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SERGIO LOMBARDO
La psicologia nell'Arte
 
Daniela Semprebene
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 11 luglio 2000, n. 69 (8 aprile 1995)
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Area Interviste

L'incontro con Sergio Lombardo è al Museo Laboratorio dell'università, dove sta allestendo la prossima mostra, con inizio il cinque di aprile e fine i primi di maggio.

È, o perlomeno sembra, un uomo piacevole senza velleità di prima donna, divertente, psicologo.

Prendo appuntamento per il giorno dopo nel suo studio, nei pressi di piazza Navona: arrivo in uno splendido appartamento, immenso e vuoto , arredato con qualche scansia metallica per i libri, rare e belle poltrone, un piccolo tavolino con due sedie davanti alla cucina, dove mi offre un caffè turco senza zucchero e dei biscotti dolcissimi.

Capisco l'arte di Sergio Lombardo dalla sua persona e dalla sua casa: la sua arte non arte; un arte che è direttamente plasmata da chi la guarda. Il soggetto in primo luogo sceglierà che cosa vederci. Sarà dovuto alla sua mente se saranno incubi. La casa di Lombardo rispecchia la sua arte psicologica, in fondo potrebbe essere tutto; potremmo vederci una reggia o un albergo. Tutto è dovuto al caso.

D. Come sei diventato l'artista Sergio Lombardo ?

R. Da giovanissimo, rubando i libri di Freud e dipigendo male i primi monocromi. Male perché è pittura industriale.

Sono fatti per non essere arte, sono quadrati neri su uno schermo nero, nei quali ognuno vede ciò che crede, non hanno prospettiva né giochi di colore. Il monocromo è un quadro neutrale, provoca lo spettatore che produce lui stesso l'opera d'arte: diventa un evento.

D. La tua pittura si può quindi chiamare eventualista ?

R. Esatto, in un momento storico importante come gli anni del dopoguerra, l'arte cercava messaggi nuovi, la psicoanalisi era un tabù, la mente uno schermo nero, pronto a recepire l'evento.

D. Poi è diventata arte, è finito l'evento, ci si è scrollati di dosso l'ombra della guerra, è nato il boom. Come è cambiata l'arte ?

R. E` diventata ripetitività, commercio. I tagli di Fontana per esempio erano un evento, poi ne ha fatti migliaia e hanno perso l'importanza del messaggio. Sono diventati ripetitività commerciale. In quel momento io sono passato ai "gesti tipici".

D. Che sono quelle inquitanti figure di politici tutte nere: l'uomo nero che sarebbe venuto a punirci se da bambimi non fossimo stati buoni. Sono sempre legati alla tua ricerca psicologica ?

R. Certo, sono dipinti sempre con smalto industriale. Sono delle ombre. Proiettavo su tela un contorno tratto da una rivista, facendola però in scala maggiore.

D. Per ottenere cosa?

R. Una reazione di paura, essendo in scala maggiore, siamo come dei bambini di fronte a loro. La loro grandezza ci intimorisce, ci da la sensazione di qualcosa di incombente, di pauroso che non capiamo perfettamente: vanno guardati con la coda dell'occhio per percepire la forza che ci intimorisce.

D. Sono sempre personaggi politici, come questo davanti ai miei occhi, che rappresenta Kennedy e Fanfani. Trovi che abbiano una potenza maggiore sulla mente umana?

R. Il personaggio politico, ha da solo una valenza maggiore sulla psiche, che è stata già bombardata mille volte dai mass media, quindi l'effetto di ricerca che voglio ottenere èsuperiore.

D. La critica ?

R. Eravamo nei primi anni Sessanta e si affacciava la pop art: hanno pensato che volessi copiarla, mentre le persone che venivano a verdere la mostra, ritornavano per parlarmi dei sogni che avevano fatto, delle sensazioni che i ritratti tipici gli avevano trasmesso.

D. Una grande vittoria come psicologo, ma come artista ?

R. Le due cose non si dividono nella mia arte, che è ricerca continua della psiche umana. Anche nei passaggi posteriori che erano delle strutture fisiche: delle forme astratte, scatole con dei cubi, che sono state chiamate "sculture problema". La scatola conteneva cinquantacinque cubi, ma dividendole ne rimaneva sempre uno fuori.

D. Per solleticare cosa nella gente ?

R. L'istinto del concetto estetico. Volevo che si confrontassero con la semplicità dell'estetismo. Ognuno lo risolveva in modo diverso, ed era un evento. Torniamo al principio dell'evento.

D. Fino ad ora, e siamo alla fine degli anni Sessanta inizio anni Settanta, l'evento era una sorta di seduta psicoanalitica, attraverso la quale capire i sogni ed il comportamento umano. Con la sfera che poi ha presentato alla biennale di Venezia del '70, metti in pratica una "candid camera" anche un po' cattiva.

R. Si è una sfera molto grande che sta sul pavimento come una palla da biliardo, le persone pensano che sia una scultura, la toccano e si scatena l'inferno di rumore. Un suono assordante fino ad ottocento metri. Le reazioni sono inaspettate: dalla vergogna alla paura, alla colpa; diventano rossi, scappano ecc. Mi piace provocare le reazioni spontanee. In questa mostra però non si potrà toccare. Alla biennale di Venezia ce n'erano sette, ma alla fine era diventato un luogo di appuntamento per toccarla e divertirsi, scontato. Io comunque già l'avevo presentata alla biennale di Parigi nel 1969.

D. A questo punto è intervenuta in te l'idea della provocazione massima: la morte per l'arte. Che ti è costata anche un'interpellanza parlamentare e una denuncia, ma se non altro ti ha avvicinato anche alla famosa "merda" di Manzoni, che ora è esposta al Guggenheim di New York.

R. Infatti al Guggenheim, si va solo dopo morti. Ho esposto una boccetta di veleno con una lettera, sopra la quale c'era scritto: da aprirsi solo dopo la morte di chi l'ha bevuto.

Quindi soltanto la morte era il lasciapassare per leggere la lettera. Intanto era una prova di curiosità, perché nessuno avrebbe mai saputo cosa c'era scritto; la frustrazione di non capire e non sapere avrebbe poi necessitato una motivazione talmente forte da morirci. Morire per l'arte .

D. E se fosse successo veramente, cosa avresti fatto, come avresti potuto capire, spiegare un suicidio per una strana opera d'arte?

R. Non sarebbe successo perché il veleno era messo in una bacheca chiusa e guardata a vista. Successe a Vienna che un ragazzo tentò il suicidio con il mio veleno durante la mostra e questo creò un po` di scandalo, ma il ragazzo non morì.

D. Il veleno verrà esposto al Museo di Arte Contemporanea dell'Università?

R. Si, chiuso. Dopo il veleno e lo scandalo, che non mi fece dispiacere perché evidentemente avevo colpito nel segno, cominciai una serie di concerti aleatori: dei danzatori provavano tutti movimenti possibili fino a che non trovavano la giusta posizione. In quel momento la musica finiva. Li organizzavo nel mio studio, e cercavo di far vedere la spontaneità nel cercare una soluzione, nella danza ma nella vita.

D. Mi ricorda i dialoghi di Fabio Mauri, le perfomance umane che ho visto all'ultima mostra della Galleria Nazionale d'Arte Moderna.

R. Infatti Fabio Mauri era spesso con me, durante i concerti aleatori che organizzavo. Comunque siamo arrivati alla fine degli anni Settanta, quando si colloca lo specchio tachistoscopico, e cresce il mio amore per i messaggi onirici. Lo specchio manda dei messaggi subliminali, che saranno ripresi di notte dall'inconscio e trasformati in un sogno, che io potevo disegnare.

D. Che cos'èil "nonsense shape" ?

R. Il processo finale della mia pittura "stocastica". Una pittura senza senso, casuale, caotica che non ho inventato io. Io invento il programma che potrebbe poi farne uscire fuori diecimila diversi. E` un gioco matematico. Queste che vedi sono mattonelle o tassellature, e anche i colori sono venuti fuori con mille prove, per dare il giusto colpo d'occhio. E` una stimolazione maggiore di quello che era ad esempio il monocromo, perché cerca di creare il caos.

D. Anche i futuristi cercavano di interpretare il caos.

R. Sì, ma senza conoscerlo, mentre adesso lo conosciamo. Io creo un caos commisurato alla percezione umana, in modo che possa scatenare delle allucinazioni interpretative. Cosa ci vedi tu ?

D. Almeno tre aerei e un aquilone. Dipenderà dalla mia voglia di scappare?

R. E` possibile.

Lascio la casa di Sergio Lombardo, con la sensazione di essere stata psicoanalizzata, molto di più che aver fatto un'intervista per il Bollettino Telematico dell'Arte. Infatti Lombardo insegna psicologia all'Accademia delle Belle Arti di Roma e all'Università di Mosca. Mentre esco, mi guardo intorno, vedo qualche altro dei suoi quadri stocastici e forse oltre agli aerei e all'aquilone, vedo anche una barca ed un uomo che fugge.

Esco un po' inquieta.



	
 

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