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Quella notte del 1970, a Gibellina, l’appello di Renato Guttuso  
Mercedes Auteri
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 3 Febbraio 2011, n. 593
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Area Artisti

Renato Guttuso è stato il pittore più popolare che l’Italia del Novecento abbia avuto, ad un secolo esatto dalla sua nascita, si può affermarlo con certezza. Lo aveva già scritto Maurizio Calvesi, lontano dalle celebrazioni, nel catalogo di una mostra che gli dedicò la Whitechapel Art Gallery di Londra, spiegando la doppia accezione di questa popolarità con “la sua notorietà presso un vasto pubblico” e “la tematica esistenziale e sociale ricca di riferimenti narrativi e largamente accessibile” che lo hanno reso così il pittore del popolo. Tele come La Crocifissione, I funerali di Togliatti e la Vuccirìa sono diventate l’emblema della sua pittura, narrativamente, formalmente, realisticamente, politicamente vicina alla gente comune. C’è un’altra opera, però, che ho scelto di ricordare per il centenario dell’artista di Bagheria che non riusciva a “separare la ragione poetica da quella che Vittorini chiamava la ragione civile”: La notte di Gibellina (olio su tela, un metro e quaranta per uno), conservata presso il Museo Civico di Gibellina[1] insieme a uno dei bozzetti, dipinto in memoria della notte tra il 14 e il 15 gennaio del 1970, nel secondo anniversario del terribile terremoto che nel 1968 sconvolse il Belìce. Altri studi dello stesso 1970 sono presenti in collezioni private e la versione più grande, tre metri e mezzo per tre, appartiene alla collezione Marzotto. C’era il popolo quella notte, a Gibellina, insieme ai sindaci della Valle del Belìce rimasti da due anni senza città e senza case. C’erano gli artisti, gli scrittori, gli uomini di cultura che Leonardo Sciascia e Ludovico Corrao avevano chiamato all’appello perché venisse fuori “un atto d’accusa da cui lo stato italiano, il Governo, siano chiamati a discolparsi di fronte al mondo civile e ad uscirne”. C’erano Guttuso, Zavattini, Caruso, Treccani, Cagli, Damiani, Zavoli, Levi.

In uno dei bozzetti (china acquarellata a colori, cinquanta centimetri per cinquanta, su cui si legge la dedica a Marta Marzotto), Da Gibellina con amore, si distinguono gli abiti contadini, un cane, le macerie delle case e le baracche sullo sfondo. Alcuni particolari si perdono nella tela presente al museo (la prima opera in assoluto di e per Gibellina) che viene considerata un altro studio (una prova di colore dell’opera più grande in collezione Marzotto). Alcuni particolari, invece, rimangono: delle coppole, molte ombre, il cielo stellato e blu delle notti di campagna, un uomo che abbraccia una donna di spalle tra fiaccole e bandiere, una figura femminile avvolta in uno scialle nero, in primo piano in basso a destra, che il pittore lascia volutamente senza volto, allegoria della morte, cancellazione dell’identità. Anche nell’opera, La notte di Gibellina. Secondo anniversario, collezione Marzotto, molti particolari si ripetono, si distinguono meglio le figure umane, un bambino addormentato, si leggono tra le fiamme le lettere che compongono il nome Marta, compare un’automobile in basso a destra, le rovine in alto sono più in vista (e riprendono le forme delle case distrutte del dipinto coevo, Rovine di Gibellina, olio su tela, settantacinque centimetri per ottanta).

La notte di Gibellina è la traduzione iconografica di quanto si chiedeva nelle parole dell’appello, “Di fronte a questo stato di cose che da due anni si protrae e si aggrava, sentiamo, come uomini e come siciliani, il dovere di rivolgere all’opinione pubblica mondiale e, per essa, agli uomini che la rappresentano, l’invito di una riunione a Gibellina nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1970, nel secondo anniversario del terremoto, perché vedano, perché si rendano conto, perché uniscano la loro proposta e denuncia a quella dei cittadini relegati nei lager della Valle del Belìce, alla nostra”. Il dipinto, dunque, spiega la difesa di Guttuso del realismo, nella sua sintesi espressionistica, ed è infine questo: l’invito perché tutti vedano.

C’erano mille fiaccole accese a vegliare quella notte, il rosso dei fuochi e delle bandiere, il nero dei manti a lutto e delle persone come ombre, la catastrofe della storia dopo la catastrofe naturale. Emotivamente ed esteticamente, l’opera di Guttuso è il ritratto di quella notte, come ha scritto Ernesto di Lorenzo, nel “senso della vita che si scioglie, della vita nonostante tutto: la paura, il dolore, la rabbia, la speranza in una dimensione di grande coralità”. A quell’appello e a quell’opera seguirono anni di battaglie e moltissime altre opere, altri appelli a cui accorsero artisti capaci di una solidarietà ormai d’altri tempi (Beyus, Consagra, Boetti, Melotti, Accardi, Colla, Burri, Pomodoro, Paladino, Scialoja, Cucchi, Schifano...), che fecero di Gibellina, piccolo centro agricolo in provincia di Trapani, un avamposto dell’arte contemporanea in Italia (ma questa è un’altra storia).






NOTA

[1] Un ringraziamento particolare a Franco Messina, Tommaso Palermo, Valentina Saluto, Maria Verde. Le foto d'archivio e le foto di Valentina Saluto sono concesse per cortesia del Museo Civico di Gibellina (Trapani).





























































Rovine di Gibellina Fig. 1
RENATO GUTTUSO, Rovine di Gibellina, 1970
Olio su tela
Archivio Museo Civico di Gibellina (TP)

Studio per la notte di Gibellina Fig. 2
RENATO GUTTUSO, Studio per la notte di Gibellina, 1970
Olio su tela
Archivio Museo Civico di Gibellina (TP)

La notte di Gibellina. Secondo anniversario Fig. 3
RENATO GUTTUSO, La notte di Gibellina. Secondo anniversario, 1970
Olio su tela
Archivio Museo Civico di Gibellina (TP)

La notte di Gibellina Fig. 4
Marta Marzotto presta al Museo Civico di Gibellina la tela La notte di Gibellina. Secondo anniversario in occasione del ventennale del terremoto, 1988
Archivio Museo Civico di Gibellina (TP)

La notte di Gibellina Fig. 5
Marta Marzotto presta al Museo Civico di Gibellina la tela La notte di Gibellina. Secondo anniversario in occasione del ventennale del terremoto, 1988
Archivio Museo Civico di Gibellina (TP)

Bozzetto Da Gibellina con amore Fig. 6
RENATO GUTTUSO, Bozzetto Da Gibellina con amore, 1970
China e acquerello su carta
Museo Civico di Gibellina (TP)
Foto Valentina Saluto

Bozzetto Da Gibellina con amore Fig. 7
RENATO GUTTUSO, Bozzetto Da Gibellina con amore, particolare, 1970
China e acquerello su carta
Museo Civico di Gibellina (TP)
Foto Valentina Saluto

Bozzetto Da Gibellina con amore Fig. 8
RENATO GUTTUSO, La notte di Gibellina, 1970
China e acquerello su carta
Museo Civico di Gibellina (TP)
Foto Valentina Saluto

Foto cortesia Valentina Saluto e Museo Civico di Gibellina (Trapani).

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