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Musée des Confluences di COOP HIMMELB (L) AU
 

Claudia Stivali
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 22 Agosto 2018, n. 853
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Area Architettura

1. Modelli non geometrici nella progettazione architettonica contemporanea

Nel corso della storia del post dopoguerra, il processo ideativo della progettazione architettonica si focalizza sempre di più su alcuni elementi: sulla valenza del segno comunicativo; sulla percezione come vivibilità estesa a tutte le disabilità, la cosiddetta Total Quality; sull’attenzione ambientale; sulle esigenze di una committenza sempre più partecipe al processo decisionale nel progetto.

In tutto questo cammino, la storia della simmetria – una categoria ben impressa nel DNA di tutti - appartenente al codice classico, negata o rielaborata dal codice del movimento moderno a partire dalla rivoluzione industriale e più marcatamente dal novecento, resta fino agli anni sessanta, un riferimento linguistico.

Un significativo cambiamento avverrà con l’evoluzione di alcuni modelli progettuali. Le tematiche trattate che, a tutt’oggi, sono integrate in modo complesso e transdisciplinare nei concetti di ecosistema socio-culturale, derivano dal panorama che tratteggeremo brevemente nell’ambito ideativo-compositivo dell’architettura, ponendo l’accento sul fatto che la geometria, intesa come struttura aprioristica o di supporto alla composizione spaziale autoreferente, non detta più il codice classico-moderno dell’architettura dall’ultimo decennio del secolo scorso.

Già dagli anni ‘20, infatti, la forma si plasma sul modello prestazionale, per cui il russo-tedesco-israeliano Klein, studiava il problema residenziale nell’ottica dell’uso delle risorse. Il modello strutturalista (1973) con l’olandese Habraken, si serviva di una griglia funzionale a scala urbana prevedendo la flessibilità della personalizzazione per la residenza. Più recentemente, nei primi anni ‘90, con l’apporto, ancora olandese, del gruppo MVRDV si poneva l’obiettivo dell’integrazione sociale e ambientale per limitare l’impatto degli edifici, secondo un modello oggettivo [1] .

Proprio per la crescente problematica dei temi ancora oggi considerati nella pratica della progettazione nell’ottica dei “sistemi” complessi, i modelli cui si è accennato prepararono la concezione della forma nell’architettura allo scatto fuori dalla relazione classico-anticlassico.

Tra gli anni ‘60/‘80, infatti, ci si distacca dal concetto di centro e di simmetria con l’apporto di alcuni gruppi di architetti: con il decostruttivismo di Coop Himmelb(l)au, fondato da Wolf D. Prix, Helmut Swiczinsky e Michael Holzen; nella ricerca della decomposizione del codice classico come in Robert Venturi; con il formalismo di Zaha Hadid, Frank Owen Gehry, Peter Eisenman [2] .

 

2. Consistenza liquida

Tale scatto avviene perché si cerca di considerare e di integrare la complessità dello stato di salute del pianeta con le emergenze di flussi migratori e la qualità di vita delle popolazioni. Sarà con l’avvento dell’informatica della fine degli anni Ottanta che si estende e si delinea ancora in modo più rivoluzionario il processo di progettazione inteso come “sistema”, in cui entra il concetto del tempo che supera la tridimensionalità dello spazio; il tempo dell’attuale si precisa in modo sostanziale dal tempo del presente [3] .

Il concetto di movimento ridisegna l’esperienza dello spazio e lo “genera” ogni volta nel processo di formulazione del diagramma in fase ideativa e non ancora forma. Nel processo progettuale si passa dunque dalla definizione del diagramma, alla definizione dello spazio e non più dall’idea alla forma [4] .

Il modello “decisionale-diagrammatico” è il contenuto che si fa forma. Un contenuto che nasce dall’interazioni tra necessità, priorità, funzionalità e risorse a disposizione e quindi la sua forma assume aspetti il più possibile flessibili e trasformabili sul piano materiale.

Una definizione di diagramma è data dai coniugi Ben Van Berkel architetto e Caroline Bos storico dell’arte: “I diagrammi sono di grande aiuto, sono una sorta di mappe, possono sembrare astratte, ma mirano sempre a qualcosa. Puntano all’organizzazione: dello spazio, o del tempo, o del movimento, o di fenomeni astratti ma non per questo meno importanti nella realtà.” [5] .

È interessante osservare e riflettere sul caso del Museo delle Confluenze a Lione, di Coop Himmelb(l)au che, seppure terminato nel 2014, presenta, a nostro parere, sia caratteristiche liquide sia formalismi classico-moderni. Nel risultato finale si può dire che il museo, pur avendo alcuni caratteri, propri del linguaggio dell’architettura liquida, cioè forme curve, leggerezza, continuum dentro-fuori, linee oblique, asimmetria, forme a spirale, ripetitività frattale, possibili disorientamenti trattando temi quali il labirinto o le specchiature, assume una forma di architettura a sé stante, in cui, ad esempio, la perdita del centro e della simmetria permangono ma in modo trasformato. Essa è fuori dal dualismo classico-anticlassico e, pertanto, è anche indifferente all’idea di liquidità intesa come una corrente architettonica dai contorni precisi.

Il concetto di Architettura Liquida è stato adottato nel 1993 dal ricercatore venezuelano Marcos Novak che parla del cyberspazio nel senso di una virtualità attribuita anche allo spazio [6], ripresa dalla teoria di Zygmunt Bauman: “Una società può essere definita liquido/moderna se le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure” dice nella sua Vita liquida. La liquidità del flusso delle trasformazioni multiscalari della comunità glocale, cerca comunque di inverarsi in una forma consistente fatta di materia fisica e tangibile, oltre che di ambienti virtuali. Le nuove generazioni di progettisti usano modelli dinamici ed interconnessi.

«Se in informatica non esistono dati, ma solo informazioni, allora in informatica è tutto in formazione. (...) Quindi l’in/formazione è, per definizione, una massa fluida che deve prendere “ancora” forma» [7] .

L’alfabeto o la sintassi della forma dell’architettura liquida, dunque, hanno la possibilità di essere codificati? O non si è già caduti in contraddizione nel tentativo stesso di classificarli?

Oggi, al 2017, si puà aggiungere altro alla teoria del processo di progettazione architettonica, facendo consapevolezza della compresenza di più esigenze da parte di attori-fruitori, dell’importanza del percorso interiore del progettista attraverso la conoscenza e la sensibilità alle altre realtà, ma soprattutto con l’intenzione di «“esserci” in architettura, (…) arrivare a definire se stessi cercando di capire il discorso altrui (…), non per essere migliori ma differenti. (…)  La questione dell’identità (…) e della pratica dell’architettura (…) deve confrontarsi con processi esterni in continuo cambiamento» [8] .

 

3. Il ruolo del museo contemporaneo

Il museo è sede di attività privilegiate in quanto rappresentative sia della società stessa che in quanto rappresentativa dell’attenzione posta alla memoria e al valore culturale della civiltà.

Occorre evidenziare come il ruolo del Museo abbia una valenza identitaria e di emblema culturale della città. L’architettura del museo in particolare, ha assunto la funzione catartica di cambiare il volto della città come polo di attrazione sociale, turistica, politica anche fuori della stessa nazione. Si possono citare il Beabourg di Parigi con le firme di Piano e Rogers, la Sydney Opera House di Utzon, il Guggenheim di Bilbao con Gehry, a Reykjavik con l’Harpa di Henning Larsen, fino ai più recenti interventi a Marsiglia con il Mucem di Ricciotti e Carta nonché a Lione con il Musée des confluences di COOP HIMMELB(L)AU [9] .

Ognuno di questi casi è intervenuto sul contesto urbano in modo differente ed in periodi differenti, anche prima dell’idea di società liquida.

Oggi, però, il museo sembra “forzatamente liquido” perché gli utenti sono i consumatori culturali (e non solo culturali) poiché essi interagiscono in modo liquido sia perché si servono del mezzo informatico sia perché gli scambi dei dati avvengono in modo incontrollabile. Si tratta di aver portato all’interno della fruizione del museo e quindi del suo significato culturale, il nostro attuale e frenetico stile di vita. Sempre connessi in rete, nella corsa all’informazione, alla compulsione della condivisione, al bisogno di fruire e promuovere idee: siamo dei consum-attori [10] .

Il museo non è né un contenitore di opere, né è il luogo privilegiato per la sola fruizione dell’informazione. Ma sarà da questa sfida, che il museo è indotto a facilitare l’esperienza della scoperta della conoscenza e dell’incontro sociale diretto, pur servendosi del potenziamento della tecnologia.

La natura umana fatta di silenzi, di ritmi ciclici, di iterazioni negli errori, di fasi di apprendimento, di riflessione e di ricerca di stabilità, non dovrà abbandonare la dimensione digitale, ma evitare quella pubblicitaria e di marketing, del consumo e della superficialità.

Proprio osservando e confrontandosi con il contesto locale, con le trasformazioni sociali, economiche e tecnologiche del luogo, il team della Coop Himmelb(l)au, il cui fondatore è Wolf D. Prix che opera in tutto il mondo dal 1980 ad oggi, ha proposto il suo intervento scaturito dalla consapevolezza della ragion d’essere del museo stesso.

 

4. Le Musée des Confluences: l’idea del progetto

Nella fase di ideazione il progettista si è posto l’obiettivo di creare un luogo per una cultura inclusiva aperta alla popolazione locale oltre che alla frequentazione turistica. Si è servito di strumenti digitali, negando le convenzioni e spingendo le potenzialità di materiali e strutture, come si palesa nelle facciate frammentate, dagli spazi interni oltre che dalla visione a distanza.

L’architettura che ne scaturisce sembra parlare due codici contemporaneamente, come se assistessimo al momento in cui in una sorta di bozzolo, la crisalide si stia trasformando in farfalla: tra il decostruttivismo che nega la simmetria secondo un codice anticlassico e le innovative forme liquide fluttuanti.

Alla scala urbana, il museo ha lo scopo di rigenerare l’area alla confluenza di due fiumi, il Rodano e la Saona, di connettere le sponde tramite più infrastrutture integrando la mobilità su ferro e gomma con un ponte, di creare uno spazio sociale per la cultura e poter qualificare la frammentaria immagine del quartiere degradato di Perrache attraverso una rete di infrastrutture coerente con le esigenze abitative e produttive dell’area.

Lyone Confluence, con un’area simile a quella di Hafen City ad Amburgo, è il più grande progetto di riqualificazione europea degli ultimi 15 anni: qui hanno lavorato anche Odile Decq, Massimiliano Fuksas e Rudy Ricciotti [11] . Abbandonata, con fabbriche e magazzini è ora un quartiere di servizi, cultura e divertimento. La posizione strategica richiedeva una forte permeabilità allo spazio pubblico. Dal lato sud, si incrociano due ponti dalla sponda est, che arrivano in facciata: l’ingresso della piazza attraversa l’edificio a livello stradale e accede al museo con un gioco di ingressi in lieve discesa, mentre in salita, scale e gradinate conducono al piano rialzato dello spazio urbano non confinato con pareti ma coperto dal corpo della struttura. Dalla sponda sud-ovest inoltre, un’ampia arteria stradale corre parallela all’edificio. Questi diventa così il punto di snodo per lo sviluppo dei quartieri di prossimità al centro della Lione moderna (Fig. 1).

Il museo, primo progetto realizzato in Francia dal gruppo di Prix, è stato concepito come un “mezzo per il trasferimento della conoscenza e non come semplice spazio di esposizione”. Il legame al contesto, sul piano delle scelte di localizzazione e delle strategie politiche, sembra trovare il corrispettivo radicamento all’area, sia nel sito che nella forma dell’opera.

 

Fig. 1 - Immagine dall’alto del museo alla confluenza tra Rodane e Saone.
Foto: Google, Google Earth.


 

5. L’edificio: forma e (è) contenuto

Il peso visivo delle forme e del suo involucro complessivo sono ben calibrati nei pieni e nei vuoti.

Il volume dell’edificio ha le proporzioni quasi regolari al fattore 2: lunghezza 180 metri, larghezza 90 e altezza 41. La superficie totale è di 21.000 mq comprensiva dello spazio aperto sopra il basamento [12] .

La piazza si libera sotto il corpo dell’edificio, affusolato come una nave all’ormeggio, scomposto in modo vagamente zoomorfo. L’edificio mostra una suddivisione approssimativamente tripartita nella sua verticalità complessiva, ma non esattamente come il linguaggio tradizionale, base, corpo e copertura.

Infatti tra basamento di cemento e corpo in elevazione c’è il piano pilotis, elemento del movimento moderno che conquista la distribuzione libera in pianta e che interrompe il volume. Per altro, il basamento non sembra far parte dell’edificio e quindi la percezione dell’edificio risulta molto più circoscrivibile allo sguardo.

Il piano libero sotto il corpo dell’edificio induce a percepire l’edificio sottostante la piazza come un basamento naturale, quasi un molo, mentre il corpo sovrastante ad essa, la cosiddetta nuvola, sembra librarsi leggera. Se è stato coniato l’appellativo di astronave, quindi con una immagine di un oggetto che si posa, calandosi dall’alto, quello che, in gergo tecnico si chiama “attacco a terra” di un edificio, è invece fortemente radicato nel terreno, sia strutturalmente sia formalmente.

 

6. Basamento o attacco a terra

Il progetto è stato pensato sia per la visione dalle sponde, sia dalla visione in velocità lungo le strade a diverse quote. La scomposizione della tradizionale forma di scatola è così in grado di fornire inaspettate prospettive.

Dal fiume, come fosse galleggiante sull’acqua, si percepisce il basamento che, pur essendo alto otto metri, dà l’impressione di essere più contenuto. Esso infatti si sviluppa secondo l’inclinazione della sponda ed è rafforzata da una protezione del margine, con triangoli di calcestruzzo bianco, alternato da aiuole praticabili. (Fig. 2)

 

Fig. 2 - Il museo lungo la riva del Rodano, visto dal ponte.
Foto di Claudia Stivali (2018).


 

Infatti già il suolo è stato ampliato artificialmente nel secolo scorso e, per le difficoltà dovute alle scarse proprietà geotecniche di resistenza, ha obbligato ad un consolidamento su palificata con una profondità di 30 metri per 536 pali. Nei piani sottostanti la piazza vi sono due livelli seminterrati per una superficie di 8.700 metri quadrati, adibiti a due sale auditorium, di 330 e 120 posti, utilizzabili anche dalle scuole circostanti per scopi formativi. Ci sono poi i servizi con più aree di stoccaggio e laboratori per l’allestimento delle mostre, l’accoglienza per i gruppi di visitatori, gli spazi per uso temporaneo e gli spazi tecnici, come ambienti del personale, deposito e banchina di scarico merci [13] .

 

7. Opaco e trasparente: la nuvola e la goccia

La nuvola propriamente detta è il corpo dell’edificio costituito da 4 livelli sopra lo spazio pubblico e sembra sospesa nell’aria. La percezione di leggerezza è dovuta alla struttura di vetro e acciaio e di vuoto sottostante dove è lo spazio pubblico.

Tutto il corpo sopra i pilotis si sdoppia in due elementi di cui uno verso la confluenza dei due fiumi, verso sud, che è ricoperto da bianchi pannelli in acciaio inossidabile, detto nuvola, mentre verso la terraferma il corpo è di vetro e acciaio che, come un cristallo, scende fino a terra all’ingresso, invitando ad introdursi all’interno. (Fig. 3)

 

Fig. 3 - Il cristallo che si liquefà all’interno del museo.
Foto di Claudia Stivali (2018).


 

“La nuvola, di superficie complessiva di 10 900 m2, è costituita da una struttura metallica e di rivestimento in acciaio inox. Essa comprende 4 livelli: il primo con 5 sale di esposizione temporanea; il secondo ha 4 sale di esposizione permanente, sale studio “pedagogiche”; il 3 livello comprende l’amministrazione e spazi che possono essere affittati; il quarto livello la terrazza e sala caffè.” [14] . Vedute della città a 365 gradi si possono carpire da ogni pertugio vetrato, in ciascuno dei 4 livelli della nuvola.

Il cristallo invece, visto dall’esterno, consiste in una struttura continua di piani inclinati (di 40 metri quadrati di superficie) che scendono, dalla copertura alla facciata, fino all’ingresso, con differenti inclinazioni (Fig. 4). In quello di copertura, essa presenta nella parte centrale all’area del museo, uno spazio tridimensionale curvo simile ad una goccia che dall’esterno scende verso il basso, come se la superficie di copertura stia liquefacendosi verso l’interno.

 

Fig. 4 - Il museo verso la città: l’ingresso sotto il cristallo.
Foto di Claudia Stivali (2018).


 

La goccia che cala dall’alto, è fatta di acciaio e vetro strutturale. La goccia è visibile dall’esterno sia da chi passeggia nel parco antistante, ad una certa distanza, sia dal guidatore posto sulla strada proveniente da est, posta un po’ più in alto del livello di ingresso.

Concettualmente la forma della goccia ricorda il nastro di Moebius o della bottiglia di Klein, non ha soluzione di continuità tra esterno ed interno. Essa è davvero suggestiva non solo per l’audacia dell’idea sul piano realizzativo e tecnologico (visto il notevole peso complessivo di 650 tonnellate della nuvola), ma soprattutto perché tale sforzo tecnologico ed economico è motivato dalla riuscita della forza dell’immagine.

Essa infatti suggerisce l’istante della liquefazione senza dare la percezione che il tempo si sia fermato, lasciando cioè l’impressione della simultaneità tra due sequenze temporali differenti: quello dello scorrere del tempo nella discesa lavica del materiale ed il suo mantenere la materia solida. È come un video clip che si reitera nella memoria, come se lo sguardo fosse risucchiato dalla caduta e seguisse la caduta: si liquefà nell’istante in cui si guarda, senza sciogliersi mai. L’azione si interrompe come si rialza lo sguardo alla copertura per ricominciare a scendere giù lungo la dolcezza della curva fatta di tasselli vetrati.

Il pozzo è caratterizzato dall’architettura centripeta della goccia, che scende verso l’interno, a forma di cono rovescio. Attorno ad esso confluiscono i percorsi pedonali del foyer e quello curvo sospeso attorno allo stesso cono (fig. 5).

 

Fig. 5 - Interni: Il cono rovescio del cristallo, percorsi interni.
Foto di Claudia Stivali (2018).


 

La scala si inviluppa attorno allo spazio di pilastri obliqui, a sostegno del corpo vetrato della nuvola soprastante, una successione di gradini permette al visitatore di scalare in altezza lo spazio di ingresso al livello superiore.

Da questa successione di ingressi, al foyer e ai piani sopra, si può scoprire il panorama della città di Lione, in un continuum di introspezione tra interno ed esterno. Funzionalmente il cristallo è l’ingresso principale dove sono la reception e l’intersezione del flusso di percorrenza dei visitatori della piazza coperta (fig. 6). Il punto di appoggio del cono rovesciato sostiene le strutture metalliche e stabilizza tutta la struttura del cristallo, che ha complessivamente una superficie di 1900 m2.

 

Fig. 6 - Lo spazio pubblico coperto sotto la nuvola, rivestimento di pannelli in acciaio.
Foto di Claudia Stivali (2018).


 

8. La struttura portante

Particolarmente impegnativo è stato il processo di progettazione e realizzazione dei vetri che rivestono la goccia: “tutti curvati a caldo, i vetri presentano diversi livelli di curvatura. I 4 pannelli posti nella zona più in basso, vicino all’estremità del cono, sono caratterizzati da un raggio di curvatura di 500 mm, tipica dei cockpit degli aerei ma certamente non per i vetri architettonici di 4,5 metri di altezza utilizzati nel progetto” commentano dall’azienda.

La realizzazione della complessa geometria, è sorretta da pilastri ad albero, travi reticolari, di cui alcune appese, pannelli in vetro apribili, pianta libera e rivestimento con una linea spezzata irregolare. La struttura della vetrata del cristallo è in acciaio e pesa ben 650 tonnellate. In particolar modo la liquefazione della copertura nella goccia è stata studiata con l’ausilio del supporto digitale per l’aspetto strutturale e impiantistico.

Il pozzo a gravità, alto ben 30 metri, è stato possibile grazie al calcolo tridimensionale della struttura in acciaio con 160 nodi speciali per l’ancoraggio dei pannelli vetrati. I vetri sono auto-riscaldanti, per sciogliere la neve che altrimenti aumenterebbe la portata del carico. Tutto l’interno ha una temperatura costante tutto l’anno, grazie ai sistemi di protezione dai raggi solari e l’impianto di climatizzazione e raffrescamento [15] .

 

9. Gli spazi esterni

Lo spazio pubblico sotto la nuvola, al livello di penetrazione, cioè di fruizione pedonale, sembra essere stato progettato con l’idea di mantenere una compresenza di naturale e artificiale, in un continuo rimando tra l’immagine di un molo, dunque un’opera artificiale e di una piccola penisola naturale. La pavimentazione in cemento bianco lascia spazio al giardino, accessibile anche di notte. Il giardino si protende così verso il fiume con una sponda naturale verso la Saone, ad ovest. Inoltre lo spazio è sia a cielo aperto che sotto l’ombra della nuvola opaca e la veduta è comunque libera ad ovest, a sud e ad est. Dalla strada che costeggia il museo dal lato ovest, anche il pedone può sentirsi sotto lo spazio comune in quanto è visibile l’intradosso dei pannelli di finitura della struttura portante del corpo opaco, aggettante in modo imprevedibile con tasselli triangolari o quadrangolari, con tonalità di colori chiari. 

Il giardino pubblico, disegnato da Coop Himmelb(l)au, disegna percorsi per la passeggiata e la sosta di relax tra gli spazi verdi (Fig. 7).

 

Fig. 7 - Il giardino pubblico alla confluenza dei due fiumi.
Foto di Claudia Stivali (2018).


 

Il paesaggio urbano e il museo nel nuovo quartiere di Lyon-Confluence

Visto dall’alto, il contesto fluviale, costituito da un paesaggio di aree ex-produttive e zone residenziali di water-front più omogenee lungo il Rodano, è fortemente graffiato dai tracciati delle infrastrutture viarie, viadotti, ponti sul fiume, strade locali e assi di percorrenza veloce.

Il corso dei due fiumi, il Rodano e la Saona, ci fanno riflettere sull’evoluzione insediativa della città lungo le loro sponde. La storia urbana di Lione ricca di testimonianze della memoria, dai tempi dei celti nel VI secolo a.C., ci rivela che era la prima città della Gallia e tanto influente da essere stata seconda a Parigi (oggi è la terza metropoli per estensione nella regione Rodano-Alpi, dopo Marsiglia, ma è sempre la seconda per i servizi) di come tenga alta la dignità della qualità di vita con la rigenerazione e l’efficienza tecnologico-ambientale del quartiere di Lyon-Confluence in cui i nuovi quartieri ecosostenibili sono l’esempio concreto dei numerosi contributi di professionisti attenti sia ai valori simbolici che alla gestione delle risorse naturali e antropiche insieme [16] .

La storia della città è davvero ricca. Essa ha ricoperto l’importanza politica e militare con i Romani, quella religiosa nel tardo medioevo, quella economica e commerciale a partire dall’Umanesimo con i banchieri fiorentini qui fermatisi per affari. Nel XVII-XVIII secolo fu sede del più grande centro commerciale della Seta. Il suo sviluppo ripartì con l’impero napoleonico e con la città industriale, crebbe anche la coscienza di classe per i diritti dei lavoratori: tre rivolte prima dei moti del ‘48, che continuarono fino alla strage di sangue ad opera dei militari, in difesa della casta dei nobili.

Ma la crescita della città, a forte vocazione commerciale e produttiva, quindi fatta anche di scambi culturali dal mediterraneo fino al nord Europa, iniziò in modo massiccio con l’età industriale. L’inurbamento iniziato con la concezione del Piano di Hausmann, seguitò fino al XX secolo. Nel periodo post bellico iniziò la sfida con Parigi, con alcuni interventi sulla città a dimensione europea, come con la creazione del quartiere d’affari di Part-Dieu. Nel 1970 fu creata una nuova espansione in 5 comuni, in prossimità di Lione, per contenerne la crescita urbana, L’Isle-d’Abeau. Dal 1980 si studiano e si realizzano sistemi di servizi nei luoghi strategici della città, nel rispetto della conservazione del patrimonio storico e culturale.

La sua importanza strategica si deve alla posizione proprio nella confluenza della Saona (anticamente chiamato Arar) e del Rodano: vie di commerci col mediterraneo sin dai tempi dell’antichità che è stata la via d’accesso dall’Italia.

Essendo un polo di attrazione ad ampio raggio d’influenza, la sua espansione impose un collegamento ben organizzato col territorio. A fine ‘700 l’ingegnere e imprenditore Antoine Perrache, rettifica e porta a regimazione il Rodano, per cui il punto di confluenza è spostato di qualche chilometro più a valle, ricavando una striscia di terreno di circa 200 ettari, destinata a depositi e attività industriali [17] .

Nel 1832 fu costruita una delle prime ferrovie, che la collegava alla vicina città di Saint-Étienne, poiché l’industria della seta esercitava forte attrazione lavorativa; nel 1857 la nuova stazione di Perrache sviluppa la tratta ferrata in direzione est-ovest e Lione viene separata nella sua parte nord, in una città del benessere, con un nuovo centro della città moderna; e nella parte sud della città, meno residenziale  perché legata al commercio del carbone e ad attività dell’industria chimica, con attività portuali, di mercato all’ingrosso, con magazzini e due prigioni. Tale area detta quartiere Perrache è comunemente chiamata oltre i sottopassi, perché vi sono gallerie sotto la ferrovia e in seguito anche l’autostrada [18] (Fig. 8).

 

Fig. 8 - La Saona sotto l'autostrada vista dalla sommità della nuvola.
Foto di Claudia Stivali (2018).


 

Nel 1998 l’Autorità della Grande Lione si decide per un intervento di rigenerazione della penisola tra i due fiumi, nell’obiettivo di duplicare il centro storico posto sulla sponda del Rodano, rilanciando l’immagine di Lione a livello internazionale. Tale decisione fu presa sulla base di una consultazione sugli scenari possibili presentati da professionisti come l’urbanista Bohigas, l’architetto Melot e la paesaggista Mosbach, risultato dalla partecipazione attiva al progetto da parte della popolazione. Ma il masterplan non fu realizzato per le numerose critiche ricevute. Fu affidata la revisione allo studio Grether-Desvigne e ne fu decisa una diversa concezione: uno “schema direttore” che prevedeva più interventi autonomi con proprie tempistiche.

Nel 2004 il progetto vinse i finanziamenti del programma Europeo Concerto, (4 milioni di euro), realizzato in 2 fasi, sulle sponde della Saona a nord, e lungo il Rodano a sud. Collocata in un luogo geograficamente strategico, “La Confluence” ha attratto da subito investitori internazionali e grandi firme architettoniche ai concorsi indetti, quali Coop Himmel(b)au, Odille Decq, Jakob+MacFarlane, Kengo Kuma, Fuksas, Herzog & de Meuron e altri ancora, realizzando all’interno di un’unica area, spazi residenziali, commerciali ed uffici, centri culturali ed università con servizi sostenibili e innovativi.

 

L’area del museo

L’area del museo è appena fuori del perimetro di Lyon-Confuence, il museo realizza una porta visiva da sud e ne rappresenta il punto di biforcazione, navigando verso il centro della città. Con l’intervento di Coop Himmlb(l)au è stato innescato un ulteriore spinta al processo di riattivazione in aree già urbanizzate e in via di rigenerazione di quelle abbandonate e carenti per servizi.

Si genera tra il centro vitale della città storica, localizzato poco più a nord del museo, e i quartieri dei due fiumi, un luogo-cerniera, che ha la valenza di piazza sociale e culturale. Sociale perché non è solo un luogo di incontro, ma recupera anche un luogo di bellezza e di identità per lo spirito civico dei lionesi, audaci e fermi nelle proprie posizioni politiche, ora legate al potere forte (per la propria forza commerciale e finanziaria) ora in difesa dei diritti dei lavoratori (come città operaia e produttiva) essa è stata centro della Resistenza nella seconda guerra mondiale, che, grazie ai traboules, i passaggi coperti interni agli edifici, permetteva delle vere e proprie vie di fuga nascoste [19] .

Il museo è l’occasione per realizzare quindi una piazza culturale, celebrando in modo sobrio e raffinato il prestigioso privilegio di Lione, di essere stata riconosciuta patrimonio mondiale dell’umanità nel 1978 per i suoi 500 ettari di estensione ed oggi il quartiere de La Confluence è considerato uno dei più efficienti e all’avanguardia di tutta la Francia, riconosciuto ufficialmente dal WWF come “quartiere sostenibile” nell’ambito della campagna “One Planet Living”, il primo quartiere francese ad impronta ecologica ridotta [20] .

Il museo è la testata dell’intervento sulle rive della Saona attrezzate come una lunga “promemade” dove iniziative ed eventi culturali invogliano i lionesi a scoprire il nuovo quartiere [21] . A sud, oltre alle residenze, le nuove attività sono legate al terziario, alla cultura e all’informazione al turismo, pur conservando edifici industriali dismessi e restando ancora un’area produttiva. Le viste del museo dalla città sono molteplici: in veloce movimento se su un mezzo di trasporto lungo l’autostrada del sole o in mobilità dolce se a piedi o in bicicletta; può essere visto da una discreta distanza o da vicino, dal parco lungo la riva del Rodano attraverso spazi verdi o zone urbanizzate.

La vista notturna si colora di luci calde e mostra l’effetto della sospensione nell’aria dell’edificio e il suo zavorrarsi al molo. Alla luce diurna sembra un battello che si è appena ormeggiato. Comunque la sua forma suggerisce l’idea di un cambiamento di stato, o nel senso di movimento o di uno stato fisico, tra solidità e liquidità. Una liquidità che rimanda ad un fluire di azioni possibili e all’universo della scoperta e della conoscenza. Se possibile sintetizzare il concetto di liquidità, diremmo che quando il flusso di dati diventa un flusso di azioni e di incontri tra persone, non virtuali, ha raggiunto il suo scopo. Occorre sottolineare come le trasformazioni siano state concepite e realizzate da un’amministrazione pubblica ambiziosa, che ha saputo gestire i lavori dei singoli edifici, in tempi brevi.

 

Architetture nel paesaggio liquido

Come si inserisce l’immagine di un edificio liquido in un contesto così ricco di elementi diversificati e in relazione reciproca, con diversi volti di memoria storica, inseriti in un sistema di rete di connessione così intimo tra tecnologia e ambiente, tra azione attiva sul paesaggio e reazione individuale rispetto ai cambiamenti che il mondo esterno ci mostra, tra la nostra percezione e la nostra consapevolezza della realtà, tra il naturale e l’artificiale?

Noi crediamo che il concetto di “liquido” in architettura non sia da relegare solo ad alcune esemplificazioni legate alla forma e all’uso di mezzi digitali e di nuovi materiali, ma, se proprio si ha necessità di utilizzare un termine preciso, quale quello di liquido, questo debba essere innanzi tutto legato allo scopo dell’idea generatrice della forma. Lo scopo è etico: fornire un servizio alla persona. Essa non deve essere una narcisistica manifestazione autistica del progettista, né una sorda proposta di un non-luogo.

Un’architettura, liquida o meno, riesce a diventare patrimonio comune di tutti i cittadini, residenti, pendolari o turisti, quando è riconoscibile la sua ragione d’essere in quel contesto, quando viene introiettata sul piano simbolico, quando è al contempo funzionale e bella. Dunque si profila una domanda: forse che il paesaggio non abbia già tutto ciò che è stato definito come “liquido” da Baumann, per sua stessa natura? Forse che noi oggi, stiamo imparando a leggere la complessità del paesaggio nella sua liquidità senza per questo codificare l’architettura?

 

Conclusione

Se già con la comunicazione interattiva da casa è possibile anticipare l’apprendimento di informazioni riguardo il museo, sia come luogo che come contenuti didattici, le possibilità dovute al mondo digitale assumono il plus valore di invogliare a sperimentare e a verificare di persona il luogo del museo come fatto sociale, come un diritto alla condivisione. Il sito del museo stimola infatti ad un percorso di navigazione in modo iterato, grazie alla sua essenzialità. Gli innovativi concetti di luogo, di tempo e di informazione, stimolano alla ricerca e all’ampliamento della gamma di possibilità anche nel linguaggio architettonico.

È da segnalare, che il museo è stato oggetto di una raffinata satira da parte di due giovani, un designer e un illustratore, che insieme hanno prodotto un fotomontaggio grafico dell’area del museo, con, al suo posto, un edificio fatto con un origami gigantesco, un fuori scala [22] . Il fatto ci sembra significativo, perché dimostra quanto forte sia stato il segno formale e la mission del museo, in quanto attivatore di un preciso programma sociale e del suo segno formale.

La produzione ibrida di video, allestimenti, installazioni e sculture spesso mescola la comunità urbana alla web community. Così, con il mix tra hub digitale, ristorante e terrazza panoramica sui fiumi, tra piazza e giardino e tra natura e cultura, il Musée des Confluences è uno spazio espositivo concepito per essere il nuovo landmark della città: rappresenta un’isola del sapere e un legame con il senso della creatività umana [23] (Fig. 9).

 

Fig. 9 - Il museo visto dall'autostrada: un nuovo landmark per Lione.
Foto di Claudia Stivali (2018).


 

La natura umana, il valore dell’identità, supportato dalla curiosità e dalla conoscenza ci conducono coscientemente alla ricerca della bellezza anche e, forse ancor di più oggi, nell’era del digitale. «Il compito più grande non sarà quello di imporre la scienza alla poesia, ma di ridare poesia alla scienza» [24] .

 

Il Musée des Confluences

Credit:

COMMITTENTE: Comune di Lione, Dipartimento del Rodano; SERL (rappresentante) concorso 2001

PROGETTO ARCHITETTONICO: Coop Himmelb(l)au - Wolf D. Prix (capogruppo) 2011/2014

PROGETTO ARCHITETTONICO LOCALE: Pabiarche & co (pianificazione); Tabila Rasa (progetto esecutivo); Chabanne & Partenaires (project management)

PROGETTO STRUTTURALE: B+G lngenieure - Bollinger und Grohmann (progetto generale); Coyne et Bellier, VS_A (progetto esecutivo)

IMPRESA: Vinci

COSTRUTTORE: METAWCO; SMB; Permasteelisa (cristallo); SMAC (rivestimenti della nuvola)

FOTOGRAFIE: Sergio Pirrone (fotografie dell’opera), Hubert Canet Ballolde Photo (cantiere), Coop Hlmmelb(l)au (cantiere)

APERTURA AL PUBBLICO: 20 dicembre 2014

 

 

TEAM

 

Planning:

COOP HIMMELB (L) AU Wolf D. Prix & Partner ZT GmbH

Design Principal: Wolf D. Prix

Project Partner: Markus Prossnigg

Project Architects: Mona Bayr, Angus Schoenberger

Design Architect: Tom Wiscombe

Project Coordination: Thomas Margaretha, Peter Grell

Project Team Vienna: Christopher Beccone, Guy Bébié, Lorenz Bürgi, Wolfgang Fiel, Kai Hellat, Robert Haranza, Joerg Hugo, Alex Jackson, Georg Kolmayr, Daniel Kerbler, Lucas Kulnig, Andreas Mieling, Marianna Milioni, Daniel Moral, Jutta Schädler, Andrea Schöning, Mario Schwary, Markus Schwarz, Oliver Tessmann, Dionicio Valdez, Philipp Vogt, Markus Wings, Christoph Ziegler

Project Team Lyon: Patrick Lhomme, Francois Texier, Philippe Folliasson, Etienne Champenois, Alexandru Gheorghe, Niels Hiller, Emanuele Iacono, Pierre-Yves Six

 

Consultants:

Local Architects:

Planning: Patriarche & Co, Chambéry/Lyon, France

Execution: Tabula Rasa / Grégory Perrin, Lyon, France

Project Managerment: Chabanne & Partenaires, Lyon, France

Construction Survey Lyon: Debray Ingénierie, Caluire et Cuire, France

Costs: Mazet & Associés, Paris, France / CUBIC, Lyon, France

Structural Engineering:

Design: B+G Ingenieure, Bollinger und Grohmann GmbH, Frankfurt, Germany

Executive: Coyne et Bellier, Lyon, France / VS_A, Lille, France

HVAC: ITEE-Fluides, Arnas, France

Security Fire Consultation: Cabinet Casso & Cie, Paris, France

Acoustics: Cabinet Lamoureux, Paris, France

Media Consulation: Cabinet Labeyrie, Paris, France

Lighting Consultation: Har Hollands, Eindhoven, Netherlands

Landscape Design: EGIS aménagement, Lyon, France

 

 

SITO UFFICIALE

Museo delle Confluenze: http://www.museedesconfluences.fr/

Coop Himmelb (l) au: http://www.coop-himmelblau.at/

Architetto Wolf Prix:  http://www.coop-himmelblau.at/studio/wolf-d-prix/

Fonte dei Credit: http://www.promozioneacciaio.it/cms/it6615-musee-des-confluences.asp





NOTE

[1] Gaetano DE FRANCESCO - Elnaz GHAZI - Isabella SANTARELLI (a cura di), UNStudio diagramma struttura modello pelle ibridazione, Roma, Lulu, 2015, pp. 13-33, 47-61

[2] Antonino SAGGIO, Architettura e modernità: Dal Bauhaus alla rivoluzione informatica, Roma, Carocci, 2010, pp. 339-350

[3] DE FRANCESCO - GHAZI - SANTARELLI 2014, pp. 51 nota 13 cit. Deleuze, Guattari; 151 nota 37 cit. Marotta

[4] Ibidem, pp. 47-61

[5] Irene MENNINI, Dissertazioni sui diagrammi, Corso di progettazione architettonica assistita > approfondimenti > Dissertazioni sui diagrammi, visitato nel mese di maggio 2017, http://web.tiscali.it/irene_mennini/Approfondimenti/Dissertazioni%20sui%20diagrammi.htm; Cfr. Antonino SAGGIO, Da Alexander Klein a Ben van Berkel: dal modello oggettivo al modello diagrammatico per comprendere un capolavoro degli anni Duemila, in UNStudio diagramma struttura modello pelle ibridazione, Roma, Lulu, 2015, pp. 16-25; A. Marotta, La prospettiva rovesciata di UN Studio, Torino, Testo & Immagine, 2003, cit. in SAGGIO 2015

[6] Stefano COLONNA, La dialettica di classico/anticlassico tra Argan, Zevi e Novak per una definizione critico-estetica di “Architettura Liquida” in “BTA - Bollettino Telematico dell’Arte”, 16 Giugno 2014, n. 715, ISSN 1127-4883 http://www.bta.it/txt/a0/07/bta00715.html

[7] Antonino SAGGIO, Informazione Materia prima dell’architettura, in “Op.Cit.”, n. 18, 2003, pp. 5-­10

[8] Maria Rita PERBELLINI, Le seduttive pietre liquide dell’architettura digitale, in “Architetturadipietra Journal”, 17 marzo 2016, http://www.architetturadipietra.it/wp/?p=223

[9] Paola PIEROTTI, Lione ha un nuovo landmark: pronto il “Musée des Confluences” di Coop Himmelb(l)au, in “PPANthebrief”, 25/03/2015, http://www.ppan.it/stories/lione-ha-un-nuovo-landmark-pronto-il-musee-des-confluences-di-coop-himmelb-l-au/

[10] BOIANO Stefania, GAIA Giuliano, Il museo liquido, in “Museo InForma, Sistema Museale di Ravenna”, n. 55, 2016, consultabile in Speciale Musei nell’era della mobilità digitale, www.Musei-it.com

[11] PIEROTTI 2015

[12] Marco CLOZZA, Musée des Confluences, in Il Portale delle costruzioni in acciaio in Italia, Fondazione Promozione Acciaio, visitato nel mese di maggio 2017, http://www.promozioneacciaio.it/cms/it6615-musee-des-confluences.asp

[13] Ibidem

[14] Rinnovabili.it, La Confluence: l’altra faccia di Lione, in “Smart City. Rinnovabili.it”, 21 novembre 2012, ISSN 2284-4570, http://www.rinnovabili.it/smart-city/la-confluence-laltra-faccia-di-lione/

[15] CORRIERE INNOVAZIONE - Redazione Online, Il «Cristallo» del nuovo museo di Lione ha un cuore italiano, in “Corriere Innovazione”, 25 marzo 2015, http://corriereinnovazione.corriere.it/tech/2015/25-marzo-2015/cristallo-nuovo-museo-lione-ha-cuore-italiano-2301161737284.shtml?refresh_ce-cp

[16] Soloman KULL, Lione. La storia delle città, per un viaggio conoscitivo, in IGZ, IGZ Forum Community > Other Dimensions > Moleskine: un viaggio e la storia, 22/01/2007, http://forum.igz.it/showthread.php?t=367708

[17] Ibidem

[18] Ibidem

[19] Ibidem

[20] Federica LUSIARDI, Il Museo delle Confluenze di CoopHimmelb(l)au, in “Inexhibit”, 20/03/2015, https://www.inexhibit.com/it/case-studies/lione-il-museo-delle-confluenze-di-coophimmelblau/

[21] Mauro BAIONI, Lyon Confluence: un quartiere nato due volte, in Eddyburg, Eddyburg > Una città > Un piano > 2015 Lione, 28 settembre 2015, http://www.eddyburg.it/2015/09/lyon-confluence-un-quartiere-nato-due.html

[23] PIEROTTI 2015, BELFILS 2014

[24] Marcos NOVAK, Architetture liquide nel ciberspazio, in Cyberspace. Primi passi nella realtà virtuale, Padova, Muzzio, 1993, pp. 233-265




BIBLIOGRAFIA

 

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BOIANO - GAIA 2016

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SAGGIO 2015

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SITOGRAFIA

 

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Irene MENNINI, Dissertazioni sui diagrammi, Corso di progettazione architettonica assistita > approfondimenti > Dissertazioni sui diagrammi, visitato nel mese di maggio 2017, http://web.tiscali.it/irene_mennini/Approfondimenti/Dissertazioni%20sui%20diagrammi.htm

 

MNAC

MNAC convergence conisme, visitato nel mese di maggio 2017, http://www.conisme.com

 

LIONE

LIONE, Francia, Guida alle città francesi > Lione, visitato nel mese di maggio 2017, http://www.francia.be/lione.html

 

STORIA

Storia di Lione, Informagiovani-italia, visitato nel mese di maggio 2017, https://www.informagiovani-italia.com/storia_lione.htm




Vedi anche nel BTA: USCITE DI ARCHITETTURA LIQUIDA



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