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Marco Silombria: raffinatamente glam Torino, Sala Bolaffi
Dal 26 set. al 9 nov. 2003
Marco Enrico Giacomelli
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 28 Ottobre 2003, n. 345
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Area Mostre

Una notevole antologica di Marco Silombria è ospitata alla "Sala Bolaffi" di Torino, per la cura di Paolo Levi. In quello spazio, la Regione Piemonte sta rendendo omaggio ad artisti piemontesi: prima di Silombria, era stata la volta di Marcolino Gandini. Marco Silombria, in realtà, è piemontese d'adozione: nato a Savona nel 1936, si è formato a Genova al fianco di Emilio Scanalino. Approda a Torino negli anni Sessanta e nel 1968 è tra i fondatori dell'agenzia pubblicitaria "CGSS": proprio l'impegno geniale in questa nascente disciplina della comunicazione visual-verbale gli conferisce i caratteri artistici dell'irrisorio, del blasfemo, del demistificante. Con questo bagaglio si dedica all'arte dal 1985.

Nell'ambito dei tributi a Silombria, recentemente anche la torinese "Gas Art Gallery" gli ha dedicato una personale intitolata Vanitas, curata da Peter Weiermair - autore della monografia Marco Silombria. Dionysos in Love, Zurigo 2003, nonché direttore della Gam di Bologna - e concentrata a presentare i recenti "accartocciati". Nelle sale di Bolaffi, il percorso è ben più ampio e traccia una cronologia all'inverso dell'intera produzione silombriana, compendiata in circa settanta opere.
La provocatorietà di Silombria si manifesta con chiarezza sin dal pianterreno dell'esposizione: una citazione (autentica ?) di Delacroix è proiettata sul terreno e recita «Il primo merito di un quadro è di essere una festa per gli occhi, ma ciò non significa che non vi debba esser posto per la ragione». Alle pareti, gli accartocciati del 2002-2003, ottenuti manipolando con tecniche digitali lavori precendenti o ottenuti con mezzi "tradizionali". Le immagini sono stampate su pellicola vinilica plastificata e calandrata su Dibond. Particolarmente interessanti i ritratti fotografici vintage, senza però dimenticare altri soggetti: la bandiera statunitense in God Bless ... (2003) o la bottiglia da due litri in PET della Coca Cola in Formato famiglia (2003).

Una citazione di Claes Oldemburg - «Sono per un'arte con cui dare martellate, rammendare, incollare, limare. Sono per un'arte che ti dice che ora è, e aiuta le vecchie signore ad attraversare la strada» - campeggia sul muro del piano interrato. Poche parole che sintetizzano l'universo pop-dada di Marco Silombria, il suo approccio al fatto artistico.
Sotto di essa, un tavolo ospita un groviglio di fili elettrici che alimentano le lampadine di sedici abat-jour in sagoma di cartone dipinto. In questa sezione vanno segnalate alcune opere riuscitissime. In primis, Ripetitivo (1988) che raffigura il martirio di San Sebastiano: un grande carboncino su carta sul quale sono applicate tre frecce al neon blu, verde e rosso, che si illuminano alternativamente nelle tre sezioni di cui sono composte. Non è necessario far risaltare ulteriormente il pastiche irridente fra insegna pubblicitaria e sacralità martirologica. Vetrina Italia (1988) - immagine della mostra - è ancora una provocazione, ma stavolta a sfondo più direttamente sociale, un'amara critica dell'Italia "bottegaia": la sagoma su tela del David è un cielo magrittiano rannuvolato, e le applicazioni in plastica che da esso pendono sono insaccati "popolari". Déjà-vu (1988) è una Monna Lisa accennata con pochi tratti a china. Posta sopra il volto, un'infantile maschera carnascialesca raffigurante Minnie, a fare il verso non solo a Leonardo, ma anche al "padre putativo" Duchamp. Canova (1995) è una specchiera lignea e dorata ricoperta da vernice rosa. Bianchi e cremisi disegnano una scultura di Canova - barocco su barocco - e l'ideale zoccolo è costituito da decine di fragole in plastica.

Le ultime sale ripetono e destabilizzano l'antichità greco-romana, provocando al contempo la musealità stantia che affastella i reperti. Particolarmente interessanti dal punto di vista tecnico - come giustamente sottolinea Calo Levi - sono le tecniche miste su forex. Si tratta di Scudi dalle reminescenze iliache, tutti risalenti al 1994, di circa un metro di diametro. Il supporto in forex viene intinto di acrilico, successivamente disegnato e in parte inciso per ricavarne bassorilievi, poi "decorati" da tecniche miste. Barocchismi che caratterizzano da sempre l'opera silombriana, eccezionalmente nelle scene e nei costumi disegnati per l'Orfeo, in occasione dell'omonimo balletto del 1994 interpretato dalla compagnia del Teatro Nuovo di Torino. Apice di tale deliziosa posa artistica, Dionysos in Love (2000): un calco in gesso, copia d'un marmo romano, coronato di grappoli e foglie d'uva in plastica illuminati elettricamente, il corpo velato da un drappo nero a forma di colchide, che occorre percorrere per trovarsi al suo cospetto.

In fondo, Silombria nasce pubblicitario, come Andy Warhol. Come l'artista di Pittsburgh, produce una galleria di ritratti di personaggi famosi. Come Warhol, (si) vezzeggia con piglio arditamente gay.




La mostra

Marco Silombria, FisicaMente
Dal 26 settembre al 9 novembre 2003
A cura di Paolo Levi
Sala Bolaffi - Via Cavour, 17 - Torino
Aperto da martedì a domenica dalle 10,30 alle 19
Ingresso gratuito
Informazioni: 011-5576300

Il Catalogo

Torino, Giulio Bolaffi, euro 30
Testi di Paolo Levi, Gianni Farinetti; con antologia critica.






 
 

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