bta.it Frontespizio Indice Rapido Cerca nel sito www.bta.it Ufficio Stampa Sali di un livello english
Molti/Soli-tudini Bolzano, Museion
fino al 31 ago. 2003
Marco Enrico Giacomelli
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 15 Agosto 2003, n. 338
http://www.bta.it/txt/a0/03/bta00338.html
Precedente
Successivo
Tutti
Area Mostre

Il Museion di Bolzano si affida a un curatore esterno per allestire questa mostra. Sergio Risaliti, direttore del Palazzo delle Papesse di Siena dal 1998 al 2002, ha ben orchestrato una collettiva in grado di centrare almeno due obiettivi: da un lato, fornire un quadro intelligente e stimolante dello status attuale della giovane arte italiana; dall'altro, di confrontare tale  situazione con alcuni esiti di respiro internazionale. Questi due focus si organizzano intorno a un tema ampio e al contempo assai determinato e attuale come quello del legame fra moltitudine e solitudine, entrambi declinati al plurale. Fra le altre caratteristiche che contraddistinguono il particolare impegno profuso dal Museion per questa mostra, la grande varietà di media impiegati dagli artisti, la messe di opere realizzate ad hoc per l'evento e l'estensione territoriale della mostra stessa.
Tornando al tema dell'esposizione, va sottolineato il taglio decisamente engagé della proposta di Risaliti. Il termine moltitudine richiama immediatamente la recente terminologia adottata da Negri e Hardt. Risaliti si rifà però anche a una serie di pensatori francesi - da Foucault a Derrida, da Nancy a Lévinas - e d'altro canto non cede a certa retorica lessicologica no-global, evidenziando come molta parte delle analisi marxiane ed engelsiane restino "paradigmatiche", pur essendo variata la loro "scala". Se dunque il piglio politico è prioritario, non manca una forte componente etico-esistenziale. Qui si spiega il termine solitudini, il paradossale isolamento esperito in una società presunta globale; e la sfida a riflettere senza solipsismo su di sé, nel confronto con l'Altro e oltre la scacchiera mass-mediatica.

I trentaquattro artisti - insieme alla special guest Mohamed Bakri, autore del documentario Jenin Jenin - hanno presentato opere assai stimolanti. Ci limiteremo a segnalare, tra gli italiani: Elisabetta Benassi (Roma 1966), il cui video Day's end si "svolge" all'interno di una scultura abitabile che mima un ascensore; nello spazio angusto di quest'insolita "sala", scorrono i numeri dei piani, le porte in metallo si (s)chiudono ripetutamente, sagome fantasmatiche compaiono sulle pareti; il suono di voci e rumori aumenta di volume in corrispondenza dell'ascensione fittizia, al termine della quale ci accoglie una melodia. Celestiale? Corale. Letizia Cariello (Copparo (FE) 1964), grazie alla sua espressività corporea, mette in campo con decisione il tema del doppio spettrale che abita tutti noi: emblematico dunque il titolo My sister is always with me. Con Flavio Favelli (Firenze 1967) entriamo nell'ambito dell'architettura d'interno minimale, ove risulta centrale la riflessione sul luogo come radice: un mal d'archivio, diceva Derrida, commentando Freud. Armin Linke (Milano 1966), noto per l'impegno rivolto alle tematiche ecologiche, presenta in questa sede il progetto video in fieri dedicato alle Alpi in movimento: lo spettatore non potrà esimersi dal trarre alcune doverose conclusioni sugli esiti dell'impatto tecnologico sulla natura. La Tungsteno Crew - che raccoglie le esperienze interdisciplinari di Stefano Lorenzi, Federico Micali e Teresa Paoli - si caratterizza per il forte impegno politico, anzi per l'autentica militanza e controinformazione: basti ricordare il film Genova senza risposte (2002), distribuito nelle sale cinematografiche e dedicato ai tragici fatti del G8 2001. Rimaniamo in ambito collettivo con il gruppo Stalker, il cui nome deriva dal classico della science-fiction Picnic sul ciglio della strada dei fratelli Strugatzski e dal quale fu tratto il memorabile film di Tarkovskij. Il progetto Lungo l'Egnatia, in corso di realizzazione con l'ON/Osservatorio Nomade, raccoglie le testimonianze di centinaia di migranti che percorrono l'antica via romana in cerca di un utopico benessere. Ognuna di queste storie si legherà a una pietra, pavimentando lentamente la via dell'altrui lastrico. Marco Vaglieri (Milano 1959) si concentra sul tema della guerra e delle distruzioni da essa causate, presentando in particolare iperrealistici acquerelli dalle tonalità abbacinate e spettrali. Infine, Luca Vitone (Genova 1965) presenta I only have eyes for you, cubo di legno di sei metri quadrati per due di altezza che fa scoprire un nuvoloso pavimento blu cielo e un soffitto fiorito di margherite. Luogo ideale per la meditazione e la fuga temporanea dalla città; ma non sarà un surrogato troppo sottosopra ?

Per quanto concerne gli artisti stranieri, oltre ad Andreas Slominski, del quale abbiamo recentemente parlato in occasione della personale alla Fondazione Prada di Milano, ci piace ricordare Francis Alys (Belgio 1959), con le sue provocatorie passeggiate filmate, armato di pistola nell'indifferenza metropolitana. Il ginevrino Fabrice Gygi (1965) mette in mostra gli strumenti di aggressiva protettività del potere, facendo muovere lo spettatore fra barriere e transenne. Hassan Khan (Londra 1975) mette a frutto la sua doppia appartenenza culturale, britannica ed egiziana, per smascherare il colonialismo mass-mediatico e rendere visibili e produttivi gli attriti tranculturali. Adrian Paci (Shkoder 1969) presenta Home to go, tangibile esito del dolore d'ogni migrante (nell'autobiografismo di Paci, dall'Albania a Milano): un Icaro cristologico ha per ali il greve tetto della propria dimora, calco umano dello sradicamento globale. La coreana Kim Sooja (1957) proietta i video delle proprie performances immobili (Needlewoman): corpo inerte folgorato tra la folla di Tokyo, New York, Londra, Città del Messico, Il Cairo, Nuova Dehli, Shangai e Lagos. Infine, due sculture abitabili contrapposte: l'una, firmata dalll'Atelier belga di Joep van Lieshout (1963), è la Maxi Capsule Hotel Luxus, suprema estetizzazione della casa-rifugio; l'altra, a opera del cecoslovacco Cosata Vece (1969), è lo Heavens Gate III: un'abitazione di tutt'altra natura, rozzo magazzino ingombro, brusca meta di tante migrazioni ottimistiche.




La Mostra

Moltitudini Solitudini
Fino al 31 agosto 2003
Museion, Bolzano
http://www.museion.it
Catalogo Maschietto editore, euro 25
(testi di Alois Lageder, Andreas Hapkemayer, Sergio Risaliti, Achille Bonito Oliva, Gerard Matt, Letizia Ragaglia)






 
 

Risali





BTA copyright MECENATI Mail to www@bta.it