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Fiumara e Gibellina, due templi per l'arte contemporanea in Sicilia da tutelare e custodire  
Mercedes Auteri
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 5 Aprile 2010, n. 558
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Area Artisti

E luce fu. La Piramide di Mauro Staccioli e la Sfera di Ludovico Quaroni, inaugurate a distanza di una settimana l'una dall'altra, dopo anni lunghissimi di attesa, rispettivamente il 21 marzo a Fiumara e il 28 marzo a Gibellina. Così lontane. La prima un eremo laico, la seconda un tempio religioso. La prima un poliedro che declina il tema del triangolo, la seconda una sfera che dilata il tema del cerchio. La prima una scultura che si fa architettura, la seconda un'architettura che si fa scultura. Eppure così vicine. Entrambe omaggio alla luce fisica del mondo: la prima inaugurata nell'equinozio di primavera e aperta un unico giorno all'anno, il 21 giugno, solstizio d'estate in cui le ore di giorno superano quelle di buio; la seconda inaugurata il 28 marzo, data in cui l'ora legale permette di godere un poco di più della luminosità del cielo, e pensata per celebrazioni anche all'aperto nel piccolo anfiteatro che l'accoglie all'esterno. Entrambe omaggio alla luce simbolica, quella dell'arte che fa del simbolo un segno e lo palesa all'individuo e alle comunità; celebrando in questi posti un rinnovato illuminismo che sembra dire a ciascuno, Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza, dell'arte e della poesia, ogni giorno e in ogni cosa che fai. Entrambe geometrie semplici ma grandiose che, dalle piramidi egizie a quella per il Louvre dell'architetto cinese Ieoh Ming Pei, che dalle cupole delle moschee islamiche a quella spaziale del cenotafio per Newton di Ètienne Loui Boullée, continuano un dialogo secolare tra le forme, tra occidente e oriente, tra divino e terreno, tra arte e spettatore.
E, infine, entrambe pensate su una collina, a dialogare con il cielo, lontane dalla vita politica dei centri più vicini che negli ultimi anni era rimasta tanto distante quanto estranea.

La primavera 2010, dentro alla piramide 38o parallelo di Staccioli e alla Chiesa Madre di Quaroni, comincia un nuovo ciclo per la Fiumara e per Gibellina.

Finalmente a Fiumara riprendono i lavori del parco scultoreo, riconosciuto da una legge regionale, dopo quasi venti anni in cui politici, sindaci, assessori, soprintendenti avevano ostacolato il progetto e gli interventi artistici, sospesi all'esterno, s'erano concentrati all'interno delle mura dell'Atelier sul mare di Tusa. Staccioli conclude il suo poliedro cavo, 30 metri di acciaio corten, con un taglio a nord-ovest che permette l'ingresso della luce a illuminare le grandi pietre che il fiume aveva lasciato sepolte e, inseme, le coscienze degli uomini che vorranno accostarsi al tempio. A forma di triangolo, forma della Sicilia e figura perfetta, invito a meditare sul nostro destino terreno, in lotta tra immanenza e trascendenza, tra materia e spiritualità. “Mi interessava creare un luogo al tempo stesso universale e particolare, dove l’uomo potesse soffermarsi a pensare sul senso dell’esistenza: quesito senza risposta, forse, ma tangibile. Un luogo laico di riflessione sull’essere e lo stare nel mondo di oggi” racconta l'artista, che scruta l'orizzonte molto più in là, seguendo l'immaginario parallelo 38 a cui ha dedicato la sua opera, nell'ideale continuità con un altra parte di mondo.

Finalmente Gibellina è città compiuta per la sua comunità che, a più di quaranta anni dal terremoto che l'aveva cancellata, ha potuto in parte elaborare il trauma dello sradicamento e riconoscere le sue strade, le piazze, le sculture, la scuola, il municipio, il cimitero, la chiesa madre. La sfera si incastra nel parallelepipedo della sala, il cerchio infinito e universale del divino incontra il quadrato finito e terreno emblema dell'uomo. La cupola arriva fino a terra e chiude il visitatore in un abbraccio.  L'apertura al pubblico di quella sfera tanto attesa è, anche, un regalo di compleanno al suo architetto che proprio il 28 marzo avrebbe avuto 99 anni e che era scomparso nel 1987 non conoscendo la sorte della chiesa da lui progettata insieme a Lucia Anversa. La prima pietra era stata posta nel 1985 ma, circa dieci anni dopo, un crollo (da molti considerato la decadenza dell'intero progetto-Gibellina) ne aveva bloccato i lavori che vengono ultimati solo quest'anno, venticinque anni dopo. La chiesa rifiutata dalla Chiesa stessa (con l'arciprete che non voleva dire messa perché non gli piaceva “la palla” e voleva il campanile con la croce), la chiesa che non poteva fare la chiesa, la chiesa che non finiva mai: ora è conclusa e può benedire bambini, unire matrimoni, pacificare morti.

Uno scultore e un architetto, Staccioli e Quaroni, che nella loro carriera hanno fortemente contestualizzato i loro lavori volendoli realizzare nel rapporto con l'ambiente, il territorio e la società, tentando attraverso l'arte di riportare l'utopia ai fatti concreti, legando la ricerca delle forme pure non ad un'estenuata idealizzazione ma alla concreta azione dell'uomo. “Assumere su di sé la contraddizione, che è del mondo e della società, caratteristica e dramma del momento storico in cui siamo immersi, significa in sostanza obbligarsi ad una coscienza sempre viva del presente, significa non permettersi nessuna idealizzazione nell’azione come nel pensiero, significa non riporre le proprie speranze o le lotte che si compiono in nome della società, in un rimando più o meno idealistico ad un imprecisato e catartico futuro” (M. Tafuri, Ludovico Quaroni e lo sviluppo dell’architettura moderna in Italia).

Due luoghi che hanno una storia molto diversa per origini e finalità, Gibellina, in provincia di Trapani, e la Fiumara nel territorio di Messina, periferie sulla cartina geopolitica ma capitali storiche del contemporaneo in Sicilia per la caparbietà dei due artefici del loro disegno, Ludovico Corrao (presidente della Fondazione Orestiadi di Gibellina) e Antonio Presti (presidente della Fondazione Fiumara d'Arte), che da decenni continuano a richiamare il più devoto popolo dell'arte.

Gibellina, la città-museo, con la sua lenta ricostruzione, alla ricerca di una nuova identità conquistata forse solo oggi, duramente ma fortemente, dopo il terremoto che nel 1968 l'aveva distrutta; popolata da mille presenze, Consagra, Accardi, Guttuso, Sanfilippo, Isgrò, Simeti, Turcato, Beyus, Burri, Rotella, Schifano, Boetti, Paladino, Melotti, Cappello, Cascella, Scialoja, Pomodoro, Schiavocampo, Spoerri, Vigo, Staccioli, Cucchi, Long...

Fiumara, il parco scultoreo più esteso d'Europa, con la sua poetica del dono, abiurata e poi riconosciuta dai suoi sindaci; residenza continua di artisti, Consagra, Ceroli, Icaro, di Palma, Schiavocampo, Dorazio, Marini, Curcio, Ferrari, Lanfredini, Nagasawa, Festa, Canzoneri, Lai, Mochetti, Ruiz, Mainolfi, Plessi, Ercolino, Staccioli, Xhafa...

Entrambe con uno dei primi papà in comune, Pietro Consagra, di cui tra dieci anni esatti si celebrerà il centenario della nascita, un siciliano che, oltre ad avere scritto alcune tra le più importanti pagine della storia dell'arte del secolo scorso, sperando un'arte più vicina alla gente, cinquanta anni fa si chiedeva: ci sarà spazio per la mia scultura fuori dal mio studio? (e scriveva “Ancora oggi non c'è spazio per l'arte se non nei tristissimi studi degli artisti o nel giro per ignota destinazione attraverso i mercanti o, nel caso, migliore, nelle gallerie pubbliche” in Vie nuove, anno IV numero 18, Roma 1949). Se adesso, forse, in Italia quello spazio c'è è, anche, grazie a Gibellina e Fiumara.

Entrambe specchio di un tempo difficile per la Sicilia degli anni '80 e '90 del Novecento, in cui speculazione, ostilità mafiosa e malgoverno contrastano l'arte contemporanea, seppure opera di artisti accreditati, considerata abuso, velleità da ricchi piuttosto che inutile ornamento, negandole il diritto a diventare patrimonio culturale e ambientale, identità di ogni individuo come dell'intera comunità.

Appurato che ci ha già pensato la Storia a consacrare i due luoghi come spazi per l'arte unici al mondo; considerati la generale tendenza di rinnovato interesse del Paese nei confronti del contemporaneo e, nello specifico, il risveglio da lungo sonno dei centri maggiori di Palermo e Catania; il più devoto popolo dell'arte che in questi giorni si è recato, come in pellegrinaggio, alla Piramide e alla Sfera, aspetta, oggi, che il riconoscimento di questo immenso patrimonio arrivi anche attraverso la sua valorizzazione e, soprattutto, conservazione. Perché nel 3010 si possa visitare il tempio dorico degli elimi di Segesta e il Grande Cretto di Burri a Gibellina (entrambi incompiuti, il primo a causa delle guerre che imperversarono nel V secolo a. C. e il secondo per mancanze, incuria, accuse di abusivismo e inedia che incombono dalla fine del XX d. C.); perché si possa camminare tra i resti archeologici dell'Haelesa, alla scoperta del basamento di un tempio  romano dedicato ad Apollo, come nell'intero parco scultoreo della Fiumara che trova ancora nello stesso apollineo sole, che filtra i suoi raggi dentro la piramide, il suo nume tutelare; con il medesimo stupore con cui in ogni secolo s'è guardato al segno creativo dell'uomo, ammirandolo e tutelandolo.

“La scultura sarebbe il farsi corpo di luoghi che, aprendo una contrada e custodendola, tengono raccolto attorno a sé un che di libero che accorda una dimora a tutte le cose e agli uomini un abitare in mezzo alle cose” (M. Heidegger, L'arte e lo spazio).








Piramide 38o parallelo

Fig. 1
MAURO STACCIOLI,
Piramide 38o parallelo, Fiumara 2010
Foto Archivio Fondazione Fiumara d'Arte

Esterno Chiesa Madre (La Sfera)

Fig. 2
LUDOVICO QUARONI,
Esterno Chiesa Madre (La Sfera), Gibellina 2010
Foto Archivio Fondazione Orestiadi

Mauro Staccioli e Antonio Presti

Fig. 3
Mauro Staccioli e Antonio Presti, Fiumara, 2010
Foto Archivio Fondazione Fiumara d'Arte

Ludovico Quaroni e Ludovico Corrao

Fig. 4
Ludovico Quaroni e Ludovico Corrao, Gibellina 1985
Foto Archivio Fondazione Orestiadi

La materia poteva non esserci

Fig. 5
PIETRO CONSAGRA,
La materia poteva non esserci, Fiumara, 1986
Foto Archivio Fondazione Fiumara d'Arte

Porta del Belìce (La Stella)

Fig. 6
PIETRO CONSAGRA,
Porta del Belìce (La Stella), Gibellina 1981
Foto Mercedes Auteri (2008)

Monumento per un poeta morto (La Finestra sul mare)

Fig. 7
TANO FESTA,
Monumento per un poeta morto (La Finestra sul mare), Fiumara, 1989
Foto Archivio Fondazione Fiumara d'Arte

Grande Cretto

Fig. 8
ALBERTO BURRI,
Grande Cretto, Gibellina, 1989
Foto Mercedes Auteri (2009)




Foto cortesia Fondazione Orestiadi di Gibellina e Fondazione Fiumara d'Arte

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