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Attilio Pierelli
Intervista
Attilio Pierelli
Mostra Virtuale ©
Veronica Caliendo
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 11 luglio 2000, n. 65 (23 marzo 1995)
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Area Interviste

Quest' intervista ad Attilio Pierelli non è sicuramente esaustiva del suo pensiero e della sua ricerca decennale; del resto riguardo le sculture iperspaziali molto è stato detto, non solo da critici dell'arte, ma anche e soprattutto da scienziati e matematici.

Giuseppe Arcidiacono srive: "Pierelli, con le sue sculture, è riuscito a rappresentare il sottile, profondo legame tra la realtà e la sua immagine più o meno deformata che a noi appare mediante la luce. Infatti, l'idea della fisica relativistica di Einstein che la luce, a causa della sua velocità finita di propagazione, produce tutta una serie di deformazione nelle misure spaziali e temporali, viene espessa da Pierelli mediante le sculture nelle quali le immagini riflesse e moltiplicate dalle concavità e convessità, producono un continuo mutamento nella loro forma".

L'intervista che segue mette in evidenza solo superficialmente la complessità dello studio artistico-scientifico di Attilio Pierelli, rimandando ad una visita al Museo-Laboratorio di Bomarzo una analisi più attenta della sua Cosmologia.

domanda: qualcuno ha detto: " essere del proprio tempo vuol dire utilizzare mezzi e cose della propria epoca ". Cosa l'ha spinta ad utilizzare un materiale così contemporaneo e ricco di forza e spessore come l'acciaio-inox?

risposta Non sono del tutto d'accordo con questa frase perchè oltre ai materiali che sono determinanti per le soluzioni tecniche bisogna utilizzare le idee del proprio tenpo, il materiale è importante solo per la realizzazione delle idee. Si può anche usare un materiale tradizionale con idee nuove. Nel mio caso è pur vero che realizzo solo idee nuove con un materiale e una tecnica estremamente attuali. Ho scelto l'acciaio, infatti, perchè meglio di ogni altro materiale realizza le mie idee, infatti è resistente nel tempo, è uno specchio che dà sensazioni, che dà l'idea di spazio. Lo specchio di vetro è meno flessibile e non fa capire cosa voglio dire sullo spazio.

D. Il trinomio suono-luce-movimento che possiamo vedere attraverso le forme quasi immateriali delle sue opere è legato ad un senso di precarietà e/o di relatività ?

R. Il 1994 è stato il centenario della nascita di Guglielmo Marconi, che da giovanissimo intuì la possibilità di comunicare a distanza senza l'uso di conduttori, sfruttando le onde elettro- magnetiche scoperte da Hertz. Marconi per tutto il resto della vita ha approfondito gli studi sulle radio-comunicazioni, realizzando le proprie teorie. Quindi proprio quando io ero piccolo si è passati a un nuovo tipo di scienza, ad una terza fase: quella delle onde. Ecco perchè nella mia arte confluiscono suono-luce-movimento. Voglio far comprendere il passaggio storico, l'inaugurazione della fase della conoscenza umana verso l'infinitesimo. C'è relatività ma non precarità, il mio ruolo è di anticipare ed evidenziare i fenomeni scientifici dando loro un aspetto poetico.

D. La sua opera è la dimostrazione di un rinnovato rapporto tra arte e scienza. Perchè, a suo avviso, negli ultimi decenni c'è stato un avvicinamento sempre maggiore dell'arte alla ricerca scientifica?

R. Ho letto di uno scienzato che ha evidenziato cellule ingrandite e di un artista che aveva realizzato la stessa cosa nei suoi quadri. Ciò dimostra che ci sono forme che possono essere scambiate tra arte e scienza. Per me l'arte è stata sempre vicino alla scienza, non si può parlare nel corso della storia di una scissione, semmai di un allontanamento tra il Seicento e l'Ottocento (sebbene anche anche in quei secoli è possibile trovare legami) . Se l'arte infatti si staccasse dalla scienza ci sarebbe una reiterazione vana di fatti estetici che non hanno relazione con la conoscenza generale.

D. Nella sua arte c'è ricerca di convergenza tra bello e razionale, tra estetica e scienza ?

R. Se ci fosse solo scienza sarei un tecnico e non ci sarebbe arte, ciò che è bello in Van Gogh oltre che le sue qualità artistiche è la sua malattia la sua visione esistenziale, il suo essere artistico. L'arte non può essere solo estetica del bello, deve avere anche una base razionale; ma non può essere nemmeno solo scienza, deve essere anche poetica.

D. Gli affreschi medioevali avevano un linguaggio e un messaggio specifico, oggi l'arte cerca ancora messaggi da comunicare, o è fine a se stessa ?

R. Il messaggio prima era legato alla volontà dei potenti, ora questo ruolo è passato ai mezzi di comunicazione. Il messaggio o il linguaggio artistico oggi dovrebbero spingerci ad una presa di coscienza interiore che ci permetta di superare la nostra condizione umana. L'estetica è ancora l'unico posto tramite il quale combattere la presunzione e il potere che ci schiaccia, è un allenamento che dà la possibilità di riscattarci. Arte e scienza evidenziano la mancanza di conoscenza del reale e danno la possibilità di capire se stessi e di superarsi.

D. Il rifiuto dell'informale e quindi della causalità e dell'entropia è stato anche a favore di una indagine sulla percezione del movimento: ora, i meccanismi della percezione, oltre a rimandare al problema tra arte e scienza, pongono quello della partecipazione dello spettatore. In che modo la sua opera deve coinvolgere il fruitore ?

R. Ogni volta devo affrontare il problema di far comprendere le mie sculture non solo attraverso quello che io chiamo il "plesso solare", cioè l'emozione che viene nel vedere un qualcosa d'istinto senza logica, ma anche tramite una preparazione artistica e scientifica. L'arte contemporanea può essere difficile da decifrare per chi non ha una preparazione estetica, ed il rischio dell'arte è quello di diventare solo per élite. Chi ha studiato la storia dell'arte può forse capire in modo più approfondito la mia ricerca, non nego però l'importanza dell'entusiasmo di chi non ha mezzi artistici a disposizione.

Alcune volte capita che la sensibilità di un artista e di uno scienziato si incontrino e si sovrappongano perfettamente ignorando o meno l'uno l'esistenza dell'altro. E' il caso di Attilio Pierelli che "ha colto nel suo immaginario poetico una ricchezza figurativa, un salto dimensionale che apre le sue porte su un universo geometrico straordinariamente ricco e, paradossalmente, più intelleggibile" (Franco Ghione).



	
 

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