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Polifilo tra le rovine: Il mito di Roma

Hypnerotomachia Poliphili, scheda della xilografia n. 4

Alessia Ferraro
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 16 Luglio 2014, n. 721
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Polifilo sogna di ritrovarsi in una selva oscura e pericolosa e, spaventato, di uscirne assetato per ristorarsi presso una fonte. Giunge in un luogo ameno dove, all’ombra di una quercia, si riaddormenta e ci narra una nuova avventura.


«La spaventevole silva, et constipato nemore evaso, et gli primi altri lochi per el dolce somno che se havea per le fesse et prosternate membre diffuso relicti, me ritrovai di novo in uno più delectabile sito assai più che el praecedente. El quale non era de monti horridi, et crepidinose rupe intorniato, né falcato di strumosi iugi. Ma compositamente de grate montagniole di non tropo altecia. Silvose di giovani quercioli; di roburi, fraxini et Carpini, et di frondosi Esculi, et Ilice, et di teneri Coryli, et di Alni, et di Tilie, et di Opio, et de infructuosi Oleastri, dispositi secondo l’aspecto de gli arboriferi Colli. Et giù al piano erano grate silvule di altri silvatici arboscelli, et di floride Geniste, et di multiplice herbe verdissime, quivi vidi il Cythiso, la Carice, la commune Cerinthe. La muscariata Panachia el fiorito ranunculo, et cervicello, o vero Elaphio, et la seratula, et di varie assai nobile, et de molti altri proficui simplici, et ignote herbe et fiori per gli prati dispensate. Tutta questa laeta regione de viridura copiosamente adornata se offeriva. Poscia poco più ultra del mediano suo, io ritrovai uno sabuleto, o vero glareosa plagia, ma in alcuno loco dispersamente, cum alcuni cespugli de herbatura. Quivi al gli ochii mei uno iocundissimo Palmeto se appraesentò, cum le foglie di cultrato mucrone ad tanta utilitate ad gli Aegyptii, del suo dolcissimo fructo foecunde et abundante. Tra le quale racemose palme, et picole alcune, et molte mediocre, et l’altre drite erano et excelse, electo Signo de victoria per el resistere suo ad l’urgente pondo. Ancora et in questo loco non trovai incola, né altro animale alcuno. Ma peregrinando solitario tra le non densate, ma intervallate palme spectatissime, cogitando delle Rachelaide, Phaselide, et Libyade, non essere forsa a queste comparabile. Ecco che uno affamato et carnivoro lupo alla parte dextra, cum la bucca piena mi apparve » 1 .

«Scampato alla spaventosa selva e alla fitta boscaglia e lasciati i trascorsi paesaggi, con le membra stanche e prostrate per il dolce sonno che le aveva pervase, mi ritrovai in un luogo molto più ameno del precedente. Il quale non era contornato da orrendi monti e scoscese rupi, né era tagliato da aspre giogaie. Ma composto da grandi montagne non troppo alte ricche di selve di giovani querce, di roveri, frassini, carpini, di ischi frondosi e lecci, di teneri noccioli, ontani, tigli, aceri, sterili oleastri disposti a seguire l’andamento degli arboriferi colli. E giù nella valle vi erano grandi selve di altre piante selvatiche, di floride ginestre, di molte erbe verdissime. Qui vidi sparsi sui prati il citiso, la carice, la cerinta comune, la panachia muscaria, il ranuncolo fiorito, il cervicello o elafio, la serratula, molte specie assai nobili e molte altre semplici ed ignote erbe sparse nei prati. Si offriva tutta questa lieta regione coperta di verde.
Poco oltre trovai una piaggia sabbiosa e piena di ghiaia, punteggiata qua e là di radi cespugli erbosi. Qui si presentò agli occhi miei un delizioso palmeto, le cui foglie sono tanto utili per gli Egizi, dal suo dolcissimo frutto fecondo ed abbondante. Per i cui rami, alcuni piccoli e mediocri, altri dritti ed eccelsi, fu eletta simbolo di vittoria a causa del suo resistere anche sotto un gran peso. Ancora, in questo luogo, non trovai abitanti né animale alcuno. Ma camminando solitario tra le non dense ma intervallate palme, pensando a Rachelaide, Phaselide e Libyade, non esserci forza a queste comparabile. Ecco che, dalla parte destra, mi apparve un affamato e carnivoro lupo con la bocca piena ».








	

 

Polifilo sogna di assopirsi grazie alla frescura di un albero e di passeggiare solitario in un luogo puntellato da «non dense ma intervallate palme», 2 in uno scenario di rovine antiche che trasformano il suo doppio sogno in preludio del sogno archeologico dove molti sono i riferimenti all’antico .

La stessa vegetazione fatta di palme racchiude in sé molteplici significati. Essa, infatti, è sia indice topografico, come Calvesi sostiene, 3 che ci aiuta ad identificare il luogo con il litorale laziale dove la palma cresce spontaneamente, sia riferimento alla cultura egizia, in cui tale pianta viene spesso assimilata al dio Thot, signore del tempo 4 e conservata nella mano destra del dio dell’oltretomba Anubi 5 . I suoi rami, infine, sono il materiale con cui vengono intrecciati i sandali della dea Iside e le corone sul capo dei suoi iniziati. 6 In questa pianta coesistono i simboli della vittoria e della forza essendo resistente e sempreverde.

Erasmo nei suoi Adagia, menzionando Aulo Gellio e a sua volta Aristotele e Plutarco, scrive «palmam ferre» per indicare il grado di sopportazione della fatica del suo legno che, sottoposto ad un grosso peso, né cede e né si curva 7 come sottolineano anche Leon Battista Alberti nel De Re Aedificatoria 8 e Francesco Colonna nella stessa Hypnerotomachia 9 . Negli Emblemata Henkel e Schone ci offrono l’immagine di una palma assediata da tanti paffuti fanciulli che tentano di conquistare i datteri odorosi, ma solo colui che più tenacemente riuscirà a tenersi potrà averli come meritati premi 10 a monito di restar sempre saldi contro le difficoltà per ottenere le vittorie. Ed infine è proprio la personificazione della vittoria ad avere tra le sue insegne oltre all’aquila, simbolo di tenacia, ed il lauro, altra sempreverde, la palma. 11

Ma i significati celati dietro questa pianta non sono solo due. Ve ne è anche un terzo che dal cristianesimo in poi si diffonde ma affonda le sue radici già nell’antichità: la resurrezione. Una credenza accosta la palma all’immortalità e racconta come l’araba fenice quando sta per morire e rinascere, scelga la palma per il suo ultimo nido, costruendolo sulla cima dell’albero. Un’antica leggenda, narrata da Plinio, vuole che insieme al mitico uccello anch’essa prenda fuoco per poi rinascere spettacolarmente dalle sue ceneri. 12 A supportare la leggenda vi sarebbe anche una correlazione linguistica tra le parole greche “fenice” e “palma”, scritte entrambe «φοινιξ» 13

Interessante è il verso di una medaglia del 1526 circa, fatto effigiare dal duca d’Urbino Francesco Maria della Rovere, su cui vi è una palma con i rami inclinati dal peso di una pietra ed un cartiglio che recita «inclinata resurgo». 14


Mentre cammina Polifilo è spaventato da una famelica lupa che gli sbarra la strada alla sua destra, tanto da sentire i capelli arricciarsi sulla nuca e da non poter urlare.

Essa, in rapporto alle rovine che la circondano, suggerirebbe un immediato richiamo alla fondazione del mito di Roma. Ma se prestiamo attenzione alla posizione del suo corpo e alla ferocia della sua espressione, possiamo supporre che racchiuda in sé un significato ben più complesso e meno semplicistico. Il lupo è da sempre un simbolo molto discusso e dalla duplice valenza: generativa da un lato e distruttiva dall’altro. Nell’antica Grecia fu consacrato ad Apollo, dio del sole, poiché come questi attira i greggi con i suoi raggi, così l’animale rapisce le bestie e le dilania. Possiede, inoltre, una buona vista notturna per cacciare, riuscendo metaforicamente a squarciare le tenebre così come fa la luce del sole. Proprio per quest’attribuzione divina, presso il tempio di Apollo a Delfi è conservato un bellissimo lupo di metallo narrando, il mito stesso, che Latona, fatta gravida da Giove, fu tramutata in lupa dando poi alla luce il dio del sole. Si racconta anche che un lupo uccise un ladro che tentava di rubare al tempio, salvandone così i tesori. 15 Il potere di questo animale di generare stirpi nobili e durature, come quella romana, si ravvisa in alcune immagini che lo raffigurano con la scritta «suprimenda semina». 16 Tornando propriamente alla lupa che atterrisce Polifilo, la forma del suo corpo rivolto all’indietro è rintracciabile in un geroglifico che Horapollo l’Egiziano esamina interpretandone un significato di ostilità ed avversione, esattamente quello che l’animale sta facendo con il protagonista dell’Hypnerotomachia. 17

La lupa sta allo stesso tempo minacciosa e fiera, a guardia e protezione delle antichità come se fossero i “suoi figli romani”, ormai sventrati dal tempo. Sbarra famelica la strada a Polifilo, creando un subitaneo parallelo letterario con la fiera dantesca che impedisce al sommo poeta di procedere nel suo viaggio.


Insieme alla palma, su cui si è già lungamente discorso, anche la lucertola, altro animale presente nel paesaggio, è simbolo di rinascita, rigenerando per natura le vertebre caudali una volta tagliate. Nella mitologia classica questo animale si presenta con significati ambivalenti. Simbolo della saggezza e della fortuna, era considerata emblema del dio Ermes e dell’egizio Serapide. Al tempo stesso però era associata ai serpenti, dei quali condivideva gli aspetti ctonî e i valori più oscuri della simbologia. Era credenza diffusa presso i Romani che durante l’inverno la lucertola andasse in letargo per risvegliarsi in primavera, per questo assumeva un significato simbolico anche in ambito funerario, rappresentando la morte e la rinascita e, spesso, era riprodotta in questo contesto sulle lastre tombali romane, oppure, in relazione con il tema del sonno, accanto a immagini di amorini dormienti. Per quanto concerne l’accostamento che gli alchimisti fecero tra lucertola e lussuria, ciò deriverebbe da alcune proprietà del rettile essendo in grado di stare a lungo esposto al sole sulle pietre e capace di entrare ed uscire agilmente dagli anfratti, rappresentando così il “fuoco tellurico”, cioè la sessualità elementare. 18


L’ambiente “rovinoso” che circonda il protagonista è intriso di una Roma “trattata male”, con busti acefali, colonne spezzate, architravi e capitelli sparsi. Ciò riporta alla mente i discorsi di alcuni umanisti che, recandosi nell’antico Foro allora interrato, si lamentavano per l’incuria dell’antico che declassava la città e che le fece perdere la Palma d’Atene del Rinascimento, vinta invece da Firenze. Poggio Bracciolini, segretario apostolico con Martino V (Oddone Colonna) devoto al cardinale Prospero, zio di Francesco Colonna, nel De Variaetate Fortunae riporta come lo stesso Oddone Colonna osservasse dall’alto del Campidoglio le rovine romane, tra cui il Bracciolini enumera anche Palestrina, dominio di Francesco Colonna, meditando sull’instabilità della fortuna. 19

Nel 1700 Piranesi riuscì a trasformare tale “rovinismo” in poesia archeologica romana, in riflessione filosofica e infine tutela del patrimonio culturale e archeologico. Il bacino ovale che affianca la lupa, secondo alcuni studiosi, era immagine del Colosseo ma la forma non ellittica bensì circolare suggerirebbe, invece, un percorso di rigenerazione. Rigenerazione di una città in dissesto che può guarire e dove la prima rovina è Palestrina, la casa di Francesco Colonna.

La circolarità nel Polifilo è piuttosto presente, basti pensare alla forma dell’isola di Citera, luogo cruciale del racconto.


Unendo i simboli finora trattati: la lucertola, le rovine, la lupa e il bacino ovale, ci rendiamo conto di come siamo dinnanzi ad un cammino iniziatico. Un percorso che nasce dall’incontro di Polifilo con la lupa, feroce custode di una Roma ormai maltrattata, allegoria delle difficoltà che qualunque iniziato deve affrontare per bere alla fonte della sapienza ma che possono essere superate se si persevera, come i fanciulli attaccati alla palma per godere dei suoi frutti. Un cammino che conduce ad una rigenerazione e resurrezione in cui il rovinismo è premessa della ricostruzione fondata sulla sapienza e sulla conoscenza. Un invito che non si ferma nel 1499 con la stampa dell’Hypnerotomachia ma che è oggi più che mai attualizzabile in un’ epoca come la nostra in cui il patrimonio culturale italiano è diventato ruota di scorta dell’economia quando dovrebbe essere maggiormente tutelato e valorizzato perché gancio di traino di una ripresa sostanziale.


Tornando al nostro Polifilo, che le mie riflessioni hanno lasciato atterrito di fronte al lupo, egli volge gli occhi dove i colli sembrano convergere e scopre una “mirabile e portentosa” piramide con un eccelso obelisco che la corona. Incantato da tanta magnificenza si avvicina.




NOTE

1 F. Colonna, Hypnerotomachia Poliphili, Venezia, A.Manuzio Sr., 1499, a III v/r; Bayerische Staatsbibliotek, pp. 20-21.

2 F. Colonna, Hypnerotomachia Poliphili, Venezia, A. Manuzio Sr., 1499, a III r/v; Bayerische Staatsbibliothek, pp. 20-21.

3 M. Calvesi, Il Sogno di Polifilo Prenestino, Roma, Ars Fingendi, 1980, pp. 112-119.

4 A. Alciati, Emblematum liber, Hildesheim; New York, Olms, 1977, pp. 153-156.

5 V.Cartari, Immagini degli dei degli antichi, Vicenza, N.Pozza, 1996, pp. 179-180.

6 Apuleio, Metamorfosi, Milano, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 2005, liber XI.

7 A. Alciati, Emblematum liber, Hildesheim; New York, Olms, 1977, pp. 153-160.

8 L.B. Alberti, De Re Aedificatoria, Milano, Il polifilo, 1989, Vol. I, p. 125.

9 F.Colonna, Hypnerotomachia Poliphili, Venezia, A. Manuzio, 1499 a III r/v; Bayerische Staatsbibliothek, pp. 20-21.

10 Henkel e Schone, Emblemata, Stoccarda, J.B Metzler, 1976, pp.195-196.

11 V. Cartari, Immagini degli dei degli antichi, Vicenza, N. Pozza, 1996, p. 213.

12 A.Alciati, Emblematum liber, Hildesheim, New York, Olms, 1977, pp. 153-160.

13 R.Van den Broek, The Myth of the Phoenix, Leida, E. J. Brill, 1972, pp. 54-55.

14 A. Alciati, Emblematum liber, Hildesheim, New York, Olms, 1977, pp. 153-160.

15 V. Cartari, Immagini degli dei degli antichi, Vicenza, N.Pozza, 1996, p. 31.

16 Henkel e Schone, Emblemata, Stoccarda, J.B. Metzler, 1976, pp. 448-453.

17 Horapollo l’Egiziano, Trattato sui Geroglifici, a cura di F. Crevatin e G. Tedeschi, Napoli, Il Torcoliere, 2002, II, p. 141.

18 A. Ferrari, Dizionario di Mitologia Greca e Latina, Torino, UTET, 2006, p. 123.

19 M. Calvesi, Il sogno di Polifilo Prenestino, Roma, Officina Edizioni, 1980, pp. 67-69.




BIBLIOGRAFIA

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Leon Battista ALBERTI, De Re Aedificatoria, Milano, Il Polifilo, 1989.

ALCIATI A. 1977
Andrea ALCIATI, Emblematum liber, Hildesheim; New York, Olms, 1977.

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Apuleio, Metamorfosi, a cura di L. Nicolini, Milano, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 2005.

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Roelof van den BROEK, The myth of the Phoenix, Leida, E. J. Brill, 1972.

CALVESI 1980
Maurizio CALVESI, Il sogno di Polifilo Prenestino, Roma, Officina Edizioni, 1980.

CARTARI 1996
Vincenzo CARTARI, Immagini degli dei degli antichi, Vicenza, N. Pozza, 1996.

COLONNA F. 1499
Francesco COLONNA, Hypnerotomachia Poliphili, Venezia, A. Manuzio Sr., 1499.

FERRARI 2006
Anna FERRARI, Dizionario di Mitologia Greca e Latina, Torino, UTET, 2006.

HENKEL – SCHONE 1976
Arthur HENKEL – Albrecht SCHONE, Emblemata : Handbuch zur Sinnbildkunst des XVI und XVII Jahrhunderts, Stuttgart, J. B. Metzler, 1976

HORAPOLLO L'EGIZIANO 2002
Horapollo l’Egiziano, Trattato sui geroglifici, a cura di Franco CREVATIN e Gennaro TEDESCHI, Napoli, Il Torcoliere, 2002.



	
Vedi nel BTA: LE XILOGRAFIE DELL'HYPNEROTOMACHIA POLIPHILI






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