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Duane's Power: Michals' Point  
Eleonora Rovida
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 23 Gennaio 2011, n. 591
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Duane Michals [1] “in codice binario” [2]

Duane Michals, numero uno della fotografia internazionale, è un artista inclassificabile: la sua arte mischia immagine e scrittura, echi del passato e nuove espressioni, realtà e immaginazione, sogno e mistero, piacere e paura.

Il doppio, nella sua fotografia, è di casa: l'ambiguità, la visione riflessa dagli specchi, l'aldilà e lo spiritismo costituiscono il codice binario della sua creatività. Si tratta di una caratteristica contenuta nel suo stesso nome, Duane, che rappresenta la duality della sua esistenza. Il suo nome proviene dal figlio della famiglia per cui lavorava la madre, un ragazzo morto suicida.“Though probably highly regarded by his namesake, the ‘original Duane’-as a recent biography, not without a certain stinging cruelty, called him- committed suicide during his sophomore year of college” [3] . Michals ha l'ossessione di questo nome e di questa storia nella sua vita come nella sua arte fatta di corrispondenze a specchio tra gli oggetti, le persone i pensieri. As a boy, Duane Michals was understandably intrigued by the boy whose name he shared; however, the two would never be given an opportunity to meet” [4] .

Il tema del doppio crea un rimando continuo, un link tra piani distanti, ma paralleli, un'opposizione segretamente connessa in un legame che congiunge fisica e metafisica. Nella sua arte “time divided between doing necessary to provide for material comforts and that done for personal pleasure, or between the city and country; a taste for such binary opposites as matter, appearance and reality, youth and old age, the artist and the model, or life and death; things split in two (Now Becoming then, 1973), twins (Homage to Cafy, 1978; veiled threats of obliteration (Joseph Cornell, 1972); hidden faces (Andy Warhol, 1958); emptiness (the series on desert places, 1944-1966); superimposed images; disappearances, transparent presences; ghostly silhouettes; double exposures; and the omnipresence of death” [5] .

Michals è il metafisico della fotografia, il fotografo dell'invisibile che mostra allo spettatore i suoi pensieri attraverso la fotografia stessa: “When you look at my photographs, you are looking on my thoughts” [6] .

Nel doppio, Michals cerca soprattutto se stesso: “The whole issue of the name Duane, and all it suggests of frustration, doubts regarding identity, a virtual rivalry for his mother’s love, unsatisfied curiosity, the ambiguity surrounding the death of someone who was more himself than he was - and more legitimately so - may not entirely explain but may well symbolize the majority at the basic themes and recurrent aspects found throughout Michals’ work, his life, and especially in his comment” [7] .

Gli scenari sono costruiti sapientemente: le scene vengono create dall'artista stesso con pochi oggetti, spazi, interni, angoli della strada, strappi di vita, ephemeras che contengono (o meglio rappresentano) significati metafisici. La corrispondenza diretta tra due mondi si fonde nell'opera.

L'arte di Michals è il frutto di una meditazione profonda sul concetto stesso dell'arte: il fotografo-artista crede che ogni epoca abbia bisogno di specifiche caratteristiche, forme estetiche, tecniche di rappresentazione per esprimere quel periodo storico-artistico.

Il contemporaneo ha un'anima troppo cerebrale per essere tradotta con una sola tecnica-immagine. La natura complessa della percezione nel contemporaneo ha bisogno di un adattamento e di una ricerca volta a rispondere alle esigenze espressive dell'uomo. “I find the limitations of still photography enormous. One must redefine photography, as it is necessary to redefine one’s life in terms of one’s own need. Each generation should redefine language and all its experience of himself” [8] .

L'uso frequente dello specchio rappresenta l'insoddisfazione del fotografo per l'immagine: “Michals speaks repeatedly of ‘dissatisfaction’ when explaining his decisions to combine photography with activities or other artistic expressions with activities or other artistic expressions which he had, until then, seemed to be as distinctly different as possible” [9] .

La fotografia è una tecnica mentale: la macchina è prima nella mente che nelle mani. La corrispondenza tra apparecchio fotografico e cervello, guidato da un obiettivo-occhio [10] , è nota. Michals crea la sua arte proprio su questa ricerca: mostrare l'invisibile, andare oltre l'occhio per esprimere i pensieri con l'occhio della mente. “Photography looks often have titles like The Photographers’ Eye or The Vision of So and So or Seeing photographs – as if photographers didn’t have minds, only eyes” [11] .

Questo scritto si propone di “rivedere” l'arte di Michals come prodotto cerebrale considerando i mezzi a disposizione del fotografo nella sua evoluzione creativa. Il cervello-macchina più conosciuto ai giorni nostri è il computer. L'idea è quella di leggere l'opera di Michals come sistema operativo considerando la macchina fotografica come hardware e l'arte come software. Il programma che, a mio avviso, si avvicina maggiormente alle qualità estetiche e ai contenuti delle creazioni del fotografo è PowerPoint.

 

 

La visualizzazione

L'arte di Michals è prima di tutto visione (mentale). La ricerca di un metodo per la sua arte (e l'arte in generale) è data dalla necessità di esprimere.

La fotografia è un mezzo noto quando Michals si avvicina alla tecnica-arte. Sono gli anni Cinquanta: è la sua prima esperienza fotografica, una documentazione. Michals capisce da subito che quella scatola magica ha un potere molto più grande: è il mezzo ideale per tradurre e rappresentare il pensiero, il regno del non visibile, qualcosa che va oltre l'immagine conosciuta e il reale.

La meditazione operata dal fotografo lo conduce a dare un'impronta personale, autografa, visibile alla fotografia: la stampa viene corredata dalla scrittura a mano. In 1966 he associated photography with narration, thus creating his famous sequences and ensuring his reputation as a photographer” [12] . La scrittura è un mezzo importantissimo per l'artista: gli permette di creare un arricchimento dell'immagine che, con i due mezzi, rappresenta la complessità percettiva ed espressiva del contemporaneo.

L'opera fotografica diventa il suo quadro: la cornice bianca racchiude l'immagine, il titolo e la didascalia. La visualizzazione [13] che si pone davanti agli occhi dello spettatore di oggi è molto familiare. La composizione rimanda, nella mente, alla slide delle presentazioni realizzate con PowerPoint [14] . Il programma, sviluppato da Bob Gaskins e dal programmatore Dennis Austin nella forma di Presenter per la Forethough Inc, viene pubblicato come PowerPoint 1.0 nel 1987 per la Apple Machintosh (Sarà successivamente acquistato da Microsoft).

La versione, in bianco e nero con le immagini che si fondono con il testo come trasparenze, ha molti aspetti in comune con le opere di Michals. L'immagine corredata da testo è illustrazione del pensiero, frutto della meditazione sulla natura cerebrale dell'arte da parte del fotografo. La macchina non è un mezzo inadatto: l'arricchimento è dato dalla consapevolezza di cercare un'espressione più completa.

L'unità base del programma PowerPoint è la slide, ovvero la diapositiva, un termine che si riallaccia alla fotografia. La presentazione, composta da immagine testo, è certamente un richiamo all'illustrazione antica, alla miniatura. Nella sua etimologia la miniatura è un'illuminazione, un concetto che ben si sposa con la foto-grafia, ovvero la scrittura di luce.

La slide è la versione digitale delle vecchie diapositive visibili con il proiettore: l'immagine è rimasta il piano centrale mentre le caselle di testo che racchiudono titolo, didascalie, note, rappresentano le etichette applicate sul telaio per la classificazione delle diapositive.

 

 

La sequenza

Nel programma PowerPoint la slide è solo un'unità della presentazione che si sviluppa come sequenza di diapositive illustrative.

La sperimentazione di Michals non si ferma: la ricerca di una tecnica cerebrale per esprimere l'arte lo conduce alla creazione di sistemi di immagini, sequenze che danno inizio al photo- sequence [15] . Non si tratta semplicemente di serie di immagini in accumulo, ma di una concatenazione di significati: le fotografie non sono mai singoli scatti affiancati, ma sono legate tra loro da un vero schema di corrispondenze per l'occhio e (soprattutto) per la mente. Sono numerate per tracciare un percorso per l'osservatore, o meglio per lo spettatore-interlocutore, come se Michals fosse il “relatore” della presentazione.

Basti pensare al celebre Things are Queer [16] del 1972: un uomo in un bagno accanto a un vetro che riflette particolari non presenti nell’immagine reale altro non è che un’illustrazione di un libro. La pagina viene letta da un altro individuo che cammina in un vicolo. Ma anche questa fotografia è altro: è uno scatto incorniciato e appeso sul lavandino del bagno visto nel primo riquadro. La sequenza è un sistema di scatole: la realtà è un gioco di apparenze e corrispondenze. Di notevole impatto è il dito che tiene il libro, come se fosse un puntatore, la manina [17] che si vede quando si individua un collegamento.

Il photo- sequence è molto simile alla successione di slides nelle presentazioni PowerPoint: l'analogia si percepisce soprattutto in modalità di visualizzazione in sequenza. Lo stesso avviene per Alice’s Mirror [18] del 1974: la poltrona e gli occhiali da vista nell’immagine iniziale sono già un inganno per la sproporzione delle dimensioni. È il mobilio di una casa di bambola creato in uno scomparto del mobile: si tratta di un’immagine riflessa da uno specchio tondo. La visione si riflette nello specchio rettangolare tenuto tra le mani del modello: il tutto sembrerebbe una fototessera da tenere in una mano. In realtà è il riflesso di uno specchietto da borsa che viene frantumato dalla mano che lo tiene. E’ un gioco di rimandi, ma anche “specchio” di un’attenzione particolare per il banale.

Le sequenze di Michals poste in successione alludono al movimento, ma non rappresentano l’evento, lo creano: “Michals never lookout to catch the body in motion. He provokes movement in the soul. To do this he uses models, whether professionals or not, complex technical processes, an intelligent staging” [19] . La disposizione richiama la successione di shots nella pellicola della fotografo: le unità-scatti sono diapositive-slides che vanno a comporre la pellicola-presentazione.

 

 

Foto-storie

La densità innovativa tanto tecnica quanto concettuale di Michals trova la sua massima “applicazione” nella creazione di Photo-stories. Sono sistemi di singole opere numerate composte da fotografie e didascalie a corredo delle immagini.

La presentazione PowerPoint, allo stesso modo, illustra un argomento per tappe-slides. Le unità sono legate tra loro nella successione e nella continuità del tema che viene presentato attraverso immagini e caselle testuali.

Le modalità d'uso del programma sono varie: tra queste c'è anche la creazione di favole [20] . PowerPoint, grazie alle sue caratteristiche, è ideale per la rappresentazione della letteratura per bambini. L'immediatezza visiva dell'immagine, la didascalia specifica, la possibilità di inserire una voce narrante e le applicazioni audio facilitano il raggiungimento del pubblico dei piccoli. Visione, voce e scrittura illustrano la trama, ma le possibilità di interazione sono comunque notevoli. La presentazione PowerPoint può essere resa interattiva grazie a pulsanti [21] per la navigazione: appositi comandi disposti nelle slides stesse permettono il collegamento ad altre slides.

Michals sceglie di illustrare con un photo-sequence [22] proprio il seguito della favola di Alice, Attraverso lo specchio magico o quel che Alice vi trovò. Le avventure narrate da Carroll si compongono sempre di episodi in sequenza, come se si trattasse di sogni affiancati e illuminati dal flash della memoria.

La lettura interpretativa operata da Michals sfrutta il sistema di rimandi come riflesso di immagini negli specchi-sequenza. Non si deve dimenticare che il fotografo è molto amico di Magritte ed entra in contatto con il mondo surrealista fin dai primi esordi fotografici.

Michals non ha mezzi limitati, ma sceglie e seleziona quali tecniche utilizzare: il cinema, già ampiamente diffuso, rappresenta lo strumento principe per i Surrealisti per esprimere le necessità oniriche della propria arte. Il fotogramma e il singolo shot sono comunque i protagonisti del cinema surrealista. Michals lascia prevalere l'immagine singola seguendo la poetica del frammento sulla scia cornelliana.

La parificazione surrealista viene tradotta come spazio: il formato fotografico è già lo sfondo del mosaico di Duane, il suo piano, la sua slide. Il sistema di fotografie assegna a tutti gli elementi lo stesso ruolo indispensabile per l'esito della composizione: se manca un tassello il significato dell'opera ha un vuoto, un falso collegamento, una “pagina mancante”.

La successione di immagini della stessa grandezza rappresenta la paratassi visiva dell'opera del fotografo, la sua sequenza di pensieri, ma anche la sua pellicola. L'importanza del singolo è data dalla cura nella scelta dell'immagine e nel suo arricchimento con la parola scritta.

 

 

“Meta-PowerPoint”

 Le analogie con il programma sono evidentissime, ma non mancano caratteristiche specifiche che differenziano l'arte di Michals dal software (l'arte di Michals precede comunque PowerPoint).

La scelta dell'artista di dare rilievo all'immagine rende l'opera un teatro allestito da un filtro personalissimo. Il linguaggio comunica all'occhio-obiettivo, canale per la mente del fotografo. Il sonoro e l'animazione arrivano alla mente attraverso l'immagine stessa nella scrittura di luce operata dalla macchina.

L'operazione artistica di Michals parte sempre dalla fotografia, dall'immagine, e ne sfrutta tutte le potenzialità. La riflessione comincia sempre dal suo io, dalla sua esperienza, dal suo modo di percepire e di pensare: tutto passa attraverso la fotografia.

La parola scritta autentica la personalizzazione dello scatto rendendo l'opera una creazione del tutto personale che, per essere riprodotta, deve essere scannerizzata o fotocopiata: la scrittura a mano di Michals è la sua auto-grafia, parte dell'opera stessa, componente unica che, con la digitalizzazione, perderebbe il suo significato.

La fotografia e la nota scritta rappresentano la prova di Michals, una testimonianza, una firma  indelebile che va oltre la digitalizzazione. La verità della scrittura risponde allo stesso inganno della fotografia. I Surrealisti fotografavano i loro collages [23] per rendere più vero lo straniamento dato dall'accostamento della immagini.

La difficoltà di decifrare l'opera di Michals, che inganna la complessità del pensiero con la presentazione illustrativa, è evidente nella sovversione realizzata attraverso la parola scritta. La didascalia è un mezzo per la “sua” verità, per la sua différance sulla scia di Magritte.

La corrispondenza tra immagine e testo nel Surrealismo viene scomposta e ricomposta in un'operazione di straniamento: non è esattamente una rottura, ma una ricodificazione. Questo aspetto è visibile nei titoli, nelle didascalie, ma anche negli elenchi. Nella strana lista dello “zio Duane” [24] apparsa sul New York Times (Sunday Magazine 08/12/1996) la serie di doni illustrati dalle immagini è legata alla scrittura di pensieri che si associano liberamente ai regali nel filtro personale di Michals.

La magia surreale dello straniamento è ancora più evidente in Necessary Things for Making Magic [25] e Necessary Things for Writing Fairy Tunes [26] del 1989: le immagini rappresentano gli ingredienti della pozione magica, enumerazione delle immagini. Sono l'equivalente degli elenchi numerati.

In PowerPoint la slide serve soprattutto ad illustrare un tema all'osservatore-spettatore. L'immagine può aiutare a capire il contenuto così come la didascalia spiega l'immagine stessa. Nelle presentazioni  gli elenchi creano una sintesi, uno schema o un sommario di elementi. Nell'arte di Michals queste liste hanno un fascino ingannevole perché appartengono alla sfera dell'invisibile: le parole e le immagini sono il codice binario della sua metafisica.




Bibliografia

A. BAGATTA, Comunicare con PowerPoint: organizzare l'informazione in presentazioni efficaci, Milano 2008

J. COTTER,  A.. “Photo Insider: Duane Michals”, 11/09/2000, http://www.photoinsider.com/pages/michals/michals.html

D. DASSIO, Occhio e fotocamere, “Nadir Magazine”, marzo 2004,
http://www.nadir.it/pandora/OCCHIO_FOTOCAMERE/dassio.htm

M. LIVINGSTONE, The Essential Duane Michals, New York 1997

I. MACORI, Microsoft Office PowerPoint 2007, Segrate 2007

D. MICHALS, Eros e Thanatos, New York 2001

D. MICHALS, Foto follies. How photography lost its virginity on the way to the bank, London 2006

D. MICHALS, Photofile (edited with an introduction by R. CAMUS), London 1990

D. MICHALS, Real dreams, Danbury (New Empshire) 1976

D. MICHALS, Sequences, New York 1969

D. MICHALS, The House I once called Home, London 2003

A. NIGRO, Tra polimaterismo e polisemia: note sul collage surrealista, in “Collage/Collages. Dal Cubismo al New Dada, catalogo della mostra a cura di M.M. Lamberti e M.G. Messina, (Torino 2007-2008), Milano, 2007, pp. 280-296.

A. SBRILLI, La presenza del Tristram Shandy sulle soglie del Dada,
http://www.paolacarbone.com/cultura/2009/07sbrilli_118.pdf

A. SBRILLI, Storia dell'arte in codice binario: la riproduzione digitale delle opere artistiche, Milano 2001

A. SBRILLI, L. FINICELLI, Informatica per i beni culturali: i nuovi strumenti digitali e lo studio del patrimonio artistico, Roma 2002

A. VALLI, Lavorare con PowerPoint 2007, Milano 2007.




NOTE

[1]      M.  LIVINGSTONE, The Essential Duane Michals, New York 1997

[2]      A. SBRILLI, Storia dell'arte in codice binario: la riproduzione digitale delle opere artistiche,Milano 2001

[3]      R. CAMUS, The Shadow of a double, in D. MICHALS, Photofile, London 1990

[4]      Ibidem

[5]      D. MICHALS, Real dreams, Danbury (New Empshire) 1976

[6]      Ibidem

[7]      Photofile 1990

[8]      MICHALS 1976

[9]      Photofile 1990

[10]     D. DASSIO, Occhio e fotocamere, “Nadir Magazine”, marzo 2004, http://www.nadir.it/pandora/OCCHIO_FOTOCAMERE/dassio.htm

[11]     MICHALS 1976

[12]     Photofile 1990

[13]     A. VALLI, Lavorare con PowerPoint 2007, Milano 2007, p. 30

[15]     D. MICHALS, Sequences, New York 1969

[17]     A. SBRILLI, La presenza del Tristram Shandy sulle soglie del Dada, http://www.paolacarbone.com/cultura/2009/07sbrilli_118.pdf

[19]     Photofile 1990

[20]     A. VALLI, Favole con PowerPoint, in A. VALLI, Lavorare con PowerPoint 2007, pp. 199-207

[21]     Ivi, p. 50

[22]     MICHALS 1969

[23]     A. NIGRO, Tra polimaterismo e polisemia: note sul collage surrealista, in “Collage/Collages. Dal Cubismo al New Dada, catalogo della mostra a cura di M.M. Lamberti e M.G. Messina, (Torino 2007-2008), Milano, 2007, pp. 280-296.

[24]     LIVINGSTONE 1997, pp. 182-183

[25]     D. MICHALS, Necessary Things for Making Magic 1989, http://www.cmoa.org/searchcollections/imageview.aspx?image=100582&irn=91819

[26]     D. MICHALS, Necessary Things for Writing Fairy Tunes 1989, http://www.cmoa.org/searchcollections/details.aspx?item=91818








 

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