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L'Architetto Giuseppe Pardini e la città di Lucca: il Classicismo della Restaurazione  

Giulia Mondolfi
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 20 Novembre 2014, n. 742
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Area Architettura
Per comprendere la rilevanza di Giuseppe Pardini nelle vicende della città di Lucca si può paragonarlo alla figura di Giuseppe Poggi (1811-1901) unico architetto che, dopo i tempi del Vasari, segnò profondamente il volto di Firenze.
Giuseppe Pardini può essere definito, osservando i suoi lavori, un esponente del Classicismo della Restaurazione o Classicismo Borghese del Ducato di Lucca.


Dopo la caduta di Napoleone viene reinsediato nel Granducato di Toscana Ferdinando III d'Asburgo-Lorena e nel Ducato di Lucca troviamo come reggente Maria Luisa di Borbone.
La Toscana venne così restaurata in virtù di un “nuovo-vecchio” ordine europeo; le ricostituite amministrazioni cercarono di mantenere quasi tutti i tecnici, precedentemente impiegati, limitandosi giudiziosamente a ricollocarli nei nuovi ranghi granducali dei lavori pubblici.
L'architettura, in parte, fu condizionata dai cambiamenti politici; il Classicismo toscano della Restaurazione partecipa con autonomia e dignità a quel movimento definito Classicismo Romantico che interessò l'intera Europa nella prima metà del XIX sec.
Si mantenne una sostanziale continuità stilistica con il precedente periodo Neoclassico ( circa XVIII-XIX sec. ) e si guardò ancor più al mondo classico greco-romano, prendendo comunque anche spunto dal lavoro dei grandi come Bramante, Raffaello, Sangallo, Vignola, Palladio.
La novità del periodo consiste nell'applicare questo linguaggio “classicheggiante” ad un contesto nuovo, ad una realtà sempre più fattiva, operosa, borghese. Forme desunte da una tradizione millenaria vengono ora elegantemente piegate a nuove esigenze, desiderio di una società sempre più borghese; una nuova realtà modernamente antica dove un pacificato equilibrio si unisce ad un agiato buon senso.


Pardini nasce a Lucca il 4 dicembre 1799 da una famiglia benestante, segue studi classici e già in giovane età mostra un fervente ed ardente interesse per l'arte e l'architettura.
Sin da giovane Pardini si dimostra costante nello studio e la sua passione per le belle arti si fa tanto forte da far decidere con facilità alla famiglia, nel 1817, di inviarlo a Roma presso l'Accademia di San Luca per proseguire la formazione.

Durante il soggiorno romano il giovane, oltre a scoprire e studiare le grandi opere del passato, ( ad esempio Colosseo, Pantheon, Villa Adriana), conosce e si interessa allo stile Neoclassico e ne rimane fortemente affascinato; in particolare è colpito dall'elaborato linguaggio fatto di continui richiami e citazioni degli ordini classici, dorico, ionico e corinzio e di altri più complessi come lo ionico vignolesco ed il corinzio imperiale.

Conclusi gli studi presso l'Accademia di San Luca Pardini è cosciente che la sua istruzione architettonica non può dirsi conclusa in quanto priva di nozioni tecniche; decide quindi di arricchire la sua cultura architettonica presso il Regio Collegio di Lucca dove studia, dal 1821 al 1824, materie scientifiche indispensabili come la meccanica, l' idraulica, la fisica e la matematica.
Il desiderio di apprendere e conoscere non si esaurisce con lo studio ma ne condiziona l'intera vita e lo sprona ad osservare e viaggiare; appunta e disegna continuamente. Famosi sono i suoi taccuini di appunti dove troviamo raffigurati anche quei dettagli di architettura quotidiana, che, ad un occhio inesperto possono apparire insignificanti e di poca importanza, ma che catturano il suo sguardo allenato.

In un viaggio agli scavi di Pompei ed Ercolano studiò con attenzione i particolari tecnici degli edifici romani e rimase estremamente colpito dalla policromia delle strutture antiche; è indubbio che l'attenzione per i dettagli sia costruttivi che ornamentali e l'uso attento dei colori furono due aspetti imprescindibili di ogni suo progetto.
Fondamentale è il viaggio che Pardini fa in Inghilterra; qui venne a contatto con il Neopalladianesimo, l'architettura neoclassica e neogotica di John Nash (1752-1853), ed il linguaggio particolare di John Soane (1753-1837).


Nel 1834 torna stabilmente a Lucca dove inizia la professione.
Pardini in questi primi anni di lavoro sarà influenzato dalla persona e dal lavoro di Lorenzo Nottolini (1787-1851) architetto ed ingegnere noto a Lucca in particolare per i suoi lavori in campo di regimazione idrica, massimo esempio ne è l'acquedotto, ma anche per opere di riassetto urbano e di architettura come lo stato attuale di piazza dell'anfiteatro e l'osservatorio astronomico.

Pardini è un professionista capace e sin da subito non mancano le commissioni. Le sue opere si distinguono per le continue citazioni greche, romane e rinascimentali sempre reinserite in modo colto, sensibile e consapevole nella nuova realtà culturale.
Rivitalizza il neoclassicismo senza sconvolgerlo, tramite una rinnovata attenzione al vero naturale ed all'arte del quattrocento. Supera la compostezza e la rigidità delle forme neoclassiche mostrando allo spettatore nuovi, stupefacenti ed inaspettati accostamenti: forme greche vicino a dettagli dell'architettura quattrocentesca. Gli spazi adesso vivi, capaci di colpire positivamente il cuore dello spettatore, creano stupore ed ammirazione senza però abbandonare l'ordinato universo delle forme classiche e le sensazioni di calma, ritmo, solennità.

Gli anni fra il 1833 ed il 1837 sono particolarmente intensi sia dal punto di vista professionale sia per quello accademico; durante il 1833 incomincia i lavori per la Pieve di Marlia, nel 1834 è Maestro di Architettura e nel 1835 entra a far parte della Commissione Consultiva di Belle Arti e Monumenti di Lucca.
Viene nominato “Segretario ed Ispettore della Deputazione degli Edili del Circondario dei Bagni Termali1 ed impegnato nella progettazione e nella realizzazione della stazione termale di Bagni di Lucca. Negli edifici della stazione termale come in altri progetti vediamo il suo amore per la policromia in questo caso realizzata con l'accostamento di materiali diversi come l'intonaco, la terracotta, il gesso e la pietra.

Sempre nello stesso periodo si sperimenta sia nella ristrutturazione di edifici antichi, come la Basilica di San Frediano, sia nella progettazione di nuove tipologie edilizie, come la Camera di Commercio e la Stazione di Lucca, dove massima è la sintesi fra linguaggio ricercato e tecnologia.
Carlo Lodovico promuove, nel decennio fra il 1830 ed il 1840 attraverso apposite leggi e specifici organi una politica di decoro e rinnovamento urbano in cui Pardini sarà particolarmente coinvolto.
Seguono nuove nomine ed onorificenze; nel 1837 Pardini è nominato “Ispettore e Consultore di tutte le fabbriche del ducato escluse quelle dipendenti dal Regio architetto Lorenzo Nottolini2 e nel 1838 è professore di architettura, prospettiva ed ornato presso il Regio liceo.

Carlo Lodovico cede nel 1847 il Ducato di Lucca al Granducato di Toscana; le amministrazioni vengono rinnovate e di conseguenza gran parte della precedente classe dirigente viene parzialmente liquidata.
Sia Nottolini che Pardini si trovano ora in una situazione difficile, il primo ormai anziano soffrirà fino alla morte questo allontanamento dal lavoro, il secondo si sentirà impotente e frustato di fronte alla brusca interruzione di un periodo così stimolante e prolifico della sua carriera.
Fortunatamente, per il nostro architetto, la gestione lorenese durerà solo dieci anni fino all'Unità d'Italia nel 1861. La carriera di Pardini riprende e nei primi quindici anni del nuovo stato italiano gli saranno affidati molti lavori. Molti dei progetti di questo periodo non verranno realizzati o parzialmente, l'ospedale civico di Lucca ed l'ospedale di Fregionaia sono fra queste opere, ma saranno comunque occasione di crescita ed arricchimento.

L'Italia sta cambiando volto: si cerca di superare quella dimensione regionale e provinciale, che prima la caratterizzava, con grandi progetti di riassetto urbano e la progettazione di nuovi grandi edifici pubblici, massimo esempio i ministeri romani, in un stile classico spesso ovvio e prevedibile, quasi burocratico. L'architetto si scontra con le nuove mode dell'architettura unitaria come l'eclettismo neorinascimentale ed il neoquattrocentesco, ma grazie alla sua preparazione ed alla sua sviluppata sensibilità non avrà problemi a conciliare la sua formazione neoclassica con i nuovi gusti.Pardini evita, a differenza di molti suoi contemporanei, di arrischiarsi in citazioni meccaniche di motivi passati e accostamenti inconsapevoli di dettagli di maestri come Brunelleschi, Michelangelo, Bramante, Palladio.

L'architetto si trova adesso, nei suo progetti per il pubblico, a lavorare in scale quasi urbanistiche; la sua grandezza sta nel non aver abbracciato il nuovo linguaggio ma nel mantenere la sua poetica, fatta di citazioni colte e studiate, sintetizzandola, allegerendola, “ampliandola” alle nuove richieste.
Pardini cita decontestualizzando, alterando, arricchendo attraverso un uso attento dei colori e dei materiali, usando mosaici, terrecotte, legno, pietra e marmi multicolori. Un esempio dell'architettura classicheggiante ed al tempo stesso eclettica di Pardini di questo periodo può essere considerata l'esedra del manicomio di Fregionaia per la balneoterapia ( purtroppo quello che è oggi visibile poco corrisponde al disegno originario ed è il risultato di decenni di amministrazioni insensibili).

Nel 1860 Pardini viene nominato “ Ufficiale e tecnico responsabile di tutti quei lavori da eseguirsi nelle fabbriche dell'Opera Ospedali ed Ospizi di Lucca”3.
Dall'Unità d'Italia in poi il nostro architetto si mette alla prova con i due grandi complessi ospedalieri lucchesi, che per dimensioni e per richieste si rivelano una grande sfida progettuale; necessario e propedeutico sarà lo studio e l'approfondimento delle contemporanee teorie mediche e delle esigenze dei malati, dei medici e degli infermieri.

Pardini, consapevole della malinconia, delle tristezze e delle tragedie che possono aleggiare nelle mura di un ospedale, è certo della necessità di dover dare dignità agli spazi anche tramite l'ausilio di un linguaggio scelto e di un uso controllato delle simmetrie. Adatta la sua poetica alle nuove strutture studiando ogni particolare evitando così una falsa e distaccata monumentalità data dalla ripetitività di motivi; ogni luogo, anche se di cura, è degno di essere una bella architettura.

Pardini si dedicherà all'ospedale di Fregionaia per svariati decenni risolvendo problematiche di tutti i tipi, semplici marciapiedi, ampliamenti di corpi esistenti ed edifici funzionali alla gestione del manicomio. Si susseguirono tre differenti grandi progetti di ampliamento dell'ospedale dove troviamo due concetti cardine; primo, la ricerca di funzionalità ed organizzazione, secondo, la dignità del luogo.

E' importantissimo l'impegno di Pardini nei confronti dei malati. L'architetto ed i medici non desideravano un luogo di reclusione ma bensì vollero rendere la vita ai degenti il più possibile normale. Vengono quindi attentamente studiati gli spazi all'aperto, la sala spettacoli, i locali per la ricreazione, i refettori e le varie sale lavoro, per i lavori di cucito, tessitura, filatura, fabbro, ferraio, stagnino, calzolaio e giardiniaggio.

L'ultimo progetto, risalente al 1869, fu estremamente e profondamente condizionato dalle nuove normative dello stato unitario; venne infatti imposto l'orientamento nord-sud dei fabbricati e la realizzazione di ampie finestre per assicurare un adeguata aerazione ed illuminazione.
Il progetto finale, come abbiamo visto, è composto da due braccia laterali unite al corpo centrale preesistente, inizialmente i due corpi esterni dovevano essere caratterizzati da ampi porticati poi mai realizzati; i lavori iniziarono nel 1870 e furono ultimati dopo la morte dell'ideatore.

Gli studiati ed articolati prospetti del progetto pardiniano, che dovevano assicurare respiro, dignità ed anche una certa maestosità al complesso, non vennero realizzati ma, ancora oggi, possiamo comprendere la grandezza del progettista dalla lucidità, data da uno studio attento e sensibile, con cui è stato capace di organizzare l'intera struttura. E' conservato un disegno del complesso, presso la Fondazione Tobino, risalente al 1880, che si dice essere opera di un ricoverato, che ci restituisce in parte la Fregionaia del progetto pardiniano.

Pardini nella sua vita privata fu noto per essere persona modesta e di straordinaria mitezza, non approfittò mai della sua alta posizione per arricchirsi. Le sue doti di architetto e di uomo vennero sempre più riconosciute all'interno della città di Lucca ma anche altrove e furono suggellate, particolarmente negli ultimi anni, da una lunga lista di cariche ed onorificenze.
In tarda età rimase persona sempre viva, attiva e consapevole; si spense improvvisamente, dopo pochi giorni di malattia, nel giugno del 1884.





NOTE

1 G. MOROLLI, I classicismi di Giuseppe Pardini, Architetto in Lucca 1799-1884, Firenze, Alinea, 1991, p.17

2 G. MOROLLI, 1991, p. 18

3 G. MOROLLI, 1991, p. 93






BIBLIOGRAFIA

GILBERTO BEDINI, Lucca il paesaggio e l’architettura dell’acqua, Lucca, PubliEd, 2004

CARLO CRESTI, LUIGI ZANGHERI, Architetti e ingegneri nella Toscana dell’Ottocento, Firenze, Casa Editrice Uniedit S.p.A., 1978

GABRIELE MOROLLI, I classicisimi di Giuseppe Pardini. Architetto in Lucca 1799-1884, Firenze, Alinea Editrice, 1990

DAVID WATKIN, Storia dell’architettura occidentale, Bologna, Zanichelli, 1990








 

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