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Cindy Chere Man (un dialogo a due voci)  
Cecilia Canziani e Paola D'Andrea
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 11 luglio 2000, n. 199 (9 settembre 1999)
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Area Artisti

Non sono io. Sì, sono io.
(Ingeborg Bachmann)

Premessa

Questa breve indagine all'interno della ormai vastissima e nota opera dell'artista americana Cindy Sherman nasce da un interrogativo che ci siamo poste affrontandone lo studio. L'artista, intervistata per Flash Art da Carolyn Christov-Bakargiev 1 , affermava di non considerarsi una fotografa, ma piuttosto una artista performativa. Perchè allora usava il medium fotografico ?
Ne Il corpo della donna come luogo pubblico 2 , Barbara Duden affronta il tema dell'abuso del concetto di vita in relazione alla percezione del feto come essere vivente. Nel corso della sua analisi scopre che la presa di coscienza dell' esistenza del feto avveniva attraverso l'esperienza tattile: la donna avvertiva la presenza del bambino dal suo muoversi dentro di lei. Questo sentire femminile è stato sostituito con l'uso della fotografia: dalla prima ecografia "la prova fotografica crea l'identità. Come dice Susan Sontag [..]la fotografia autentica l'osservazione, la fotografia fornisce le prove. Solo le opinioni che possono essere fotografate sono considerate osservazioni". Viene così sostituita alla percezione tattile e femminile la percezione visiva, maschile. Trasportando questa considerazione da un ambito antropologico al mondo artistico vediamo che la performance art si propone di eliminare il filtro dell'illusione riportando il fatto artistico ad un'esperienza tattile, sensoriale: perchè allora la Sherman, nata come artista nel clima culturale del femminismo americano, vive la performance come fatto preliminare e privato della sua produzione, affidando invece la divulgazione della sua opera alla fotografia, ovvero ad un canale che, essendo visivo, è maschile? La risposta si trova se si considera che nei suoi Untitled la donna è vista come una proiezione del desiderio inconscio maschile: si vede attraverso gli occhi di un uomo, perciò affida la propria performance all'obiettivo: solo il mondo maschile, visivo, voyeuristico può legittimare la sua opera, e renderla reale.

Breton ne Le Surréalisme et la peinture è stato il primo ad affermare la supremazia assoluta della vista su tutti i sensi, e proprio con il Surrealismo la fotografia entra di diritto nella storia dell'arte come pratica autonoma. Come si deduce dagli studi sul "fotografico"di Rosalind Krauss la fotografia surrealista costituisce il background dell'opera di Sherman, i cui procedimenti e il cui immaginario sono puntualmente ripercorsi dall'artista americana. Tenteremo perciò di leggere l'opera di Sherman cercando di approfondire le possibili relazioni e implicazioni tra i due percorsi tracciati.

(Cecilia Canziani)



Parte I

Looking for Cindy

La carriera artistica di Cindy Sherman inizia nel 1977 con un primo approccio alla pittura, per poi passare definitivamente alla fotografia. Questo passaggio avviene nel periodo in cui esplodeva la contestazione femminista americana e numerose artiste tentavano di elaborare in senso artistico problematiche politico-sociali, prediligendo fra i parametri visivi la fotografia. La scelta di questo metodo di espressione nascondeva una sfida sottile alla pittura, prerogativa maschile: nel comunicato femminista "Assenza della donna dai momenti celebrativi della manifestazione creativa maschile" del 1971, le artiste affermano la necessità di prendere le distanze da un'arte che nel corso dei secoli è stata appannaggio dell'uomo, e di trovare nuovi e diversi spazi d'azione per l'arte femminile. Il contributo del femminismo alla produzione delle artiste che dal femminismo sono state influenzate risiede in una nuova idea della donna, posizione sociale intesa in precedenza esclusivamente come dato biologico-naturale: per questo «le artiste hanno prodotto una sorta di ontologia indipendente che si esprime attraverso parole e simboli propri del gender» 3 . Cindy Sherman si forma artisticamente in questo clima, tuttavia è stata spesso criticata da esponenti del femminismo soprattutto in relazione ai primi Film Stills: in una intervista con Carolyn Christov-Bakargiev l'artista dichiara: «certa gente pensa che la mia opera rinforzi gli stereotipi che uso, gettando la donna indietro di cinquanta anni. Ma le mie motivazioni in Film Stills erano invece femministe». Le donne impersonate dalla Sherman evocano una femminilità convenzionale: sono immagini dell'inconscio maschile. L'artista non protesta contro lo stereotipo maschilista della donna sensuale, ma se ne appropria, lo interpreta in prima persona per utilizzarlo in chiave ironica. Non si avvale della contestazione tipicamente femminista che cancella l'utilizzazione del corpo della donna come proiezione del desiderio dell'uomo. Interpretando la seduttrice, la starlette, la donna-bambina e affidando alla fotografia il compito di rendere visibile il desiderio, lo ridicolizza, rovesciando il senso della sua operazione. Usa lo stereotipo per distruggere lo stereotipo.



L'osservatore come voyeur

Assumendo come punto di partenza per un'analisi dell'opera di Sherman il femminismo, possiamo seguirne le tracce per l'intero corso della sua carriera: Laura Mulvey descrive il lavoro dell'artista sottolineandone la «insistent reiteration of representation of the feminine»: una rappresentazione che però si evolve in relazione alla continua mutazione della donna nella società, e che richiede perciò sempre nuovi modi di rappresentazione. In Untitled Film Stills la Sherman sembra ripercorrere un immaginario già datato (perciò il b/n): è la donna degli anni Cinquanta, oggetto sessuale da consumare tra le pareti di casa, o nella città. La distanza temporale da questa donna è rappresentata attraverso la distanza spaziale: Sherman allontana l'obiettivo dal soggetto, che contestualizza, compone un paesaggio per storicizzare l'immagine. Il discorso cambia quando l'artista avverte la necessità di usare il colore: è la donna contemporanea che vuole rappresentare: la distanza diminuisce, il paesaggio è appiattito, sfocato, l'obiettivo si avvicina alla figura. Con Centerfolds l'immagine imita il formato dei "paginoni" di Playboy. Ruotando l'obiettivo a 180º l'occhio della Sherman riproduce la posizione della modella raffigurata. Il taglio fotografico è una trasformazione assoluta della realtà che non possiede più un orientamento naturale in rapporto agli assi del mondo reale: attraverso il formato delle proprie fotografie la Sherman suggerisce una diversa interpretazione della donna raffigurata: nei Centerfolds l'orizzontalità ne sottolinea la vulnerabilità già suggerita dalle pose assunte dall'artista. Il recupero del formato verticale in Pink Robes segna invece una nuova consapevolezza assunta dalla donna, e un suo nuovo ruolo: in queste immagini imita le modelle pornografiche, vedendole nel momento della pausa tra uno scatto e l'altro: elimina il trucco, le parrucche, avvolte in accappatoi rosa non sono più donne sexy, guardano l'obiettivo e non mostrano alcuna fragilità.

Il simbolo dell'oggetto del desiderio è la modella: non stupisce perciò che la Sherman abbia lavorato per ben quattro volte a servizi fotografici di moda (1983, 1984, 1993, 1994). La moda è stereotipo per eccellenza, la modella incarna la donna artificiale al massimo grado: mannequin. Dopo questi scatti si situa idealmente la produzione di Sex Pictures, dove la modella scompare, è sostituita con dei -veri, questa volta-manichini. In Fashion Sherman opera una sottrazione del grado di desiderabilità alle modelle facendo emergere il lato grottesco attraverso l'accentuazione dei dati della foto di moda (il sorriso, il trucco, i colori), come in Untitled #119, oppure rendendole mostruose, presentandole con la pelle raggrinzita (Untitled #132, #133) o come possibili autrici di un omicidio (Untitled #122, #137, #138). Con Sex Pictures la Sherman arriva a capire che nella società del consumo la donna è un oggetto: la sua presenza si può sostituire con il manichino. L'artista disgrega la figura, la donna è un puzzle di varie protesi, spesso è ridotta ai soli organi genitali: in Untitled #155 e #264 avviene il passaggio tra l'uso del modello e l'uso del manichino, compiuto in Untitled #261, #257, #250… Sono immagini che rivelano una sessualità morbosa e subita con paura ed orrore; la luce livida, acida contribuisce a dare all'immagine un'atmosfera di ansia. Come nel porno è l'immaginazione dell'osservatore a creare la pornografia, supplendo alle mancanze dell'immagine, ricostruendo una storia dai dettagli forniti: così si spiegano fotografie come Untitled #263 in cui l'androginia sembra nascere da una sovrapposizione di fantasie morbose del voyeur. Per questa strada si arriva a Catastrophe: non c'è più spazio per l'elemento umano, che rimane solo come relitto, in Untitled #184 la presenza dell'uomo è affidata ad una bambola: quasi un'immagine di infanzia violata. In Untitled #188 una bambola gonfiabile, con il volto imbrattato è un'immagine della sessualità usa- e- getta propria del mondo odierno.

In un continuo mutamento della visione della donna nelle fotografie di Cindy Sherman, l'elemento costante è invece l'obiettivo inteso come occhio: mutando le condizioni spaziali della sua visione Sherman suggerisce che è cambiato il modo di vedere la donna. L'obiettivo è l'occhio dell'artista che agisce come voyeur: il voyeur con il passare degli anni ha smantellato l'universo sociale della donna: non più inserita in un contesto urbano o nella casa dove si era rifugiata, è solo un corpo che si offre allo sguardo. Lo spazio tra osservatore e soggetto si riduce, il voyeur diventa più invadente.

L'immagine fotografica vive per effetto di due elementi: l'occhio che ha visto l'immagine e l'ha fermata, l'occhio che la vede ora: voyeur è anche il viewer, non solo l'artista. Per questo le immagini di Sherman sembrano esigere tanta attenzione: sono frutto di due visioni distinte. Senza lo spettatore verrebbe a mancare ciò che rende necessarie e vere le donne di Sherman: un voyeur. Lo spettatore interviene anche con il suo bagaglio culturale a determinare il senso delle immagini di Sherman: con Fairy Tales qualcuno ha voluto vedere la fine dell'impegno dell'artista, ma a chi ha riconosciuto la favola narrata è sembrato evidente che la Sherman stava proseguendo quella strada, narrando la storia di una "carreer girl": favola moderna di riscatto sociale. Allo stesso modo con Sex Pictures la Sherman ha continuato la sua rappresentazione di donne-come-proiezione- del- desiderio maschile, ne ha resa più evidente la loro condizione di oggetti attraverso la sostituzione della modella con manichini e protesi mediche e ha attualizzato la sua riflessione su gender e genre con l'allusione all'HIV e alla pornografia.
Ad un doppio ruolo di Cindy Sherman come modella e fotografa della sua opera corrisponde un doppio osservatore del soggetto fotografico: lo spettatore e Cindy Sherman.



Cindy Sherman e il suo doppio

A partire da Film Stills e per gran parte della sua produzione, Cindy Sherman compone le proprie opere mediante una duplicazione: durante il procedimento fotografico l'artista produce una rappresentazione di sè, una copia dove però l'originale è attivo sia come soggetto che come oggetto.
La fotografia non interpreta, ma lascia un'imponta, una traccia della realtà rendendola immagine: si crea costantemente il paradosso della costituzione della realtà in segno, della presenza in assenza perchè l'evento rappresentato non esiste più. La percezione della realtà trasformata in rappresentazione è un'eredità del Surrealismo che aveva fatto crollare definitivamente la distinzione tra realtà in quanto tale e realtà rappresentata, nell'analisi di Breton in Amor Fou. Inoltre l'inquadratura della macchina fotografica taglia e separa un'immagine dal continuum della realtà, crea una spaccatura nell'esperienza del reale: la realtà diventa l'immagine fotografica. Lo sguardo fotografico è dunque uno straordinario prolungamento della visione normale che completa le deficienze dell'occhio nudo: da assistente può diventare usurpatore: «l'immagine fotografica non sembra costituire un semplice elemento formale e neutro, ma anzi simbolizzare dominio, autorità, controllo», ci ricorda Rosalind Krauss. Per questa sua prerogativa il medium visivo, come sottolinea Duden, ha sostituito altre forme di percezione e rappresentazione del reale, anche per l'effetto che ha sull'osservatore. Sherman separa una pozione di una realtà che ha già costruito come artificiale nella performance: raddoppia quindi la spaccatura nell'esperienza del reale.
Questo processo tipico della tecnica fotografica implica anche nel lavoro uno sdoppiamento dell'artista, come se fosse davanti ad uno specchio, Sherman nel momento in cui scatta la fotografia è anche modello, il soggetto. Cindy Sherman nelle sue performance è colei che vede e colei che è vista, è soggetto contemporaneamente attivo e passivo dell'operazione fotografica: sottopone l'immagine ad una doppia autorità, impone il suo sguardo attraverso l'inquadratura, impone anche la sua autorità facendosi attrice delle proprie performance.
Metafora della sua operazione sono I Film Stills in cui la Sherman si fotografa davanti allo specchio. Questa operazione che porta il nome di mise en abyme e che consiste nel mettere all'interno della rappresentazione una rappresentazione che raddoppi la prima, è stata utilizzata dai fotografi surrealisti- in particolare Brassai-"ci conferma di nuovo che la fotografia è l'unico campo della rappresentazione capace di rappresentare il proprio procedimento di rappresentazione". In Untitled Film Still #2 e #56 lo specchio funziona come una fotografia ridotta nel campo della fotografia principale: dimostra che ogni elemento della realtà può essere scomposto da un procedimento ottico e ricomposto o riiscritto. In Untitled Film Still #14 lo specchio oltre a duplicare l'immagine del personaggio interpretato dalla Sherman, serve anche ad attivare un dispositivo di immaginazione nell' osservatore: come nel thriller di Hitchcock la presenza di una persona nella stanza fotografata è suggerita dalla sedia vuota riflessa nello specchio, e che noi non vedremmo se lo specchio non ne registrasse la presenza. In questo caso oltre al gioco di rimandi e alla funzione di metafora, lo specchio ha un ruolo "narrativo". Ancora diverso è parlare di Untitled Film Still #81, dove la duplicazione della situazione reale ne crea altre: lo spazio della fotografia si presenta come un incastro di rettangoli concentrici, di cornici che racchiudono una realtà che è anche una rappresentazione. "Lo spazio dell'abyme è quello dell'essere umano prigioniero di una stanza di specchi".

La doppia natura dell'immagine in Sherman è anche una doppia imposizione portata a segno nei confronti dell'osservatore che ne accetta l'autorità. Ma il lavoro di Sherman implica sempre la presenza di un voyeur perchè attraverso le sue pose intenzionali, i suoi sguardi ci incoraggia alla partecipazione: siamo liberi di costruire un nostro racconto all'interno del quale l'artista è sempre l'oggetto dello sguardo fisso di qualcuno. L'osservatore è colui che si trova sia dietro la macchina fotografica, sia all'interno della stanza, con lei. La richiesta di un osservatore che renda la presenza del soggetto necessaria è esplicita in Pink Robes : Sherman guarda direttamente in macchina, adottando così un artificio cinematografico volto proprio a chiamare in causa lo spettatore.

Un'ulteriore duplicazione consiste nel fatto che la Sherman si cala in vari personaggi che mimano già altri modelli: si mette in posa all'interno di una "storia" che si sviluppa prima e dopo l'immagine e che è una finzione all' interno di un'altra finzione. La performance è usata dall'artista per creare una duplicazione in una fase precedente allo scatto fotografico: Sherman è presente in quanto artista nella preparazione dell'azione, di cui fa parte anche in quanto personaggio. Quando Cindy Sherman si traveste perde la propria identità e diventa un "altro da sè", fino a non riconoscersi, in questo modo ripercorre l'alienazione provata da lei e da tutte le donne a cui vengono imposti i cliché propri del gender-role: attraverso questo artificio la Sherman riesce a far emergere "the real Cindy" e a riappropriarsi della propria identità. Il gender non è più subito, perchè attraverso la duplicazione l'artista se ne può liberare: facing the façade.

Cindy Sherman in questo modo passa dal gioco degli stereotipi alla rivelazione dell'artista stesso come stereotipo: la scelta di essere al tempo stesso il soggetto e l'oggetto della fotografia risulta necessaria e non implica un atteggiamento narcisistico, perchè la Sherman rifiuta di considerare l'artista come fonte di originalità. Cindy Sherman non si pone come polo critico e come elemento esterno alla rappresentazione, nelle sue fotografie scompare la distanza ed il giudizio nei confronti di una realtà che non le appartiene: pittura e scultura non richiedono un coinvolgimento diretto dell'artista nell'opera, Sherman è invece personaggio di quel mondo sottoposto alla sua critica : attua il coinvolgimento diretto fra l'artista, lo spazio della rappresentazione ed il mezzo artistico. La fine dell'originalità dell'opera d'arte e il problema della copia, nato con la fotografia, che ha messo in crisi gli altri ambiti artistici, come ha rilevato Benjamin, è invece necessaria alla Sherman e costituisce il nucleo della sua opera.

(Paola D'Andrea)

Parte II

Mimetismo, isteria, informe

Il raddoppiamento costituisce anche una strategia della protezione, come rileva Freud: si può dunque accostare ad un altro procedimento surrealista: il mimetismo, che consente al soggetto di rappresentarsi come altro da sé: è quindi una pratica dell'informe, che Bataille definisce come il prodotto di un disorientamento, ovvero come uno scivolamento di un oggetto in un altro campo.

Caillois descrive il mimetismo come una pratica che nel permettere all'essere vivente di annullarsi nello spazio che lo circonda, funziona come meccanismo di protezione , ma nello stesso saggio ne rivela anche la pericolosità: "la vita di ogni organismo dipende dalla possibilità di mantenere la propria differenza .. il possesso di sé"; il mimetismo permette di mascherarsi, perciò rappresenta la perdita del possesso di sé: è la perdita di coscienza dell'io. La pratica del mascherasi, nell'opera di Cindy Sherman, ha esattamente questa funzione: l'artista si annulla nella rappresentazione di un altro da sé, fino a scomparire del tutto dallo spazio della fotografia, dal quale sembra essere stata assorbita (Catastrophies).

Il mimetismo permette ad un organismo di apparire come una copia perfetta dell'originale: è il meccanismo di falsificazione che permette a Sherman di svelare la falsità del gender, e di sottolineare che i ruoli da lei interpretati -e imposti alle donne- sono vissuti dalle donne stesse come alienanti.

Ad un livello generale il mimetismo è quindi praticato da Sherman per rappresentare simbolicamente la perdita di coscienza dell'io da parte della donna, nella società contemporanea. Già Caillois rivelava come il mimetismo fosse una sorta di psicosi, ad un livello più profondo della nostra analisi possiamo perciò interpretare il meccanismo della mimesi nell'opera di Sherman come una "performance isterica": l'isteria è una maladie par représentation, causata da modelli di comportamento imposti dalla società, che l'isterica riproduce, ripetendo in questo modo il trauma che ha dato inizio alla sua reazione. Intendiamo qui interpretare la pratica di comportamenti schizofrenici come una volontaria scelta, volta ad attualizzare il procedimento surrealista del mimetismo: Cindy Sherman si mimetizza annullandosi nei suoi personaggi che rappresentano donne isteriche. L'isteria permette al soggetto di perdere la coscienza di sé, diventando, attraverso la recitazione di un modello, un altro da sé. Abbiamo più volte detto che le donne rappresentate da Sherman sono proiezioni del desiderio maschile, l'artista ne accentua la femminilità rendendola ridicola: la donna isterica è infatti una caricatura, accentua i caratteri che le sono richiesti per essere accettata. Così è la femme fatale del cinema di serie B, è la fragile e zuccherosa bambina in Untitled #96, rinuncia ad apparire come essere umano completo in Sex Pictures, quando capisce che non le è richiesto altro che qualche organo. Acconsente di essere fatta a pezzi pur di essere accettata. È il trauma dell'imposizione del gender role , che questa donna sta vivendo: non è un fatto privato dell'artista, ma di tutto il genere femminile, come testimoniano le parole di Sherman: "faccio in modo che la gente riconosca qualcosa di sé e non di me". Un trauma che ha un superamento, proprio grazie al mezzo attraverso il quale viene rappresentato: la donna isterica rimane prigioniera della sua psicosi perché non vede mai se stessa; la fotografia rivela il comportamento schizoide della donna nella società, ne mostra il lato ridicolo: questa donna, che è frutto del desiderio maschile riconosce il ruolo impostole proprio attraverso il mezzo fotografico, che abbiamo individuato all'inizio della nostra ricerca come appartenente all'universo maschile.

(Cecilia Canziani)



From A to B and Back Again: looking for Cindy part 2

Conclusione non definitiva, e punto di partenza di questa indagine è una riflessione sulla fotografia come mezzo che per le sue specifiche qualità connota l' immagine (l'opera) come riproducibile all'infinito in virtù della labilità nel tempo del suo referente, e come mezzo che per sua natura dà all'oggetto rappresentato lo statuto di realtà. L'oggetto della fotografia è dunque ciò che si consuma: solo la fotografia lo rende eterno, visibile, reale.

Se questo è vero per la fotografia in generale, e per Sherman in particolare, bisogna ricordare che tale intuizione appartiene proprio all'arte americana: «l'immagine artificiale, quantitativa e sempre sostituibile è la sostanza stessa della società Usa», dice Boatto.
Per questa sua caratteristica di riprodurre la società l'arte americana è arte di massa. Sherman afferma di non avere un' ideologia, che si situerebbe come filtro tra la sua opera e il suo pubblico, l'artista vuole raggiungere il più vasto numero di persone attraverso immagini stereotipate, che in quanto tali fanno parte di un immaginario comune. Nulla di nuovo quindi da quanto ha fatto Warhol, che sembra infatti essere l'artista più vicino alla Sherman. Le Campbell's Sauce erano l'immagine di un'America che consumava il cibo, come Immagini di Bulimia sono l'umanità di fine millennio consumata dal cibo. Le immagini di Disasters come Catastrophes di Sherman: testimonianze di una tragedia altrimenti destinata all'oblio; Thirteen Most Wanted Men. e le donne (artificialmente) comuni di Untitled Film Stills; le donne-feticcio immortalate da Warhol e le donne- feticcio di Sherman per Artforum; la composizione di un campionario di immagini tratte dalla storia dell'arte europea per Warhol e History Portraits di Sherman. Le tangenze tra Warhol e Sherman non sono solo ideologiche (nel senso di non accettare alcuna ideologizzazione del proprio lavoro) e tematiche, riguardano anche una progressiva sottrazione dell' immagine alla perfetta messa a fuoco dei primi lavori. Warhol vi arriva dopo il '72 con Shadows e Oxidations, con le quali viene meno l'ironia, la parodizzazione della cultura di massa: lo stesso discorso vale per Catastrophes dove l'immagine sembra consumata, corrosa dalla luce e dove Sherman rinuncia all'uso dello stereotipo, o per le ultime fotografie in cui l'artista manipola il negativo. L'uso colore artificiale, industriale e volgare appartiene ad entrambi gli artisti.

Dalla prima intuizione di Warhol che, ancora secondo Boatto, «rifà le immagini che stanno sotto gli occhi di tutti per sottrarle all'invisibilità e renderle, almeno per una volta, tanto "vedibili" da farcele scorgere e conoscere realmente», Cindy Sherman desume la prassi di riprodurre artificialmente il reale per renderlo più vero e raggiungere così la massa, affinchè essa si rispecchi in questo mondo di sterotipi e ne tragga il suo insegnamento. La iper-realtà dell'arte americana a cui Sherman attinge, ha come naturale mezzo di espressione la fotografia, ma per uno strano paradosso il background qui disegnato porta l'artista ad inserirsi in un panorama sur-reale: il punto di partenza di Warhol e di Sherman è lo stesso, ma porta a due diverse conclusioni: Warhol fotografa il reale in quanto artificiale; Sherman fotografa un reale che ha precedentemente costruito: è nella sua fase precedente allo scatto, nella preparazione dell'immagine che Cindy Sherman è surrealista.

Ma quanto del Surrealismo è presente anche in Warhol ? Se il Surrealismo non ha cessato di esistere perchè i suoi modi, i procedimenti sono rimasti, possiamo trovarne traccia anche nel più "realista" degli artisti americani: quando Warhol afferma di volere essere una macchina, un tutt'uno con l'apparecchio fotografico, non sta forse riproponendo l'automatismo surrealista? La sua passività di fronte alla realtà non somiglia alla passività di fronte al sogno dei surrealisti? Cindy Sherman amplifica e approfondisce a sua volta questo contatto con il Surrealismo, possiamo dunque individuare in questa artista il trait d'union tra l'arte europea e l'arte americana: Cindy Sherman ha saputo conciliare le due diverse anime della fotografia: la Oggettiva, a cui fa riferimento la cultura Pop, la Surrealista, artificiale al più alto grado, perché è questa artificialità a garantire che una fotografia sarà giudicata surrealista. Le ha interpretate alla luce del femminismo, adattando quindi un linguaggio al proprio tempo. Medium is Message.

(Cecilia Canziani)




NOTE

1 C. Christov-Bakargiev, Cindy Sherman in "Flash Art", 1988 (145) pagg. 75-77.

2 B. Duden, Il corpo della donna come luogo pubblico, Torino 1994.

3 Laura Cottingham, L'antimistica femminile, in "Flash art", 1989 (152).

4 C. Christov-Bakargiev, op.cit..

5 Rosalind Krauss, Teoria e storia della fotografia, Milano 1996, p. 122.

6 A. Boatto, Warhol in "Art dossier", 1995 (105), pag. 8.

7 A questo proposito è interessante rilevare come entrambi i soggetti scatenino desiderio: si pensi all'interesse sentimentale/sessuale suscitato dai serial killer sul pubblico femminile americano ...



 
 

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