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La decorazione murale di Annibale Angelini nel palazzo Faina di Orvieto Orvieto,
Palazzo Faina
Claudia Pettinelli
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 11 luglio 2000, n. 190 (22 luglio 1999)
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Il palazzo Faina di Orvieto, sede del museo archeologico, sorge di fronte al Duomo nell'area dell'antica abitazione della famiglia Monaldeschi, costruita in epoca medioevale ma ristrutturata nel Seicento. Questa venne acquistata alla metà dell'Ottocento dal conte Claudio Faina di Perugia, il quale tra il 1846 e il 1866 fece costruire un nuovo edificio e decorare a tempera le numerose sale dell'appartamento al piano nobile del palazzo. Purtroppo su questi interventi non esiste nessuna documentazione poichè l'archivio della famiglia Faina è andato disperso.

In occasione dei recenti restauri del palazzo, la studiosa C. Bon ha attribuito la decorazione dell'ex Sala Rossa e della Sala Pompeiana al pittore perugino Annibale Angelini (12 maggio 1810-19 Luglio 1884). Sulla base di confronti stilistici con altre decorazioni eseguite dall'Angelini, da me ritrovate in numerose ville e palazzi dell' Umbria e del Lazio, confermo l'attribuzione della studiosa sopra citata e ritengo che spettano alla mano dell'artista e dei suoi collaboratori anche la decorazione della Sala del Camino, della volta del Salottino Verde e della Saletta con le Ore.

Prima di analizzare le diverse sale del Palazzo Faina è opportuno parlare di questo artista rimasto fino ad oggi quasi del tutto sconosciuto agli studiosi che merita invece, di essere apprezzato per i suoi numerosi interventi in tutto lo Stato Pontificio. Le sue opere, caratterizzate da un linguaggio accademico e purista, rivelano una particolare capacità eclettica e tecnica straordinaria che lo portava a riprodurre linguaggi figurativi ripresi dal Cinquecento, Seicento e Settecento. Annibale Angelini era un pittore di Perugia che ebbe l'oppurtunità di ricevere i primi insegnamenti accademici proprio nella sua patria (1820 -'23) dal maestro di Faenza Tommaso Minardi, dal mantovano Giovanni Sanguinetti e dallo scenografo e prospettico perugino Giovanni Monotti.
In seguito Angelini perfezionò le sue conoscenze nelle Accademie di Firenze e Milano (1830) avendo per maestri personalità artistiche tra le più note come Giuseppe Bezzuoli e Alessandro Sanquirico. Dagli studi effettuati e dai contatti avuti con vari ambienti artistici iniziò a lavorare come scenografo poi come decoratore e restauratore, che saranno le attività preponderanti per il resto della sua vita. Come scenografo avendo recepito il messaggio della scenografia romantica sanquirichiana operò con successo presso i teatri delle principali città italiane come Perugia, Roma, Civitavecchia, Bologna e Ancona. Questa sua specialità sarà successivamente abbandonata come attività principale anche se la componente scenografica darà uno stimolo a tutti gli studi di prospettiva e sarà presente anche nelle sue opere pittoriche. Si sviluppò così la sua carriera di decoratore che sarà quella di maggiore successo già agli inizi degli anni Trenta e contemporaneamente si perfezionò quella di restauratore, che riveste un interesse particolare per l'approccio innovatore in questo delicato campo d'intervento.

Angelini a partire dalla fine degli anni Trenta si stabilì definitivamente a Roma e grazie alla continua protezione di Tommaso Minardi, ottenne numerose commissioni sia come decoratore, restauratore e pittore di cavalletto. La committenza romana sarà quella dell'ambiente pontificio legata al Minardi ed alle famiglie nobili come i Torlonia, Colonna, Chigi, Del Drago, Patrizi, Massimo, Borghese, Lancellotti, Grazioli, Corsini ed altre. La sua fama che gli aveva consentito di lavorare presso le dimore dei Doria Pamphilj come "pittore verniciaro" e restauratore fino a ricevere commissioni dirette dai pontefici (Gregorio XVI, Pio IX e Leone XIII) aumentò dopo essere stato nominato pittore ufficiale di Casa Savoia (1846) e insegnante di prospettiva presso l'Accademia di S.Luca di Roma (1850). La formazione accademica e purista lo portò ad approfondire le conoscenze delle più diffuse tecniche pittoriche ed alla loro più meticolosa applicazione e questa sua esperienza, anche artigiana (attraverso la preparazione dei colori con ricette che lui stesso elaborava ecc.) fu alla base della sua attività di restauratore, nella quale si può ritenere che l'Angelini in un epoca in cui ancora prevaleva il ripristino fu particolamente attento e rispettoso delle opere dei pittori che lo avevano preceduto. Naturalmente a tutta questa grande attività si aggiunge una serie di opere di cavalletto, con pittura di storia, paesaggio ritrattistica e prospettive.

La decorazione del Palazzo Faina di Orvieto non è l'unico intervento eseguito dall'Angelini in questa città; infatti gli orvietani conoscevano molto bene il professore perugino, il quale nel 1838 eseguì la decorazione del Palazzo Negroni (oggi sede del tribunale) diffondendo il gusto neocinquecentesco tanto di moda alla fine degli anni Trenta dell'Ottocento nell'ambiente romano, gusto tipico delle nuove decorazioni volute dal principe Alessandro Torlonia per le sue ricche dimore. Durante il soggiorno nella città, tra l'11 agosto 1838 e il 26 febbraio 1839, Annibale Angelini oltre a lavorare per il conte Vincenzo Negroni eseguì altri lavori, che non mi sono noti, per il canonico Pandolfi e dipinse un quadro prospettico raffigurante la Facciata del Duomo di Orvieto, conservato presso i depositi della Galleria dell'Accademia di S. Luca dove è stato da me ritrovato.

La tela all'indomani del 26 febbraio 1839 venne portata dall'artista e dalla moglie, la marchesa perugina Esterina Antinori, al Minardi a Roma, il quale come tutti i puristi apprezzava molto i dipinti prospettici. Il faentino stesso si occupò della sistemazione del quadro di Angelini durante l'esposizione romana del gennaio 1840 presso la Sala di Piazza del Popolo. Nel gennaio 1846 il quadro venne di nuovo esposto nella stessa Sala e probabilmente in questa occasione venne ammirato dal Re Carlo Alberto di Savoia, che decise di commissionare una copia del Duomo di Orvieto all'artista da portare con sé alla Galleria Reale di Torino. L'originale invece rimase sempre in possesso dell'Angelini che dal Testamento sappiamo che lo lasciò in eredità all'Accademia di S. Luca. Tra il giugno 1863 e la primavera del 1866 Annibale Angelini e altri sei collaboratori soggiornarono a più riprese ad Orvieto e durante questi tre anni dipinsero diversi palazzi della città. Nel giugno 1863 Angelini e due giovani perugini, probabilmente si tratta di Matteo Tassi e Marzio Cherubini, dipinsero secondo un gusto torloniano alcune sale del Palazzo Ravizza in Piazza Ascanio Vitozzi. Questo palazzo venne costruito entro il 1857 dall'orvietano Giacomo Paniconi e dall'architetto Virginio Vespignani, principale protagonista di tutte le costruzioni e ristrutturazioni volute da Pio IX sia a Roma che nel resto della provincia pontificia.

Nel mese di agosto 1863 il pittore perugino intraprese la decorazione dell'interno del nuovo Teatro Comunale costruito tra il 1853 e il mese di giugno 1862 dal Vespignani e dal Paniconi. Angelini e i suoi collaboratori portarono a termine la decorazione del nuovo Teatro soltanto nella primavera del 1866 e durante questo lungo soggiorno ad Orvieto, sia il professore perugino che i suoi aiuti abitarono in un appartamento del Palazzo Pandolfi (poi Netti) in via del Duomo dove, probabilmente anche per ricambiare l'ospitalità offerta dal conte Fabio Pandolfi, socio del Consorzio teatrale, dipinsero alcune sale utilizzando il linguaggio neocinquecentesco e neobarocco. L'intervento decorativo di Annibale Angelini e collaboratori all'interno del Palazzo Faina di Orvieto è databile tra l'estate 1865 e la primavera del 1866. Dai documenti si viene infatti a conoscenza che nel giugno del 1865 l'equipe di artisti assunti dall'Angelini per decorare il nuovo Teatro Comunale aveva terminato i lavori, restavano da fare soltanto alcuni ritocchi e le parti di "figura" che spettavano al pittore romano Cesare Fracassini (1838-1868), il quale affiancava il professore perugino nella decorazione dell'edificio. La conferma che Angelini e aiuti furono i protagonisti delle nuove decorazioni del Palazzo Faina ci viene dalla presenza della firma di Ludovico Demauro, da me individuata su una delle pareti dell'ex Sala Rossa. Si tratta di un giovane collaboratore di Angelini, che prese parte alle decorazioni del Teatro orvietano e lavorò accanto al professore perugino anche a Tarquinia. È documentata infatti la sua presenza nell'antica Corneto tra il 1862 e il 1868, epoca in cui prese parte agli interventi di restauro eseguiti dall'Angelini nell'appartamento del Palazzo Quaglia, proprietà del Cardinale Angelo Quaglia, ristrutturato agli inizi degli anni Sessanta dall'architetto tarquinese Giovan Battista Benedetti, allievo di Minardi.

Tra gli artisti assunti dall'Angelini per eseguire le nuove decorazioni del Teatro di Orvieto e quindi anche delle cinque sale del Palazzo Faina che stiamo esaminando, oltre a Ludovico Demauro e al pittore perugino Marzio Cherubini, figlio di un incisore, vi erano altri esperti decoratori tutti allievi di Tommaso Minardi. Tra questi è documentata la presenza di Adolfo Reanda fratello di Maria Reanda, moglie di Cesare Fracassini, Fabiani e Raggi. Questi artisti fin dagli anni Quaranta lavorarono a lungo presso le ricche dimore dei principi romani, tutti amici del maestro di Faenza e tutti appartenenti alla cerchia neopapalina. Il conte Claudio Faina certamente rimase molto affascinato dalle splendide decorazioni eseguite dall'Angelini sia al Teatro di Orvieto che nei palazzi dei conti Odoardo Ravizza e Fabio Pandolfi e certamente aveva anche visto gli affreschi della facciata e dell'interno del palazzo di Perugia che Angelini acquistò nel luglio 1863 dalla famiglia Donini. Il Palazzo Angelini, appartiene ancora oggi ai discendenti della figlia Sofia, sorge in Piazza Piccinino di fronte al Duomo, nell'area delle case appartenute alla nobile famiglia Paolucci in gran parte assimilate a questa costruzione che risale al XVII secolo.

In seguito alla richiesta della Commissione dell'Ornato pubblico, che si proponeva di abbellire tutti gli edifici di Perugia, l'artista decorò ad affresco la facciata del suo palazzo, ristrutturata sul suo progetto e quella del palazzetto di fronte. In sole quattro settimane, entro il 1 dicembre 1865, grazie all'aiuto di Adolfo Reanda e Marzio Cherubini che nello stesso periodo erano impegnati ad Orvieto, vennero decorate tre sale al piano nobile secondo il solito stile neobarocco. La decorazione di una di queste sale è molto vicina stilisticamente alla Sala del Camino del Palazzo Faina di Orvieto, dove si ritrovano gli stessi putti con corbeilles di fiori di chiaro gusto settecentesco collocati all'interno di nicchie su uno sfondo di cielo, ad imitazione delle decorazioni delle sale giardino delle ville di ambiente romano dove l'Angelini lavorò per diversi decenni sia in veste di decoratore che di restauratore. La volta a padiglione della Sala del Camino ripartita geometricamente secondo il gusto quadraturista posseduto dall'artista perugino, presenta grottesche su fondo bianco che circondano un quadrato ocra, ad imitazione dell'oro.

All'interno troviamo lo stemma della famiglia Faina, caratterizzato appunto dalla presenza dell'animale. Ai lati della volta troviamo fiori, festoni floreali, anfore e cammei, putti e nicchioni e altri motivi ornamentali, tutti elementi tipici di quella ripresa del barocco che trova in Angelini uno dei maggiori rappresentanti. La Sala Pompeiana è così denominata per lo stile definito appunto neopompeiano, secondo il quale Angelini dipinse sia il soffitto che le pareti. Il soffitto presenta un ovale e sei aperture architettoniche a serliana; al centro è raffigurato lo stesso tema delle pareti laterali con grottesche. Sulle pareti sono dipinti su fondo bianco dei vasi di metallo sbalzati in oro e argento, elmi, scudi e armature e nelle fasce troviamo grottesche con riquadri a monocromo. L'ex Sala Rossa viene così denominata dal colore della carta da parati dipinta ad imitazione del damasco rosso scuro, con la quale erano state rivestite le pareti all'inizio del Novecento, tolta nel corso dei recenti restauri. Spetta certamente alla mano di Annibale Angelini il fregio in alto delle pareti; mentre, le fasce ornamentali delle pareti spettano alla mano di Ludovico Demauro, sopra citato. Nel fregio Angelini ha dipinto dei mensoloni in finto marmo con festoni floreali, corbeilles di fiori con uccelli e paesaggi prospettici riquadrati da dorate cornici neobarocche a volute. I paesaggi raffigurano i possedimenti della famiglia Faina e tra questi si riconoscono: Civitella dei Conti con il fiume Fersenone tra Civitella e Poggio Aquilone; Collelungo, vicino Marsciano e il lago di Bolsena. È chiaro il riferimento alle sale barocche dei palazzi romani, in particolare quelle del Quirinale dove l'artista aveva lavorato molto a lungo. L'uso di dipingere i possedimenti familiari era tipico del Seicento ed avrà grande fortuna nell'Ottocento.

Il fregio dell'ex Sala Rossa del Palazzo Faina di Orvieto, ricorda quelli fatti dipingere a Roma dal principe Camillo Massimo nell'appartamento al terzo piano del Palazzo Massimo alle Colonne nel 1859, da me individuati, dove Angelini ha raffigurato tutti i possedimenti della nobile famiglia romana. Invece, i vasi di fiori con uccelli e le riquadrature con cornici neobarocche si ritrovano in una delle tre sale del palazzo perugino dell'artista. Accanto all'ex Sala Rossa del Palazzo Faina troviamo il cosidetto Salottino verde. La volta presenta una decorazione in blu lapislazzulo ad imitazione del cielo e al centro è raffigurata l'allegoria della Fama, mentre ai lati della volta troviamo un festone floreale sorretto da aquile con candelabri fumanti, tipici del gusto quadraturista e legato alle decorazioni settecentesche delle sale giardino delle dimore principesche romane.

L'ultima delle sale dipinte dall'Angelini nel Palazzo Faina è la Saletta delle Ore, dove tra vari motivi neorinascimentali ritroviamo quattro delle dodici Ore (Bagno, Toletta, Ricreazione, Studio) dipinte nel 1864 da Cesare Fracassini sul soffitto del plafond della platea del Teatro orvietano, per le quali è chiaro che Angelini ha utilizzato i cartoni del giovane allievo. Angelini era solito utilizzare i cartoni del Fracassini; infatti nel novembre del 1865 riproduce sulla volta di una delle sale del suo palazzo perugino, già citata, la stessa Poesia alata che l'artista romano dipinse nel luglio del 1865 sulla volta della Sala Gialla del Teatro di Orvieto. La decorazione del Palazzo Faina venne certamente portata a termine entro il maggio 1866, epoca in cui dopo l'inaugurazione del nuovo Teatro Angelini partì definitivamente dalla nostra città. Dopo la sua partenza da Orvieto molti allievi del Minardi e dell'Angelini stesso continueranno a diffondere fino agli anni Ottanta all'interno dei palazzi borghesi, il gusto decorativo neocinquecentesco e neobarocco introdotto per la prima volta nella città alla fine degli anni Trenta proprio dal pittore perugino.





BIBLIOGRAFIA

  • Claudia Pettinelli, Annibale Angelini, decoratore prospettico e restauratore in Vaticano, in: Bollettino dei Musei e Gallerie Pontificie, vol. XVIII, a. 1998, pp. 105- 136.
  • ID., Annibale Angelini (1810-1884) pittore dei Chigi tra Roma e Ariccia, Castelli Romani, II, a. XXXVIII, mar. - apr. 1998, pp. 46-59.


Annibale Angelini, Palazzo Faina di Orvieto, Sala del Camino fig. 1
Annibale Angelini,
Sala del Camino 1865-1866
Palazzo Faina,
Orvieto TR, Italia
Foto: Claudia Pettinelli

Annibale Angelini, Palazzo Faina di Orvieto, Sala Pompeiana fig. 2
Annibale Angelini,
Sala Pompeiana 1865-1866
Palazzo Faina,
Orvieto TR, Italia
Foto: Claudia Pettinelli

Annibale Angelini, Palazzo Faina di Orvieto, Sala Rossa fig. 3
Annibale Angelini,
Sala Rossa 1865-1866
Palazzo Faina,
Orvieto TR, Italia
Foto: Claudia Pettinelli

Annibale Angelini, Palazzo Faina di Orvieto, Sala Verde fig. 4
Annibale Angelini,
Sala Verde 1865-1866
Palazzo Faina,
Orvieto TR, Italia
Foto: Claudia Pettinelli

Annibale Angelini, Palazzo Faina di Orvieto, Saletta delle Ore fig. 5
Annibale Angelini,
Saletta delle Ore 1865-1866
Palazzo Faina,
Orvieto TR, Italia
Foto: Claudia Pettinelli

Annibale Angelini, Palazzo Angelini di Perugia, Sala della Poesia fig. 6
Annibale Angelini,
Part. volta della Sala della Poesia 1865
Palazzo Angelini,
Perugia, Italia
Foto: Claudia Pettinelli

Annibale Angelini, Palazzo Angelini di Perugia, Sala della Poesia fig. 7
Annibale Angelini,
Part. volta della Sala della Poesia 1865
Palazzo Angelini,
Perugia, Italia
Foto: Claudia Pettinelli

 

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