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Femminile Plurale: intervista a Vera Puoti Perugia,
Gall. Spazio Arte
25 set. - 9 ott. 2004

Stefano Colonna
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 28 Ottobre 2004, n. 377
http://www.bta.it/txt/a0/03/bta00377.html
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Finalmente torna la formula dell'«ut pictura poesis», nei Salotti dipinti di Vera Puoti l'immagine si sposa con la parola. La parola prende il sopravvento sul nulla della società contemporanea, sorpassando il nichilismo del silenzio. Persone che parlano, scambiano idee, alimentano il mito sociale della pluralità che passa per un intermediario femminile. La donna ancora una volta si trova ad essere strumento maieutico della verbalità, della costruzione dell'io, della realizzazione della società. In un gioco sottile di rimandi dal privato al pubblico, dal salotto, al convivio, la parola regna incontrastata nelle opere di Vera Puoti, creando affabulazioni, scavalcando concetti, suggerendo percorsi da seguire.
Questa strada maestra della parola al femminile segue gli itinerarî complessi della psiche per portare alla ribalta tematiche intimistiche oggi troppo frettolosamente dimenticate e consumate nella mercificazione della comunicazione massmediologica postmoderna.
La proposta perugina di Vera Puoti è un'interessante punto di partenza per un ripensamento del ruolo della comunicazione dell'arte nella società contemporanea.
Dal momento che la poetica di Vera Puoti è "non allineata" ad alcun movimento contemporaneo, penso che il modo migliore per entrare in contatto con la sua opera consista nel far parlare lei stessa in un'intervista che parte come retrospettiva per arrivare subito alla mostra perugina della "Galleria Spazio Arte".






Per iniziare una domanda esistenziale: come vivi il tuo essere artista donna ?

Diciamo che apporto il mio modo di vedere il mondo come donna. A volte ho negato questa femminilità perché ho cercato di esprimere comunque nella pittura una forza che non è detto che sia femminile, quanto piuttosto propria della persona. Recentemente ho avvertito da qualcuno una critica alla mia arte di questo momento vista come femminile, nel senso di troppo delicata. Io penso che in realtà non ci sia un femminile e un maschile: l'espressione artistica è l'espressione artistica, indipendentemente dal sesso di chi la fa.


Nei tuoi quadri degli anni '70 citi molto esplicitamente i cubisti; negli anni '80 guardi a Guttuso; negli anni '90 con i Salotti non disdegni Matisse. È dal nuovo Millennio che la tua produzione sembra staccarsi dal citazionismo: è quindi finita un'epoca della tua vita artistica e se n'è aperta un'altra ?

Spero di sì. Nel senso che spero di aver cominciato a trovare una mia strada espressiva più nettamente personale. Infatti quando mi chiedono: «che tipo di arte è la tua ? a che corrente appartieni ?», rispondo che è la mia.


La componente onirica caratterizza molte tue opere, ma concretamente come avviene il tuo collegamento col mondo dei sogni e della fantasia ?

Mi vengono in mente due risposte: una è che la fantasia è qualcosa in continuo movimento: c'è sempre un'elaborazione del fantastico. Ho sempre amato le fiabe, la poesia. Amo una realtà comunque in un qualche modo travisata, reinterpretata: cioè mi piace viaggiare nella realtà con la mente. L'altra risposta che mi viene è che molto spesso ai miei quadri penso un po' all'alba, un po' nel dormiveglia, quindi alcune immagini mi vengono proprio, non dico sognando, ma quando ancora il risveglio non è completo.


La dominante blu di alcune tue opere ricorda per caso il Cavaliere Azzurro ?

No, è un caso: ci sono dei momenti in cui amo più un colore, dei momenti in cui ne amo più un altro. Comunque cerco spesso accostamenti o colori che per me possano essere in qualche modo nuovi.


Com'è nata l'idea dei Salotti ?

I Salotti si legano a un mio desiderio di rivedere forse l'arte femminile. E di studiare, riproporre con amore il quotidiano, la vita che ci circonda normalmente. Ma questo è un aspetto. L'altro aspetto è che comunque le forme del salotto, dei divani, delle poltrone, dei lumi, possono essere alterate, dilatate, possono servire per studiare lo spazio. Rimane in me comunque un desiderio, che in fondo è figurativo, di creare una terza dimensione, che non sia una terza dimensione squadrata, con un peso, e il Salotto mi ha dato modo di studiare questo spazio.


ººº


Siamo qui a Perugia alla "Galleria Spazio Arte" a Via della Nespola, 8/a a vedere questa nuova bella mostra di Vera Puoti Femminile plurale. Cerchiamo di capire insieme in cosa consiste questa pluralità del femminile.

Femminile plurale è una mostra che nasce intorno a un lavoro fatto con un'altra donna, una psicologa, la direttrice della scuola romana della Gestalt, Maria Menditto, che ha pubblicato quest'anno un libro che si intitola Autostima al femminile, che è spiritoso, oltre ad essere, ovviamente, competente. Per questo libro ho fatto una serie di illustrazioni in bianco e nero e da una parte di un mio quadro è stata creata la copertina. Le opere che sono nel libro sono versioni in bianco e nero di altre che avevo già fatto e che la psicologa aveva avuto modo di apprezzare trovandole adatte per il suo libro; oppure sono opere create appositamente. Sono lavori a pennarello, un bianco e nero netto: una tecnica che consente notevole risparmio nella stampa. Autostima al femminile riguarda la donna nell'ambito delle sue relazioni con le altre persone: all'interno del gruppo, all'interno della coppia e così via. E quindi Femminile plurale perché il plurale indica le relazioni. E poi anche Femminile plurale perché nasce da un lavoro fatto insieme ad un'altra donna.


In molte, se non tutte le tue opere, c'è un titolo significativo. La tua produzione ha abbandonato quell'era dei "senza titolo", delle opere che avevano perso identità. Sembra, all'opposto che le tue opere abbiano una forte identità, un'identità che si esprime sia attraverso i segni, sia attraverso, appunto, l'uso di titoli molto particolari, molto evocativi. Tu come scegli i titoli: prima o dopo ? Questa, scusami, è una domanda molto semplice !

In genere il titolo nasce durante il lavoro. Sai cosa succede? Che mentre sto portando avanti il disegno o il quadro, su dei fogli di carta prendo appunti per possibili titoli. A volte questi titoli finiscono sull'opera a cui sto lavorando, a volte mi danno comunque l'ispirazione per un'opera successiva.


In In my mind. Red c'è ancora una volta l'uso del collage. Quindi la tua vecchia tradizione di citare il Cubismo non è finita, in realtà. Però questa volta, invece di giornali francesi dell'epoca, io vedo una scrittura in arabo ... Questa è relativa a che cosa in particolare ?

Questa in particolare fa parte di una serie di opere fatte dopo l'11 settembre. I giornali arabi vogliono rappresentare l'invasione del nostro spazio privato da parte di tutta una informazione, una cultura, una società che, diciamo così, aveva fatto irruzione nel nostro spazio privato in modo piuttosto brusco dopo l'11 settembre. Perché è qui quest'opera oggi ? In realtà in questa mostra ci sono tre opere che fanno parte di una serie che si chiama Lo spazio invaso che era stata presentata in una mostra a Roma presso lo "Studio S" nel 2002. Sono qui perché tratte da disegni che sono inclusi nel libro. Due, e cioè In my Mind. Red e In my Mind. Green, sono tratte da La lettera. Infatti c'è una fanciulla sdraiata su una forma, che è un divano, con una letterina. Questa immagine in bianco e nero, a pennarello, è riprodotta nel libro. Così il disegno da cui è nata quest'altra: Free. Il comune senso del pudore. Ci puoi vedere una silhouette femminile in tanga e reggiseno, nel Salotto, che è sempre uno spazio privato, intimo, invaso però dalle notizie dall'estero. Infatti alcune parti del Salotto diventano collage di giornali: questi sono in italiano, credo che qualcosa fosse in arabo, comunque riguardano il contrasto tra la nostra società e quella islamica. In particolare la visione del pudore della nostra società è diversa da quella della società islamica. Per cui c'è sia il titolo Free, il titolo del disegno originale, che richiama la libertà, con la rappresentazione di una donna in questo atteggiamento libero, sia Il comune senso del pudore ... senso del pudore che in realtà non è affatto ... comune.


Io non vorrei essere noioso perché prima, vedendo rapidamente l'opera, avevo pensato un po' all'influenza di Licini, ma pure qui rivedo il tema della Luna, che è un tema liciniano. Comunque adesso non voglio insistere sulle citazioni. Ma quello che mi piaceva chiederti è in riferimento a I capelli della Luna del 2002, dove vedo un riferimento onirico nella coppia sdraiata che rappresenta un momento di intimità, ma anche, se vogliamo, alchimistico, quasi una certa fase di transizione della psiche. Queste sono letture da critico: ma poi l'artista che cosa vuole dire ?

Anche questo, come quello accanto, sono presenti, perché i relativi disegni sono all'interno del libro. Fanno parte di una mostra presentata l'anno scorso a Napoli: costituiscono la serie degli Amanti e la Luna. Praticamente mi sono spostata dal Salotto alla Camera da letto, come spazio da studiare, e c'è lo studio della coppia. Qui c'è un momento di intimità. Effettivamente l'uomo e la donna si confondono, perché questa testa, che è la testa di lei, potrebbe essere anche la testa di lui, no ? Perciò si crea un movimento, cioè le due teste potrebbero essere una sequenza futurista, con l'abbraccio, che riunisce gli amanti. Le due immagini sono rappresentate solo come segno, come movimento. La forma del letto è staccata, separata, reinterpretata, perché sennò sarebbe troppo squadrata. In tutta la serie, comunque, c'è sempre un'immagine di Luna che osserva e qui la Luna ha una serie grafica di filamenti, perciò I capelli della Luna.


In Dimmi che ti dico mi sembra che tu sperimenti anche stile e tecniche nuove. Cos'è: una ricerca che hai iniziato adesso e che porterai ancora avanti nel futuro ?

Sì, senz'altro: c'è una grande passione per l'uso di materiali differenti: di contrapposizione di materiali. Sono entrata un giorno dal ferramenta a vedere che cosa potevo usare... e qui c'è la limatura delle chiavi e anche qui sotto. Cioè ho visto la limatura delle chiavi e ho detto: io, con questa, qualche cosa ci devo fare. Mischiando, o sovrapponendo materiali differenti, l'effetto di colore varia. Cioè questo rosso non arriva subito. Se io qui non avessi messo un certo tipo di strati di materiali sotto, non avrei avuto un rosso così vivace. E questo mi diverte: adopero la fuliggine del camino; ho adoperato il sale, ma è stata una tragedia; adopero sabbie, sabbie differenti: le raccolgo sulla spiaggia o me le faccio portare, perché ovviamente la sabbia varia come componenti: può essere più o meno ferrosa. Adopero diverse cose: pasta ceramica, polvere ceramica, pomice. Qui c'è l'uso dello smalto: smalto opaco, lucido, smalto con sovrapposizione di polvere ceramica; insomma cerco di ottenere sempre superfici diverse.


Blue sound mi fa pensare a questo rapporto con la musica, che è molto importante in tutto il Novecento. Tu in particolare, come l'hai vissuto ?

Cioè: come è nato questo quadro, o come ho vissuto questo rapporto con la musica ?


Prendiamo lo spunto da questo quadro e poi parliamo anche del resto.

Amo la musica, anche senza esserne una conoscitrice. Ho anche fatto quadri ispirati al Jazz e comunque la pittura, come la musica, deve seguire un ritmo. Avverto molto questo discorso, cioè del ritmo all'interno del quadro. Questo quadro è nato l'anno scorso per una mostra a Todi sul benessere. C'erano anche eventi musicali nell'ambito della manifestazione che comprendeva la mostra. Personalmente, dopo aver fatto varî quadri in cui i personaggi erano pochi, desideravo uno spazio più articolato e ho pensato ad una serata musicale. Così c'è questo pianista, che è come se cadesse all'indietro: c'è uno squilibrio, c'è il desiderio del movimento, come nella musica. C'è il movimento all'interno di questo spazio, diciamo forse ancora più onirica questa mancanza di stabilità. E il gioco del titolo: Blue sound perché volevo richiamare il suono unitamente al colore predominante del quadro, volevo ricordare il Blues e volevo ricordare qualcosa anche di leggermente malinconico.


In Dolce lentezza del vivere c'è una tavolozza molto complessa, perché sono presenti più colori, ci sono delle terre e poi un rosso molto vivo, quasi una lacca cinese: non so come definirlo. E inoltre il trattamento delle superfici appare molto elaborato. Questa tua sperimentazione così complessa serve per accompagnare il titolo Dolce lentezza del vivere, oppure cosa ? Cerca di collocarla un po' tu per chi ci legge o ci ascolta ...

Sempre andando oltre con i Salotti, avevo in mente un tè. Quindi il Salotto dove si prende un tè: un momento sereno, di distensione. Mentre fantasticavo su questo tè, fui chiamata per la mostra a Todi dell'estate scorsa, che era sul benessere. Pensai allora: cosa di meglio per il benessere, se non proprio questa idea del tè? Però volevo, come al solito, un qualche cosa che non avesse peso, che levitasse nello spazio, perciò doveva esserci un grande Salotto, un ampio momento di distensione: con la fanciulla che legge, quest'altra di collegamento, come se fosse sdraiata, la poltrona avanti con quest'altra con la tazza in mano che ... è più visibile, più riconoscibile.
Per questi colori così variegati sono impazzita, perché mi avevano dato una soluzione di Primal diversa dalla normale, quindi non riuscivo a trovarli e ho faticato molto. Il colore serve a creare anche profondità o vicinanza. Questo rosso, che ho proprio desiderato e che doveva essere una nota squillante - tu hai detto giustamente una lacca cinese - che era quello che volevo, mi porta ancora più avanti la poltrona; così come la linea e il colore che schiarisce qui, mi crea una profondità. Quindi c'è uno studio del colore anche come strumento per creare lo spazio. Proprio a Perugia avevo studiato lo spazio. Ho abitato qui per un paio d'anni e avevo una casa con una bella vista: vedevo fino giù all'orizzonte e ho studiato in modo naturalistico e realistico il paesaggio e gli effetti delle varie gradazioni di colore. Poi dopo, lavorando a forme meno realistiche, ho continuato a studiare la creazione dello spazio con il colore.


Qui ci sono due quadri che hanno lo stesso titolo: Dimmi che ti dico. Però questo del 2004 è in giallo. L'idea di cambiare colore può essere paragonata in qualche modo a quelle sperimentazioni che facevano gli impressionisti sui cambiamenti di colori di uno stesso corpo, di un oggetto nell'arco di una giornata e quindi relativa a qualcosa di naturalistico; oppure è qualcosa di più intimo, cioè un tentativo di dare una chiave di lettura di tipo psicoanalitico ?

Il discorso per me è prettamente tecnico, invece. Nel senso che, avendo un certo tipo di disegno, e amandolo per il suo ritmo grafico, non ero soddisfatta di una sola versione. Cioè sentivo di volerlo fare in più maniere e diciamo che i due quadri sono stati lavorati grosso modo in contemporanea. Dopo ti faccio vedere di là il disegno da cui sono nati entrambi i quadri, che è stato ideato espressamente per il libro e si chiama sempre Dimmi che ti dico: con la donna leader all'interno del gruppo, rappresentata nell'atto di guidare la conversazione.


La differenza di colore non è quindi la differenza di umore dell'artista, o di umore di coloro che vengono rappresentati nell'opera ?

È semplicemente una variante. L'idea è che, dato un disegno, ci siano poi più soluzioni per renderlo con il colore. Poi il colore può creare variazioni spaziali. Se tu accosti i due quadri ti rendi conto che creano soluzioni spaziali leggermente diverse. Il disegno per me è qualcosa di molto importante, ma poi diventa anche una scusa per lavorarci sopra. Così ho sperimentato colori e materiali differenti. Questa è fusaggine, il carboncino, pestato, grattugiato; inizialmente, quando tu lo metti, non è nero, è un blu cobalto, poi si asciuga e allora diventa nero. Qui ci sono lavorazioni con smalto e pasta ceramica, ci sono cose che vengono incise, cose che vengono in rilievo. Quaggiù ci sono delle puntine, perché ad un certo punto m'è venuto il desiderio di inserire qualcosa nel quadro, attraversandolo; inizialmente le avevo lasciate scoperte a mo' di metallo, poi invece ho voluto ammorbidire l'effetto e le ho coperte di colore. C'era il desiderio del rilievo, come in altri quadri l'apposizione di un cartone a collage; qui è intervenuto il metallo. Il contatto è più aggressivo.


Qual è il ruolo della donna, qui fra questi due uomini ?

Ecco c'è una donna, un uomo, un altro e altre due donne. E questa donna in realtà è una dominatrice: vedi come poggia il braccio sulla spalla dell'uomo al suo fianco e sembra dirigere la conversazione, fa da trait d'union sia con questo lato, dove ci sono le due donne, sia con l'altro dove c'è una conversazione in atto tra i due uomini. In realtà illustra un capitolo del libro della Menditto, in cui si presenta la donna leader all'interno del gruppo.


Vedo una citazione: mi sembra un lampione illuminato, una luce elettrica. Mi ricorda tanto i futuristi: gli studî sull'apparizione delle prime luci elettriche. Come conciliamo il contrasto tra l'atmosfera onirica e quella tecnologica ?

Mah, spesso le cose si mischiano: io ho amato e amo molto il Futurismo, amo il senso del movimento che c'è nel Futurismo e nel mio sviluppo l'ho tenuto sempre presente. E penso che questo tipo di vivacità come il lampione, un po' anche alla Harris - ma spesso anche le donne hanno una doppia o tripla gamba o braccio che danno l'idea del movimento - derivino senz'altro dal Futurismo. Io non credo che per superare un Movimento lo si debba negare. Lo si può assimilare e portare avanti anche all'interno di un altro discorso.


Senti, voglio essere caustico: c'è anche una componente in fin dei conti borghese in questo quadro. Questo primo piano con la natura morta con la teiera e le tazzine, queste donne che hanno delle anche abbastanza pronunciate, e poi l'atmosfera galante. Per il resto l'intonazione complessiva del quadro è diversa, cioè sembra quasi prevalere un tema astratto, che fa a pugni col tema borghese. Hai fatto una sintesi interessante, abbastanza originale di questi opposti. Quindi ci si aspetta qualche cosa di nuovo, una specie di sperimentazione su un territorio onirico che potrebbe rappresentare forse qualche cosa di inesplorato anche nei giorni nostri. Però non ci sono quelle chiavi di lettura massmediologiche, per esempio: la società postindustriale; si avverte insomma che tu stai sperimentando qualche cosa di molto nuovo, anche usando un repertorio figurativo consolidato del Novecento. Dal punto di vista della psiche, però, c'è qualche cosa di proprio del Terzo Millennio. Tu come vivi questa sperimentazione ?

Da una parte c'è il desiderio di sperimentare i materiali. Dall'altra di sperimentare linee, poi c'è il fatto innegabile che, dopo esserci passati attraverso, l'astratto è fortemente presente nella nostra cultura. Ed è come se io volessi utilizzare l'astratto per rappresentare qualcosa di figurativo. Allo stesso tempo però non riesco più ad accettare un figurativo consolidato, nel senso di un figurativo che abbia una sua forma ben solida e pesante, ma neppure un figurativo che sia semplicemente alterato. Voglio dire che del figurativo io prendo il fatto che le mie opere hanno un soggetto. Anche se non tutti riescono a riconoscere, a ritrovare, questo soggetto: di primo acchito non sanno e non vedono esattamente che cosa sia rappresentato. Però rappresento la figura più come movimento che come solido a sé stante, anche se si vede che questo movimento è legato ad una solidità. Forse anche per questo c'è una prevalenza onirica, perché cerco di dare assenza di peso alle figure. E poi cerco l'essenzialità, uno spazio non del tutto rappresentato, ma con la terza dimensione. Rappresento alcune cose più grandi e altre più piccole un po' come nel Medioevo, ma allora si rappresentava più grande ciò che era importante e più piccolo quello che era meno importante. Io in realtà neanche faccio questo, ma prendo alcuni oggetti e li dispongo apparentemente a casaccio, come elementi sparsi sulla tela. Qui c´è la teiera, là ci sono vagamente dei guanti, una borsa; altrove possono esserci degli abiti, un onnipresente cellulare: sono però solo segni grafici che richiamano un vissuto di odierna quotidianità.


Questa però è un'apparente casualità: perché in realtà si tratta del linguaggio onirico.

Sì. Però non hanno proporzione rispetto al resto. Ci sono un po' dappertutto e in tutti i quadri diventano un elemento. Come se fosse un collage di meccanismi, oltre che di materiali.


L'aver fatto una serie di quadri che hanno lo stesso titolo, ma in fin dei conti anche lo stesso soggetto, sempre che di soggetto si possa parlare, ovviamente, in questo caso le due donne sul divano in Salotto, chiamiamolo così, "borghese" tra virgolette, che però diventa astratto e si trasfigura, ecco, tutto ciò mi dà l'idea di una specie particolarissima di naturalismo, insomma di una nuova poetica del figurativo. Questo scontornare, queste figure esili, ricordano il design degli "Anni '70". Tu sei molto legata, mi sembra, agli "Anni '70": hai qualche ricordo particolare, o è una mia impressione ?

Se tu hai quest'impressione, vuol dire che questo è realmente. Però non è qualche cosa che io faccio in modo ragionato. Evidentemente mi viene spontaneo. Quello che magari ti vorrei far notare è che questo studio continuo e questa contrapposizione di materiali è una specie di ricerca quasi tattile, come se non solo si vedesse la pittura, ma la si toccasse con gli occhi, perché è come se queste superfici differenti che riflettono la luce in modo diverso fossero aggregate al tatto.


Il campione di questo esperimento era Burri. Lui, rinunciando al figurativo, affidava il messaggio della sua opera alla sperimentazione. Tu ti senti legata a Burri, oppure vai avanti per la tua strada, così senza nessun debito ?

Non è che io senta un debito particolare nei confronti di Burri, ho amato il Futurismo, ho amato il Cubismo, non è che in modo particolare io sia passata attraverso Burri. Evidentemente però l'ho recepito, anche senza averlo, amato in modo particolare.


Una domanda sui contenuti e i rapporti tra etica ed estetica. Liaisons - legàmi dimostra che c'è un rapporto tra l'aspetto morale ed estetico più profondo di quello che uno potrebbe pensare, oppure il titolo è legato al libro, e quindi ad un contesto solo psicologico ?

No, il quadro è nato prima del libro. Però il titolo Liaisons - legàmi in realtà risente del fatto che la psicologa aveva organizzato negli anni passati un corso che si chiamava Lègami / legàmi e questo titolo mi era piaciuto. Nel creare l'immagine c'era il gusto grafico per tutti questi segni, questi filamenti che mi facevano pensare ai legàmi e, contemporaneamente, alla traduzione francese del legame, della relazione, che è «liaison». E qui è rappresentato proprio un momento di una relazione uomo-donna.


A questo punto la domanda è d'obbligo: il legame con la cultura francese in che consiste ? C'è qualche scrittore che ti ha appassionata ?

Io amo molto la cultura, la scrittura, la poesia francese. Non ho studiato francese a scuola, ma poi per conto mio ho spesso letto libri in francese per il solo gusto del suono del francese.


La mostra si completa di una sezione grafica.

Questi sono disegni a pennarello, che sono riprodotti nel libro Autostima al femminile. È un tipo di tecnica che avevo intrapreso anni fa, quando ho fatto il mio primo catalogo, per non spendere troppo. Sì, avevo bisogno di mettere del bianco e nero puro, senza matita, in maniera che fosse stampabile come testo.


Qui abbiamo Né con te, né senza, cioè il ... ?

Un po' catulliano: il litigio. Quindi sono il "lui" e la "lei" - evidentemente hanno litigato - ciascuno nel suo spazio, nel suo angolino del letto.


A questo punto una domanda in riferimento al titolo della Mostra, cioè questo Femminile Plurale. Plurale significa la pluralità degli atteggiamenti della donna, per esempio nei confronti dell'uomo, come in questo caso ?

Plurale significa comunque qualcuno "che è in rapporto a" e quindi la donna all'interno della coppia, all'interno dei gruppi, la donna con altre donne, la donna con gli amici, la donna con gli amanti.


L'opposto del solipsismo, insomma ...

Questo è il disegno Incredibile ! che ha dato origine ai due quadri, quello in bianco e quello in rosso che sono di là.


Questo precede: una specie di bozzetto ?

Sì: questo è stato fatto appositamente come illustrazione del libro. Però piacendomi l'immagine, l'ho resa a colori.


Le favole della Luna. Si sa che la Luna influisce molto sulla donna, però qui c'è anche un uomo, sempre in questo letto matrimoniale: quindi il tema dell'influsso astrale, ma anche psicologico, ritorna sempre ?

Sì, sì ritorna sempre. La Luna suggerisce anche il romanticismo, la notte, qui in questo caso abbiamo una notte, un momento di pausa, una donna che si fa bella ed è rivolta verso la Luna. Si può immaginare un momento di chiaro di Luna in cui la donna è ancora sveglia e l'uomo si è addormentato.


Lirico.
Ma questa sembra essere una serie: è stata concepita in questo modo ?

Sì, sì è stata concepita in questo modo: la serie degli Amanti e della Luna. Ero passata dallo spazio del Salotto allo spazio più intimo della camera da letto, ai momenti della tenerezza, alla relazione di coppia.


Questo è un titolo molto tenue: Polvere di Luna, il tema invece sembra più erotico, cioè un amplesso, o mi sbaglio ?

Sì, c'è un amplesso, contemporaneamente c'è la Luna, onnipresente in questa serie. Il contatto tra la Luna e gli amanti è una serie di puntini, questa polvere di Luna che crea uno spazio tra la Luna e gli amanti.


Che è una citazione di Semele e Giove ...

[segue una risata di Vera Puoti]


Feelings è abbastanza complesso perché la figura dell'uomo tende a dissolversi in un gioco di linee. A questo punto viene da chiedersi se questo significa un diverso ruolo dell'uomo nei confronti della donna in questa dialettica psicologica ?

Per me non ha avuto questo significato, per me il discorso è puramente grafico, a meno che poi la psiche non agisca indipendentemente; per la psicologa che l'ha inserito nel libro forse ha avuto anche questo significato, perché l'ha messo in un capitolo in cui la donna è vista come creatura che si prende cura dell'uomo e in effetti qui la figura femminile è più pronunciata, in primo piano, ha un atteggiamento di cura nei confronti dell'uomo addormentato.


Una domanda provocatoria: ma la psicologa ti ha analizzato, ti sei fatta analizzare, oppure il vostro è stato un rapporto di lavoro su due binari paralleli ?

Con lei c'è un rapporto amichevole.






LA MOSTRA

Femminile Plurale
Perugia, "Galleria Spazio Arte".
Via della Nespola, 8/a.
Tel.: 075-5720041.
Dal 25 settembre al 9 ottobre 2004.




BIBLIOGRAFIA

Vera Puoti. Straordinario e quotidiano, Catalogo della Mostra Personale, Roma, marzo 2001.

Vera Puoti. Polvere di Luna, Catalogo della Mostra Personale, Napoli, Il Mezzogiorno Editore [s. a., ma 2003]

MARIA MENDITTO, Autostima al femminile. Rappresentazione di sé, potere e seduzione, Trento, Erickson, 2004.
Con illustrazioni di Vera Puoti.
ISBN 88-7946-578-3
€ 14,50.






Dimmi, che ti dico
fig. 1
Vera Puoti,
Dimmi, che ti dico, 2004
tecnica mista su tela, cm. 100 x 130

Dolce lentezza del vivere
fig. 2
Vera Puoti,
Dolce lentezza del vivere, 2003
tecnica mista su cartonlegno, cm. 103 x 180

Free - Il comune senso del pudore
fig. 3
Vera Puoti,
Free - Il comune senso del pudore, 2001
tecnica mista su cartonlegno, cm. 72 x 51,5

Incredibile !
fig. 4
Vera Puoti,
Incredibile !, 2004
tecnica mista su tela, cm. 100 x 100

Liaisons-legàmi
fig. 5
Vera Puoti,
Liaisons-legàmi, 2003
tecnica mista su cartonlegno, cm. 51,5 x 72

Fotografie cortesia di Vera Puoti.

 

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