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In itinere lungo l’antica via Selciatella tra i Colli Albani e la costa: dati storico archeologici da Velletri, Lanuvio, Aprilia e Nettuno  

Chiara Della Valle
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 18 Dicembre 2016, n. 825
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Area Archeologia

1. Introduzione

Sono svariati gli studi di carattere storico e topografico che confermano la forte potenzialità archeologica del territorio a sud – est e a sud - ovest di Roma; i reperti relativi a contesti funerari, impianti idrici, strutture abitative e percorsi viari ne sono un’ulteriore prova.

Le scoperte archeologiche, supportate dalle fonti letterarie, testimoniano che qui si stanziarono diverse popolazioni: coloni Calcidesi, Latini, Etruschi, Volsci allo scopo di sfruttare il territorio sia per le risorse naturali che per avere un transito agevolato per gli scambi commerciali con i Sanniti e la città di Capua a sud [1] .

L’industria litica dell’Homo Neanderthalensis, le necropoli, le stipi votive di epoca protostorica, le fattorie di epoca romana, le strutture difensive medievali ed infine le proprietà fondiarie del XVIII e XIX secolo attestano che solo in parte c’era la palude; il resto della superficie era sfruttato per la sua fertilità, dovuta alla presenza di minerali di origine vulcanica provenienti dai Colli Albani e trasportati dalle alluvioni [2] .

Proprio le pianure di origine alluvionale nella zona erano ricche di risorse naturali e sorgenti, che affioravano in superficie e favorirono il popolamento verso le zone interne; molte di quelle sorgenti sono ormai scomparse, a causa del forte impatto antropico sull’ambiente circostante [3] .

Comunque, l’abbondante presenza di acqua favorì, già in epoca arcaica, la realizzazione di impianti idrici non sottovalutabili da un punto di vista architettonico; i Romani non fecero altro che riutilizzarli e perfezionarli.

In riferimento a ciò, l’archeologa Clelia Cirillo ricorda che, a partire dal II sec. a.C., i Romani realizzarono altre importanti opere di ingegneria stradale ed idraulica per superare alcune delle difficoltà naturali delle Paludi Pontine, tra cui rovi, erbacce, stagni, pantani. Fu grazie a questi interventi, che il paesaggio acquisì un aspetto ordinato e bucolico con canali, argini e campi coltivati. Questi dovevano servire all’approvvigionamento delle fattorie e ville latifondistiche realizzate da quei coloni che erano stati inviati da Roma e che si erano stanziati nel territorio già a partire dal IV secolo a.C. [4] .

Lo storico De Rossi parla di due punti strategici nella zona a sud di Roma: Civita Lavinia (Lanuvio), che, dalla sua posizione strategica, sorvegliava la parte pedemontana dei colli e Antium, che sorgeva sul mare e rappresentava un importante luogo di approdo di genti e merci, le quali venivano poi smistate verso l’interno e lungo la costa già a partire dall’VIII sec. a.C. [5] . Questi due centri erano collegati dalla via Selciatella, la quale, intersecata da altre strade, rientrava in un percorso di collegamenti e arterie significative della zona a sud di Roma, come la via Severiana e Ardeatina (Fig. 1).


Fig. 1

Fig. 1 - Giovanni Maria De Rossi, La viabilità antica nel territorio tra i Colli Albani e la costa a sud di Roma (in verde il percorso della via Selciatella che collegava Lanuvio al litorale; in rosso i percorsi della via Appia, della via Ardeatina e della via Severiana), da La via da Lanuvio al litorale di Anzio, 1981.


Anche l’archeologa Sonia Modica, in uno dei suoi studi sulle costruzioni fortificate ubicate lungo la direttrice Anzio – Velletri, conferma l’esistenza di importanti assi viari che collegavano il rilievo collinare alla fascia costiera già nel V secolo a.C. Queste arterie stradali erano prossime ad insediamenti sparsi nelle campagne, che venivano coltivate a livello estensivo e che testimonierebbero la ricchezza di risorse nel territorio compreso tra Velletri ed Anzio. Modica richiama come nella zona vi fosse anche un buon assetto strategico per una gestione del territorio da un punto di vista bellico, con un controllo su viabilità e accesso alle vie interne e verso l’area meridionale del Lazio che proseguirà anche nel Medioevo [6] . Pertanto, i nuclei abitati esistenti erano tutelati da vere e proprie postazioni di vedetta, definite torrette “semaforiche” che trasmettevano il segnale di pericolo dalla costa verso l’interno. E’ per questo che molte torri hanno conservato la collocazione originaria lungo assi viari antichi. Alcune di queste non solo costituiscono documentazione del diffuso utilizzo di scaglie litiche tratte da basoli stradali, ma si sono anche rivelate utili quale fonte d’informazione nella ricostruzione topografica della viabilità territoriale. Infatti, ad esempio, la Torre del Padiglione, la Torre Spaccasassi e la Torre del Monumento hanno fornito le basi per l’elaborazione di un tracciato alquanto apprezzabile della via Selciatella.

 

2. Toponomastica di via Selciatella

La toponomastica del termine Selciatella è ancora dubbia, sicuramente non risale all’epoca romana, come si ricava dalla lettura delle fonti antiche che non richiamano tale appellativo. Si deve all’Ente dei Fondi Rustici l’introduzione di questo nome per l’antica strada che corre parallela a quella moderna nella località ‘La Campana’ di Nettuno. Risulta più verosimile attribuire al nome il richiamo, in modo appropriato, al termine “selciato”, con il quale si indica: “quel tipo di pavimentazione, usato per piazze, cortili e strade e formato da blocchi, ciottoli o lastre in pietra, in particolare dalla selce, roccia sedimentaria di cui erano spesso composti proprio i basoli delle antiche strade romane [7] . Le fonti antiche, tuttavia, tacciono in merito alla terminologia usata per il tracciato qui in esame e mancano attestazioni epigrafiche relative alla sua costruzione o al suo costruttore.

Thomas Ashby, archeologo britannico del XIX secolo e studioso del paesaggio laziale, parla di: “una strada basolata con forte pendenza, che nel sistema di circonvallazione lanuvina, costituiva il collegamento a nord con la via Appia e a sud con il litorale di Anzio [8] . Lo storico apriliano Bernardino Tofani e qualche studioso locale hanno definito tale antica viabilità un tratto della c.d. “Appia Consolare Inferiore [9] . Tale definizione non è da attribuirsi alla poca importanza della strada, piuttosto si deve alla sua funzione e posizione topografica, in quanto, essa, staccandosi dalla via Appia, raggiungeva il mare attraversando la parte meridionale e quindi “inferiore” del Lazio. D’altra parte storici, studiosi del territorio e archeologi, tra cui Lorenzo Quilici, Giovanni Maria De Rossi, Claudio Negrini menzionano la via semplicemente come ‘strada romana’.

 

3. L’utilizzo della via Selciatella nel corso dei secoli

Dal momento che il territorio attraversato dalla via Selciatella è stato oggetto di una forte urbanizzazione, sono pochi i dati archeologici che possano confermare un quadro cronologico chiaro e definito riguardo al suo utilizzo nel corso dei secoli. L’archeologo Negrini ritiene che questo percorso viario fosse noto già in epoca arcaica (V-IV secolo a.C.) e sarebbe stato impiegato durante la guerra tra i Romani e i Volsci, conclusasi con la disfatta di questi ultimi ad Anzio [10] . Lo storico De Rossi conferma l’arcaicità del percorso, il quale veniva sfruttato agilmente per collegare la zona collinare, attraversata dalla via Appia, al mare [11] . Secondo Negrini, se il percorso viario è di origini arcaiche, il basolato, invece, conservatosi in particolare a ‘ponte Loreto’ di Lanuvio e in località la ‘Campana’ di Nettuno, sarebbe più recente, frutto di restauri apportati in epoca imperiale, ma non sono disponibili dati scientifici che possano confermare una datazione precisa a riguardo.

Non è possibile affermare con esattezza che la via sia da considerarsi un percorso esclusivamente secondario, utilizzato solo per scopi locali. A tal proposito, l’osservazione sul campo ha messo in risalto i seguenti elementi tecnici: il buono stato di conservazione dei basoli di epoca imperiale, in particolare in località “la Campana” di Nettuno e a “ponte Loreto” di Lanuvio, la presenza sporadica dei solchi, provocati dal passaggio dei carri, la mancanza di strutture complesse, quali ponti o canalette; lo sfruttamento della semplice pendenza naturale per lo scolo delle acque piovane, insieme agli indicatori sopra citati, confermerebbe lo scopo non unicamente commerciale di questa via. Rispetto all'utilizzo funzionale della via le fonti tacciono, mentre i danni arrecati alle infrastrutture antiche nel corso dei secoli e gli interventi di restauro, benché prodotti nel rispetto delle modalità costruttive antiche, non permettono ulteriori chiarimenti, lasciando ancora molti interrogativi aperti [12] .

Considerando la direttrice di sviluppo della strada vale la pena riconoscere che non pochi protagonisti della storia vengono ricordati dalle fonti per il passaggio nell’ambito del territorio interessato dal tracciato della c.d. ‘Selciatella’. I personaggi storici più illustri che ebbero a che fare con tale direzione di percorso antico sono stati molti. Cicerone usava attraversare quel contesto territoriale per raggiungere la sua villa di Astura ad Antium, che lui stesso definiva: “posto quieto, fresco e piacevole nelle sue lettere ad Attico. In una lettera, in particolare, egli precisava che era solito sostare a Lanuvio prima di arrivare sulla costa (“in Tusculanum hodie; Lanuvi cras; inde Asturae”) [13] . La menzione è interessante perché fornirebbe un dato scientifico utile riguardo alle città importanti (Tusculanum, Lanuvium, Asturae) collocate lungo la via nota oggi come ‘Selciatella’, fornendo elementi di descrizione del territorio che essa attraversava.                               

In epoca imperiale la direttrice venne percorsa anche dagli imperatori Augusto, Tiberio, Caligola e Nerone, il quale la praticava per arrivare ad Anzio, dove erano la sua villa ed il porto. La medesima via, inoltre, serviva anche al transito delle asine che producevano il latte per i bagni- resi celebri dalle fonti- di Poppea, la sua dissoluta moglie. Gli architetti della villa imperiale di Nerone erano Celer e Severus, famosi per la realizzazione della Domus Aurea e costruttori anche delle cisterne che sfruttavano le sorgenti di Carano che alimentavano sia Anzio, che le ville disposte lungo la Selciatella [14] . In epoca adrianea, la strada pullulava di ville ed in alcune di queste era praticato il culto di Antinoo, giovane annegato nelle acque del Nilo, amato e per questo divinizzato dall’imperatore Adriano [15] . Infatti, non molto distante dalla Torre del Padiglione e dalla scuola Felice Trossi in territorio apriliano, venne ritrovato il rilievo dell’Antinoo Silvano, raffigurato nell’intento di cogliere grappoli d’uva e tutt’ora conservato presso il Museo Nazionale Romano. Lungo la via, in effetti, dovevano esserci tante vigne, per le quali i proprietari investivano in attività agricole e commerciali specifiche esercitando attività rituali propiziatorie anche nei vicini santuari o luoghi di culto, come lascia pensare il rinvenimento, nelle vicinanze, della statua della dea Cibele, visitabile al piano terra della Biblioteca Comunale di Aprilia [16] .

Secondo lo studioso Edoardo Martinori, la ‘Torre del Padiglione’ rappresentava una delle installazioni di avvistamento e di controllo del territorio, realizzate tra il IX e X secolo in occasione delle invasioni saracene. Essa insisterebbe sulle strutture d'epoca romana che erano ubicate lungo la via Selciatella [17] .

Pertanto, durante l’Alto Medioevo, la via era ancora intatta in alcuni punti ed era ancora in uso: collegava le torri di vedetta dell'area collinare a quelle della pianura e della costa.

Una lunga tradizione di studi indicherebbe Torre del Padiglione come uno degli scenari in cui si sarebbe svolta la battaglia di Campomorto nel XV secolo tra le truppe del Papa, guidate da Roberto il Magnifico e quelle del duca Alfonso di Calabria. Quest’ultimo avrebbe attraversato il territorio di Lanuvio, superato il Ponte Loreto e percorso la via Selciatella per arrivare direttamente alla costa perché attendeva i rinforzi dalle galee del Re Ferrante. Proprio all’altezza di via Torre del Padiglione, le guide lo avrebbero informato che la strada in località la “Campana” era impantanata, sommersa da acquitrini e da un fango così spesso che i carri, le munizioni e i cavalli non sarebbero mai riusciti a proseguire [18] .

La via Selciatella ha preservato la sua funzione di controllo dei punti strategici nel territorio pontino fino ai tempi recenti: esistono rapporti scritti nel XVIII secolo dai comandanti militari riguardo agli spostamenti di alcuni drappelli di cavalleria lungo un diverticolo dell’Appia, con il compito di sorvegliare le campagne o eliminare bande corsare. Questo asse viario era diretto verso la costa e coinciderebbe con quello studiato e citato da De Rossi [19] . Inoltre, sono stati evidenziati su alcuni basoli stradali, in particolare in località la “Campana”, segni di danno provocati dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.

 

4. La ricostruzione del percorso stradale

Anche se le testimonianze archeologiche non sono numerose e spesso frammentarie, ricoperte o addirittura danneggiate dall’edilizia moderna, l’esame di fonti storiche locali e di relazioni archeologiche consente una ricostruzione discreta del percorso della via Selciatella, la quale, attualmente, attraverserebbe alcuni comuni di Roma (Velletri, Lanuvio, Anzio, Nettuno), ma anche il territorio comunale di Aprilia.

Lo storico locale Bernardino Tofani ha sostenuto che la via Selciatella partisse da Velitrae, sui Colli Albani, si staccasse dal percorso della via Appia, passasse per Lanuvio, Torre Spaccasassi, Torre del Padiglione, la “Campana”, Torre del Monumento e poi arrivasse ad Anzio [20] (Fig. 2).


Fig. 2

Fig. 2 - Bernardino Tofani, Il percorso della via Selciatella verso Antium evidenziato in rosso da Aprilia e il suo territorio nell'agro romano e pontino, 1986.


Gli archeologi non possono stabilire con esattezza il punto di partenza della strada, per cui le affermazioni di Tofani sono state messe a confronto con altre fonti, tra cui quelle del Grand Tour. Infatti, Nibby, nel suo studio topografico relativo alla campagna romana, descrive una parte del territorio di Velletri con queste parole: “di là dal rivo (il braccio occidentale del fosso di Mele che la via Appia antica supera per mezzo del ponte omonimo) vidi alcuni ruderi di opera incerta nella contrada denominata “i quarti di Velletri” e dopo non molti passi con mia grande sorpresa mi si presentò a destra il lastricato di una strada antica ben conservato, che veniva in questo punto a mettere capo nell’Appia dalla marina anziate: questa si può con guida tracciare e dopo ca. 12 m passa presso il sepolcro situato ad un miglio di distanza da Nettuno e di là va a terminare presso Anzio, un miglio e mezzo dopo…” [21] .

L’archeologa Marie Rene De la Blanchere nel suo contributo sulla via Appia da Roma a Capua menziona anch’ella il ponte di Mele oltre il quale c’era un incrocio tra più strade: una era l’Appia, un’altra era quella visibile nella vigna Capoccio davanti ai resti di un’abitazione, un’altra era quella diretta a Civitana e un’altra ancora era la strada proveniente da Velletri, detta Selciatella Lazzarìa [22] .

Proprio quest’ultima, già menzionata dal Nibby sarebbe quella trattata da Nardini nella sua relazione del 1939 relativa ad alcuni rinvenimenti fatti nei pressi della contrada Ponte di Mele nel comune di Velletri. Secondo lui, la via Appia attraversava il suddetto ponte e 300 m dopo, essa si biforcava in due percorsi, uno diretto lungo via Fontana di Lupo e un altro lungo via di Capanna Murata che conduceva alla nota villa di Civitana. In quest’ultimo sito vennero rinvenuti avanzi di strutture, frammenti marmorei, frammenti fittili e due cisterne, che sarebbero pertinenti proprio ad una villa posta in prossimità di un importante snodo viario, cioè vicino all’incrocio tra la via Appia e percorsi antichi secondari che si dirigevano verso la costa. Non molto lontano, la via Appia veniva tagliata da una strada che proveniva da Velletri, attraversava la tenuta Lazzarìa, continuava verso S, costeggiava il fosso dei Prefetti, poi incrociava la via Astura (compresa nel comune di Lanuvio) e proseguiva infine verso Anzio [23] (Fig. 3).


Fig. 3

Fig. 3 - Oreste Nardini, Ubicazione della via Appia Antica (in rosso), del Ponte di Mele (in giallo), della via Fontana di Lupo (in verde), di via della Civitana (in arancione), della tenuta Lazzarìa (in blu), da Cippo con l'indicazione di un'antica strada rinvenuto presso la via Appia in contrada Solluna, 1918.


Proprio quest’ultima strada, che confluisce nell’attuale via Astura, rappresenterebbe il percorso che a noi interessa. I dati forniti da Nardini non possono essere più convalidati dai reperti archeologici che ormai sono scomparsi, per cui non si può stabilire il luogo esatto in cui la via Selciatella Lazzarìa proveniente da Velletri e la via Astura si incontrassero, però a Lanuvio si è conservato un tratto di pavimentazione stradale considerevole. Fin dall’antichità Lanuvio aveva avuto una posizione strategica per il controllo del territorio ed era stata meta obbligata per i viaggiatori che da Roma volevano raggiungere il mare [24] . I resti più evidenti dell’antico percorso stradale della Selciatella sono evidenti presso il ponte Loreto, luogo in cui essa attraversava il torrente ‘Fontana Torta’, a pochi km di distanza dal centro del paese omonimo (Figg. 4, 5 in blu). Il ponte consentiva il proseguimento di una strada che da Lanuvio era diretta ad Anzio. Già ai tempi delle fotografie scattate da Thomas Ashby, si vedevano basoli in leucite ed una certa pendenza nel percorso [25] .


Fig. 4

Fig. 4 - Antico basolato stradale in leucite che corre sul Ponte Loreto, Strada Provinciale Astura, Lanuvio (Rm).


Fig. 5

Fig. 5 - I siti attraversati dalla via Selciatella: ponte Loreto in blu, via Casale della Mandria in rosso, via Isola del Giglio in verde, numero civico 150 della Strada Provinciale Astura in nero, via Isola Palmarola e via Isola Zannone in giallo, via Spaccasassi in viola dalla Mappa Urbana di Aprilia - scala 1:10.000.


Sono molti i dubbi in merito alla data di costruzione del ponte, anche se, a riguardo, gli studiosi sono abbastanza concordi tra loro. Il percorso viario, come già detto in precedenza, risale sicuramente ad un’epoca anteriore alla romanizzazione, invece, il ponte e il basolato sovrastante sarebbero posteriori (Figg. 6, 7). Nibby e Tomassetti hanno datato il ponte al II sec. a.C., ma la sua funzione di sostegno della strada e gli effetti della corrosione, dovuti all’innalzamento delle acque del fosso sottostante, necessitarono di interventi successivi di restauro; per cui, stando alla ricostruzione dei due studiosi, il ponte venne realizzato, durante il I sec. a.C., un nuovo manufatto e con un’angolazione diversa [26] . Gli studi più recenti del dottor Luca Attenni confermano la datazione precedente e fanno riferimento alle fonti letterarie. Cicerone ha descritto Lanuvio come una meta molto ambita dalla classe gentilizia romana durante l’epoca tardo- repubblicana, per cui è probabile che i lavori di costruzione del ponte e di restauro dell’antico percorso viario siano da collegare a tale circostanza [27] . Anche l’analisi della tecnica costruttiva potrebbe confermare tale datazione. Infatti, l’arco che sorregge il viadotto è rivestito da blocchi di peperino ed è in opera quadrata, la quale, secondo Adam continuò ad essere utilizzata tra l’epoca repubblicana e l’epoca imperiale come sostegno per infrastrutture che necessitavano di un certo impegno statico, proprio come acquedotti e ponti [28] . A tal proposito, si possono mettere a confronto altri ponti riconducibili alla stessa epoca (all’incirca II- I sec. a.C.) e con muratura di sostegno in opera quadrata: es. il ponte di San Giovanni, situato lungo il percorso della via Flaminia nel comune di Fossato di Vico, vicino Perugia; il ponte Funicchio in provincia di Viterbo; il ponte, noto come “archi di San Lindano” nel territorio di Sezze.


Fig. 5

Fig. 6 - Ghiera dell'arco del ponte Loreto con blocchi di peperino in opera quadrata, II-I sec. a.C., Lanuvio (Rm).


Fig. 5

Fig. 7 - Pavimentazione stradale antica con blocchi di leucite, II - I sec. a.C., Ponte Loreto - Lanuvio (Rm).


De Rossi precisa che la via lasciava Lanuvio nei pressi del tempio di Ercole e proseguiva lungo la chiesa di S. Maria delle Grazie, luogo ricco di sepolture. Poi attraversava la linea ferroviaria per Velletri, nei pressi della quale sono emersi resti di fondazione di mura in laterizio e non molto lontano i resti di una villa romana. Dopo pochi km da ponte Loreto non ci sono più tracce di basolato.

A sud del territorio di Lanuvio, prima dell’incrocio tra via Astura e via Casale della Mandria (attuale via Cisternense), si possono intravedere basoli isolati (Fig. 5 in rosso). Lungo il percorso di via Astura sono stati individuati altri basoli che confermerebbero il passaggio di un percorso stradale antico diretto verso sud, ossia verso la costa. Ad esempio, all’incrocio con via Isola del Giglio, vi è un tratto stradale antico molto evidente (Fig. 5 in verde). Esso si è conservato solamente per una lunghezza di 200 m circa: la carreggiata moderna e le abitazioni adiacenti hanno ricoperto il tutto, ma seguono probabilmente l’andamento rettilineo dell’antico percorso. Il tratto visibile è largo circa 5 m e non ci sono né i resti dei cigli dei marciapiedi, né dei solchi. Si tratta semplicemente di basoli in leucite situati ancora nella posizione originaria, perché non vi sono tracce di restauri moderni (Fig. 8).


Fig. 5

Fig. 8: Antico basolato con blocchi di leucite, via Isola del Giglio, Lanuvio (Rm).


Proseguendo per altri 250 metri verso sud, sul lato destro di via Astura si possono osservare altri basoli davanti al cancello di un’abitazione privata al numero civico 150. Nonostante essi siano molto usurati e non si trovino  in ottimo stato di conservazione, è ben evidente come affiorino dal terreno in posizione originaria e siano dello stesso materiale e colore dei basoli precedenti (Figg. 5 in nero, 9).


Fig. 9

Fig. 9 - Scaglie di antichi basoli stradali, via Astura numero civico 150, Lanuvio (Rm).


Ci sono altri basoli isolati nel fossato ubicato tra via Isola Palmarola e via Isola Zannone (Figg. 5 in giallo, 10).


Fig. 10

Fig. 10 - Antichi basoli in leucite, tra via Isola Palmarola e via Isola Zannone, Lanuvio (Rm).


Questi dati archeologici confermerebbero le ipotesi di Tofani e De Rossi, secondo i quali la via Selciatella da Lanuvio proseguirebbe in linea retta nella zona ove sorgeva Torre Spaccasassi, in territorio apriliano.

La Torre (da cui il nome omonimo del luogo) fu realizzata dai conti Tusculani tra il X e XI secolo [29] (Figg. 5 in viola)

Secondo Martinori la Torre, oltre ad insistere sul percorso della via Selciatella, venne realizzata con i suoi basoli [30] . Oggi, si possono notare scaglie di basolato riutilizzate nelle mura di recinzione di una villa privata (Fig. 11).


Fig. 11

Fig. 11 - Muro di recinzione di una moderna proprietà privata con antichi basoli stradali di leucite reimpiegati, via Spaccasassi, Aprilia (Lt).


L’archeologa Modica ricorda che anni fa la Torre, prima di essere abbattuta, presentava una muratura in scaglie silicee, con un paramento esterno di tufelli più o meno squadrati [31] .

Nell’ambito alla medesima area, De Rossi menziona la presenza di un ponte, che garantiva il superamento di un fossato. Il fossato è ancora evidente, mentre il ponte è sommerso dalla fitta vegetazione e la torre oramai non esiste più. Egli testimonia di aver visto in persona, anni fa, alcuni basoli in posizione originaria a nord della Torre. Questi sono stati poi rimossi durante lavori agricoli, i quali hanno fatto emergere i resti di una villa (mattoni, tegole, parti di un pavimento in opus spicatum).

Inoltre, De Rossi aggiunge che, data l’importanza difensiva della torre, fu necessario restaurare il ponte in epoca medievale ed anche in questo caso furono reimpiegati i frammenti dell’antica strada [32] .

Non è insolito ritrovare resti di strutture abitative di carattere rurale, dal momento che la zona ha avuto, da secoli, un’alta vocazione fondiaria, in particolare vinicola. Tuttora, non lontano dal sito in cui era la torre Spaccasassi e in cui passava la via Selciatella, si possono ammirare tanti vigneti, che erano di proprietà di Menotti Garibaldi [33] (Fig. 12). Inoltre, qualche basolo sporadico e abbandonato nei campi è stato rinvenuto lungo la strada moderna che proseguiva in linea retta verso Torre del Padiglione [34] (Fig. 13).


Fig. 12

Fig. 12 - Vigneti lungo via Spaccasassi, Aprilia (Lt).


Fig. 13

Fig. 13 - Ubicazione di Torre del Padiglione evidenziata in rosso dalla Mappa Urbana di Aprilia - scala 1:10.000.


Non molto lontano da essa c’è la scuola Felice Trossi, la quale, ricorda Tofani, venne realizzata dall’omonimo conte agli inizi del’900 sull’antico basolato, di cui molti blocchi vennero frantumati ed usati per la realizzazione della strada moderna (Fig. 14). La torre ha preso il nome dalla forma delle fortificazioni realizzate dalle truppe aragonesi che invasero le proprietà della Chiesa nel 1482, subendo in questa zona una disastrosa sconfitta. Inoltre, Tofani ritiene che la torre sorgesse sui resti di una mutatio per il cambio dei cavalli che insisteva sulla via antica [35] .


Fig. 14

Fig. 14 - Scuola "Felice Trossi", 1933, località Torre del Padiglione, Aprilia (Lt).


Di fronte alla torre, è tuttora visibile un piccolo tratto di percorso stradale e qualche basolo nella vicina campagna (Fig. 15).


Fig. 15

Fig. 15 - Frammenti di antico basolato stradale in leucite di fronte Torre del Padiglione, via Torre del Padiglione, Aprilia (Lt).


Superato il tratto della Strada Statale Pontina, i resti della via antica scemano a causa del forte impaludamento. Ciononostante, il rinvenimento dei basoli appena descritti confermerebbe l’ipotesi, avanzata da Tofani, del passaggio della via Selciatella a Torre Spaccasassi e a Torre del Padiglione per poi proseguire verso Anzio [36] .

Il basolato ricompare nel parco della pineta della “Campana”, nell’entroterra di Nettuno, dove, secondo Tofani, passerebbe la via Selciatella [37] .

Qui fino a pochi anni fa, si poteva intravedere solo qualche basolo, perché tutto era ricoperto da terra, detriti e radici di pini secolari, finché nel 2002 il comune di Nettuno decise di restaurare l’antica strada (Figg. 16, 17).


Fig. 16

Fig. 16 - Il percorso della via Selciatella da Lanuvio a Nettuno evidenziato in rosso, località la "Campana" di Nettuno in verde, Torre del "Monumento" in arancione dalla Carta I.G.M. Foglio Latina 158 - scala 1:100.000.


Fig. 17

Fig. 17 - Antico basolato stradale in leucite (particolare), località la "Campana", Nettuno (Rm).


Dopo i lavori è emerso un tratto stradale lungo circa 1 km, largo 4,45 m, inclusi i cigli e il lastricato con blocchi in leucite. I basoli sono squadrati a forma di parallelepipedo, ben conservati, larghi 30-50 cm e profondi 5 cm circa (Figg. 18, 19).


Fig. 18

Fig. 18 - Antico basolato stradale in leucite e cigli dei marciapiedi (particolare), località la "Campana", Nettuno (Rm).


Fig. 19

Fig. 19 - Antico basolato stradale in leucite (particolare), località la "Campana", Nettuno (Rm).


Inoltre, Tofani affermava la presenza di solchi scavati dalle ruote dei carri [38] . Durante la ricognizione archeologica ne sono stati rinvenuti pochi, per cui si può ipotizzare che la via non fosse utilizzata per scopi commerciali, ma soprattutto per raggiungere la costa a fini residenziali e di villeggiatura (Fig. 20). L’archeologo Negrini sostiene che l’andamento della strada sia variabile: su un lato è presente un sistema di scolo delle acque piovane, che interrompe per circa 2 m la continuità del ciglio [39] . Infatti, tuttora si vede come la strada abbia una lieve pendenza, in modo tale da favorire il deflusso. Dalla località la “Campana”, il tratto stradale antico proseguirebbe ancora verso sud, fino ad arrivare al monumento sepolcrale soprannominato Torre del “Monumento” [40] (Fig. 21).


Fig. 20

Fig. 20 - Solco lungo l'antica pavimentazione stradale in leucite (particolare), località la "Campana", Nettuno (Rm).


Fig. 21

Fig. 21 - Antico sepolcro, detto Torre del "Monumento", I sec. a.C., opera reticolata e ammorsature in laterizi, Contrada Cadolino, Nettuno (Rm).


Da questo sito in poi, le fonti storiche tacciono e i resti archeologici scarseggiano.

Soltanto Tofani ritiene che la via Selciatella, una volta arrivata ad Antium, si connettesse al percorso della via Severiana (l’imperatore Settimio Severo 193-211 d.C. collegò con questa strada, adiacente alla costa, tutti i porti e le città del litorale laziale: Ostia, Laurentum, Lavinium, Antium, Astura, Circei, Anxur) e prendesse il nome di via Recta [41] . La ricognizione archeologica non ha restituito alcun dato scientifico perché la zona, immediatamente prossima alla costa, è oggetto di una forte urbanizzazione da diversi anni.

 

5. Conclusioni

Le fonti storico - letterarie e le testimonianze archeologiche trattate in questa sede hanno fatto emergere un profilo culturale molto attivo tra i Colli Albani e la costa. Per cui, il paesaggio è stato fortemente condizionato dal passaggio della regina viarum e dei suoi diverticoli non di certo inferiori da un punto di vista scientifico. A tal proposito la Tabula Peutingeriana rappresenta la fonte itineraria antica più adeguata per l’illustrazione del profilo dei Colli Albani, del percorso della via Appia e delle località attraversate (Fig. 22).


Fig. 22

Fig. 22 - Il profilo dei Colli Albani evidenziato in rosso dalla Tabula Peutingeriana, XII - XIII sec. d.C., Biblioteca Nazionale Austriaca, Vienna, Austria.


Anche se la via Selciatella non è illustrata perché si trattava di un percorso secondario, è stata comunque partecipe e testimone delle vicende storiche che hanno interessato alcune delle più importanti città del Latium Vetus, come Velletri, Lanuvio, Anzio.

Ed inoltre essa ha favorito una ricostruzione storico – topografica non solo di alcuni degli aspetti più significativi della viabilità antica ma anche un quadro storico della vita sociale e commerciale dei popoli e dei personaggi che hanno abitato e attraversato queste zone. I santuari per i pellegrini e viandanti, le ville di coloni e ricchi proprietari, le stazioni di sosta e di rifornimento per commercianti provenienti da tutte le parti dell’impero rappresentano una prova evidente del fatto che l’area a sud di Roma non vada solamente ricordata per le paludi, la malaria, le bonifiche promosse dai pontefici fin dal’500. Si tratta di una terra che rimanda l’eco di un passato glorioso ancora più lontano.







NOTE



RINGRAZIAMENTI SPECIALI a mio marito Dario Licciardi per l’esecuzione di una parte del materiale fotografico

[1] Lo storico Dionigi di Alicarnasso testimonia che già all’epoca di Porsenna i Romani avevano la necessità di procurarsi viveri in particolare dal vicino agro pontino e di far provenire gli ortaggi da aree non molto lontane perché facilmente deperibili (D.H., 5.26.3-4).

[2] Valletrisco 2007, pp. 14-15.

[3] Lo storico greco Teofrasto (IV sec. a.C.) testimonia che: “La terra dei Latini è ricca di acque. Nelle pianure si trovano piante di alloro, mirti e magnifici faggi…”: Carbone 2004, p. 52.

[4] Cicerone definiva la parte settentrionale dell’Agro Pontino Pomptina Summa, indicando una terra destinata proprio alla deduzione di colonie: Severo G., 2012, p. 1.

[5] De Rossi 1981, pp. 89-103.

[6] Modica 1997, pp. 97 – 103.

[7] Treccani, Vocabolario on line, ad vocem selciato, www.treccani.it/vocabolario/selciato

[8] Le Pera Buranelli 1925, p. 120.

[9] Tofani 1986, p. 121; Baccaro, Lorenzetti, Modica 1991, p. 19.

[10] Negrini 2004, pp. 229-233.

[11] De Rossi 1981, p. 89.

[12] La classificazione delle strade romane segue generalmente una suddivisione riferita alla scala e alla destinazione di percorrenza, distinguendo le medesime in principali e secondarie. Le principali erano dette anche consolari e servivano a collegare la capitale a luoghi strategici e distanti, invece quelle secondarie solitamente collegavano località vicine e ubicate in luoghi di campagna, ma il loro percorso era comunque divergente dalla strada maestra: Adam 1988, p. 311, Quilici 2004, p. 137, Uggeri 2000, p. 208. Secondo tale terminologia, si potrebbe definire la c.d. “Selciatella” una strada secondaria, perché si staccava dalla via principale -l’Appia - per dirigersi verso la costa.

[13] Cic. Att. XIII, 34; Cic. Att. XIV, 2.

[14] Aprilia Venere Feconda. Breve storia illustrata della nostra città 2010, p. 13.

[15] Latium Vetus. Città di fondazione. Storia e territorio 2001, p. 13.

[16] Quilici 1999, p. 101.

[17] Martinori 1933 p. 121.

[18] Tomassetti 1910, pp. 449-450.

[19] Tor Caldara - Dalla selva al bosco. Un ambiente, la sua storia, i suoi abitanti 1995, p. 51.

[20] Tofani 1986, p. 123.

[21] Nibby 1848-1849, p. 281.

[22] De la Blanchere 1888, p. 61.

[23] Nardini 1918, pp. 136 - 138.

[24] Secondo De Rossi, la via Selciatella era attraversata dai mercanti provenienti dalla città sicula di Centuripe per raggiungere Lanuvio. Le due città sarebbero collegate, secondo il mito, dal fatto che proprio da Centuripe sarebbe provenuto l’eroe fondatore della città omonima, Lanuvio. Inoltre, un’iscrizione del I sec. a. C., rinvenuta in Sicilia, menziona il viaggio intrapreso da tre ambasciatori verso Lanuvio per rafforzare i rapporti di amicizia e parentela tra le due città (De Rossi 1981, p. 91).

[25] Tofani 1986, pp. 123-124.

[26] Nibby 1848-1849, p.184; Tomassetti 1910, p. 293.

[27] Cic., ad Att., XIII, 34; ad Att., XIV, 2; Attenni 2013, p. 3; p. 21.

[28] Adam 2008, p. 311.

[29] Baccaro, Lorenzetti, Modica 1991, p. 19.

[30] Martinori 1933 p. 123.    

[31] Modica 1997, p. 115.

[32] De Rossi 1981 pp. 98 – 99.

[33] Baccaro, Lorenzetti, Modica 1991, p. 19.

[34] Tofani 1986, p. 123.

[35] Ciò sarebbe confermato dal fatto che nel casale medievale, di cui la suddetta torre fa parte, ci sono evidenti resti di strutture antiche in cementizio oltre ai resti, in particolare nella parte inferiore, di una parete in opera quadrata di peperino, che probabilmente erano pertinenti ad un ponte che superava un fosso vicino (Tofani 1986, p. 121).

[36] Tofani 1986, p. 124.

[37] Ibidem, p. 124.

[38] Ibidem, p. 124.

[39] I dislivelli sono dovuti alle sabbie marine dell’era Quaternaria rinvenute in alcuni tratti proprio al di sotto della pavimentazione stradale (Negrini 2004, p. 230).

[40] Tofani 1986, p. 123.

[41] Ibidem, p. 16.





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SITOGRAFIA

 

TRECCANI

Traccani, www.treccani.it

 

 



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