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Il ruolo sociale ed educativo dell'arte a Città del Messico e la promessa dei musei universitari  
Mercedes Auteri
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 7 Novembre 2012, n. 664
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Nel 2010, in occasione dell’anniversario di due eventi decisivi della vita messicana, il bicentenario dell’Indipendenza e il centenario della Rivoluzione, la coordinatrice dei lavori sulla valorizzazione dell’arte latinoamericana, Mercedes de Vega, presenta il progetto come necessario per la “riappropriazione” del proprio destino attraverso la cultura, non solo con il fine di “avvicinarci ad un anelito di verità” ma soprattutto con l’obiettivo di “aiutarci a vivere” [1] . Parla di cultura “sequestrata” per fini “meschini” e aggiunge “non sono la tecnologia, il mercato e il consumismo i motori fondamentali dello sviluppo, come vorrebbe fare credere la storia recente del mondo; lo sono stati, invece, l’educazione e la cultura sostenuti dall’Umanesimo, dal riconoscimento dell’essere umano come valore supremo, ricco di principî etici e di conoscenze utili animate dal proposito di procurare a tutti gli individui condizioni di vita degne, che favoriscano il loro perfezionamento. Questo è, precisamente, l’intelligente vincolo tra razionalità e spiritualità nell’evoluzione della razza umana” [2] .

Riprendendo quello che José Vasconcelos Calderón, politico, filosofo e nono rettore dell’Università Nazionale Autonoma di Città del Messico (oggi riconosciuta, a livello internazionale, come la più importante del Paese), aveva scritto appena un secolo prima nel suo celebre trattato su La razza cosmica (la quinta, quella mista di tutte le razze del mondo, in nome di un nuovo Umanesimo) [3] , immaginando un’università che lavori per il popolo e lo “spirito” che parli per una intera razza [4] , i musei universitari di arte contemporanea (il MUAC e lo Spazio Scultorico, il MUCA, il Chopo, l’Eco) hanno assunto un ruolo educativo e sociale che trova la sua forza proprio nel diventare il legame concreto tra l’università e l’intera città.

Una volta conclusasi la guerra civile e formatosi il primo governo rivoluzionario, nell’intento politico di una ricostruzione nazionale, fu fondata nel 1921 la Secretaría de Educación Pública di cui Vasconcelos fu ministro. Si cercò di attuare un rinnovamento culturale e sociale attraverso l’educazione. L’insegnamento estetico giocò un ruolo di primo ordine in questo senso e numerosi furono gli artisti che credettero alla democrazia attuata con la crescita spirituale e culturale delle masse, con l’apprendimento gratuito e per tutti di capacità tecniche artigianali, con la comprensione dell’importanza di una politica giusta e di una socializzazione per il bene comune attraverso l’arte [5] .  Questo progetto è oggi raccontato da una esposizione realizzata da Itzel Rodríguez e Dafne Cruz Porchini al Museo della Rivoluzione di Città del Messico. Più di cento foto e accurati apparati didattici spiegano il progetto ufficiale di educazione artistica popolare avvenuto negli anni Venti e Trenta del secolo scorso [6] .

La comunità scientifica si è interrogata più volte su quanto il progetto di Vasconcelos, come ministro e come rettore, potesse oggi essere attuale e su come la sua attualizzazione oscillasse tra realtà e utopia. Le linee politiche da lui dettate in ambito culturale, educativo, universitario rimarranno costante monito per chi verrà dopo di lui. Circa cinquanta anni dopo, nel 1964, Jaime Torre Bodet (ministro dell’educazione e presidente dell’UNESCO negli anni Cinquanta) lo citerà come esempio durante l’inaugurazione del Museo Nazionale di Antropologia; circa cento anni dopo, oggi, ancora lo si ricorda e lo si prende come esempio nelle più disparate occasioni [7] .

Il ministero di Vasconcelos considerò l’istruzione e la cultura parti di un tutto, non ragiona per compartimenti stagni e valorizza contemporaneamente tre branche: Scuola, Biblioteche e Belle Arti. Come strategia prioritaria propone l’istruzione degli strati popolari e più emarginati con il fine di sradicare l’analfabetismo. Coinvolge anche le donne e i bambini e chiunque avesse qualcosa da insegnare a chi non sapeva niente. Riesce ad ottenere dal presidente degli Stati uniti Messicani, Alvaro Obregòn, una donazione milionaria, superiore al tradizionale stanziamento per la difesa militare, e fa costruire scuole, centri culturali, biblioteche in tutta la nazione. Promuove tutte le arti, compreso il teatro e la danza. Fa ristampare i grandi classici: Platone, Virgilio, Dante, Omero, Cervantes. Crea il Dipartimento della Cultura Indigena con l’obiettivo di porre fine alla segregazione degli indios perché fossero inseriti nella comunità nazionale (prima che indigeni erano messicani e avrebbero contribuito alla grande cultura meticcia e alla “razza cosmica”). Diffonde in tutto il paese lo sviluppo dell’istruzione tecnica e artigianale. Pubblica due pregevolissimi tomi illustrati dedicati alle arti applicate, grazie a una ricerca realizzata dal pittore Gerardo Murillo (Dr. Atl), che titola Las Artes Populares en México (1922). Offre agli artisti (Siqueiros, Rivera, Guerrero) i muri degli edifici pubblici affinché possano esaltare i valori spirituali, morali e un “sentimento nazionale nella sostanza ma universale nelle finalità”. Invita pittori e letterari a mettere al servizio del bene sociale e dell’istruzione delle masse popolari tutto il loro talento. Più volte ripete che l’arte è il principale veicolo per conquistare una società democratica nella quale dominino i valori dello spirito, della sensibilità, della morale [8] .

Durante la prima metà del 1900, il nazionalismo politico degli stati dell’America Latina trovò fondamentale il tema dell’educazione universitaria: per creare una nuova classe dirigente, per radicare un’identità propria e per cercare di emanciparsi dalle dipendenze europee o statunitensi facendo del complesso passato storico la propria forza. Da qui l’ambiziosa iniziativa di creare prestigiosi campus. La città universitaria dell’UNAM fu considerata da molti come un’opera totale a cielo aperto, grazie all’intervento congiunto di artisti e architetti e all’intensa relazione tra facoltà, musei, teatri, biblioteche, istituti di ricerca, archivi, edifici sportivi e spazi aperti di verde e pietra lavica. Costituì un termine di paragone per molti altri campus e un nuovo “stile” per quanto riguardava il sistema d’educazione, il linguaggio artistico e architettonico, il processo di emancipazione [9] .

Non bisogna dimenticare che appartiene storicamente agli anni ’60 del Novecento latino-americano la pedagogia rivoluzionaria di Paolo Freire (Brasile, 1921-1997), il suo tentativo di liberazione attraverso: il processo di alfabetizzazione, l'apprendimento e l'approfondimento della parola data, la concessione della parola a coloro che non sono autorizzati aparlare, la parola agli oppressi per affrontare il processo dialettico di storicizzazione (ed essere una persona nella storia), le tecniche di apprendimento per mezzo dell’immagine (con cui il soggetto - autore impara, a poco a poco, ad essere testimone della propria storia, a “immaginare” attraverso la concettualizzazione del disegno e a “scrivere”la propria vita, consapevole della sua esistenza, protagonista della storia) [10] .

Come ha sottolineato Luis Gerardo Morales Moreno, però, il museo nazionale sviluppa un linguaggio demistificatore del passato, in relazione alle necessità simboliche delle società postcoloniali. Nella museologia messicana degli anni 1939 – 1987, nei musei local-nazionali (di storia, etnologia e archeologia), “l’ancestralità” rappresentò per il XX secolo messicano l’“atto di lutto” per i dimenticati e i vinti. La museografia storico-archeologica servì da “alchimia della presenza di un’assenza” [11] . Grazie ai suoi riferimenti mitologici e immaginari, il Messico mantiene una grande autonomia e preserva con orgoglio il suo passato, le rovine archeologiche, i musei di storia e antropologia, i monumenti storici e artistici radicando una certezza nei messicani di ogni fascia sociale, culturale e d’età.

Oggi l’investimento culturale degli intellettuali e quello economico del governo del Messico nella Città Universitaria continuano a correre parallelamente anche quando si rivelano opposte le rispettive ideologie, dando alcuni dei suoi più importanti frutti proprio nel coinvolgimento trasversale di differenti classi sociali, nell’ampliamento dell’accessibilità al sapere, nella costituzione di una più radicata e formata classe docente latino-americana. Sembrerebbe che i frutti dell’educazione artistica postrivoluzionaria e l’impegno intellettuale abbiano portato a questa alta considerazione della cultura come motore di sviluppo e all’arte come mezzo espressivo della critica sociale.

L’arte dell’America Latina si rivela al mondo con distinte attitudini, all’inizio ancora spesso compromessa con la politica, successivamente di completa rottura, alcune volte debitrice alle correnti occidentali, altre volte ostinata a ricercare le proprie radici, in ogni caso ritenuta necessaria, figurativa o astratta, popolare o colta, concreta o concettuale, riconosciuta come “concentrata sulla propria catarsi come unica via di liberazione” [12] .

L’ampliarsi del campus universitario, accogliendo le nuove tendenze, si manifesta simbolicamente in questo pensiero collettivo che riunisce gli artisti pur non snaturando le individualità, come si vede dalla realizzazione dello Spazio Scultorico (molto si deve alla poetica della docente e artista Helen Escobedo) [13] ; dall’internazionalizzazione dell’esposizioni del MUCA; dalla nascita di sedi distaccate, fuori dal campus, nella città, dei musei universitari EL ECO, CHOPO e MUCA ROMA; dall’inaugurazione del MUAC.

Escobedo fu la prima ad interrogarsi sull’importanza di portare l’arte dentro il campus della Città Universitaria. Riconosciuta artista, direttrice del MUCA (Museo Universitario de Ciencias y Arte) dal 1966 al 1977, direttrice di diverse gallerie dell’UNAM e nel 1979 anche del CHOPO, direttrice del Museo di Arte Moderna dal 1975 al 1989. Afferma nella sua direzione come una Università, meglio di qualunque altra istituzione, possa coltivare pluralismo, analisi, critica e rivolgerle ad un pubblico vasto ed eterogeneo. Un “auditorio ambulante” e complesso, lo chiama, che l’Università può catalizzare attraverso un comune denominatore che comprenda differenti temi, in chiave interdisciplinaria e con un lavoro di squadra che generi una nuova visione. Ripeteva spesso che era finita l’epoca degli eroi, insieme a quella dei dittatori, e che in questa nuova società non si possono risolvere i problemi restando soli ma solo lavorando uniti in maniera distinta ma plurale [14] .

Le discipline scientifiche, i programmi curriculari e l’attività museale all’interno della UNAM non funzionano per linee separate, come generalmente è successo ai musei universitari (allontanando la teoria dalla pratica, lo studio di cattedra da quello delle collezioni, l’élite culturale accademica dalla gente comune, le biblioteche e gli archivi come luoghi unicamente per “addetti ai lavori”) ma trovano nella ricerca, nell’apertura al vasto pubblico, nella dimensione educativa una completa integrazione [15] . Nel settembre del 2006, viene organizzato dall’UMAC (University Museums and Collections dell’ICOM) e dall’UNAM (in particolare dalla Dirección General de Artes Visuales, la Oficina de Colaboración Interinstitucional e la Coordinación de Difusión Cultural), un convegno dal titolo “Nuevos Caminos para los Museos Universitarios” che propone una riflessione su queste istituzioni, sulla specificità delle collezioni, sull’indagine dei pubblici, sui modelli di gestione, avanzando una proposta di “modello messicano”, peculiare in questo genere [16] . Un genere codificato abbastanza recentemente: in Europa grazie alla costituzione dell’European Academic Heritage and Universities e la Dichiarazione di Halle del 2000 in cui per la prima volta si pone l’attenzione alla valorizzazione integrata del patrimonio universitario; nel mondo con la nascita dell’UMAC (organizzazione interna a ICOM che si dedica alle sedi museali legate all’Università) e la costituzione di una rete di circa tremila musei universitari in tutto il mondo (di cui circa cento di arte contemporanea).

Il convegno di Città del Messico (sede della prima università d’America, la Real y Pontificia Universidad de México del secolo XVI), rimane una pietra miliare per gli studi di museologia universitaria. Si riflette su un momento cruciale di perdita di valori nella cultura, nell’arte, nella educazione e si risponde con una presa di posizione di impegno delle università nella società e sul territorio. Ci si confronta con realtà vicine e lontane di ogni continente, giungendo ad una consapevolezza: il profilo dei musei universitari si è trasformato, in un mondo contemporaneo e globalizzato nuove sono le domande e le risposte della società, maggiori sono le conoscenze per una più accurata catalogazione e per l’accrescimento delle collezioni, è aumentato il valore e l’importanza dell’educazione, dell’insegnamento, della ricerca nel dovuto compromesso con la comunità [17] .

Come ha sottolineato Montserrat Galì Boadella, il modello neoliberale minaccia l’autonomia universitaria, attacca l’università pubblica e impone un pensiero unico e acritico. E al modello nordamericano dei musei con patrocinio privato strettamente connessi al mercato contrappore il modello messicano di museo universitario basato sullo sviluppo scientifico e pedagogico, della ricerca e dell’educazione della comunità [18] .

Principali punti di forza di questo sistema, già avviati e in via di consolidazione sono:

- il coordinamento tra i Dipartimenti dell’UNAM e la programmazione dei musei universitari;

- le strategie di promozione (che i rispettivi uffici stampa dei musei e il dipartimento di Diffusione Culturale dell’università realizzano con pubblicazioni, programmi radio e una televisione di proprietà dell’università, TVUNAM);

- la gestione integrata di turismo culturale e servizi per la comunità (conciliando l’attrattiva della Ciudad Universitaria, sede dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco per i suoi storici edifici, dipinti da alcuni dei più noti artisti messicani, con l’offerta museale e le attività correlate);

- l’inserimento delle collezioni in ambito internazionale, nazionale e la promozione dei giovani artisti;

- lo sviluppo di un sentimento identitario all’interno e all’esterno dell’università;

- la capacità d’incremento del pensiero critico e della politica culturale del Paese.

Forza che viene riconosciuta a questo sistema anche da Thomas Lentz che propone un museo di arte anche per la prestigiosa Harvard, come una scelta semplice e necessaria. [19]

Il merito di questa “rivoluzione messicana” va in buona parte a Graciela de la Torre, socia fondatrice dell’Asociación Mexicana de Profesionales de Museos che dal 2004 occupa la Dirección General de Artes Visuales en la UNAM, responsabile del MUAC e della collezione di arte contemporanea dell’UNAM. Pioniera del concetto di Servizio Educativo negli spazî espositivi, da sempre difende l’idea che la visita al museo debba essere un’esperienza di apprendimento. Quando inaugura il MUAC (Museo Universitario de Arte Contemporaneo) lo definisce un “post-museo”, un museo del futuro che adesso è già presente: centrato sul pubblico e sulle possibilità di interazione con il lavoro artistico contemporaneo [20] . Il museo aspira: ad essere una istituzione di avanguardia con una costante vocazione come veicolo di apprendimento e di costruzione della conoscenza; a mantenere l’eccellenza dell’offerta ed essere un riferimento creativo a servizio della comunità universitaria, nel campo nazionale e internazionale; a convertirsi in uno standard di qualità e a generare le espressioni dell’arte e della cultura visuale messicana. Inoltre, le aree educative si presentano come uno spazio aperto che permette al visitatore di stabilire un legame emozionale e intellettuale nell’interazione con l’arte contemporanea. Tre sono le modalità: l’Agorà, concepita come area d’incontro e assimilazione, rivolta a tutti i tipi di pubblico; l’Isola, più orientata ai piccoli e ai giovani, per sostenere il pensiero creativo e la libera espressione; la Zona, a cui s’invita il pubblico universitario e il pubblico adulto in generale, affrontando temi ed esperienze di arte e cultura contemporanea. Le diverse modalità curatoriali riflettono l’interdisciplinarietà e l’originalità della proposta. I diversi ambiti coinvolti sono principalmente la filosofia contemporanea, l’antropologia sociale, la psicologia, la cultura visuale. Si considera la costruzione e la decostruzione delle letture differenti come la base museale della proposta legata alla produzione universitaria e trasversale del sapere. La stessa pianta architettonica e lo spazio museale si propongono al visitatore come possibilità per un viaggio nella simultaneità e nella giustapposizione di percorsi che dinamizzano la sua temporalità [21] .

Come hanno rilevato molti studiosi, tra cui Jesùs Pedro Lorente, l'America Latina ha dimostrato un fermento ideologico anticonformista e solidale che, se ha costellato la sua storia politica recente di rivoluzioni e tentazioni populiste, non è stata meno determinante in altre aree come la religione, la cultura, con fenomeni come la teoria della liberazione e, in conseguenza, una museologia molto compromessa socialmente [22] . Un evento che ha contribuito molto al coinvolgimento dei professionisti dei musei a favore di una maggiore implicazione nell’attivismo sociale è stata la Conferenza di Santiago del Cile del 1972 in cui si organizzò una tavola rotonda interdisciplinare coordinata dal messicano Mario Vàsquez Ruvalcaba. Furono invitati specialisti dei musei ma anche persone comuni a discutere sull’importanza del museo come luogo di sviluppo delle aspirazioni solidali e sociali dell’America Latina. È qui che fu coniata la denominazione di “museo integrale” [23] , specificando lo stretto legame tra museo e territorio. In questi anni Miriam Arroyo Quan (pioniera della “nuova museologia”, internazionalmente riconosciuta, insieme a Hugues de Varine e a Georges Henri Rivière) contribuì a diffondere il modello di museo integrale (poi chiamato dell’ecomuseo). Nel 1972 fu creato all’interno del Museo di Antropologia il primo “museo comunitario”, con annesso un Programma di museo scolare promosso dall’architetto e museografo Iker Larrauri dell’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia (INAH), con il proposito di stabilire un museo popolare in ogni scuola del paese, allestito dai bambini con l’aiuto dei maestri.

In questi anni nascono nelle grandi capitali anche i primi musei di Arte moderna (San Paolo, 1948; Buenos Aires, 1956; Rio de Janeiro, 1958; Città del Messico, 1964) e di Arte contemporanea gestiti dall’università (Santiago del Cile, 1947; Bogotà, 1955). E, con il coinvolgimento di luoghi più periferici, importanti esempi di arte contemporanea e museologia sociale: come nel quartiere popolare di Minuto de Dios a ovest di Bogotà, il Museo di arte Contemporanea, fondato da padre Rafael Garcìa Herreros con l’appoggio della comunità artistica colombiana; come il progetto del Museo di Arte Moderna di Città del Messico con l’integrazione degli abitanti del quartiere Tepito che entrarono per la prima volta in un museo grazie ad un piano di proposta di riurbanizzazione presentato da un collettivo di artisti negli anni Settanta [24] .

I temi “caldi” [25] oggi, per il continente americano ma validi ad ogni latitudine, sono ancora legati: al razzismo (diversità di idee, pelle, cultura, sesso, religione, malattie o handicap); alla violenza interiore e psicologica (sulle donne, sui bambini, dentro le case) e esteriore (strade, città, lavoro); all’ambiente (inquinamento, raccolta differenziata, consumismo e ineguale distribuzione delle risorse); alla legalità (corruzione, ingiustizia, democrazia mancata). A questi problemi, a cui troppo spesso non hanno potuto rispondere i politici e il governo, hanno risposto i luoghi di cultura (musei, università, scuole, biblioteche, cinema, teatri) generatori di pensiero critico e costruttivo e promotori di una nuova visione educativa, etica, spirituale e produttori consapevoli di una reale ricerca di qualità della vita. Una rivoluzione in apparenza più silenziosa ma con armi altrettanto potenti. Si è recentemente concluso il 5 ottobre a San Luis Potosì un convegno sull’educazione nei musei De la teorìa a la pràtica y viceversa. Generando pensamiento critico che ha visto, tra gli altri la partecipazione di Peter Mclaren, esponente della Pedagogia critica, che più volte ha affrontato questi temi [26] .

L’inizio dell’anno accademico 2012 -2013 di Città del Messico propone tre alternative, che si compensano amplificando la forza espositiva (e la proposta educativa annessa), esaustive di questo prolifico sistema contemporaneo: la prima, al MUCA Roma, evidenzia il nesso tra ricerca, università, impulso museografico; la seconda, al CHOPO, l’aspetto generatore di pensiero critico e consapevolezza storica del momento attuale; la terza, al MUAC, la coopresenza di artisti di fama internazionale e lo spazio dedicato ai giovani artisti, la riflessione sociale e l’attività educativa correlata. Ecco alcune delle proposte.

Al MUCA la prima generazione di studenti del programma di Studi curatoriali della Specializzazione in Storia dell’Arte dell’UNAM (il primo di questo genere in un’università pubblica, pensato per formare in maniera professionale, teorica e pratica, il personale che lavorerà nei musei) seleziona alcune opere che narrano, in maniera critica le implicazioni ideologiche e la conformazione delle collezioni pubbliche e private che costituiscono un museo. Colecciòn: El crimen fundacional, attraverso opere di artisti contemporanei di differenti generazioni riflette sul valore dell’archivio, sul processo di acquisizione, classificazione, revisione e esibizione dei pezzi.

Al CHOPO tre mostre. La prima di fotogiornalismo, EXPOFOTOPERIODISMO2012, è una collettiva fotografica che denuncia una società assalita quotidianamente dal crimine, dalla violenza, con foto documentarie della vita nelle strade, nelle città di confine, sui treni della speranza che molti latinoamericani prendono illegalmente per raggiungere il sogno del nord, in condizioni pericolose che ogni giorno causano la morte di molti di loro. La seconda, attraverso opere individuali e collettive, documenti d’archivio e video racconta il Festival Internacional por la Diversidad Sexual. Bodas de plata e la storia dei diritti dei gay conquistati in Messico negli ultimi venticinque anni con grandi sforzi, con il riconoscimento della legge ma non ancora del tutto con un reale riconoscimento dell’opinione pubblica. La terza è una panoramica sull’ambiente, Medios y ambientes, con istallazioni, opere interattive, fotografie, di artisti latino-americani pensate site specific come risposta estetica alla nozione di spazio e memoria, come riflessione sul consumo del territorio, dell’aria, dell’acqua, della vita, alla ricerca di un (im)possibile equilibrio.

Al MUAC, due esposizioni in particolare, riflettono sul tema della frontiera mettendo al confronto l’ultima e la precedente generazione di artisti messicani. Per la nuova generazione, Edgardo Aragón: por amor a la disidencia all’interno del ProyectoSextaSur (programma curatoriale, 2012-2013, che promuove artisti emergenti, nazionali e stranieri, individualmente ma come in una partitura di quattro incontri) esplora l’intersezione tra il sociale e il politico, il personale e il pubblico, il rurale e l’urbano. Con video e foto, Aragón conduce il visitatore in luoghi che si manifestano come zone di conflitto all’interno del paesaggio messicano. Le sue videoinstallazioni rivelano una frattura all’interno del sistema. Con l’opera Tinieblas (buio, ombre), per esempio, riflette sulla migrazione della frontiera e indaga i limiti territoriali della sua città natale Ocotlán de Morelos, Oaxaca, uno degli stati più grandi del territorio messicano che risulta frazionato in 570 municipi tra cui si generano conflitti territoriali causati da diversità culturali e politiche di appropriazione dello spazio, dove il codice strategico per stabilire i confini è rappresentato da una grande pietra che si chiama mojón (tumulo), segnale permanente che si pone per fissare i limiti di una proprietà o frontiera. Su alcune di queste pietre distanti tra loro chilometri e chilometri pone dei musicisti, una banda ognuno col suo strumento, che nella sala del museo, attraverso un sistema di video, suonerà riunita e vicina.

Per la generazione precedente, La Promesa di Teresa Margolles si inscrive all’interno di un lungo progetto che l’artista iniziò a Città Juarez molti anni prima. Una città di frontiera, di transito verso il nord, fu costruita come luogo di opportunità, generando aspettative nelle migliaia di migranti di tutte le regioni del paese che si istallarono lì con l’idea di costruire un futuro migliore. La crisi economica, gli interessi del narcotraffico, la crescente violenza hanno generato flussi migratorio di ritorno evidenziando la “promessa” fallita e il declino di un sogno. Prova di questo, le migliaia di case abbandonate, disabitate, vandalizzate che disegnano il nuovo paesaggio urbano della città. Il muro di cinta di una di queste case viene trasportato dall’artista all’interno del museo e poi sgretolato in una lunga azione perfomativa sotto gli occhi dei visitatori. Il progetto, in chiave più universale, pone l’evidenza sul fenomeno migratorio, sul movimento forzato di moltissime persone, sulla ricerca di strategie di sopravvivenza.

Nel resto del mondo, si sviluppano buone pratiche soprattutto per quanto riguarda i musei universitari scientifici, molto meno i musei universitari si occupano di arte e, nello specifico, di arte contemporanea (unico esempio in Italia è il centro di ricerca Museo Laboratorio d'Arte Contemporanea di Roma, La Sapienza). Per questo il caso dei musei universitari di arte contemporanea di Città del Messico diventa un modello e un caso di studio. Il legame tra università e museo viene qui valorizzato in ogni suo aspetto: ricerca, educazione, formazione, presidio territoriale, crescita connessa. Si sta dimostrando un grande impegno e una coraggiosa presa di posizione sui temi dello sviluppo culturale e della coscienza critica come antidoto alla violenza diffusa, alle logiche legate al narcotraffico piuttosto che all’immigrazione clandestina, alla povertà o all’illegalità. Il “modello” Città del Messico è un’importante premessa per lo sviluppo e una grande “promessa” da mantenere per il Paese e non solo.

 

NOTE

[1] “La cultura es una manera de appropriarnos de nuestro destino, no sòlo por elafàn de crear y de aproximarnos a un anhelo de verdad, sino con la mir de ayudarnos a vivir, luchar contra la oscuridad y exapandir nuestra conciencia en la tierra”, in Un sueno de integraciòn: hacia la indipendencia cultural de Amèrica Latina in México y la invenciòn del arte latino-americano a c. di E. Acevedo, J. Mellado, P. Garcìa, I. Pini, G. Buntinx in La bùsqueda perpetua: lo proprio y lo universal de la cultura latino-americana, Secretarìa de Relaciones Exteriores, Arcevo Històrico Diplomatico, México D.F. 2011, p. 9.

[2] “No son la tecnologìa, el mercado y el consumismo los motores fundamentales del desarollo, como lo quisiera dictar la historia reciente del mundo; sì lo han sido, en cambio, la educaciòn y la cultura sustentadas en el humanismo, en el reconocimiento sùtiles animados por el propòsito de procurar a todos los individuos condiciones de vida dignas que favorez can su proprio perfeccionamento. Èse es, precisamente, el vìnculo inteligente de racionalidad y espiritualidad en la evoluciòn de la raza humana”, Ibidem, p. 14.

[3] José Vasconselos, La razacósmica, Mexico D.F. 1925.

[4] «Por mi Raza Hablará el Espíritu», «Yo no vengo a trabajar por la Universidad, sino a pedir a la Universidad que trabaje por el pueblo», discorso di Josè Vasconcelos dell’aprile 1921.

[5] Il 1° dicembre 1929 viene organizzata da Baltazar Dromundo e David Alfaro Siqueiros la più importante esposizione fotografica dell’artista italiana Tina Modotti, presentata dall’amico Diego Rivera e annunciata come “la prima esposizione rivoluzionaria del Messico”. È proprio lei, con le sue foto di denuncia che varcano le frontiere geografiche e superano le barriere politiche, pubblicate da Creative Art negli Stati Uniti, dall’Agfa Paperdi Praga, da Varietés a Bruxelles, dal British Journal of Photography a Londra, ad aprire il cammino al reportage sociale (che più avanti Robert Capa, David Seymour, Gerta Taro codificheranno come genere).

[6] El arte a la vida. Educación artística en el México posrevolucionario, mostra a cura di Itzel Rodríguez e Dafne Cruz Porchini, Museo Nacional de la Revolución, agosto – novembre 2012.

[7] M. Galí Boadella, Nuevos caminos para los Museos Universitarios, Revista de la Universidad de Mexico, 9.2006.

[8] M. Figarella, Il Messico di EdwarWeston e Tina Modotti, Pordenone 2003, pp. 32 – 33.                                                                                                                          

[9] Aprendiendo de Latinoamérica. El museo como protagonista a cura di M. L. BellidoGant, Trea 2007, pp. 111 – 112.

[10] Cfr. Paulo Freire: Alfabetização e conscientização. Porto Alegre, 1963;  Educação como prática da liberdade, Río de Janeiro 1967; Educação e conscientização: extencionismo rural, Cuernavaca (México): CIDOC/Cuaderno 25, 1968; Pedagogia do oprimido, New York 1970 (manoscritto in portoghese del 1968).

[11] L. G. Morales Moreno, Vieja y nueva museologìa en México in Aprendiendo de Latino-américa. El museo como protagonista a cura di M. L. BellidoGant, Trea 2007, pp. 343 – 369.

[12] América Latina en susartes, a cura di DamiànBayòn, Parigi 1974, p.76.

[13] “El Espacio Escultórico surge según nuestra decisión de ampliar y profundizar la experiencia de trabajo de grupo e interdisciplinario, como el mejor intento de aproximación a las soluciones que el público de hoy reclama”. “Con 370.70 mts de perímetro exterior y conformado por 64 elementos modulares de 4 mts de altura cada uno, representa el límite entre lo arquitectónico y lo escultórico, el antiformalismo y el antiobjetualismo que tiene la finalidad de lograr un auténtico acercamiento al espacio de percepción corporal (no solo visual, olfativo o táctil), con la posibilidad de deambular entre las extensiones”. “Como segunda parte del proyecto colectivo, los autores del Espacio Escultórico realizaron obras de carácter individual”, cfr. “Manifiesto del EspacioEscultórico” El Espacio Escultórico. México:  Museo Universitario de Ciencias y Arte,  Centro de Investigación y ServiciosMuseológicos  y  la Coordinación de Humanidades,  UNAM 1980; J. Acha, Helen Escobedo, Catálogo de exposición Museo de Arte Moderno, 1974-75; G. Kartofel, Mathías Goeritz. Un Artista Plural, Ideas y Dibujos, Consejo Nacional para la Cultura y las Artes, México 1992.

[14] H. Escobedo, Contexto de museos universitarios, in New Roads for University Museums, Mexico City, Mexico 25th-29th September 2006.

[15] “Comienza, así, un nuevo sendero para las exposiciones universitarias en dos direcciones: por un lado, a través de frecuentes exhibiciones temporales relacionadas directamente con las actividad des docentes y de investigación generadas en el seno universitario, una museografía concebida como vehículo de divulgación de actividades de docencia y investigación, reflejo de la idea tradicional de extensión académica o extensión universitaria; por elotro, a través de expresiones museográficas propias e independientes, capaces de crear una narrativa novedosa, original y propositiva” in Luisa Fernanda Rico Mansard, LOS MUSEOS DE LA UNAM DE CARA AL SIGLO XXI, Ciudad de México 2006.

[16] M. GalíBoadella, Nuevos caminos para los Museos Universitarios, Revista de la Universidad de Mexico, 9.2006.

[17] K. Arnold Forster, Museos para el futuro: el reconocimiento de la nueva importancia  de los Museos Universitarios - un estudio de caso, in New Roads for University Museums, Mexico City, Mexico 25th-29th September 2006.

[18] M. Galí Boadella, Nuevos caminos para los Museos Universitarios, Revista de la Universidad de Mexico, 9.2006.

[19] W. Thomas Lentz,  Una propuesta simple y necesaria: la expansion del papel del museo de arte para la Universidad de Harvard, in New Roads for University Museums, Mexico City, Mexico 25th-29th September 2006.

[20] “ ¿Cuáles serán las diferencias sustanciales del MUAC con respecto a otros museos de arte contemporáneo en cuanto a líneas curatoriales y ritmos de exposición? —Este es un pos-museo, porque su acciónes tácentrada no en el discurso curatorial sino en la propia experiencia del público de apreciarel arte, es decir, de su interacción con el discurso del artista”. Intervista di Carlos RojasUrrutia a Graciela de la Torre,Lo fundamental es la experiencia del público in El Universal, novembre 2008.

[21] Graciela de la Torre, El museo universitario arte contemporáneo: Un proyecto para el siglo XXI, in New Roads for UniversityMuseums, Mexico City, Mexico 25th-29th September 2006.

[22] Cfr. J. P. Lorente, Otra visiòn sobre el papel social de los museos en Latino américa in Aprendiendo de Latino américa. El museo como protagonista a cura di M. L. BellidoGant, Trea 2007, pp. 145 -165.

[23] M. Terruggi, La table ronde de Santiago de Chile in Museum International n. 3, 1973.

[24] G. Schmilchuk, Los Museos de arte contemporàneo en México, a vuelo de pàjaro in Revista de Museologia n. 10, Asociaciòn Espanola de Museologos, 1997.

[25] “Considero que en un plano geopolitico y social el peso y la relevancia de las naciones latino americanas es cada vez mas fuerte. Con intensidades y situaciones diferentes en cada caso, es verdad, nob ostante, quedesde un punto de vista politico y social los grandes problemas recurrentes en la historia de las naciones de América Latina: la corrupciòn, el caudillismo, los populismos de distinto signo, la violencia..., siguen hoy presente. Aunque, evidentemente, no son muy distintos de los quepodemos identificar en las demàs partes del planeta. En las Américas, como en resto del mundo, la gran demanda es la profundizaciòn en la democracia, el avance realhacia una configuraciòn de la politica como construcciòn del bien comùn” in Una teoria del arte des de América Latina a cura di J. Jiménez, Meiac 2011, p. 11.

[26] “Las aportaciones de la Pedagogía Crítica revolucionaria, particularmente la corrienteque en  susorigenescreara Paolo Freire y cuyo principal exponente es hoy Peter Mclaren de la Universidad de California en los Angeles, se inscribe en este proceso, al aportar una visión novedosa de esa realidad basada en el marxismo y suscategorías de análisis, con un  lenguaje creativo que permite obtener lecturas nuevas sobre la vida social a la vezquerea firma las tesis del marxismo. Con la pedagogía Crítica, estamos en realidad ante un proceso de producción de conocimiento nuevo a partir también de una ruptura con la estrecha epistemología del fin de la historia, actitud muy útil en  esta época en  la que ni   la  izquierda ha escapado a  la esclerótica racionalidad que excluye toda posibilidad de soñar con un mundomejor, que considera absurdo la reconstrucción de la utopía, por esodestaca el interés de la pedagogía critica de renovar el discurso y abordar el análisis de la realidad con los parámetros del marxismo”, relazione di Sergio Quiroz Miranda, La Pedagogía Crítica revolucionaria in III ConferenciaInternacional La Obra de Carlos Marx y losdesafíos del Siglo XXI, Palacio de Convenciones, La Habana, Cuba, 3-6 maggio 2006.





Città Universitaria, UNAM

Fig. 1
Città Universitaria, 2012
UNAM, Città del Messico

Città Universitaria, UNAM

Fig. 2
Città Universitaria, 2012
UNAM, Città del Messico

Città Universitaria, UNAM

Fig. 3
Città Universitaria, 2012
UNAM, Città del Messico

MUCA, Mostra El crimen fundacional

Fig. 4
Mostra El crimen fundacional, 2012
MUCA

MUCA, Mostra El crimen fundacional

Fig. 5
Mostra El crimen fundacional, 2012
MUCA

MUCA, Mostra El crimen fundacional

Fig. 6
Mostra El crimen fundacional, 2012
MUCA

CHOPO, Mostra ExpoFotoperiodismo

Fig. 7
Mostra ExpoFotoperiodismo, 2012
CHOPO

CHOPO, Mostra ExpoFotoperiodismo

Fig. 8
Mostra ExpoFotoperiodismo, 2012
CHOPO

CHOPO, Mostra ExpoFotoperiodismo

Fig. 9
Mostra ExpoFotoperiodismo, 2012
CHOPO

CHOPO, Mostra Medio y ambiente, Naturaleza Hiperbolica di Lilian Garcia Roig

Fig. 10
Mostra Medio y ambiente, Naturaleza Hiperbolica di Lilian Garcia Roig, 2012
CHOPO

CHOPO, Mostra Medio y ambiente, Naturaleza Hiperbolica di Lilian Garcia Roig

Fig. 11
Mostra Por amor de la disidencia, Tienblas di Edoardo Aragon, 2012
MUAC

MUAC, Mostra Por amor de la disidencia

Fig. 12
Mostra Por amor de la disidencia, Tienblas di Edoardo Aragon, 2012
MUAC

MUAC, Mostra Por amor de la disidencia

Fig. 13
Mostra Por amor de la disidencia, Tienblas di Edoardo Aragon, 2012
MUAC

MUAC, Mostra La Promesa di Teresa Margolles

Fig. 14
Mostra La Promesa di Teresa Margolles, 2012
MUAC

MUAC, Mostra La Promesa di Teresa Margolles

Fig. 15
Mostra La Promesa di Teresa Margolles, 2012
MUAC




	

Tutte le foto cortesia Mercedes Auteri

Contributo valutato da due referees anonimi nel rispetto delle finalità scientifiche, informative, creative e culturali storico-artistiche della rivista

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