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Sinergie estetiche a Riano  
Laura Turco Liveri
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 5 Luglio 2002, n. 305
http://www.bta.it/txt/a0/03/bta00305.html
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Area Artisti

Con il titolo Sinergie estetiche, che identifica l'attuale Simposio di Scultura a Riano - inserito nel programma di riqualificazione culturale del territorio tramite un rinnovato impiego estetico del tufo locale - si è voluto porre un accento particolare sulla correlazione sinestetica tra le varie arti, auspicando per il futuro un più articolato programma che preveda esplicitamente la sinergia combinata di espressioni artistiche di diversa natura, come arti visive, musica, danza, teatro e così via. Per il momento quindi, ci si è limitato a indicare nella sola scultura, realizzata in diretta da giovani emergenti dell'Accademia di Belle Arti di Roma, la possibilità, appunto, di un approccio emozionale di tipo sinestetico che colleghi le suggestioni visive - linee, forme, chiaroscuro o slancio strutturale della composizione - a vibrazioni interiori di tipo musicale, poetico o architettonico. In tal senso, invitiamo in questa occasione i visitatori a provare ad ascoltare, identificandole, le sensazioni suscitate dalla propria emozionalità nella visione e nel contatto fisico, tattile con le opere.

Tutti gli scultori invitati provengono dallo specifico corso di studi tenuto dal prof. Alfio Mongelli, coadiuvato dal suo assistente prof. Saverio Zinza, all'Accademia di Belle Arti di Roma. È interessante vedere come un unico metodo di insegnamento si sviluppi attraverso la capacità e la creatività del singolo, mostrando l'efficacia di un approccio al tempo stesso didattico, maieutico ed artistico. All'inizio della progettazione di un'opera infatti, Mongelli esorta i giovani a partire da moduli elementari, ricavati dallo studio dal vero di una modella o da figure geometriche semplici come il quadrato, il rettangolo o anche, in uno stadio più avanzato dello sviluppo dell'allievo, il cerchio. Trovato il modulo più adatto alla propria ricerca, lo studente lo reitera sviluppandolo in molteplici variazioni, sfruttando la trasparenza di sovrapposizioni della medesima composizione, diversamente inclinate. Aggiungendo il colore poi, con l'apporto di nuove suggestioni, le variazioni si moltiplicano ulteriormente, creando studi compositivi autonomi e ancor più differenti l'uno dall'altro. Passaggio successivo - e fondamentale - l'estensione nello spazio delle figure trovate, coerentemente con la struttura portante e costitutiva dell'insieme; struttura che già da sola suggerisce allo sviluppo tridimensionale direzioni e curvature delle superfici sollevate dal piano, nonché successioni iterative dei moduli evidenziati verso un'emergente concezione architettonica dell'intero progetto. Il gusto e la sensibilità di ognuno infine, strutturale, compositivo, lineare e cromatico, si traduce in forme definite attraverso il gesto personale della realizzazione pratica, conferendo ad ogni opera peculiarità e identificazione immediata con lo stile dell'allievo. Gli studenti, del resto, provengono da esperienze precedenti le più variegate, dalla pittura alla fotografia ai tentativi video: aspirazioni creative che riflettono l'approccio individuale nei confronti della realtà, differenziandone gli esiti in una ricerca artistica personale.

Ne è esempio forse più completo l'opera del tunisino Bacha Bechir, che per il Simposio di Riano si è collegato alle sue precedenti indagini sul vuoto ricavato nella pietra. La sensibilità e il rispetto per i materiali naturali utilizzati creano un milieu ideale per lo scultore, stimolandolo ad approfondire, con vari mezzi espressivi e contaminazioni suggestive con la tradizione aniconica araba, lo sviluppo narrativo dell'opera tramite un andamento nello spazio tendenzialmente lineare. Visibile qui, nel lavoro per Riano, il metodo acquisito all'Accademia, nel gioco delle superfici curvilinee, sdoppiate in una rotazione a blocchi che conferisce all'opera slancio e movimento chiaroscurale. Il vuoto inquietante ricavato nel buco circolare, l'avvolgimento della composizione in una spirale in traslazione nello spazio, come nella danza, e infine l'accurata lavorazione della pietra, a valorizzare in ogni singola particella del conglomerato una vibrazione tonale e luminosa autonoma, si compongono in un insieme dove emerge il tentativo di arrivare a un aspetto generale estetico e coerente.

Ricerca invece di elementi geometrici significanti in sé è quella del teramano Gianpacifico Di Pietro, proveniente da esperienze pittoriche figurative che rivelano la tendenza ad articolare un discorso simbolico attraverso figurazioni esplicite e riconoscibili, ma che all'interno della composizione mutano di significato a favore di un intento narrativo e di denuncia del contemporaneo. La violenza visiva delle prove pittoriche si decanta attualmente nel progetto per il Simposio di Riano, calmandosi nei toni e nelle forme eppur mantenendo una prorompente energia nelle contrapposizioni geometriche dei volumi. Per questo Di Pietro conserva, nella composizione, la sensazione di pesantezza del blocco di tufo, a ribadire l'urgenza e la necessità di un proprio messaggio ideale ed estetico.

Quasi sacrale è, al contrario, la concezione compositiva della giovane scultrice romana Barbara Femia, che si attiene oggi ad una conformazione rigorosamente geometrica, essenziale nelle linee e nelle graffiture scolpite sulla superficie tufacea. La capacità plastica di Barbara, qui, si esercita con forza nell'affrontare l'ingombro del blocco vulcanico stravolgendone l'interna e originaria dinamica in una strutturazione altra, scandita da semplici ma costitutivi elementi tridimensionali. Non estranea a tale ricerca, la sensibilità pittorica e vibrante delle superfici, già esperita nelle prove su carta, dove la matericità dell'intervento cromatico diveniva elemento autonomo e significante di un proprio linguaggio espressivo.

Su di un altro versante, l'irrefrenabile energia di Jacopo Mandich - nato a Roma - ribolle in un segno costruttivo che forma, nella scultura, le tipiche strutture a voluta, dall'apparenza iconica e figurale di conchiglie avvolte sul proprio asse, ma in realtà sviluppate dalla nevrotica reiterazione di piccole strisce rettangolari, curvate e legate in successione fra loro. Un'energia forte al punto tale che, eventualmente impossibilitata ad esplodere all'esterno, si rivolge e si avvolge su se stessa, iconicamente suggerendo la paradossale analogia con le ritorte, ostinate, possenti e affermative corna dell'ariete. Indice invece di una nascente maturazione in senso ritmico e compositivo, la rottura, nell'opera per il Simposio, della consueta spiraliforme successione delle strisce rettangolari nello scarto geometrico e strutturale di due blocchi circolari, simili e al tempo stesso distinti da una sensibile rotazione imperniata sul medesimo fulcro.

Dall'evidenza di Mandich alla complessità programmatica di Patrizia Murazzano: lirico è infatti l'andamento compositivo dell'opera della scultrice romana, che nelle geometrie polite ed essenziali dei volumi riesce a ricavare un percorso lineare di sinuose armonie, visive e musicali a un tempo. Salvo a svelare, in una successiva visione che contempla l'opera in pianta e dall'alto, una forza caparbia che determina solidità geometriche in lento movimento, ricavate dall'incrocio diagonale di contrapposte forze vettoriali che si incontrano spingendosi l'una contro l'altra in un'unica, ascendente direzione.

Angelo Niro. Con pacata consapevolezza, lo scultore privernese afferma, in particolare nel lavoro per il Simposio rianese, la propria presenza nella realtà. Nella sua scultura i volumi poggiano sicuri su ogni punto della base e le linee direzionali si scaricano con coerenza a terra. C'è anche lo spazio, nella composizione, per il sogno e la libertà immaginativa, quella tuttavia consentita dall'aderenza concreta alla realtà, senza voli pindarici privi di fondamento. Le forme sono pensate a lungo e scelte nella vibrazione lineare più sentita dallo scultore, e consona all'opera in corso di realizzazione. La ricerca del movimento è improntata al tentativo di arrivare a una danza delle forme che conservi la sensazione della corporeità nello spazio. A nostro parere, tale concezione porterà l'autore, attraverso un lungo cammino di approfondimento e indagine della fisicità, allo slancio finale di una nuova, plastica e architettonica dimensione.

La gioia di vivere e l'immersione nella realtà del collettivo è invece la caratteristica principale dell'attuale ricerca della romana Isabella Nurigiani. Partita dall'estrapolazione di una sagoma astratta dallo studio della modella dal vero, Isabella la moltiplica in gruppi isolati di figure. In composizioni a sé stanti, sviluppate su carta o con figure attortigliate nello spazio, oppure nelle affollate scenografie tridimensionali eventualmente praticabili da potenziali attori, le ricerche della Nurigiani si muovono in più direzioni, serbando al proprio interno molteplici possibilità di applicazione concreta. Molto interessante e a suo modo originale è la saldezza del rapporto dialogico che la scultrice stabilisce tra le sue figure, inscindibilmente unite da un forte legame plastico ed emozionale che narra allo spettatore storie e situazioni di comportamenti umani; indice rivelatore, tra l'altro, di una irrevocabile attrazione verso lo studio e l'indagine della psicologia collettiva.

Il senso della natura nel grande come nel piccolo, invece, è ciò che Viviana Russo, originaria dalla provincia di Bari, sembra esprimere nell'opera ideata per Riano. Sensibile alle vibrazioni materiche del conglomerato vulcanico, e in linea con le ricerche precedenti che tendevano alla naturalità del movimento delle superfici in senso armonico, materico e strutturale, Viviana arriva ora, attraverso la ricerca geometrica approfondita con Mongelli, a restituire in un simbolico unicum - come nei giardini giapponesi - la sensazione del paesaggio naturale nelle dimensioni ridotte del blocco, quasi una montagna con i suoi boschi, i suoi passaggi e le sue spaventose gole.

Su di un piano assolutamente astratto è la ricerca della musicalità connaturata invece all'opera di Massimiliano Saccucci. Linee in rigorosa successione come energici colpi d'archetto e spazi separati da un deciso chiaroscuro invitano lo spettatore a 'frequentare' l'opera del reatino dall'esterno all'interno e viceversa. Sull'altro versante dell'opera, si dispiega un immaginario tema musicale fino alle sue più compiute conclusioni, senza escludere la connessione simbolica ed emozionale a generiche iconografie di ascendenze archetipiche. È una duplicità di approccio questa, altalenante tra un coinvolgimento spaziale di tipo propositivo e dialogico e un'affermazione invece in positivo di proprie istanze sentimentali e programmatiche. E tuttavia, preminente resiste ancora, nel lavoro di Saccucci, il gusto per un aspetto estetico e pregnante della composizione.

Infine, il nodo strutturale di flessione, o di un'eventuale rottura, di forze tensive rimane la caratteristica peculiare dell'attuale ricerca di Yuriy Satrini, nato a Tivoli in provincia di Roma. L'individuazione, all'interno di tracciati lineari geometrici, di un fulcro primario e originario, sul quale esercitare una forza di mutazione, indica solitamente il centro attorno al quale si svolge una rotazione fisica che porta alla rottura dell'equilibrio esistente. Nell'apertura tridimensionale delle superfici avviene così il processo formativo di nuove e personali unità semantiche che tenta, nella composizione di insoliti accostamenti volumetrici, una propria inquietante simbologia.



NOTA: Testo pubblicato per la prima volta in versione cartacea nel catalogo dell'esposizione curato dall'Associazione SxL'A - Servizi per l'Arte. Sviluppo e Divulgazione - onlus.





 
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