bta.it Frontespizio Indice Rapido Cerca nel sito www.bta.it Ufficio Stampa Sali di un livello english
Lorenzo Lotto alle Scuderie del Quirinale  
Giorgia Duò
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 13 Marzo 2011, n. 597
http://www.bta.it/txt/a0/05/bta00597.html
Precedente
Successivo
Tutti
Area Mostre

Una mostra virtuosa come virtuoso era, a dir dell’Aretino[1] e del Ridolfi[2], colui a cui è dedicata: Lotto Laurentjo, pictor.

L’esposizione, infatti, non si limita ai 90 giorni di rassegna, ma è stata preceduta e sarà seguita da azioni di tutela e valorizzazioni considerevoli: un’imponente campagna di restauro delle opere dell’artista ha, parzialmente,  anticipato, in parte, si svolgerà contestualmente[3] e, per finire, seguiterà l’evento, che ha il compito di fungere da cassa di risonanza per un ambizioso progetto culturale denominato “Terre di Lotto”[4].

A distanza di circa tredici anni dalla fondamentale antologica itinerante[5] organizzata della National Gallery of Art di Washington e dall’Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo, Roma, la città che non seppe capirlo[6], celebra il suo “genio inquieto” con una retrospettiva che si comprende con uno sforzo di memoria: dopo Antonello da Messina (2006) e Giovanni Bellini (2008), non poteva non esservi una monografica dedicata al tormentato artista veneziano, terzo elemento di un'ideale triade.

Un’occasione per “scusarsi” e per  tributargli l’onore meritato: il pittore, infatti, dimenticato per secoli, diffamato dal grammatico veneziano Ludovico Dolce, che lo attacca per le sue “cattive tinte” e lo accusa di essere un reazionario, ovvero, un quattrocentista in ritardo[7], è oggi ritenuto, al pari di Caravaggio, un pittore del ‘900[8].

Il caratteristico uso del colore[9], il particolare taglio delle prospettive[10], la luce fredda e pulita[11], il dinamico ritmo compositivo, il  segno nitido ed incisivo e il rapporto di sguardi e gesti tra i personaggi rappresentati rendono l’opera dell’artista veneziano, nato verso la fine del Quattrocento, carica di emozioni interiori e di inquieti turbamenti. Come un “moderno psicologo” il pittore, nel corso della  sua esistenza, ha raccontato con  forza di penetrazione psicologica l’intima essenza della vita degli uomini con cui è entrato in contatto. Non a caso, la sua riscoperta, da parte dello storico americano Bernard Berenson[12], avviene, alla fine del XIX secolo, l’epoca che ha visto la nascita della teoria della psicanalisi di Freud.

La rassegna, organizzata dall’Azienda Speciale Palaexpo, e curata da Giovanni Carlo Federico Villa, presenta una sessantina di opere che testimoniano l’originale ed autonomo escursus artistico del maestro che, conciliando alcuni elementi tradizionali della grande pittura della sua epoca con situazioni che sono vere e proprie anticipazioni dell'età manierista successiva, ha inventato un modo nuovo di dipingere[13]. L’intera sua vicenda lavorativa può idealisticamente essere racchiusa entro il triangolo geografico segnato dalle città di Treviso, Bergamo e alcune piccoli centri delle Marche.

La mostra segue una ripartizione tematica, in subordine cronologica: le grandi pale di altare, i ritratti e le opere destinate al culto privato. Un’efficace ed innovativa illuminazione a led, appositamente sviluppata per restituire nel miglior modo possibile le tavole alla visione del pubblico[14], anima la già vivace pittura dell’artista e seguirà, a evento concluso, i quadri nelle sedi di conservazione permanente.

L’allestimento è sobrio, curato, adeguato e suggestivo, non prevarica né ambisce a sostituirsi alle opere, ovvero ne esalta la visione: un serrato percorso, in un’atmosfera suggestiva, che contempla tutta la produzione di Lorenzo Lotto, dalle grandi pale d'altare alle opere devozionali.

Al primo piano, entro cornici architettoniche che richiamano le forme degli altari, è raccontata la religione, sono esposte le grandi pale provenienti dal Veneto, dalle Marche e dalla Lombardia. Segnaliamo la struggente Pietà, cimasa della Pala di Santa Cristina al Tiverone (1504-06), di modi ancora belliniani, dai quali, però, si discosta per sensibilità luminosa: lo sfondo scuro e i colori freddi e cangianti restituiscono una scena sconvolgente e patetica, carica di un’intensa emotività espressa nel ritmo mosso dei gesti delle figure e nel variare delle luci e delle ombre.  

Il Polittico di San Domenico (1508, fig. 1), proveniente dalla Pinacoteca Civica di Recanati, alto oltre 4 metri e mezzo, chiude la fase giovanile del pittore. Entro un’architettura ancora monumentale, si svolge una semplice e raccolta sacra conversazione tra figure non atteggiate classicamente, piuttosto in pose aggraziate, quasi manieristiche, e disposte in modo incerto attorno al trono. La sua raffinata arte comunica un sentimento religioso profondo, ma non quello della Chiesa imperante, bensì quello della Chiesa degli umili[15]. La pala è una compiuta sintesi delle diverse componenti del suo linguaggio: l’impianto, come partizione dello spazio dipinto, è ancora quattrocentesco, l’architettura prospettica a lacunari è di matrice belliniana, ma non ha nulla della monumentalità antica, la forte emotività, espressa con accenti  dinamici ed emozionali tipici del mondo nordico, è chiaramente di  discendenza durerana e la luce radente, che si insinua con forti contrasti tra le forme spigolose, risplendendo sulle note alte e fredde delle campiture cromatiche è assolutamente personale.

L’anti-monumentale struttura architettonica della tavola di Recanati scompare nella Pala di San Bernardino (1521, Chiesa di San Bernardino, Bergamo, fig. 2),  la sacra conversazione tra santi si svolge, infatti, attorno ad un trono, coperto da una tenda effimera, immerso in uno spazio aperto; ogni senso di ritualità ufficiale svanisce a vantaggio di un sentimento intimo e confidenziale. La sua arte anti-classica e anti-retorica si sublima nella capacità dell’artista di penetrare il vero senso delle cose.

Consigliamo di soffermarsi qualche secondo di più sulla bellissima e toccante Madonna dell’Annunciazione del Polittico di Ponteranica (1525, Chiesa dei Santi Alessandro e Vincenzo, Bergamo, fig. 3): appoggiata al leggio, vestita di rosso, velata di bianco e ammantata di blu, in atteggiamento di sorpresa, esprime una calma e serena paura, non è la Vergine dell’iconografia tradizionale appena intimorita, ma è una ragazza smarrita, sorpresa da un delicato Gabriele, rappresentato con una  veste leggerissima, capitato lì per una ragione. Il senso di religiosità che Lotto riesce a trasmettere con la sua arte è profondo, schietto e  allo stesso tempo raccolto, spirituale e, soprattutto, vero.

Non possiamo non indugiare sulla celeberrima Elemosina di Sant'Antonio (1542, Basilica di SS. Giovanni e Paolo, Venezia) ultima commissione pubblica veneziana. La composizione, apparentemente tradizionale, costruita per piani paralleli in altezza e secondo direttrici incrociate, si rivela particolarmente originale nel punto di vista dal basso: la folla di postulanti, tutti con propria ed univoca individualità, è il propulsore dell’opera.

Salendo al piano superiore troviamo esposto il cosiddetto “Lotto migliore”, il più emozionante e toccante, sono in scena i ritratti.

Il maestro, con questo genere pittorico e la sua particolare tecnica coloristica, raggiunge l’apice dell’espressione artistica personale: l’uso sapiente e calibrato della luce,  la stesura pura dei colori e la particolare capacità di servirsi delle ombre rendono i suoi ritratti delle poesie interiori. Nonostante la sua natura introversa e malinconica sa restituire, con facilità e maestria, le più sottili modulazioni psicologiche: i caratteri precipui dei ritrattati emergono con ardore e si svelano particolari reconditi delle psichi dei committenti. Ritmi concitati e turbinosi si alternano a pacatezza intensa e vibrante, i suoi non sono ritratti solenni o ufficiali, non rappresentano lo status del richiedente, ma si realizzano in uno scambio di confidenze, sono testimonianze autentiche dell’animo del ritrattato, una galleria di sentimenti veri. Dove abbia appreso a guardare così profondamente alla natura umana è presto detto, per il tramite di Alvise Vivarini, impara da Antonello da Messina e inscena ritratti così intensi da ricordare  Albrecht Dürer e la sua arte sensibilmente inquieta, palpitante ed emotiva.

Bernardo de’ Rossi (1505, Museo di Capodimonte, Napoli, fig. 4), il vescovo che per primo e, ahimè, per poco protegge il pictor celeberrimus, si rivela subito  con uno sguardo arguto ed arrogante, la luce chiara penetra nelle forme palesando particolari altrimenti non ravvisabili: il volto roseo, i due porri sulla guancia e i bottoni sulla veste. In questa occasione la tavola è riunita all’originaria coperta protettiva raffigurante l’Allegoria della Virtù e del Vizio (1506,  Kress Collection, Washington).

Del 1512 è la piccola pittura raffigurante Giuditta con la testa di Oloferne (Collezione BNL, Roma, fig. 5), il soggetto non è l’evento biblico, la testa del generale assiro non trova neanche spazio nella scena, bensì i sentimenti dell’eroina dei giudei che salva il suo popolo: le espressioni delle due donne manifestano due cuori frementi di paura, mista ad orgoglio, per il valoroso gesto appena compiuto.

Il Cristo porta croce (1526, Museo del Louvre, Parigi) è un’indagine profonda e drammatica sull’umanità di Gesù, un uomo, profondamente ferito nell’animo, che soffre piangendo lacrime e sangue. L’analisi psicologica è estesa ai raccapriccianti sgherri, che tagliati parzialmente fuori dalla scena, si palesano in tutta la loro spietata ferocia.

Introspezione e ricerca interiore raggiungono livelli altissimi nella Lucina Brembati (1518, Accademia Carrara, Bergamo, fig. 6); la donna, in segno di sfida, ha gli occhi fissi sul riguardante e un ghigno canzonatorio invita a risolvere il rebus del suo nome.

Il curatore della mostra ha voluto mettere a confronto due Annunciazioni: quella di Jesi (1526-27, fig. 7) e quella di Recanati (1534-35, fig. 8). In entrambi i casi la Madonna in preghiera non ha nulla della regina-Vergine tramandata dalla storia dell’arte, ma è una brava ragazza del popolo, impaurita e colta di sorpresa mentre prega in una casa qualsiasi; anche la tradizionale aurea di sacralità lascia il posto ad una rappresentazione entro ambienti qualunque. Un interno anonimo, nel caso delle due tavole di Jesi, e una casa signorile veneziana colta nella sua quotidianità per la tela di Recanati[16], come a sottolineare la presenza costante di Dio nel vita terrena. In entrambi i frangenti   il corpulento arcangelo Gabriele, azzurro e luminoso sta goffamente planando al suolo, la  sua fisicità è data dalle leggerissime vesti ancora mosse ed è sottolineata dall’ombra proiettata sul pavimento color ocra, Lotto ferma l’istante che precede il contatto con il terreno. I due protagonisti appartengono a mondi diversi, la Madonna, ammantata di un rosso caldo e corposo, simboleggia la natura umano-terrestre, mentre l’Angelo, vestito di un celeste freddo e splendente, personifica l’universo soprannaturale ed etereo del divino[17]. La protagonista è ancora una volta la luce, “un soffio discontinuo e vagante”[18], che illumina l’improvvisa apparizione del messaggero di Dio e coglie la sconcertante sorpresa della Vergine inginocchiata, intenta a leggere la Bibbia. Sono Annunciazioni animate da un’inconsueta e sacra concitazione nonchè da un dinamismo proprio.

Le indagini introspettive del pittore spesso si caricano di una vena triste e nostalgica, è il caso del Giovane Gentiluomo (1532, Galleria dell’Accademia, Venezia). L’uomo, dal viso emaciato e la veste scura, aristocratica con camicia bianca e polsini ricamati, è avvolto in un’atmosfera  sottilmente luttuosa, ci scruta, non ci leva gli occhi di dosso, si immerge e si perde in se stesso. Una serie di rimandi simbolici (il liuto, il corno da cacci, l´uccello morto, il libro, le lettere i petali di rosa, la lucertola, il bacile), inseriti non casualmente, rinviano alla disposizione intellettiva del ritrattato nonché allo stato d’animo evidentemente malinconico.

Il cuore di questo mondo malinconico è il ritratto di Andrea Odoni (1527, Royal Collection, Windsor Castle, Windsor, fig. 9), l’archetipo del collezionista, un ricco mercante di quadri, sculture, monete, gemme e vasi antichi, un raccoglitore appassionato di curiosità naturali (radici, serpenti pietrificati, camaleonti essiccati, conchiglie rarissime ecc.). Il nobiluomo, rappresentato con la tipica enfasi sentimentale del maestro, è  raffigurato tra la propria collezione di marmi antichi[19], indossa un ricco mantello scuro bordato di pelliccia, porta al collo una catena d’oro e reca in mano un una scultura di Diana Efesina.

Concluderei questa visita ideale con la Presentazione al tempio di Gesù (1552-1556, Museo Antico Tesoro della Santa Casa, Loreto), che è anche l’ultima opera, lasciata interrotta, del maestro veneziano. Citando Berenson “L’opera più meravigliosa, dal punto di vista psicologico: ed altrettanto si può dire della sua materia pittorica usata con una modernità che richiama certi modi degli impressionisti” ["As interpretation, in fact, Lotto never before did anything quite so wonderful, and almost as much may be said of the workmanship. The paint is put on in a way even more modern than in Titian. Indeed, to find the like of it, we have to turn to the works of contemporary Impressionists" (cfr. B. Berenson, Lorenzo Lotto, an essay in Costructive Art Cristicism, London, 1905, p. 234)], i colpi di pennello si sono fatti insolitamente incerti e tremolanti, il pittore, vecchio e miope, entro una architettura manierista, crea una composizione, illuminata da una luce crepuscolare, animata da personaggi dai volti emaciati, alcuni dei quali troppo in ombra per essere visti chiaramente. L’artista realizza un’opera autobiografica, densa di composta e penetrante commozione, inscena, cioè, la propria misera condizione umana[20], e manda un messaggio di fede, ossia, che tutta l’infelicità conosciuta può essere affrontata e superata solo per mezzo della grazia.

Questa mostra rappresenta il riscatto, auspichiamo la definitiva consacrazione, di questo straordinario maestro, umbratile, introverso, a tratti schivo, “il veneziano fuori dalla cerchia di Venezia”[21], colui che ha saputo esprimere, grazie al suo approccio psicologico, in modo disinvolto e sublime l’animo e gli affetti  di chi gli è stato di fronte.


 

Il catalogo

A cura di Giovanni C. F. Villa ed edito da Silvana Editoriale il catalogo è dedicata a Pietro Zampetti “infaticabile esegeta di Lorenzo Lotto”[22] recentemente scomparso.

In brossura con alette e tipograficamente pregevole, esibisce un’attenzione editoriale apprezzabilissima.

I saggi introduttivi, elaborati da Peter Humfrey, Giovanni e Renzo Villa, sulla vita e sulle opere del maestro, configurano il volume non un semplice catalogo di mostra, ma una necessaria e aggiornata monografia sul Lotto.

Diversi gli studiosi, esperti di arte veneta, che hanno partecipato alla sua realizzazione, colpisce, o quanto meno incuriosisce, l’assenza, con l’eccezione del Professor Humfrey, dei, parafrasando una recente esposizione, “grandi veneti”, Mauro Lucco, che comunque è parte del  comitato scientifico dell’antologica, e, soprattutto, il Prof. Augusto Gentili, forse il massimo esperto di arte veneta in Italia, che interverrà come relatore ad una delle conferenze gravitanti attorno alla rassegna come evento.

Circa 300 pagine e ben 200 illustrazioni a colori; immagini intere e particolari dei dipinti  svolti, perlopiù, a piena pagina, ci propongono una sintesi compiuta di tutta la produzione artistica del maestro: dalle grandi pale d’altare ai quadri devozionali fino ai superbi ritratti.

L’opera a stampa ha una sua originale struttura, diversa dal tradizionale svolgersi dei lavori di questo genere. Snella la consultazione: le prime 20 pagine, riguardano gli usuali saluti e ringraziamenti di coloro che hanno sostenuto, partecipato, patrocinato e voluto la monografica, le successive 50 pagine sono costituite, come di consueto, dai rilevanti testi di letteratura scientifica relativi al Lotto, alla sua vita, alla fortuna o sfortuna critica e ai ripristini che hanno preceduto la realizzazione della rassegna.  Si ricostruisce, con abbondanza di particolari, la vicenda artistica del pittore che si divide tra il Veneto, le Marche e la Lombardia, con una piccola parentesi alla corte papale.  

Segue lo svolgersi  del catalogo vero e proprio, secondo una logica prettamente tematica, che non tiene assolutamente conto dello percorso studiato  per l’esposizione stessa.  Le prime 70 pagine sono dedicate alla “produzione religiosa”: un saggio sull’argomento di Marco Vallona introduce alle Pale d’altare, alle Sacre Conversazioni ed alle altre opere di carattere  religioso, ma di committenza “pubblica”. 17 schede redatte in forma classica (autore, titolo, datazione, supporto, dimensioni, luogo di conservazione, iscrizioni, restauri eventuali, bibliografia e analisi storica, iconografica, attributiva ed estetica del quadro), stigmatizzano il corpus sacro dei lavori presenti in rassegna. Le successive 50 pagine catalogano la “pittura devozionale”: 14 schede, precedute da uno scritto di Marco Collareta, dove si spiegano i caratteri salienti del genere pittorico ed il significato attribuitogli dall’artista, svolgono con rigore l’analisi delle piccole opere destinate alla devozione privata.

Seguono altre 50 pagine, dove, introdotte dal testo di Elsa Dezuanni sul Lotto ritrattista, si ricompongono, in 17 cartelle, i bellissimi ritratti del maestro veneziano.

Il catalogo, stricto sensu, termina con l’ultima sezione dedicata alla “pittura profana”, 4 schede, precedute dal saggio di  Margaret Binotto sulla dialettica tra virtus e voluptas, completano l’analisi dei quadri esposti all’antologica romana.

Un ultimo lavoro sulla tecnica pittorica del nostro, steso dal fisico, esperto di restauro di opere d’arte, Gianluca Poldi, conclude l’apparato critico-scientifico del volume che si configura prezioso e vitale per la comprensione delle dinamiche storico-culturali che hanno fatto da cornice alla vita inquieta del veneziano tra la fine '400 e la prima metà del ‘500.

Segue un’approfondita e precisa bibliografia, ordinata in senso cronologico, e le necessarie referenze fotografiche.

 

 

 



 LA MOSTRA

Dove: Scuderie del Quirinale, Roma
Quando: 02 marzo - 12 giugno 2011

 

 



NOTE

[1] “O Lotto, come la bontà buono e come la virtù virtuoso (……)” (cfr. P. Aretino, Lettera a messer Lorenzo, Venezia, 1548).

[2] “Diffuse non meno in molti luoghi il Lotto, coetaneo del Palma splendori di virtù.” (cfr. C. Ridolfi, Le meraviglie dell’arte, Venezia, 1648, ad vocem).

[3] Come se si trattasse di una moderna installazione artistica è previsto il restauro in diretta, sotto gli occhi dei visitatori, del Polittico di Ponterranica.

[4] Un progetto territoriale importante che coinvolgerà Lombardia, Marche e Veneto, teatro delle vicende artistiche  lottesche  e custodi di nuclei consistenti di sue opere.  Questa nuova logica di fare mostra, caratterizzata da esposizione temporanea, laboratori didattici, conferenze e itinerari turistici, complementari e permanenti, vuole essere, a detta del nuovo Assessore capitolino Dino Gasperini, la nuova logica di base  per l’organizzazione di eventi culturali lato sensu.

[5] Lorenzo Lotto il genio inquieto del Rinascimento: Washington (02/11/1997-01/03/1998; Bergamo 02/04/1998-28/06/1998; Parigi (12/10/1998-11/01/1999)

[6] L’artista trentenne, nel 1509, giunge a Roma, chiamato da papa Giulio II, con una paga straordinaria, pari a quella percepita da Michelangelo,  per lavorare, con Signorelli e il Bramantino, alle stanze dei Palazzi Vaticani, quelle stanze che saranno poi di Raffaello. L’esperienza romana si rivela, però, incompatibile con la natura riservata e schiva del pittore veneto, che già l’anno successivo  lascia la città.

[7] L. Dolce, Dialogo della Pittura, Venezia 1557, passim.

[8] Con la sua arte  psicologica, inquieta e spirituale è riuscito a penetrare la modernità. Il punto di partenza del suo lavoro non sono i fatti o accadimenti storici , ma le emozioni personali e, compiuto un percorso di indagine psicologica profonda, giunge a risultati di strabiliante umanità. In sostanza egli  ha preso il ritratto di Antonello da Messina e lo ha traghettato nel mondo contemporaneo.

[9] Una tavolozza nuova ed eversiva di colori freddi e violenti. Il colorismo lottesco è un tessuto tonale che esprime i timbri dei colori dispiegati in gamme ed accordi cromatici piuttosto  insoliti.  Quando, alla metà del Cinquecento, il  Dolce critica il modo di stendere i colori dell’artista, in forma assolutamente pura e fredda, non percepisce la portata rivoluzionaria della sua tecnica, che diventa per il pittore il mezzo espressivo della sua arte. I suoi quadri, caratterizzati da colori vivi e violenti, e toni luminosi e squillanti, sono ricchi di dettagli e lo rendono un artista unico nel Rinascimento.

[10] Le sue opere sono spesso caratterizzate da un modo nuovo di tagliare i piani prospettici, in un'epoca in cui la macchina fotografica non esisteva ancora, Lotto anticipa Degas e l'impressionismo introducendo inquadrature tipicamente di quel medium espressivo, scene tagliate prospetticamente come solo l'uso della fotografia sa suggerire !

[11] La sua non è una la luce rinascimentale, non unisce ne uniforma la scena, ma mutevole e fluttuante lascia i colori vivi nella loro purezza di timbro in un ritmo dinamico di luci e di ombre.

[12] Nel 1894, Bernard Berenson dà inizio a quello che sarà il tardivo riscatto dell'artista, ne I pittori veneziani del Rinascimento, scrive: "Lorenzo Lotto non dipinge il trionfo dell'anima sulle cose circostanti: ci presenta gente che domanda consolazioni dalla religione a calmi pensieri, all'amicizia e agli affetti. Ci guarda dalle tele come chiedesse la carità di un po' di simpatia". L'anno seguente pubblica uno studio rivoluzionario dal titolo Lorenzo Lotto, an essay in Costructive Art Criticism, in cui, da un lato, spiega la straordinaria modernità della sensibile ed intimistica arte del maestro; dall'altra, il suo linguaggio pittorico, assolutamente personale e pieno di anticipazioni.

[13] Pressappoco si espongono le medesime opere viste nell’ultima antologica a lui dedicata alla fine degli anni Novanta (crf. n. 5). La novità è data dalla presenza di pale di altare che, nel 1998, non figuravano in sede espositiva, ma si visitavano, secondo studiati  itinerari cittadini, consegnati al pubblico assieme al biglietto di ingresso, nelle bellissime chiese bergamasche e dei dintorni.

[14] Targetti Sankey ha realizzato con tecnologie all’avanguardia degli apparecchi, a risparmio energetico, finalizzati al controllo della luce e alla percezione dei cromatismi.

[15] Lorenzo Lotto tra gli artisti della sua epoca è forse il più religioso, un uomo profondamente devoto, spiritualmente vicino ai valori della controriforma, ma è sospettato di vicinanza ai luterani. Documenti scoperti da Massimo Firpo, storico della riforma e controriforma, riguardanti presunte amicizie eretiche del maestro, fanno ancora discutere sulla fede del pittore che comunque mantiene sempre uno stretto rapporto con i domenicani, che vogliono una Chiesa vicina ai ceti più umili e semplici.

[16] La cuffietta da notte appesa assieme all'asciugamano accanto al letto a baldacchino, uno straccio dimenticato sopra la clessidra in funzione, la mensola con i libri e una candela parzialmente consumata, e ancora il gatto spaurito che salta rapidamente per nascondersi, caratterizzano in senso laico la scena che, pur occupando uno spazio visibilmente terreno, rimane legata ad un messaggio profondamente spirituale.

[17] Nel caso dell’Annunciazione di Recanati, il pittore, per dare credibilità alla scena sacra, è costretto addirittura ad inscenare anche il Padre Eterno altrimenti, ai più, non sarebbe stata riconoscibile.

[18] R. Longhi, Viatico per cinque secoli di pittura veneziana, Firenze, 1946, ad vocem.

[19] Sembra che, però, con eccezione della Testa di Adriano in primo piano, i pezzi riprodotti dal Lotto non siano realmente appartenuti alla collezione del ricco mercante e politico veneziano.

[20] Nel suo Libro dei Conti si racconta sessantaduenne "solo, senza fedel governo e molto inquieto nella mente".

[21] A. Venturi, Storia dell’arte italiana. La pittura del Quattrocento, Milano 1913, Vol. VII, ad vocem.

[22] Lorenzo Lotto, (a cura di) G. C. F. Villa, catalogo della mostra (Roma, Scuderie del Quirinale, 2 marzo – 12 giugno 2011), p. 1.








Polittico di San Domenico

Fig. 1
LORENZO LOTTO,
Polittico di San Domenico
Olio su tavola, 1508
Pinacoteca Civica, Recanati

Pala di San Bernardino

Fig. 2
LORENZO LOTTO,
Madonna in trono con Santi (Pala di San Bernardino), 1521
Olio su tela, 1521
Chiesa di San Bernardino, Bergamo

Polittico di Ponteranica

Fig. 3
LORENZO LOTTO,
Polittico di Ponteranica, 1525
Olio su tela
Parrocchia dei santi Alessandro e Vincenzo Martiri in Ponteranica , Bergamo

Ritratto del vescovo Bernardo de' Rossi

Fig. 4
LORENZO LOTTO,
Ritratto del vescovo Bernardo de' Rossi, 1505
Olio su tavola
Museo di Capodimonte, Napoli

Giuditta con la testa di Oloferne

Fig. 5
LORENZO LOTTO,
Giuditta con la testa di Oloferne, 1512
Olio su tavola
Collezione BNL Gruppo BNP Paribas, Roma

Pala di San Bernardino

Fig. 6
LORENZO LOTTO,
Ritratto di Lucina Brembati, 1518 circa
Olio su tavola
Accademia Carrara-GAMeC, Bergamo

Angelo Annunciante e Vergine Annunciata

Fig. 7
LORENZO LOTTO,
Angelo Annunciante e Vergine Annunciata, 1525
Olio su tavola
Pinacoteca Civica, Jesi

Pala di San Bernardino

Fig. 8
LORENZO LOTTO,
Annunciazione, 1534-35
Olio su tela
Pinacoteca Civica, Recanati

Ritratto di Andrea Odoni

Fig. 8
LORENZO LOTTO,
Ritratto di Andrea Odoni, 1527
Olio su tela
Royal Collection, Windsor Castle, Windsor



	
Foto cortesia Ufficio Stampa della Mostra

Risali



BTA copyright MECENATI Mail to www@bta.it