritraggono gesti quotidiani. Eat mostra l'artista Robert Indiana che mangia e gioca con un gatto. Secondo Aprà, questo film potrebbe considerarsi una vera e propria rilettura del cortometraggio girato da Louis Lumière nel 1895 alla famiglia di Auguste Lumière a tavola. D'altra parte, questo non è l'unico riferimento al cinema muto. Probabilmente anche la serie di cortometraggi Kiss si rifà alla pellicola di Raff Gammon del 1896 dal titolo The May Irvin - John C. Rise Kiss.

L'altro film su un gesto quotidiano è Sleep. Esso rappresenta un uomo che dorme.Ancora una volta la velocità rallentata di proiezione consente alle inquadrature di mostrare movimenti altrimenti impercettibili, come quello del petto che respira o degli occhi. C. F. Stuckey ha suggerito una possibile fonte di ispirazione per il soggetto di questo film, uno scritto di Andrè Breton: "Niente mi ha affascinato di più che una serie di fotografie pubblicate da una rivista americana, riproducenti alcuni atteggiamenti assunti da un uomo mentre dormiva. Avrei preferito che i suoi movimenti fossero stati filmati senza interruzione".

La scelta di filmare dei gesti quotidiani veniva spiegata da Warhol in questo modo: "la gente di solito va al cinema solo per vedere il divo, per divorarlo, per cui finalmente nei miei film si ha modo di guardare il divo tutto il tempo che si vuole, indipendentemente da ciò che fa, e divoraselo finche si vuole. Ed era anche più facile da fare".

Tra i primi film col sonoro, Chelsea Girls fu quello che suscitò maggior successo e scalpore, soprattutto per il soggetto "basso". Le storie che accadono in diverse stanze di un albergo vengono proiettate su due schermi contemporaneamente. L'impossibilità di seguire contemporaneamente ciò che accade sui due schermi fa sorgere il problema della rappresentazione e dell'evidenza dello stesso strumento cinematografico.

La critica degli anni '60 e '70 aveva posizioni abbastanza eterogenee. Alcuni hanno voluto vedere nell'uso sconsiderato di stupefacenti da parte dei personaggi, una analogia con l'uso del napalm nella guerra del Vietnam. Altri hanno sottolineato invece l'assoluta mancanza di sentimento e quindi anche di coinvolgimento rispetto agli accadimenti politici dell'epoca. Infine, altri hanno considerato le azioni autodistruttive, come l'uso di droga o di rapporti sessuali promiscui, come un'espressione di autocompiangimento da parte di Warhol.
La critica più recente ha invece preso in considerazione il valore simbolico di questo genere di film, e in particolare il valore che Warhol attribuiva ai suoi personaggi. Essi rappresentano delle alternative alle star di Hollywood, proprio per ovviare alla crisi dello star-system che lo stesso Warhol aveva espresso nei ritratti di celebrità, assimilandoli alla serie sulla morte. La scelta dei travestiti come attori è una conferma della nostalgia che Warhol provava per i mitici anni cinquanta, quando afferma che "I travestiti sono archivi della femminilità ideale del cinema. Loro mettono in scena un servizio documentaristico".

Dal 1965 l'uso della camera da presa Auricon consentì l'introduzione dell'audio.

Negli ultimi film, come Lonesome Cowboys e Imitation of Christ, l'espediente tecnico più usato era lo strobe cut (il taglio improvviso). Esso consiste nel montaggio di due pellicole, o di due sequenze, attraverso il passaggio da un'immagine bianca, che costituisce una rottura, una specie di noia visiva, simile a quella che in pittura Warhol aveva imparato da Johns.

L'interruzione brusca riporta lo spettatore alla "realta" , abbanonando momentaneamente la realtà cinematografica e rendendo pressoché impossibile l'identificazione dello spettatore con i personaggi. Questo tipo di montaggio era particolarmente semplice perché si poteva effettuare dalla stessa macchina da presa senza passare per la cabina di montaggio. Riguardo lo strobe cut Warhol sostieneva che "rendesse il film più misterioso".

Simile allo strobe cut, è la proiezione del film dall'iniziale sfondo bianco fino all'uscita bianca, il "white out", che causava "nel mezzo di così tanto materiale noioso, un evento drammatico".

Un altra tecnica che produce un effetto scioccante è lo zooming as zooming, cioè uno zoom senza particolare funzione, se non quella di destabilizzare la concentrazione e quindi di, riportare di nuovo, come negli altri espedienti tecnici, l'attenzione verso la struttura filmica in se. Esempio di questo tipo sono sia Restaurant, dove la telecamera, invece di riprendere i personaggi che pranzano al ristorante, si sofferma sul tavolo, e Lonesome Cowboys dove Warhol perde molti momenti significanti, come quando Viva sta per cadere nel fango per riprendere un cartellone della strada.

In Space e Hedy (1966), l'effetto disturbante dello zoom è aumentato dal continuo movimento della macchina da presa. In Hedy la telecamera si muove continuamente dal pavimento al soffitto del negozio nel quale la protagonista sta rubacchiando degli oggetti.

Il filone tematico degli ultimi film ha spinto P. Smith a chiamarli il cinema della "Crudeltà", riferendosi al teatro di Artaud, per il quale ogni azione è crudele e deve essere portata sulla scena. Tutti gli ultimi film presentano personaggi al limite della degradazione umana, in preda dell'alcool, come in Drunk, nel quale Emile de Antonio ha effettivamente rischiato la vita assumendo dosi pericolose di alcolici, o sotto l'influsso di anfetamine, come in Kitchen, dove la protagonista Edie Sedwick stenta a ricordare le battute, o come sadici esecutori di un copione sadomasochista che prevede l'uccisione di un cavallo come in Horse.

Un altro tema ricorrente nei film di Warhol è l'omosessualità, nella sua dimensione più spettacolare, ovvero narcisista e voyeristica. L'atteggiamento di Warhol verso questo tema, come verso la crudeltà e il sadismo messo in scena dai suoi personaggi, è assolutamente distaccato e impassibile. Non c'è un solo elemento formale che possa determinare una connotazione moralistica o emotiva per ciò che accade sulla pellicola. Ogni espediente tecnico è mirato a "gestire" l'attenzione dello spettatore e a decostruire le regole del cinema hollywoodiano.



di Francesca Romana Orlando


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